La trasformazione digitale delle dogane e DaziT

Informazione per le aziende esportatrici: l’Amministrazione federale delle dogane (AFD) ha avviato da tempo un progressivo ammodernamento dei propri servizi e si trova oggi nel pieno della trasformazione digitale.

Si sta evolvendo gradualmente verso l’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC). In questo scenario, il programma «DaziT» – che si compone di «dazi» (ovvero dazio o più in generale dogana) e «T» (trasformazione) – è stato avviato ufficialmente il 1° gennaio 2018 e durerà fino alla fine del 2026.
DaziT riduce i costi delle procedure di riscossione del dazio e dei tributi. Entro fine 2026 i processi specialistici verranno gradualmente semplificati, standardizzati e interamente digitalizzati.
La trasformazione si basa sulla semplificazione dei processi, sulla digitalizzazione e su un ulteriore sviluppo organizzativo.

L’AFD ha introdotto delle applicazioni per smartphone utili a semplificare i processi. Si tratta di “QuickZoll” che permette di effettuare imposizioni digitali nel traffico turistico privato, “Via” che consente di versare la tassa forfettaria sul traffico pesante in maniera mobile e “ActivePeriodic” che concede di attivare automaticamente le dichiarazioni doganali al passaggio del confine.

LINK – Le app introdotte dell’AFD

Oltre alle applicazioni ActivePeriodicche consentono già l’attivazione automatica delle dichiarazioni doganali, l’AFD sta sviluppando un sistema ancora più ambizioso: la soluzione telematica. La procedura potrebbe essere interamente digitalizzata, senza l’ausilio dello smartphone.

L’attivazione automatica è un elemento chiave della nuova procedura doganale, infatti avvisa la dogana quando una merce dichiarata sta per attraversare il confine.

Le imprese di trasporto potranno beneficiare di procedure più efficaci e di conseguenza di un risparmio di tempo e di risorse. La completa digitalizzazione della procedura renderà superflui i documenti cartacei. Tutti questi aspetti permetteranno di velocizzare la circolazione dei veicoli e delle merci al confine.

L’obiettivo dell’AFD è di rendere produttiva l’attivazione telematica entro l’estate del 2023, ovvero al momento del lancio del nuovo sistema per il traffico delle merci Passar. Da metà 2023 Passar sostituirà completamente gli attuali sistemi NCTS (transito ed esportazione) nonché e-dec/e-dec web (importazione ed esportazione). A dipendenza del volume delle attività commerciali, le ditte potranno scegliere di utilizzare Passar tramite un’interfaccia utente basata sul web o un’interfaccia automatica ai propri sistemi informatici.


I SERVIZI DIGITALI DELLA CC-TI
Anche la Cc-Ti mette a disposizione dei servizi digitali nell’ambito export.
La piattaforma www.certify.ch permette di richiedere l’emissione dei documenti d’origine direttamente online comodamente da casa o dall’ufficio. I certificati e i documenti legalizzati potranno poi essere comodamente stampati dal richiedente o utilizzati in PDF.
Il portale www.ataswiss.ch consente di richiedere i Carnet ATA online dopo aver creato il proprio account. La piattaforma è accessibile 24 h su 24 h, 7 giorni su 7.

Il Servizio Export Cc-Ti resta sempre a disposizione.

LINK UTILI
Le app introdotte dell’AFD
DaziT
Amministrazione federale delle dogane (AFD)

Fonte: “Telematica, la soluzione chiave in vista della digitalizzazione” e “Le operazioni doganali sono troppo complicate per le PMI?”, Amministrazione federale delle dogane (AFD)

TARES: novità dal 1°.1.2022

La tariffa doganale è un elenco sistematico di merci con l‘indicazione di aliquote di dazio per una specifica quantità di merci.

La tariffa doganale svizzera si basa sull‘accordo internazionale del “Sistema armonizzato”, denominato “SA”, attualmente in uso in quasi tutti i Paesi del mondo (in vigore dal 1°.1.1988). Tutte le Nazioni utilizzano una medesima nomenclatura doganale, armonizzando le prime sei cifre a livello mondiale. Il sistema suddivide la tariffa doganale scomponendo la cifra in sezioni, capitoli e sotto-capitoli.

Le voci di tariffa servono di base per la riscossione dei dazi e di altri tributi, l’allestimento della statistica del commercio esterno e per stabilire l’origine preferenziale delle merci.

Per conoscere la voce doganale di un prodotto è possibile visitare il sito www.tares.ch dell’Amministrazione Federale delle Dogane (AFD). Tramite questa piattaforma è possibile cercare la voce di tariffa doganale in base al nome del proprio prodotto e conoscere le aliquote di dazio. A partire dal 1° gennaio 2022 la tariffa doganale subirà delle modifiche in seguito alla revisione della Convenzione internazionale sul Sistema armonizzato di designazione e di codificazione delle merci (SA).

