Nuovo servizio dedicato al commercio internazionale

La nuova sezione “Commercio Internazionale” è operativa dal 1° dicembre 2021

Monica Zurfluh, Martina Grisoni e Giulia Scalzi

Quale associazione mantello dell’economia ticinese, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino (Cc-Ti) tutela gli interessi di tutti i settori economici, evidentemente anche di quelli attivi in parte o totalmente nel commercio internazionale. Attualmente l’attività camerale, non solo in Ticino ma in tutta la Svizzera, è essenzialmente concentrata sull’export, con il servizio delle legalizzazioni (rilascio di certificati d’origine, di carnet ATA e CITES e vidimazione di documentazione a fini export) e un’offerta formativa finalizzata al mondo delle esportazioni. Le aziende necessitano però di un forte sostegno anche per le questioni legate alle importazioni, per cui la Cc-Ti dal 1° dicembre ha ampliato la sua attuale gamma di servizi proponendo alle aziende e associazioni affiliate un servizio di informazione e consulenza a 360° nell’ambito internazionale, che comprende quindi sia le tematiche export sia quelle import. Si tratta di una prima in Svizzera e la Cc-Ti funge da progetto-pilota per tutte le altre Camere degli altri cantoni.

La nuova sezione “Commercio Internazionale” è operativa dal 1° dicembre 2021 ed è diretta da Monica Zurfluh, la quale vanta una lunga esperienza nell’ambito dell’internazionalizzazione, grazie alla sua attività presso Switzerland Global Enterprise, avendo in particolare guidato la sede di Lugano dell’organizzazione negli ultimi 12 anni.

La sezione “Commercio Internazionale” comprende anche il collaudato servizio delle legalizzazioni con la relativa responsabile Martina Grisoni e la sua sostituta Giulia Scalzi, che da anni accompagnano le aziende negli aspetti relativi alle certificazioni.

Il nuovo servizio dedicato al Commercio internazionale sarà in particolare chiamato a

  • fornire informazioni e consulenza alle aziende e alle associazioni di categoria affiliate su tutti i temi inerenti il commercio internazionale, dalle questioni amministrative alle formalità di import ed export, dalle regole svizzere e estere sui prodotti (incl. certificazioni, standard, etichettatura ) alle autorizzazioni necessarie per le attività transfrontaliere (controlli all’esportazione, distacco di lavoratori);
  • organizzare eventi sui temi più attuali del commercio internazionale, manifestazioni di messa in rete in Svizzera e missioni economiche all’estero, così come ricevere delegazioni estere in Ticino;
  • relazionarsi con le istituzioni e le altre associazioni cantonali e nazionali allo scopo di identificare e attivare nuove forme di collaborazione.

Questa nuova organizzazione interna permetterà di utilizzare al meglio le sinergie con gli altri servizi camerali, in particolare il già menzionato Servizio legalizzazioni, l’ambito della formazione puntuale e quello delle Scuole che portano all’ottenimento di diplomi (Scuola manageriale e Scuola dell’export) e il Servizio giuridico. Rimane invariata la collaborazione con Switzerland Global Enterprise, che rimarrà partner privilegiato nel contesto internazionale e i cui servizi continueranno ad essere complementari e sussidiari alle attività della Cc-Ti. Laddove possibile, le azioni comuni verranno rafforzate.


Contatto: Servizio Commercio internazionale – Monica Zurfluh, Responsabile, T +41 91 911 51 35

Il Brasile verrà cancellato dalla lista dei Paesi del sistema ATA dal 1° gennaio 2022

Il segretariato dell’International Chamber of Commerce (ICC) di Parigi è stato informato dall’associazione garante del Brasile (CNI) che non prolungherà il mandato quale associazione garante. Questo mandato scadrà il 31 dicembre 2021.

Le dogane brasiliane (RFB) hanno ufficializzato la fine del mandato della CNI e non hanno rinominato una nuova associazione garante, per questo motivo dal 1° gennaio 2022 le Camere di commercio non potranno più rilasciare Carnet ATA verso il Brasile.

È importante tenere conto che i Carnet in circolazione all’interno di questo Paese devono essere timbrati in riesportazione entro il 31.12.2021.

Il Brasile verrà cancellato dalla lista dei Paesi presenti sulla copertina del Carnet ATA.

L’ufficio Export della Cc-Ti rimane sempre a vostra disposizione.

L’accordo di libero scambio fra Canada e l’UE

Canada e Unione Europea hanno firmato un accordo di libero scambio che offre molti vantaggi al Paese nordamericano. In quale misura questo accordo potrebbe offrire sinergie per la Svizzera?

Il rapporto tra Canada e UE è già stato presentato più volte come modello, anche per la Svizzera. Dopo il ‘no’ all’accordo quadro istituzionale fra Svizzera e UE dello scorso maggio, vale la pena approfondire il tema.
L’UE usufruisce di un accordo di libero scambio valido dal 2017. Si tratta dell’Accordo economico commerciale globale (CETA), che mira a promuovere il commercio di beni, servizi e investimenti e a rafforzare le relazioni economiche. Qual è il suo contenuto?

Abolizione dei dazi doganali: all’entrata in vigore dell’accordo sono stati eliminati il 99% di tutte le tariffe industriali e il 92% di quelle agricole. Entro sette anni anche le restanti 17 tariffe industriali, ad esempio sulle automobili e le navi, saranno eliminate. Restano delle eccezioni per i prodotti particolarmente sensibili del settore agricolo.

Abolizione delle barriere commerciali non tariffarie: l’accordo CETA riduce gli ostacoli burocratici, ad esempio semplificando le procedure doganali o con il nuovo riconoscimento reciproco dei test di conformità. Allo stesso tempo, vengono ridotti gli ostacoli d’accesso al mercato per i fornitori di servizi.

Mobilità di lavoratori qualificati: viene agevolata la residenza temporanea per i prestatori di servizi a fini commerciali. Semplificando il distacco del personale presso le filiali, montatori e tecnici possono, ad esempio, installare o curare più facilmente macchine e attrezzature fornite in garanzia e con contratti di assistenza.

