L’economia è la vera priorità
Vi proponiamo l’opinione di Michele Rossi, Delegato alle Relazioni esterne Cc-Ti e candidato PPD al Consiglio di Stato
Ora, in questo coro di voci si perde però spesso di vista un aspetto determinante: pur ammettendo che tutti i temi meritino attenzione, alcuni ne meritano di più. La priorità tra i temi è l’ago da non perdere nel pagliaio delle opinioni e delle ricette proposte all’elettorato. E così la domanda che sorge spontanea è una sola: qual è oggi la vera, grande sfida che il Ticino deve affrontare? C’è forse un problema che sta all’origine di molti altri, sul quale dovremmo chinarci con maggior determinazione ed energia? A mio avviso c’è. E da come lo sapremo affrontare dipenderanno le soluzioni di tanti importanti problemi oggi sul tavolo.
Il Ticino sta vivendo una trasformazione profonda. Nel secondo dopoguerra il nostro Cantone ha sperimentato una rapida e consistente crescita economica. Un evento senza pari nella sua storia. Un Cantone che aveva conosciuto il dramma dell’emigrazione si è visto nascere in casa una piazza finanziaria di livello internazionale che ha generato e distribuito, direttamente o indirettamente, una ricchezza di cui tutti, compreso l’ente pubblico, hanno potuto beneficiare. Questa situazione di benessere generata quasi spontaneamente è durata per alcuni decenni, ma oggi purtroppo le cose, volenti o nolenti, sono cambiate e continuano a farlo. Il benessere generale garantito nel passato recente dalla piazza finanziaria non è più assicurato. Tanto che oggi più che mai le nostre scelte politiche diventano determinanti per la tutela del benessere. Perché se un tempo la politica e l’economia cantonale potevano contare a priori su un fondamento solido, oggi le cose stanno diversamente.
Per mantenere il nostro benessere dobbiamo pertanto assicurare all’economia quelle condizioni quadro che le permettano di funzionare al meglio, nell’interesse di tutti noi: le aziende, gli investitori, i lavoratori e le lavoratrici, i liberi professionisti e le loro famiglie. Quando l’economia gira bene tutti ne beneficiamo. Quando rallenta tutti ne soffriamo. Solo un’economia sana ed operativa può creare ricchezza, lavoro e benessere. La politica deve occuparsene prioritariamente. In modo equilibrato, certo, ma consapevole che solo questa è la base su cui è possibile costruire tutto il resto. Garantendo le giuste condizioni quadro, noi dobbiamo permettere all’economia di generare quel benessere al quale non vorremmo doverci disabituare. Tutto il resto ne dipende. È la base del nostro sistema. È un po’ come nella vita di tutti i giorni: con la pancia vuota tutto il resto perde gran parte della sua importanza.




Della burocrazia e del suo potenziale asfissiante per l’economia si parla spesso, ma taluni sembrano considerarlo un concetto vuoto e puramente teorico. eppure il delirio di regolamentazioni e di controlli a tappeto su ogni attività aziendale è una realtà ben presente. A scanso di equivoci, i controlli ci stanno, ci mancherebbe altro e non avendo nulla da nascondere ben vengano gli strumenti utili a stanare i comportamenti fraudolenti. Ma questo non deve comportare che di fatto si impedisca alle aziende di svolgere il loro lavoro, che, è bene ricordarlo, è finalizzato alla creazione della ricchezza che molti sono abili soprattutto a distribuire. Ritengo quindi più che fondata l’esigenza di giungere alla creazione di uno sportello unico o quantomeno a un coordinamento preciso di tutti i controlli. Si tratterebbe non solo di una scelta di equilibrio ma anche e soprattutto di efficienza dell’attività statale. Avs, iva, verifiche fiscali generali, imposta alla fonte, ispettorato del lavoro, ufficio dell’igiene, commissioni paritetiche, tra non molto i controlli sulle possibili disparità salariali tra uomo e donna e chi più ne ha più ne metta. Un corollario di interventi degni di ben altri sistemi politici molto diversi dal modello elvetico e che sembrano non bastare mai. Certamente necessari ma con parecchi effetti negativi se slegati fra loro, sia per gli ostacoli posti alle aziende sia per il poco razionale utilizzo dei mezzi pubblici.





Senza sorprese, almeno per chi conosce il nostro tessuto economico cantonale, i risultati che ne sono emersi sono nuovamente di segno positivo, come da diversi anni a questa parte. Le spiegazioni di questa situazione le diamo e le abbiamo date in esteso in altri contributi, per cui non intendo qui dilungarmi oltre. Conforta però il fatto che gli indicatori positivi e il quadro di stabilità che ne emerge siano frutto di una ferma volontà di investire sul territorio e di migliorare costantemente le competenze aziendali e la competitività sul mercato interno e su quelli esteri. Questo malgrado le note tensioni nel contesto internazionale e qualche rissa di troppo sul fronte interno. Di questo dovrebbero prendere atto tutti. Certo, il sistema non è perfetto, perché di sistemi perfetti non ne esistono ed è sacrosanto ragionare sui correttivi effettivamente necessari. Ma senza voler smontare un sistema che ha dimostrato di funzionare. Il fatto che emergano dati che ci pongono per esempio sul livello dell’Arco Lemanico, regione incontestabilmente dominante in termini di sviluppo economico, dovrebbe suggerire maggiore prudenza quando si parla del Ticino come di un cantone disastrato. In questa sede tengo però soprattutto a sottolineare come la Cc-Ti sia in prima linea per cercare di fornire alle aziende le informazioni e le formazioni (puntuali e di lunga durata) che permettano di reggere il confronto con un contesto di concorrenza sempre più agguerrita. Le risposte delle aziende in termini di sempre più assidua partecipazione alla vita camerale è la migliore testimonianza che la strada è quella giusta. Facilitare l’accesso a tutto quanto può far crescere le aziende in termini di competenze generali e specifiche resta il nostro obiettivo principale anche per i prossimi anni.