Fonte e maggiori dettagli: https://www.ezv.admin.ch/ezv/it/home/informazioni-per-ditte/tariffa-doganale–tares/modification-entrant-en-vigueur-le-1-1-2022.html


LINK UTILI
Tariffa doganale – Tares
Modifiche dall’1.1.2022
Piattaforma tares.ch

Il Servizio Export Cc-Ti resta a vostra disposizione.

Buona ripresa delle esportazioni svizzere

L’economia svizzera è sopravvissuta alla pandemia di COVID-19 con perdite sorprendentemente ridotte. Perlomeno se si utilizza quale criterio di paragone il prodotto interno lordo (PIL). Nonostante la massiccia seconda ondata di contagi, il PIL ha ora quasi raggiunto di nuovo il livello pre-crisi.

Nel complesso quest’anno il PIL è cresciuto del 3,5% compensando così il calo nel 2020 (-2,6%). Dall’inizio del 2021 anche l’industria delle esportazioni ha avuto una grande ripresa.

Nel marzo 2021 le esportazioni dell’industria meccanica, elettrica e metallurgica hanno raggiunto il livello più alto da maggio 2019. Già dall’inizio dell’anno in corso si è potuto notare un aumento delle esportazioni verso i principali partner commerciali: ciò è stato possibile grazie alla forte domanda globale di beni e merci.

Non solo i macchinari e l’industria hanno avuto un forte rialzo nell’export, anche il settore farmaceutico prosegue positivamente: paragonato al livello pre-pandemia, nel primo trimestre 2021 ha avuto un aumento del 10%.
In particolare, i mercati USA e Cina hanno contribuito a questo incremento. Invece, in Germania e in Italia la ripresa delle esportazioni avanza più lentamente, mentre che i mercati spagnoli e francesi sembrano conoscere anch’essi, una ripresa più positiva.

Persino l’industria dell’esportazioni orologiera nel 1° trimestre 2021 ha registrato quasi gli stessi livelli del pre-pandemia (dati 2019), sebbene nel 2020 abbia incontrato grandi difficoltà. Sembra che in Cina sia stata rilevata un forte incremento della domanda di commercio svizzero dell’orologeria, e che negli Stati Uniti gli aiuti alle famiglie da parte del Governo americano per far ripartire l’economia, abbiano fatto aumentare anche la richiesta nel campo orologiero.

Grazie all’avanzare della campagna di vaccinazione COVID-19 e all’aumento dei test di massa in Svizzera (e ne resto del mondo), i contagi stanno continuando a scendere: questo fa sì che le prospettive economiche e congiunturali per il secondo semestre del 2021 si presentino in maniera abbastanza positiva.
Da un lato, l’attività nella maggior parte dei settori dei servizi svizzeri sta riprendendo quasi gradualmente dopo l’allentamento delle misure di contenimento della pandemia; d’altro canto, grazie ad una domanda mondiale di beni superiore alla media e ad un settore che si sta ancora riprendendo, c’è persino una carenza diffusa.

Di conseguenza, l’indice PMI per l’industria svizzera, che riflette la domanda industriale, è attualmente al livello più alto dall’inizio dell’indagine nel 1995. Grazie al boom di ripresa in corso nell’industria globale, le esportazioni nel settore MEM svizzero sono aumentate e continuano la loro ascesa.

Inoltre, il graduale allentamento delle restrizioni nell’Unione Europea (UE) dovrebbe risollevare la fiducia dei consumatori e quindi contribuire anche a una ripresa delle esportazioni di orologi svizzeri verso l’UE.


Articolo di Tiziana Hunziker, Swiss Export Journal 3.Quartal 2021 – traduzione e adattamento Cc-Ti

I servizi export digitali della Cc-Ti

La Cc-Ti, fondata nel 1917, da oltre 100 anni, lavora come associazione mantello dell’economia ticinese al servizio delle aziende, sia quelle che operano con e sul mercato interno come pure quelle che lavorano con l’estero. Negli anni l’economia, le persone, le imprese e il mondo nel suo complesso, si sono “tenuti al passo” per fronteggiare al meglio le molteplici esigenze sempre più impegnative dell’internazionalizzazione.

Per questo motivo, crediamo che non ci sia momento migliore per avvalersi del mondo della digitalizzazione anche nel settore dell’export, e in particolar modo, per il rilascio dei certificati d’origine.
Senza un certificato di origine rilasciato da una Camera di commercio e dell’industria competente, che confermi la provenienza della merce, non è possibile esportare dei prodotti in un Paese con il quale la Svizzera non ha alcun accordo di libero scambio (ALS) o altre attestazioni di origine, per le quali quali, inoltre, si richiede sempre più celerità nell’emissione.  