Accesso bilaterale agli appalti pubblici: per la prima volta l’accesso al mercato degli appalti pubblici sarà aperto a tutti gli ambiti statali. Il Canada e l’UE istituiranno inoltre una banca dati elettronica centrale sulla quale le imprese potranno ritrovare tutte le informazioni sugli appalti pubblici e le relative procedure, su tutti i livelli dell’Amministrazione.

Tutela e promozione degli investimenti: l’accordo prevede l’abbandono del vecchio sistema arbitrale privato a favore di una procedura di regolamentazione delle controversie radicalmente rinnovata e moderna, che sancisce esplicitamente il diritto statale.

L’ICS comprendente un doppio grado di giurisdizione, vale a dire un tribunale permanente e una corte d’appello competente a rivedere le sentenze pronunciate in primo grado dal tribunale, è costituito in via permanente. Al fine di rimuovere la spada di Damocle sospesa sopra le autorità decisionali, il CETA sancisce il diritto delle autorità pubbliche di regolamentare nell’interesse generale, diritto la cui portata è esplicitata nella nota interpretativa all’accordo. Ne consegue che una normativa che pregiudichi un investimento non avrà l’effetto di violare l’obbligo di un trattamento giusto ed equo.

Regole dell’origine: la struttura delle norme generali di origine, ovvero la prova del luogo di produzione, sarà semplificata e le norme locali saranno reciprocamente riconosciute.

Liberalizzazione del commercio di servizi: i fornitori di servizi beneficeranno di un accesso semplificato al mercato, come nei settori postali e delle telecomunicazioni, nonché sulle rotte parziali di navigazione marittima, a partire dalla data di entrata in vigore.

E la Svizzera?

Resta da vedere se l’accordo CETA possa valere quale modello nelle relazioni tra la Svizzera e l’UE. Innanzitutto, l’accordo è ancora troppo “giovane” per poter trarre delle conclusioni.
In secondo luogo, molte clausole dell’accordo CETA sono da tempo presenti nell’accordo di libero scambio Svizzera-UE e negli accordi bilaterali e restano valide. In terzo luogo, la relazione politica tra la Svizzera e l’UE è differente da quella tra Svizzera e Canada. Comunque, le relazioni fra Svizzera e Canada sono già molto buone. In effetti, anche l’accordo di libero scambio tra l’AELS e il Canada è stato positivo e ha avuto un impatto significativo sulla crescita del volume degli scambi e degli investimenti osservati negli ultimi anni. In effetti, la Svizzera esporta in Canada circa 4 miliardi di franchi svizzeri all’anno.

Forti legami con la Svizzera

Considerata terra di emigrazione per molte famiglie svizzere, in particolare per il settore agricolo, il Canada dispone di potenzialità in termini di scambio e per le esportazioni.
Il momento attuale non è propizio per viaggiare o per le visite da parte delle aziende svizzere verso questo territorio, ma i legami instaurati fra i due Paesi sono buoni e il federalismo e il multilinguismo fanno parte della cultura di entrambe le Nazioni.
Per informazione, alla fine del 2019, più di 40’000 cittadini svizzeri risiedevano in Canada.
In termini di cooperazione economica, la SECO indica che il Canada è, per importanza, il secondo partner economico della Svizzera nel Continente americano. Nel 2019, la Svizzera ha importato merci dal Canada per quasi 1,2 miliardi di franchi ed ha esportato in questo Paese per 4,4 miliardi di franchi. Queste esportazioni sono costituite principalmente da prodotti farmaceutici. La stessa fonte indica che la Svizzera rientra nella lista  dei dieci maggiori investitori stranieri in Canada. Alla fine del 2018 il capitale svizzero investito ammontava a 31 miliardi di franchi. Nello stesso anno, le aziende svizzere impiegavano più di 35’800 persone. Tra i settori di maggiore spinta figurano quelli sanitari e del Medtech.

Il legno in primo piano

Un’altra area di interesse per le PMI svizzere si trova nel campo legato alle costruzioni in legno. S-GE cita Bernhard Gafner, Ingegnere specializzato in costruzioni in legno, sulle opportunità a disposizione delle PMI svizzere nel settore del Cleantech in Canada. “Occorre chinarsi sul quadro normativo, che non è il più complicato. È essenziale avere una buona conoscenza del mercato locale, prestando attenzione al fatto che le differenze fra Paesi possono essere numerose. Una solida analisi di mercato è molto importante per trovare il luogo dove investire e il partner giusto. A nostro avviso, le PMI svizzere che sono in grado di fornire prodotti e servizi relativi all’efficienza energetica e ai sistemi di fissaggio, possono avere successo. Gli standard costruttivi sono in continua evoluzione e sta emergendo la necessità di nuovi prodotti sul mercato. Le finestre e i prodotti per l’isolamento termico ne sono un perfetto esempio”.

Fonte: testo di Henrique Schneider, USAM; adattamento Cc-Ti

Anche i giocattoli rischiano di scarseggiare e di diventare più costosi

Le conseguenze della pandemia toccano tutti

Le difficoltà riscontrate dal commercio per la scarsità di taluni prodotti sono ormai note. Quasi nessun settore fa eccezione e i commercianti confermano le difficoltà dovute all’elevata domanda globale di giocattoli e ai ritardi nei trasporti dall’Asia. È quindi probabile che la Svizzera, mercato certo attrattivo ma piccolo, potrebbe patire di ritardi notevoli nella fornitura di giocattoli, tanto che questo fattore potrebbe influire sull’attività di vendita natalizia.

I grandi rivenditori di giocattoli hanno cercato di procurarsi prodotti a sufficienza per l’imminente attività natalizia ma la pandemia ha reso questo compito assai arduo.