Fino a pochi anni fa era impensabile poter richiedere la legalizzazione di documenti per l’esportazione, quali certificati di origine, fatture e altre attestazioni, tramite un portale web. Complice anche la pandemia e l’incremento dell’home working, da qualche tempo è possibile richiedere l’emissione dei documenti direttamente online comodamente da casa o dall’ufficio. Infatti, non è mai stato così facile, veloce e sicuro richiedere un certificato d’origine. Tutto questo è possibile grazie all’utilizzo della piattaforma www.certify.ch, già in utilizzo con successo e praticità anche per altre Camere di commercio e dell’industria svizzere (CCIS).

Per tutte le aziende che erano abituate a fornire le domande di attestazione e a ricevere i documenti via posta cartacea, adesso tutto può avvenire semplicemente online. I certificati e i documenti legalizzati potranno poi essere comodamente stampati dal richiedente o utilizzati in PDF. La piattaforma non ha alcun costo supplementare e i prezzi delle differenti prestazioni rimangono invariati. Si guadagna sicuramente in velocità e in sicurezza.

La piattaforma è accessibile 24h su 24h, 7 giorni su 7, accedendo con il proprio nome utente e la propria password, che la Cc-Ti vi rilascerà al momento della creazione dell’account.

Un altro documento che si può richiedere online è il Carnet ATA (Ammissione temporanea/Temporary Admission), questo documento doganale ufficiale viene definito come il passaporto per le merci utilizzato per l’esportazione temporanea di merce all’estero, per quanto riguarda le mostre fiere e congressi, campioni commerciali e materiale professionale.

L’idea di un regime di ammissione di franchigia per i campioni era già stata elaborata su base bilaterale tra Austria e Svizzera, regime che entrò in vigore tra i due Paesi nel febbraio del 1954. Fu così creata la prima Convenzione, con la documentazione Carnet ECS (dal francese “Echantillons Commerciaux”) che andava a sostituire qualsiasi deposito o garanzia per i dazi e gli oneri all’importazione.
A seguito del successo del Carnet ECS seguì il Carnet ATA, visto come una versione aggiornata a quella precedente.
Anche questo documento era compilato manualmente. Purtroppo, ancora oggi il documento ATA non è ancora del tutto digitalizzato, ma si sta lavorando a un prototipo per renderlo fruibile al 100% in formato elettronico.

Il Carnet ATA è uno strumento che garantisce notevoli vantaggi sugli scambi internazionali e assicura maggiore semplificazione dei regimi doganali, facilitando così l’esportazione temporanea di merce all’estero, armonizzando le svariate procedure, proseguendo obbiettivi di carattere economico, culturale, sociale, umanitario e turistico.

Un documento simile è il Carnet CPD, utilizzato solamente per le esportazioni temporanee a Taiwan e in un certo numero di Paesi ATA tra cui la Svizzera. Questo documento viene rilasciato dalla Camera di commercio e dell’industria e le condizioni per il suo uso sono identiche a quelle previste per il Carnet ATA.

Per poter richiedere un Carnet ATA bisogna contattare la propria Camera di commercio e dell’industria, che vi indirizzerà sul portale www.ataswiss.ch, la pagina sulla quale si possono richiedere i Carnet ATA online dopo aver creato il proprio account. Anche questo portale è accessibile 24 h su 24 h, 7 giorni su 7, comodamente da casa o dall’ufficio. Una volta effettuato il log-in con il proprio nome utente e la propria password, si può iniziare in modo semplice e pratico la compilazione del documento ATA.

Per qualsiasi informazione il servizio Export e Legalizzazioni della Cc-Ti è a vostra disposizione.

AFCFTA: l’accordo di libero scambio nel Continente africano

Il Trattato di Libero Commercio Continentale Africano, (in inglese African Continental Free Trade Agreement, abbreviato AFCFTA) è un trattato internazionale che regola l’apertura delle frontiere e la creazione di un’area di libero scambio tra i Paesi africani membri.

La zona di libero scambio del continente africano rappresenta dunque un nuovo mercato comune, il più vasto al mondo in termini di popolazione.

La prossimità geografica e il potenziale in ascesa delle differenti economie africane creano numerose opportunità per le aziende esportatrici svizzere.
La Svizzera vanta una lunga tradizione di partenariato con il Continente africano e gode di un’ottima reputazione.

Il lungo cammino verso l’integrazione africana

L’accordo di libero scambio continentale africano (AFCFTA) è un progetto ambizioso, dettato da una volontà politica che dovrebbe permettere sviluppi economici favorevoli per grandi progetti; forti del dinamismo economico che caratterizza diverse Nazioni africane.
Progetto faro dell’Agenda 2063 dell’Unione Africana, l’AFCFTA stabilisce un mercato unico che dovrebbe rivitalizzare lo spazio commerciale africano, promuovendo l’industrializzazione, creando nuovi posti di lavoro e migliorando la competitività delle industrie africane a livello mondiale.
In termini di popolazione (parliamo di 1.3 miliardi di abitanti), l’AFCFTA pone le fondamenta della più vasta zona di libero scambio dopo la creazione dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). 54 dei 55 Stati membri dell’Unione africana l’hanno firmato, fatto che rappresenta un PIL combinato di 3.4 miliardi di dollari.

Il 1° gennaio 2021 ha segnato l’apertura operativa dei mercati di questa nuova grande zona di libero scambio per 36 Paesi che avevano già ratificato l’accordo. I protocolli sul commercio di merci, il commercio dei servizi e la risoluzione di controversie, derivati dalla fase I delle negoziazioni, sono entrati in vigore contemporaneamente all’accordo. I paesi che l’hanno ratificato sembrerebbero essersi messi d’accordo sulle regole d’origine per più dell’81% delle linee tariffarie. Ad oggi, l’Africa è pertanto in grado di iniziare il libero scambio per più dell’81% dei prodotti alle condizioni preferenziali. Le parti dovranno ancora accordarsi sul 19% restante, nonché sul commercio dei servizi. La fase II delle negoziazioni tratterà i protocolli sugli investimenti, i diritti della proprietà intellettuale e la politica in materia di concorrenza; la fase III si concentrerà sull’e-commerce.


Svizzera e Africa

L’Africa subsahariana sta guadagnando peso geopolitico e rilevanza economica. Benché il subcontinente continui a confrontarsi con innumerevoli sfide, spesso annose, la rapida trasformazione sociale, economica e politica apre nuove opportunità.
Il Consiglio federale vuole dare maggiore peso e rilievo alla politica della Svizzera per l’Africa subsahariana, rafforzando ulteriormente la coerenza della sua politica estera. A tal fine intende modellare le relazioni bilaterali e regionali con l’Africa subsahariana all’insegna del partenariato. Facendo leva su un’analisi geopolitica del contesto regionale e sulla Strategia di politica estera 2020–2023, il Consiglio federale ha determinato 4 priorità tematiche:

  • pace, sicurezza e diritti umani
  • prosperità
  • sostenibilità
  • digitalizzazione

La strategia del Consiglio federale per l’intera regione del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA) – che costituirà il quadro di riferimento per tutte le attività svizzere in quest’area negli anni 2021-2024 – si riferisce ai Paesi a sud del Sahara e riguarda 49 Stati.

L’Africa subsahariana e le sue regioni limitrofe (Fonte: DFAE)

Fonte: CCIG info, aprile 2021, adattamento e sviluppo Cc-Ti

Link utili: Strategia MENA del Consiglio Federale – 2021-2024

Carnet ATA per il Brasile di nuovo possibili

Il segretariato dell’International Chamber of Commerce (ICC) di Parigi ha confermato che i Carnet ATA per il Brasile sono nuovamente in funzione.

Tutte le problematiche in corso sono dunque state risolte.

L’ufficio Export della Cc-Ti rimane sempre a vostra disposizione per qualsiasi informazione.

Focus sul Mercosur

Un futuro accordo di libero scambio con il MERCOSUR (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay)

Oltre all’accordo di libero scambio con l’Unione Europea e la convenzione AELS, la Svizzera dispone di una rete di 32 accordi di libero scambio con 42 partner. Questi accordi sono spesso conclusi nell’ambito dell’Associazione europea di libero scambio (AELS). La Confederazione può però concludere accordi di libero scambio anche con partner commerciali al di fuori dell’Europa, come è stato il caso per il Giappone e la Cina.

Dati essenziali

Gli accordi di libero scambio sono molto importanti per un Paese, poiché riducono notevolmente gli elevati dazi all’importazione che colpiscono gli esportatori elvetici. Ad oggi la Svizzera esporta nei Paesi del Mercosur beni per oltre 3,6 miliardi di franchi e le importazioni si aggirano intorno ai 711 milioni di franchi, si tratterebbe di uno dei mercati con il maggiore potenziale non ancora sfruttato.

L’industria dell’esportazione svizzera ne farà sicuramente buon uso, l’accordo farà risparmiare oltre 180 milioni di franchi l’anno. Questo fa notare la loro importanza per l’industria svizzera d’esportazione. Ma oltre al risparmio sui dazi doganali, l’accordo di libero scambio rinforza anche la protezione della proprietà intellettuale, elimina gli ostacoli tecnici al commercio, accresce la sicurezza degli investimenti e degli appalti pubblici.