Il tradizionale negozio Franz Carl Weber e il rivenditore online Digitec Galaxus hanno già avvertito il pubblico delle possibili complicazioni. Le ragioni sono la forte domanda globale e i ritardi nei trasporti navali provenienti dall’Asia. Come detto in precedenza, a livello internazionale il nostro è considerato un Paese piccolo, per cui viene spesso posto tra gli ultimi per quanto riguarda le forniture.

“I mercati più grandi come l’America e l’Inghilterra vengono spesso e volentieri serviti per primi”, spiega Roger Bühler, CEO di Franz Carl Weber. “Dopo i due colossi anglofoni, vi sono i grandi Paesi europei come la Germania e la Francia e solo dopo arriva la Svizzera”.

“La Confederazione è quindi un ‘attore minore’ nel mercato internazionale dei giocattoli: ecco perché le consegne dei giocattoli per Natale potrebbero avere delle complicazioni e forti ritardi”, afferma Bühler. Tuttavia, il negozio Franz Carl Weber farà di tutto per cercare di non avere intoppi.

Problemi di spedizione

I ritardi nella fornitura di giocattoli sono dovuti anche ai problemi nella spedizione, poiché i più grandi porti cinesi come, ad esempio, Ningbo (il terzo porto più grande al mondo) e Yantian (il più grande punto di trasbordo nel Sud della Cina) continuano a ridurre le loro capacità, dati i numerosi lockdown, spiega Bühler.

Per l’industria dei giocattoli, le settimane che precedono il Natale sono tra le più importanti dell’anno. Di conseguenza, i rivenditori faranno tutto ciò che è in loro potere per garantire che gli scaffali delle filiali dei negozi siano ben forniti. Secondo Digitec Galaxus anche i rivenditori online si stanno preparando per avere le forniture necessarie, sperando così che i clienti potranno avere a disposizione un’ampia scelta.

Le merci che arriveranno potrebbero risultare più costose del solito e questo è imputabile ai costi maggiori di trasporto via container, incrementati durante la pandemia. È noto che in Asia i produttori di merci possono aggiungere dei dazi aggiuntivi ai loro prezzi di vendita, per cui aumentano anche i prezzi di vendita dei giocattoli per i clienti finali. Difficile, comunque, a oggi prevedere quale tipologia di giocattoli sarà la più penalizzata da scarsità e ritardi.

Ovviamente l’aumento dei prezzi è anche dovuto all’aumento dei costi per le materie prime, che, nella produzione di giocattoli, sono ad esempio i granulati, la carta, il legno e molti componenti elettronici, che hanno subito un rincaro fino al 35%; a si aggiungono costi di trasporto anche quadruplicati. Aumenti di prezzo già adottati lo scorso anno da alcuni fornitori come Mattel o Hasbro.

Chi ne trarrà vantaggio?

Mattel ha molti marchi di giocattoli famosi nel suo portafoglio: da Barbie a Fisher Price, Scrabble, il gioco di carte UNO e Matchbox. I giochi di Hasbro includono tra gli altri Monopoly, Play-Doh’s Playdough e Transformers.

Secondo gli esperti del settore, la situazione per i rivenditori di giocattoli è più difficile attualmente rispetto al 2020. Per concludere con una nota positiva: va detto che i produttori hanno registrato incrementi interessanti nelle vendite, visto che Mattel ha venduto significativamente più automobiline e bambole nel secondo trimestre 2021 rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente quando, a causa della pandemia, aveva invece avuto una flessione netta.

Fonte: Basler Zeitung, adattamento Cc-Ti

In vigore l’accordo di partenariato economico (CEPA) tra AELS e Indonesia

L’accordo di partenariato economico (CEPA) tra gli Stati dell’Associazione europea di libero scambio (AELS) e l’Indonesia è entrato in vigore il 1° novembre 2021, migliorando in modo significativo l’accesso al mercato e la certezza giuridica per le PMI svizzere. Il presente articolo si focalizza sull’applicazione pratica del CEPA per quanto riguarda lo scambio di merci.

Giacarta è la capitale e la principale città dell’Indonesia

Scambio di merci: i vantaggi

La Svizzera accorda l’accesso in franchigia doganale ai prodotti industriali indonesiani. Le concessioni accordate nel settore agricolo corrispondono sostanzialmente a quelle di altri accordi di libero scambio.

Tutti i principali settori di esportazione svizzeri beneficiano dell’accordo; questo vale sia per il settore agricolo sia per l’industria. Nel primo caso, l’Indonesia ha eliminato sin da subito, o lo farà entro termini transitori fino a cinque anni, i dazi sul latte e i prodotti del latte; per lo yogurt il termine di abolizione è di nove anni, mentre i dazi su caffè, cioccolata e biscotti verranno eliminati entro dodici anni. Il settore industriale svizzero ha invece ottenuto le seguenti concessioni: nell’industria chimico-farmaceutica praticamente tutti i dazi sono stati eliminati o lo saranno entro termini transitori che variano fino a nove anni; nel settore tessile non vi è un’abolizione generale dei dazi, ma a seconda degli ambiti vi è un libero accesso al mercato con termini di abolizione che variano da cinque a dodici anni; salvo poche eccezioni, i dazi sui macchinari sono stati completamente eliminati con l’entrata in vigore dell’accordo o lo saranno entro termini transitori che variano da cinque a dodici anni; infine i dazi sugli orologi sono stati eliminati con l’entrata in vigore dell’accordo o lo saranno entro termini transitori che variano da cinque a nove anni. Allo scadere dei termini previsti per l’abolizione dei dazi, la Svizzera potrà esportare in Indonesia il 98 % dei suoi prodotti in franchigia doganale.