Nell’agosto del 2019 gli Stati dell’AELS (Svizzera, Norvegia, Liechtenstein e Islanda) e gli Stati del Mercosur hanno concluso le negoziazioni per un futuro accordo di libero scambio.

Ciò significa che quasi il 96% delle esportazioni svizzere verso i Paesi del Mercosur potranno essere esonerate dai diritti doganali.

Gli accordi di libero scambio contengono anche delle disposizioni obbligatorie in materia di sviluppo duraturo. Per questo motivo i diritti dei popoli indigeni e la sostenibilità sono parte integrante dei testi, giuridicamente vincolanti sul commercio e lo sviluppo sostenibile.
Pensando al Sud America, ci si focalizza subito sulla foresta amazzonica (che  si estende su una superficie di 6,7 milioni di km² e si sviluppa sul territorio di ben nove Stati sudamericani)  e alla sua deforestazione, nonché agli altri problemi ambientali che toccano questo importante polmone verde.

Il giro del Mercosur

Argentina

L’Argentina è il quarto partner commerciale della Svizzera in America del Sud per importanza e la terza destinazione delle sue esportazioni nel subcontinente. Nel 2019 la Svizzera ha importato beni dal Paese latinoamericano per un valore di 1,67 miliardi CHF, in prevalenza metalli preziosi e prodotti agricoli, mentre ha esportato soprattutto prodotti chimici e farmaceutici, macchinari e orologi per un totale di 665 milioni CHF.

Alla fine del 2018 gli investimenti diretti svizzeri in Argentina erano pari a circa 3 miliardi CHF e le imprese svizzere davano lavoro a 11’320 persone.

Brasile


Il Brasile è il partner commerciale più importante della Svizzera in America latina, e molte aziende svizzere sono attive nel Paese. Già nel 2008 i Governi di Svizzera e Brasile hanno avviato un «partenariato strategico» nel cui quadro i due Paesi intrattengono scambi e cooperazioni in diversi campi. I due Stati hanno concluso accordi nei settori della scienza, dell’assistenza giudiziaria e della giustizia, dello scambio di informazioni in ambito fiscale, del traffico aereo e della sicurezza sociale.
Nel 2019 la Svizzera ha importato dal Brasile beni per un valore di quasi 1,4 miliardi CHF, soprattutto metalli preziosi e caffè, mentre ha esportato principalmente prodotti chimici e farmaceutici nonché macchinari per un totale di 2,5 miliardi CHF. Alla fine del 2018 gli investimenti diretti svizzeri in Brasile ammontavano a 10,5 miliardi CHF e le imprese svizzere impiegavano oltre 62’200 persone nel Paese.

Paraguay

La Svizzera e il Paraguay hanno concluso, tra gli altri, accordi negli ambiti del commercio, della protezione degli investimenti e della cooperazione tecnica.
Il commercio tra Svizzera e Paraguay è relativamente limitato. Nel 2019 le esportazioni della Svizzera verso il Paraguay sono state pari a 20,5 milioni CHF, mentre le importazioni sono ammontate a 23,4 milioni CHF e hanno riguardato principalmente prodotti agricoli, pietre e metalli preziosi e oli essenziali.

Uruguay

Le relazioni politiche tra la Svizzera e l’Uruguay sono buone, in quanto esiste uno stretto legame storico tra i due Paesi, che è da ricondurre alla forte emigrazione svizzera nel XIX secolo. Non a caso l’Uruguay è chiamato anche “piccola Svizzera”.

Attualmente la Svizzera e l’Uruguay hanno concluso accordi nel settore della protezione degli investimenti, della doppia imposizione, delle assicurazioni sociali e del traffico aereo.

Nel 2019 la Svizzera ha importato merci dall’Uruguay per un valore di circa 32 milioni CHF; si è trattato essenzialmente di pietre e metalli preziosi, ma anche di prodotti agricoli e cartacei. Sempre nel 2019, le esportazioni svizzere verso l’Uruguay si sono attestate a 158 milioni CHF e hanno riguardato principalmente prodotti farmaceutici, orologi e macchinari.

Alla fine del 2018 gli investimenti diretti svizzeri in Uruguay ammontavano a circa 2,4 miliardi CHF e le imprese svizzere impiegavano quasi 1’100 persone nel Paese. 


Fonte: admin.ch, adattamento Cc-Ti

Utile pubblicazione di S-GE sul tema

Il certificato d’origine: dove, come, chi

L’esportazione è il processo di spedizione di beni o di merci (prodotti naturali o fabbricati) da un territorio nazionale in un Paese estero dove saranno poi venduti.

Il certificato di origine è un documento che attesta l’origine della merce, cioè il luogo in cui la merce è stata prodotta o ha subito l’ultima trasformazione sostanziale e accompagna i prodotti esportati in via definitiva verso Paesi extracomunitari, o anche comunitari, qualora l’importatore lo richieda espressamente. Il certificato di origine viene richiesto per l’”origine non preferenziale delle merci”, quando quindi, non esiste nessun accordo di libero scambio tra la Svizzera (e/o AELS, attualmente, gli Stati membri sono: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) e il Paese di destinazione. Non ci sono, pertanto, dei dazi preferenziali. Le regole d’origine non preferenziali sono elencate nell’Ordinanza sull’attestazione dell’origine non preferenziale delle merci (OAO) – ultima modifica il 9 aprile 2008, entrata in vigore il 1° maggio 2008 e servono alle Camere di commercio e dell’industria svizzere per il rilascio dei certificati di origine e di altre attestazioni.

Le attestazioni comprovano l’origine, il valore e il prezzo di una determinata merce. Le attestazioni di origine posso anche essere rilasciate come attestazione di origine in fattura. Queste attestazioni, oltre all’origine della merce, devono contenere informazioni che identificano, in modo preciso, la merce stessa (come ad esempio la descrizione, il numero dei pezzi, il tipo di imballaggio, ecc.). Esse vengono rilasciate solo per consegne o forniture effettive di merci e dietro presentazione di una fattura di vendita sulla quale il destinatario della merce corrisponde al destinatario della fattura. Di frequente le disposizioni giuridiche di un determinato Paese richiedono il rilascio dei certificati di origine all’importazione delle merci, in applicazione di una misura di politica commerciale antidumping, dazi/quote e contingenti. Vengono anche richiesti in occasione dell’apertura di un accreditativo, per motivi statistici o anche in occasione di appalti e offerte.

La maggior richiesta di certificati di origine avviene perché il cliente, che risiede nel Paese d’importazione, vuole assicurarsi che la merce abbia effettivamente una determinata origine, oppure perché, a sua volta, deve riesportare la merce e dunque necessita, appunto, di una prova di origine.

Il grafico illustra alcuni dei Paesi con i quali la Svizzera intrattiene rapporti commerciali nell’ambito dell’origine non preferenziale. Come potete notare i maggiori partner si trovano nella regione degli Stati Arabi del Golfo Persico (Bahrain, Kuwait, Iraq, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti). Altri due partner importanti per il nostro Paese sono la Cina e l’Egitto che, nonostante abbiano un accordo di libero scambio con la Svizzera, richiedono l’emissione del certificato di origine per ragioni politiche interne. È importante precisare che il maggior partner commerciale della Svizzera rimane, comunque, l’Unione Europea. Nelle esportazioni verso quest’ultima, l’emissione dei certificati di origine è però
ridotta: infatti, l’accordo di libero scambio, che consente uno sgravio dei dazi doganali, viene utilizzato maggiormente.
I settori per i quali vengono richiesti più di frequente i certificati di origine sono l’alta moda, il trading di materie prime (acquistate all’estero e rivendute), la farmaceutica e l’orologeria.

Le Camere di commercio e dell’industria svizzere, che, pur essendo di natura completamente privata, sono l’organo emittente dei certificati di origine e di altri documenti per l’esportazione, sono tenute a fornire alle persone e alle imprese tutte le indicazioni necessarie, in materia di origine, sulle scelte dei criteri di origine e sulle semplificazioni amministrative, con un trattamento parificato di tutti gli utenti. Anche nell’applicazione delle tasse e degli emolumenti non vi è distinzione tra l’essere affiliato a una Camera di commercio e dell’industria svizzera e il non esserlo.

Gli uffici emittenti delle Camere di commercio e dell’industria svizzere rilasciano le prove documentali a persone fisiche e giuridiche residenti nel territorio di propria competenza. Per la Cc-Ti equivale al territorio cantonale. Eccezionalmente un ufficio emittente può rilasciare delle prove documentali per un richiedente non domiciliato nella propria giurisdizione, purché vi sia l’accordo dell’ufficio emittente competente del territorio del richiedente. Può capitare che la Camera di commercio e dell’industria svizzera competente non rilasci il certificato di origine o altre prove documentali. Questo può avvenire in caso di assenza di prove di origine, o in mancanza di altri documenti come la fattura di vendita. Il richiedente è tenuto a consegnare tutti i documenti corretti per la richiesta dell’emissione di un certificato di origine, ovvero:

  • domanda di attestazione compilabile sul sito Cc-Ti (all’indirizzo www.cc-ti.ch/certificati-dorigine)
  • fattura di vendita
  • documenti del proprio fornitore per comprovare l’origine della merce.