Le principali disposizioni in materia di origine

  • le disposizioni in materia di origine e le lavorazioni e trasformazioni necessarie per l’ottenimento dell’origine preferenziale sono elencate nell’allegato I dell’accordo e sono reperibili anche nella direttiva R-30 “Accordi di libero scambio, preferenze doganali e origine delle merci” dell’Amministrazione federale delle dogane. Con l’entrata in vigore del CEPA, l’Indonesia non beneficia più delle preferenze doganali secondo il sistema di preferenze generalizzate per Paesi in sviluppo;
  • l’accordo prevede il cumulo dei prodotti originari tra gli Stati dell’AELS e l’Indonesia. Non è ammesso il cumulo con merci di altri partner di libero scambio;
  • l’accordo prevede la regola di non modificazione: i prodotti esportati non devono subire alcuna lavorazione o trasformazione non ammessa e devono rimanere permanentemente sotto controllo doganale. È ammesso il trasbordo e/o il frazionamento di invii (splitting-up) in Stati terzi;
  • come prova dell’origine vale esclusivamente la dichiarazione d’origine (Allegato I, art. 12). Essa può essere allestita dall’esportatore, indipendentemente dal valore della merce. Il certificato di circolazione EUR1 non è ammesso.

La dichiarazione d’origine deve essere allestita esclusivamente in inglese ed avere il seguente tenore:

  • la procedura di controllo a posteriori prevede un termine di tre mesi (prorogabile di ulteriori tre mesi) per rispondere alle domande di controllo e per presentare i giustificativi. Le tempistiche sono brevi, gli esportatori devono pertanto prepararsi adeguatamente;
  • l’importazione preferenziale di olio di palma e olio di palmisti è soggetta, oltre alla dichiarazione d’origine, anche a una prova di sostenibilità e a un’autorizzazione preferenziale rilasciata dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO) precedentemente alla prima importazione, con attribuzione di un numero di autorizzazione;
  • le merci originarie che, al momento dell’entrata in vigore dell’accordo, si trovano in transito oppure in custodia temporanea in un deposito doganale o in una zona franca possono tuttavia beneficiare dell’imposizione all’aliquota preferenziale nel quadro dell’accordo. In questo caso, fino al 28 febbraio 2022 sussiste la possibilità di presentare una dichiarazione d’origine allestita nel Paese d’esportazione dopo l’entrata in vigore dell’Accordo nonché documenti che comprovano il trasporto diretto.

Altri ambiti

La scheda informativa “Accordo di partenariato economico completo AELS-Indonesia” del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (DEFR) fornisce ampi ragguagli sui contenuti del CEPA nei seguenti ambiti:

  • ostacoli tecnici agli scambi commerciali e misure sanitarie e fitosanitarie
  • disposizioni generali sul commercio e lo sviluppo sostenibile
  • servizi (per approfondimenti vedasi anche gli Allegati VIII-XV al CEPA)
  • investimenti (per approfondimenti: Allegato XVI)
  • proprietà intellettuale (per approfondimenti: Allegato XVII)
  • appalti pubblici
  • cooperazione economica (per approfondimenti: MoU)

Non ingabbiamo l’economia

Qualche tempo fa è stato presentato un atto parlamentare a livello federale che si prefigge di proteggere l’economia svizzera con controlli degli investimenti. Il Consiglio federale, lo scorso 25 agosto 2021, ha definito i parametri che potrebbero essere utili per un controllo degli investimenti esteri, confermando però la sua già nota riluttanza a introdurre regole particolari. Entro fine marzo 2022 verrà posto in consultazione un progetto. Ma perché il Consiglio federale è contrario a una regolamentazione troppo restrittiva degli investimenti esteri?

Il motivo è presto detto. Una politica aperta nei confronti degli investimenti esteri è essenziale per la nostra economia e, di riflesso, per tutta la popolazione elvetica. Ciò permette infatti l’afflusso di capitali e competenze che permettono alle aziende di rimanere competitive, creare valore e mantenere i posti di lavoro. Occorre quindi grande prudenza prima di introdurre limiti troppo restrittivi, in un quadro legislativo già abbastanza severo. L’obiettivo dei controlli deve rimanere limitato a rischi e minacce per l’ordine pubblico o la sicurezza derivanti dall’acquisizione di imprese svizzere da parte di investitori esteri e particolare attenzione va a rilevamenti di aziende da parte di enti statali o parastatali esteri, che potrebbero anche portare a distorsioni della concorrenza.
Il Consiglio federale probabilmente si muoverà nel senso di prevedere una notifica e un’autorizzazione per le acquisizioni di imprese svizzere da parte di enti statali o parastatali esteri, limitando
invece questa procedura solo ad alcuni settori in caso di acquirenti privati. La SECO sarà l’autorità designata a gestire queste procedure.

Qualche anno fa avevamo già evidenziato uno studio di Avenir-Suisse (https://bit.ly/2YJjfps), che rilevava come le imprese elvetiche non dovessero essere ulteriormente protette da acquisizioni da parte di ditte estere. Anche un chiaro approfondimento di economiesuisse fornisce elementi molto utili per capire la tematica in tutte le sue sfaccettature (https://bit.ly/3DDgOE6). È chiaro che la discussione politica verta soprattutto sulla fame di acquisizione cinese, che preoccupa non poco.
A volte anche a ragione. Un “player” dai mezzi quasi illimitati può effettivamente distorcere la concorrenza oppure accaparrarsi di aziende che sono strategiche per il Paese perché fornitrici di servizi molto particolari e non sostituibili. Pensiamo alla delicatezza della questione della sicurezza informatica e di chi fornisce servizi di questo tipo.

Non va però dimenticato che vi sono già parecchi strumenti legali utilizzabili, come il diritto di espropriazione dello Stato per ragioni di sicurezza nazionale, oppure leggi puntuali nel settore immobiliare, borsistico e della concorrenza, con il controllo delle fusioni nel contesto della legge federale sui cartelli. La Svizzera in taluni ambiti è già più restrittiva di altri Paesi europei come la Germania, la Svezia e la Gran Bretagna (malgrado la Brexit).
Inoltre, va rilevato che la stragrande maggioranza degli investimenti in Svizzera ha origine nel mondo occidentale, ossia Stati Uniti, Canada e Unione Europea, tanto che circa l’80% dei capitali esteri in Svizzera ha questa provenienza. Senza dimenticare che gli investimenti diretti esteri garantiscono quasi mezzo milione di posti di lavoro in Svizzera.