Se tutti i documenti del richiedente sono corretti, il certificato di origine può essere rilasciato sia presso lo sportello delle Camere, sia via posta oppure richiedendolo sulla nostra piattaforma online www.certify.ch, già utilizzata con successo e praticità da molte aziende. Con questa modalità, invece di fornire le domande di attestazione e di ricevere i documenti via posta, il tutto avviene semplicemente online e i certificati e i documenti legalizzati possono essere comodamente stampati o utilizzati in PDF. La piattaforma non ha nessun costo supplementare e i prezzi delle pratiche rimangono invariati. È una modalità che non modifica il lavoro di analisi formale e materiale da parte della Cc-Ti e fornisce quindi le medesime garanzie della versione cartacea.


Il Servizio Export della Cc-Ti è a disposizione per rispondere alle vostre domande. Tel. +41 91 511 51 23/29 oppure inviando un’e-mail a export@cc-ti.ch.

Tips di ‘business etiquette’

Il giro per il mondo… per quando torneremo a viaggiare e ad interfacciarci in modo “reale” e non virtuale.

Organizzeremo viaggi d’affari e accoglieremo delegazioni provenienti da Paesi stranieri. Come comportarci?

Cina

Nei contatti di business è importante arrivare puntuale agli incontri, il ritardo potrebbe essere percepito come estremamente irrispettoso. Salutare in cinese prima di iniziare la discussione è sempre apprezzato. È consigliato, inoltre, limitarsi a salutare verbalmente, invece di stringere la mano. Abbracciarsi o baciarsi non è comune in Cina, è sufficiente un leggero cenno col capo.

Giappone

Referenti e vertici dell’azienda devono essere convinti fino in fondo della fattibilità dell’operazioni, per questo occorrono anche diversi incontri.
Nelle riunioni non bisogna sedersi in un posto qualsiasi.
Il posto che sarà assegnato è determinato in base alla posizione nella gerarchia aziendale, è tradizione mettere il “leader” alla testa del tavolo. Se siete ospite sarete guidato fino al vostro posto. Durante la riunione verranno offerte delle bevande rinfrescanti non alcoliche. Verranno proposte ai superiori prima che ai sottoposti. Non bisogna iniziare a bere prima che del “leader” designato.

Turchia

È importante evitare di essere informali, anche se si sta sviluppando un rapporto personale. Gli incontri iniziali non si concludono quasi mai con delle decisioni, ma servono per conoscersi e discutere. Non cercare quindi di limitare la discussione solo agli affari, ma aspettarsi anche alcune domande personali.
Ci si saluta con una stratta di mano tra uomini, mentre bisogna attendere che le donne tendano la mano prima di porgere la propria.

Grecia

Considerare l’importanza della società: le famiglie e gli anziani rivestono un ruolo determinante nelle gerarchie sociali. Se la puntualità non è caratteristica della cultura greca, ci si aspetta dagli stranieri che siano in perfetto orario, anche se la controparte greca potrebbe avere un ritardo.

In America Latina

È consuetudine allacciare una relazione personale prima di entrare in affari. Durante le riunioni è possibile che si parli della famiglia e di altri aspetti personali. Le small talks hanno lo scopo di conoscere il partner commerciale, farsi un’idea preliminare della persona con la quale si intende intraprendere i propri affari e costruire, possibilmente, prima un rapporto di fiducia.

Libero scambio – Pacifico

Il Partenariato Economico Globale Regionale – PEGR (Regional Comprehensive Economic Partnership, RCEP) – del quale anche l’Indonesia fa parte – ha permesso la nascita del più grande blocco commerciale esistente al mondo.

Australia – Vietnam

L’accordo si struttura in venti capitoli che racchiudono i punti nevralgici, tra cui ricordiamo: il commercio di beni, le regole di origine (ROO), le facilitazioni commerciali e doganali e, tra le altre, anche le misure sanitarie.

Il 7 marzo scorso l’accordo di libero scambio fra la Svizzera e l’Indonesia è stato approvato alle urne in votazione federale. Con questo recente risultato, la Svizzera è la Nazione che, in Europa, ha siglato il maggior numero di accordi di libero scambio (ALS).

Il Partenariato Economico Globale Regionale (PEGR) è un accordo di libero scambio nella regione dell’Asia Pacifica tra i dieci stati dell’ASEAN (nello specifico: Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam) e cinque dei loro partner di libero scambio: Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud.
Negoziato per 8 anni, questo nuovo grande partenariato è stato siglato il 15 novembre 2020, in occasione del 37° vertice annuale dell’ASEAN. Nei prossimi due anni saranno possibili le rispettive ratifiche nazionali. Di fatto, la più grande zona di libero scambio al mondo è ora una realtà.

La Svizzera è relativamente già ben posizionata nell’area asiatica grazie all’accordo di libero scambio con la Cina, il Giappone, le Filippine, Singapore, la Corea del Sud.