Nello stesso contesto non va dimenticato il movimento inverso degli investimenti, cioè dalla Svizzera verso l’estero, perché la Svizzera esporta non soltanto beni industriali e servizi, ma anche importanti quantità di capitali, soprattutto sotto forma di investimenti diretti. Si tratta di decine di miliardi investiti da grandi aziende ma anche da molte PMI, che complessivamente occupano quasi 2 milioni di persone all’estero, con importanti ricadute in termini di crescita delle nostre aziende site in territorio elvetico e quindi di grande beneficio per la Svizzera.

Il mondo cambia ed è giusto riflettere sull’adattamento degli strumenti legali oggi esistenti. Nello specifico sarebbe però un errore fatale adottare un regime troppo rigido che ostacolerebbe i flussi di investimenti verso la Svizzera, perché questo, nel gioco della reciprocità, frenerebbe di riflesso anche la possibilità di investimenti elvetici all’estero. Inoltre, vi è un elemento a cui occorre sempre prestare attenzione, cioè che è ormai difficile trovare aziende puramente svizzere al 100%, malgrado l’immagine, la qualità e l’affidabilità siano ancora molto di stampo nazionale.
Alcuni marchi storici come Ricola, Läderach e Victorinox rimangono saldamente in mano svizzera. Pochi sanno però che la mitica Ovomaltina è in mani britanniche, l’altrettanto mitico Toblerone appartiene a un’azienda americana, mentre la Feldschlösschen è danese e la Valser è di proprietà della Coca-Cola. Senza dimenticare un pezzo di cultura svizzera come l’Aromat che è di proprietà olandese. Eppure, il carattere elvetico non è sparito, perché chi investe in questi prodotti investe in un pacchetto, fatto di qualità riconosciuta in tutto il mondo, di un modo di lavorare preciso e affidabile, per cui non vi è alcun interesse a stravolgere queste caratteristiche.

Quindi nuove regole vanno studiate, ma sempre con il tipico pragmatismo elvetico, anche perché la complessità delle strutture economiche e finanziarie oggi rende sempre più difficile stabilire a tavolino in maniera esatta certe situazioni di proprietà delle aziende e quindi l’esatta nazione di origine di determinati investimenti. Occorrerà come sempre equilibrio per trovare una via efficace
che tuteli gli interessi superiori senza ingabbiare inutilmente un’economia che deve giocoforza essere aperta per sopravvivere.

Swissness: il marchio svizzero

Il prodotto proviene davvero dalla Svizzera se c’è scritto sull’etichetta? Solo se vengono seguite determinate regole.

Il mercato svizzero può vantarsi di avere un alto valore, sia per la qualità che per l’affidabilità, la precisione e l’esclusività. I consumatori svizzeri che vivono nel nostro Paese e all’estero sono pronti a cercare in modo meticoloso tali prodotti poiché confidano nelle caratteristiche sopracitate e, dove possibile, scelgono di acquistare solo prodotti nazionali e locali.
Lo “Swiss made” è, indubbiamente, un punto di forza per le aziende. Ci sono però delle regole da seguire per proteggere il marchio svizzero dagli abusi.
Un utile vademecum in merito.

Che aspetto ha la croce Svizzera?

Questo è chiaramente definito dalla legge: “un quadrato rosso con in mezzo una croce bianca”.

Su di un prodotto può essere raffigurato lo stemma svizzero?

No, lo stemma svizzero, ovvero la croce svizzera bianca su sfondo rosso quadrato è un’espressione del potere statale e un simbolo ufficiale protetto. Pertanto, le aziende private non sono autorizzate ad usufruirne per uso commerciale. Solo la Confederazione Svizzera può utilizzare questo stemma. Lo si può trovare, ad esempio, sul sito web della Confederazione ma non su un cartone del latte, anche se il contenuto proviene al 100% dalla Svizzera.

Esistono delle eccezioni?

Sì, esistono delle eccezioni nelle quali lo stemma può essere utilizzato da altre persone. Ad esempio, può essere mostrato in opere di riferimento o utilizzato nell’allestimento di un festival. Lo stemma può essere anche riportato su un bicchiere o una medaglia commemorativa per un determinato evento.

Sull’etichetta dei prodotti svizzeri può essere raffigurata la croce svizzera?

Solo se provengono effettivamente e in modo verificabile dalla Svizzera. Tuttavia, non si può pretendere alcun collegamento con la Confederazione Svizzera. L’etichetta di una bottiglia d’acqua può essere decorata con la croce elvetica esclusivamente se il contenuto proviene da una fonte svizzera, ma essa non può essere mostrata su un orologio proveniente dalla Cina

Esistono delle eccezioni anche per quanto riguarda la croce Svizzera?

Sì, in alcuni casi la croce elvetica non può essere utilizzata anche se il prodotto proviene effettivamente dalla Svizzera. Per esempio, nelle situazioni in cui essa potrebbe venire confusa con il simbolo della Croce Rossa. Questa regola vale principalmente per i prodotti nel campo medicale.

La croce svizzera può essere utilizzata come decorazione?

La croce svizzera può essere usata per decorare gli articoli turistici come le camicie, le giacche o le bretelle. L’acquirente non deve intendere la croce svizzera come un’indicazione di provenienza, ma bensì come un elemento decorativo; il prodotto non deve necessariamente essere stato fabbricato in Svizzera.

Quando si può indicare il “Made in Switzerland” su un prodotto?

Solo se il prodotto proviene effettivamente dalla Svizzera. Ciò garantisce che esso contenga davvero del materiale di origine elvetica. Lo stesso discorso vale, ad esempio, per le indicazioni «Swiss made» o «Swiss Quality» e per le immagini raffiguranti il Cervino, Guglielmo Tell o Helvetia.

Scoprire un imbroglio nell’utilizzo della croce svizzera: come procedere?

Supponiamo di acquistare un orologio da un negozio svizzero online. L’orologio viene venduto come «Swiss made» e mostra una piccola croce svizzera, ma è stato constatato che è stato prodotto in Turchia. In questo caso sono possibili le seguenti misure:

  • segnalare l’abuso all’Istituto Federale della Proprietà Intellettuale (e-mail: swissnessinfo@ipi.ch). La società in questione sarà informata per iscritto del proprio comportamento illecito e delle multe che potrebbero insorgere
  • informare l’associazione di categoria (per gli orologi l’Associazione dell’industria orologiera svizzera)
  • controllare la ricevuta e leggere le modalità di reso, in Svizzera, tuttavia, non esiste alcun diritto legale per gli acquisti online
  • informarsi sui propri diritti di garanzia nei termini e condizioni generali. Se vi sono indicazioni, si applica la legge in vigore e si può richiedere il rimborso.

Quando un prodotto è originario dalla Svizzera?

Con i prodotti di origine naturale è relativamente semplice: una lattuga è originaria dalla Svizzera se è stata raccolta su territorio elvetico. La carne di manzo è svizzera se l’animale ha trascorso la maggior parte della sua vita nel territorio. Un pesce è di origine svizzera se viene pescato sul suolo nazionale. Le uova sono di origine elvetica se il pollo è stato allevato in Svizzera.

Ma cosa succede quando i prodotti naturali vengono trasformati in alimenti? In questo caso almeno l’80% del peso degli ingredienti deve provenire dalla Svizzera. Mentre per i prodotti lattiero-caseari la percentuale deve essere del 100%.

Inoltre, la fase di lavorazione che conferisce al prodotto le sue proprietà essenziali deve avvenire in Svizzera. Ad esempio: la confezione Tetra Pak del latte può raffigurare il Cervino se tutto il latte che contiene proviene dalla Svizzera. Anche la trasformazione del latte in formaggio, dunque la fase di lavorazione essenziale, deve aver avuto luogo nel nostro Paese.

Sono tuttavia possibili delle eccezioni: quando i prodotti di origine naturale non esistono in Svizzera o sono momentaneamente irreperibili, essi non vengono tenuti in considerazione ai fini della regola del 60% o 80%. Anche l’acqua come ingrediente non è compresa.

Per quanto riguarda una tavoletta di cioccolato, l’80% del peso degli ingredienti, come lo zucchero e il latte, deve provenire dalla Svizzera. La proporzione di cacao non viene inclusa provenendo da un Paese estero. Per i prodotti industriali, almeno il 60% dei costi di produzione deve essere sostenuto in Svizzera, inoltre l’attività che conferisce al prodotto le sue proprietà essenziali deve svolgersi In Svizzera.

Fonte: Beobachter 16/21, adattamento Cc-Ti

Il trasporto delle merci e i rischi che ne conseguono

Quando si esporta, è bene tenere conto delle procedure da seguire riguardo alla spedizione, al trasporto ed alla conoscenza dei rischi che potrebbero insorgere durante il viaggio.

Per gli esportatori svizzeri è importante conoscere le aliquote di dazio e altri tributi applicati nei Paesi in cui si intende esportare. Esistono delle condizioni di consegna DDP (reso sdoganato), ciò significa che l’esportatore svizzero si prende a carico anche i costi dei dazi e di altri tributi. Per ulteriori necessità c’è la possibilità di richiedere informazioni alle Ambasciate svizzere nei vari Paesi.

Esistono vari metodi di trasporto: stradale, ferroviario, marittimo, aereo e gasdotto. Il principale metodo di trasporto per l’importazione in Svizzera è quello su strada. I prodotti maggiormente importati sono i minerali, terreno agricolo, pietre, prodotti chimici e i macchinari, che costituiscono il 63,3% (2020) delle merci importate. L’80% degli alimenti importati avviene su strada. Il trasporto ferroviario rappresenta il 15,2% (2020) delle importazioni. I prodotti principali sono il carbone, il petrolio (circa 40%), i prodotti chimici e i prodotti in plastica (20%). Il trasporto marittimo, che avviene principalmente attraverso il Reno, comprende per la maggior parte i petroliferi raffinati, come la benzina (54%), le pietre e i minerali 20%. Questo metodo di trasporto rappresenta l’8,7% delle importazioni svizzere.
Il trasporto aereo viene utilizzato maggiormente per merce leggera e preziosa, più precisamente per l’importazione di apparecchi elettronici e tessili. Nonostante a livello di quantità la percentuale ammonti solo allo 0,2% (2020), per contro il loro valore rappresenta il 38,6% (2020) delle importazioni. Troviamo anche l’importazione di frutta esotica e di pesce. Per finire, nel trasporto tramite gasdotto figurano il petrolio e il gas naturale, al 12,5% (2020) delle importazioni.

È bene tenere conto che esistono anche diversi documenti da presentare per il trasporto internazionale in base al tipo di trasporto scelto. Essi si dividono in:
• CMR per il trasporto su gomma,
• Railway Bill per il trasporto su rotaia,
• Bill of Lading per il trasporto via nave e
• Airway bill per quello aereo.

Un documento di primaria importanza è la fattura di vendita. È bene sapere cosa indicare su di essa:
• mittente + destinatario (indirizzi completi con partita IVA o Codice Fiscale, se privato),
• tipologia di merce compresa di voce doganale,
• valore merce (esente IVA per l’esportazione),
• nr. colli,
• peso lordo, peso netto,
• resa Incoterms 2020.

Come citato poc’anzi, gli Incoterms, parte fondamentale per un’esportazione sicura, sono regole internazionali create nel 1936 e periodicamente aggiornate. Sono articoli di contratto e di uso commerciale, sviluppati dall’International Chamber of Commerce (ICC).

L’obiettivo principale di queste regole è quello di contribuire ad evitare incomprensioni e litigi tra esportatore e importatore rispettivamente tra venditore e acquirente. È importante specificare il luogo o il porto nella maniera più precisa possibile. Inoltre, regolano i diritti e le obbligazioni del venditore e dell’acquirente in relazione alla fornitura/consegna di una merce, al trasporto (documenti), al trasferimento del rischio e alla ripartizione dei costi. È fondamentale che le clausole di resa vengano inserite nei contratti di compravendita inserendo il nome del luogo o del porto seguito dalla menzione “Incoterms 2020”; oltre a ciò, sono considerati validi solo se menzionati esplicitamente sulle fatture, sui contratti di compravendita, sulle offerte, sulle condizioni di vendita, sulle conferme d’ordine, ecc..