La più grande zona di libero scambio

Il prodotto interno lordo totale dei 15 Paesi membri del PEGR raggiunge circa il 30% del valore aggiunto mondiale. Un dato importante e significativo dell’importanza ricoperta da questo Partenariato, è il valore aggiunto mondiale, se comparato ad esempio con la zona di libero scambio del Nord America al 28% e quella dell’Unione Europea al 18%.

L’India si è ritirata dall’accordo nel novembre 2019, principalmente a causa delle preoccupazioni relative al dumping di prodotti manifatturieri dalla Cina e di prodotti agricoli e lattiero-caseari dall’Australia e dalla Nuova Zelanda, che potrebbero colpire i propri settori industriali e agricoli nazionali. A causa del ritiro dell’India, si teme che la Cina possa dominare l’RCEP. Se l’India dovesse riprendere in considerazione di aderire nuovamente al PEGR, ipotesi non in atto ma tuttavia possibile in un futuro, oltre il 40% della popolazione mondiale vivrebbe nella stessa zona di libero scambio.

La zona di libero scambio creatasi si presenza con circa il 30% della produzione economica mondiale, il 28% del volume degli scambi mondiali e circa 2,2 miliardi di persone.

Fonte cartina: Wikipedia – Di Tiger 7253 – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=57964894

La sua struttura

L’Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico afferma che gli obiettivi principali dell’accordo siano quelli di stabilire un partenariato moderno, completo, di alta qualità e reciprocamente vantaggioso che faciliterà l’espansione del commercio e degli investimenti regionali e che contribuirà allo stesso modo alla crescita e allo sviluppo economici e globali dell’area.

Di conseguenza, si creerà opportunità di mercato, d’occupazione per le imprese e per la popolazione indigena delle regioni.

Gli accordi commerciali rappresentano la maggioranza del contenuto. Sono state inserite numerose concessioni per i diversi gruppi merceologici e Paesi (come per il pesce per il Giappone, i prodotti in plastica per il Laos, ecc.). In ogni caso circa il 92% dei dazi doganali saranno ridotti o eliminati (non immediatamente).

Indipendentemente dalle tasse doganali, altre misure importanti sono previste per ridurre i costi del commercio estero. Queste spese restano piuttosto alte in Asia. È prevista una regolamentazione per la protezione dei contratti, dei diritti di proprietà intellettuale e degli investimenti; anche voci “sensibili” come i servizi finanziari e le telecomunicazioni verranno parzialmente liberalizzarti.

Questi accordi hanno effetti a diversi livelli, ma primo tra tutti, quello economico. Gli economisti stimano che il PIL dei Paesi Membri aumenterà costantemente di circa lo 0.2% (74 mia di dollari/anno).

Nel merito questo partenariato mira a ridurre le tasse doganali e le formalità burocratiche, permettendo di eliminare le “barriere doganali” sul 91% dei beni in transito.

In breve, il PEGR si compone nel modo seguente (il testo dell’accordo è accessibile al pubblico):

  • Commercio di beni
  • Servizi: e-commerce, divieto di richieste di localizzazione dati
  • Investimenti
  • Proprietà intellettuale
  • Politica della concorrenza

Non vi rientrano:

  • Sostenibilità
  • Diritto del lavoro

La Svizzera in questo contesto

Con questo accordo l’Europa perderà d’attrattività per la Cina (presupposto sul lungo termine), e in futuro la Repubblica Popolare Cinese dipenderà sempre meno dal commercio con Germania e Francia. Inversamente, i vantaggi per le aziende europee che vorranno insediarsi o vendere in Cina, saranno miseri. Questa situazione non bilanciata è dovuta al fatto che la maggioranza dei Paesi europei non hanno accesso al “libero scambio” con i Paesi membri del PEGR.

La Svizzera, fortunatamente, si può distinguere da questo meccanismo, essendo un Paese che ha concluso il più alto numero di accordi di libero scambio con i Paesi membri del PEGR. Ad eccezione di Laos, Cambogia, Australia e Nuova Zelanda, la Svizzera – quale Paese o quale membro del gruppo di Paesi AELS – ha già concluso o negozia questo tipo di accordi, concretizzando i propri risultati nel mercato.

La Svizzera produce prodotti di nicchia di elevata qualità e li esporta in tutto il mondo. Le aziende svizzere, piccole o grandi che siano, necessitano quindi di un accesso affidabile a un numero il più elevato possibile di mercati esteri. Il recente accordo con l’Indonesia rientra nella politica di libero scambio del nostro Paese, che vanta già oltre 30 accordi con più di 40 Paesi al di fuori dell’UE e dell’AELS.


Fonte: Journal des arts et des métiers, marzo 2021 ; adattamento Cc-Ti