Un altro punto basilare di cui tener conto per una corretta esportazione sono i rischi che minacciano le merci durante il viaggio. Possiamo trovare:
• il furto/smarrimento,
• il danneggiamento la cui origine è nota (evento conosciuto), cioè l’incidente del mezzo di trasporto,
• l’incidente durante le manipolazioni (carico, scarico, trasbordo),
• gli incendi e gli eventi naturali
• oppure il danneggiamento la cui origine non è nota (evento sconosciuto), ad esempio l’ossidazione e la contaminazione.

Per i motivi elencati sopra, è consigliabile stipulare un’assicurazione sul trasporto delle merci. È possibile, ad esempio, stipulare una copertura contro tutti i rischi (All risks) che copre la perdita e il danneggiamento delle merci durante il trasporto assicurato, salvo quanto espressamente escluso dall’assicurazione. Esiste anche una copertura limitata, che assicura i danni alla merce dovuti agli incidenti del mezzo di trasporto, l’incendio, i danni della natura, il carico e lo scarico. Questa copertura è utilizzata per merci non fragili o trasportate alla rinfusa (bulk).
L’assicurazione inizia quando la merce è caricata sul veicolo all’inizio del viaggio e termina quando è scaricata alla fine del viaggio.

Oltre ai rischi legati al trasporto, esistono anche i rischi finanziari. Troviamo quello in ambito internazionale, dove la controparte potrebbe annullare l’ordine oppure non è nella posizione di ritirarlo, quello legato al Paese (rischio politico, es. colpo di Stato) oppure il rischio di cambio. Purtroppo, anche l’emergenza COVID-19 ha generato un elevato impatto globale sui rischi delle esportazioni.
Per diminuire i rischi di cui si fanno carico i due partner commerciali, le banche hanno sviluppato diverse soluzioni di finanziamento, tra cui la lettera di credito.

La lettera di credito è una garanzia di pagamento per il venditore ed offre maggior sicurezza ad ambo le parti. La banca dell’acquirente si impegna a pagare il venditore in maniera irrevocabile, sottostando a determinate condizioni. I temi di cui tenere conto durante un’esportazione sono molteplici, per questo motivo è bene conoscere ed informarsi per tempo quando si commercia con un determinato Paese straniero. È consigliabile anche avere una persona di contatto nella Nazione in cui si importa.

Il Servizio Export Cc-Ti resta a vostra disposizione.

L’Uzbekistan, questo grande Paese sconosciuto

La Svizzera rappresenta il primo mercato d’esportazione dell’Uzbekistan, Stato dell’Asia centrale. Un Paese che offre delle prospettive di crescita importanti, un’economia forte, uno sviluppo demografico marcato e una piazza in via d’industrializzazione tutta da scoprire.

Un panorama di Tashkent, capitale dell’Uzbekistan

L’Uzbekistan fa parte dello stesso gruppo della Svizzera presso la Banca mondiale, dove i rappresentanti delle due nazioni si incontrano. La Banca mondiale prevede nel suo caso una crescita del PIL annuale del 5% per il periodo attuale, confermando il fatto che l’ex Repubblica sovietica è ormai una delle economie con lo sviluppo più veloce al mondo. Il Paese conta circa 33 milioni di abitanti di cui il 65% parla l’uzbeco, la lingua turca ufficiale. Una minoranza della popolazione è russa e il russo è diffuso come lingua di comunicazione sebbene l’inglese inizi sempre di più a prendere piede. A queste si aggiungono altri gruppi e lingue come i Tadjiks, i Kazaki, i Tatari e i Caracalpachi. Circa il 37% della popolazione uzbeka vive nelle città e il 63% in campagna. La maggioranza è in età lavorativa e rappresenta il 57% del totale, mentre il 7% sono pensionati. La crescita demografica è aumentata dell’1,7% (2015) e la speranza di vita si attesta a 64 anni.

Le prospettive di sviluppo a lungo termine di questa nazione situata sulla via che collega la Cina e il Mediterraneo sono positive: una crescita economica vigorosa, un basso debito nazionale, importanti riserve di valute estere e d’oro e da ultimo, ma non meno importante, stupende ricchezze naturali. Esso possiede importanti giacimenti di gas naturali, d’oro, d’uranio e di rame. Grazie anche a un’economia diversificata, nessun settore rappresenta più del 20% del prodotto interno lordo. L’Uzbekistan è tra i primi dieci produttori ed esportatori di cotone. Tra il 2004 e il 2016 l’economia di questo Paese ha visto una crescita annuale dal 7 al 9%. Nell’anno a venire la crescita economica dovrebbe raggiungere una media del 5,5%.

Riforme in corso

Dalla capitale Tashkent, il Presidente Shavkat Mirziyoyev, in carica dal 2016, ha avviato riforme ambiziose: l’iperinflazione – ossia una situazione di inflazione particolarmente elevata tanto da indurre i consumatori ad usare valuta estera e le riforme in ambito legale e fiscale sono state ben accolte dalle società uzbeka. La Nazione si concentra sull’imprenditoria, la privatizzazione e l’apertura.
Le relazioni con i Paesi vicini si sono normalizzate. I risultati di questo operato si notano: l’Uzbekistan è progredito dal 166° posto (2012) al 69° posto (2019) nella classifica “Doing Business” della Banca mondiale. Negli anni a venire si attende un afflusso di investimenti diretti esteri pari a 65 milioni di dollari americani.

Relazioni con la Svizzera

Il fatto che l’Uzbekistan faccia parte dello stesso gruppo della Svizzera presso la Banca mondiale è piuttosto aneddotico. Il legame commerciale tra i due Paesi è molto più importante. Sui 14 miliardi di dollari d’esportazione dell’Uzbekistan, più del 18% sono destinati alla Svizzera, seguita dal Regno unito (17%) e dalla Russia (14%). Per quanto riguarda le importazioni, invece, sui 21 miliardi di dollari, il 23% provengono dalla Cina. La parte che tocca la Confederazione è inferiore all’1% e il volume delle importazioni da questo Paese ammonta a 148 milioni di dollari l’anno (cifre sono intese per l’anno 2019).

“Mercato di confine”

Gli investimenti svizzeri in questo Paese agroindustriale sono aumentati più del 200% nel corso degli ultimi 10 anni; anche le importazioni uzbeke sono incrementate. Solo 10 anni fa, il Paese acquistava 60 milioni di dollari di merce all’anno in Svizzera. I piccoli volumi, il carattere unilaterale e la crescita rapida sono le proprietà evidenti di questo “mercato di confine”, con una rapida industrializzazione.

Fare affari con Paesi come questo può anche comportare dei rischi, ma i successi sono altrettanto significativi. Purtroppo, la poca conoscenza dello Stato, della sua economia e del mercato tende anche a mascherare le opportunità.

Fonte: Testo di Henrique Schneider, USAM; adattamento Cc-Ti

Il prezzo da pagare

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare in più occasioni durante questi ultimi mesi, l’aumento dei prezzi e la scarsità di talune materie prime è fonte di preoccupazione importante per l’economia.

In questo contesto l’importante aumento dei costi di trasporto costituisce un ulteriore fattore aggravante che tocca tutti i settori, dall’automobile all’agroalimentare, dall’elettronica al tessile. Basti pensare che i circa 5’000 pezzi che compongono un’automobile arrivano da molti Paesi diversi sparsi in tutto il mondo. Acciaio, plastica, componenti elettronici, elementi meccanici, ecc. devono essere trasportati per via marittima, fino a qualche tempo fa la meno costosa, aerea oppure con la ferrovia e i camion laddove possibile.

Soffermandosi sulla via marittima, essenziale per i trasporti delle merci, si può osservare che, oltre ai tempi di fornitura molto dilatati, i prezzi per i container sono quasi quintuplicati nello spazio di un anno. Ad esempio, un container per la tratta Shanghai – Le Havre può costare anche 17’000 dollari contro i 2’000 dollari necessari prima della crisi pandemica. Inoltre, essendo i porti sovraccarichi, non capita di rado che un trasporto invece di attraccare al porto previsto, come Le Havre nell’esempio appena citato, faccia rotta su un altro porto come può essere Anversa, aumentando evidentemente i costi e allungando i tempi di fornitura.
A Los Angeles i tempi di attesa per scaricare le merci dalle navi vanno dalle due alle tre settimane. Fra le cause principali di questo aumento dei prezzi, a parte la mancanza di alternative di trasporto per talune merci, figurano i consumi durante i periodi di lockdown.

L’aumento esponenziale degli ordini di prodotti online (in larga parte provenienti dall’Asia) ha creato un sovraccarico del trasporto marittimo e una conseguente scarsità di container a disposizione. A fronte del calo massiccio del trasporto di passeggeri, quello delle merci è addirittura aumentato, con incrementi del 27% nel primo semestre 2021, rispetto allo stesso periodo nel 2019 (+37% rispetto al primo semestre del 2020). Nemmeno i 600’000 container supplementari ordinati durante la pandemia e i 180’000 che dovrebbero essere disponibili nei prossimi mesi sono stati sufficienti per arginare la situazione. Con un inevitabile rialzo dei prezzi. Se questo ha ridato il sorriso agli armatori, dapprima paralizzati nella prima fase della pandemia e ora confrontati a un importante aumento degli utili, il resto dell’economia è colpito in maniera pesante in molti settori e in tutti i Paesi. Il problema è che una fine a breve termine non è prevista, dato che si parla di una normalizzazione verso la primavera del 2022, cioè dopo il Capodanno cinese. Si avvicinano momenti di ordinazioni importanti legati ad esempio al Black Friday, al Thanksgiving e a Natale. Il trasporto delle merci via aerea costituisce un’alternativa assai limitata.

Si tratta di elementi spesso ignorati, ma che hanno un ruolo fondamentale per il funzionamento del sistema economico, in una realtà economica interconnessa come quella odierna. Fa capolino evidentemente il discorso della forte dipendenza, non solo della Svizzera, da altri Paesi ma qualche margine di miglioramento può esserci.

Il reshoring di talune attività produttive, cioè il “rimpatrio” di certe aziende per una produzione più “indigena” è senza dubbio un elemento che può essere rafforzato dall’evoluzione tecnologica e alcuni esempi edificanti non mancano. Ma si tratta di un fenomeno ancora abbastanza marginale e comunque la dipendenza dalle materie prime resterà comunque. Ed è normale che talune fasi produttive restino laddove vi sono materie prime per la produzione di molte componenti, altrimenti la sostenibilità economica non sarebbe possibile.

Discorso complesso, che richiede molta attenzione e molto equilibrio di giudizio, perché il sistema non può essere modificato a colpi di decreto e non vi sono soluzioni facili. La pandemia ha portato all’attenzione del grande pubblico l’interdipendenza internazionale, suscitando anche timori, sospetti e risentimenti. Emozioni comprensibili ma anche poco utili nell’insieme. Ma qui il discorso si fa complesso e meriterebbe approfondimenti ben più ampi. L’urgenza è ora quella di cercare alternative, come l’economia svizzera e ticinese hanno sempre dimostrato di saper fare, gestendo questi aumenti di prezzi senza che vi siano conseguenze troppo pesanti sul mercato interno e in termini di competitività internazionale. La “fortuna” è che, per una volta e per restare in ambito navale, quasi tutti i Paesi sono sulla “stessa barca”, per cui almeno su questo fronte, ce la possiamo giocare quasi alla pari con tutti gli altri, visto che le difficoltà elencate toccano tanti se non tutti.