Entusiasmo e propositività per il 2019

Nell’intervista a Cassia Casagrande, Responsabile Comunicazione ed eventi Cc-Ti,  scopriamo qualche anticipazione sulle attività targate Cc-Ti e tutte le novità a cui stiamo lavorando per il  prossimo anno.

Il 2018 ha comportato molte innovazioni tecnologiche per il mondo aziendale, a cui avete dedicato grande attenzione. Come evolveranno le attività nel 2019?

Come Cc-Ti non potevamo esimerci dal cambiamento che stiamo vivendo a tutti i livelli. Dal 2018 abbiamo optato per una trasformazione progressiva delle nostre attività per renderle in
linea con le esigenze dei nostri associati, che restano per noi l’obiettivo principale a cui fornire
delle risposte competenti. Il 2019 si appresta ad essere un anno altrettanto dinamico, nel quale
continueremo con approfondimenti costanti a sostegno dell’attività aziendale, offrendo ai nostri associati strumenti e spunti di riflessione innovativi. Attraverso le nostre diverse attività
– siano esse informazioni mirate, eventi e missioni economiche, formazioni puntuali o nuovi
percorsi della Scuola manageriale – continueremo a trattare le tematiche che ci stanno a cuore:
dall’internazionalizzazione alla digitalizzazione passando per la fiscalità, l’innovazione e la
sostenibilità. Insomma temi ampi e apparentemente disparati ma che appartengono ad una
stessa maglia che se ben tessuta può generare benefici importanti per l’intera società. E noi
non vediamo l’ora di contribuire a questo disegno.

Con quale spirito affrontate i mutamenti repentini caratterizzanti la società odierna e le necessità imprenditoriali?

Con spirito propositivo e grande passione per il ruolo che abbiamo la fortuna di poter svolgere, quello di rappresentante di un tessuto economico sano e  dinamico, quale quello ticinese. L’accompagnamento alle aziende, calibrato con servizi concreti e personalizzati, nonché la ricerca continua di stimoli, soluzioni dinamiche sono i principi sui quali operiamo.

Quali sono i progetti a cui state lavorando?

Stiamo continuando a raccogliere le necessità dei nostri soci e ad agire di concerto con attori competenti nelle tematiche a noi più care, per offrire soluzioni concrete. La messa in rete delle aziende, imprescindibile per un business di successo, sarà inoltre ancor più valorizzata, attraverso un accresciuto numero di momenti di incontro e scambio, così come grazie ad un ampliamento dell’“Area soci”, una zona del nostro sito web interamente dedicata a loro.

 

 

Il lavoro cambia e le leggi?

Il nostro sistema produttivo si va adattando rapidamente alla rivoluzione digitale, lo stesso, purtroppo, però non succede a livello di pubblica amministrazione e di legislazione.  L’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente FTAF.

Sebbene già nel 2016 il Consiglio federale abbia avviato una prima strategia per “La Svizzera digitale, nelle amministrazioni cantonali e federali, come notava qualche settimana fa il Consigliere nazionale Rocco Cattaneo, la digitalizzazione non decolla. Si scontano pesanti ritardi nello sfruttare risorse tecnologiche che potrebbero alleggerire la burocrazia e ottimizzare i rapporti dei cittadini e delle imprese con lo Stato. Un ritardo analogo si registra anche a livello politico e legislativo. È ormai risaputo che la digitalizzazione sta trasformando il modo di produrre, di lavorare e i nostri stili di vita. Una svolta epocale che richiederebbe, innanzitutto, innovative riforme del diritto del lavoro e delle assicurazioni sociali. Il lavoro è ormai fuoriuscito dai rigidi schemi del secolo scorso, con gli orari predefiniti, il posto fisso e le carriere lineari e automatiche. È già fuori dalle gabbie di mansioni e posizioni prestabilite per sempre.  Aumentano gli impieghi part-time e quelli con più datori di lavoro, si afferma lo smart working, cresce la discontinuità lavorativa e nascono figure professionali inedite, mentre ogni attività si arricchisce di contenuti cognitivi. Oggi il lavoro è governato da nuove logiche, risponde ad un diverso sentimento etico-sociale, si commisura con altre esigenze economiche e di status. Anche la spesso vituperata gig economy, che si sviluppa negli interstizi di una società in rapida evoluzione, risponde a nuovi bisogni di beni e servizi, offrendo a migliaia di persone, che altrimenti resterebbero al di fuori del mercato del lavoro, la possibilità di restare attive e avere dei guadagni. Un grande cambiamento questo che non si può più gestire con l’armamentario del vecchio diritto del lavoro e delle assicurazioni sociali.

Articolo apparso sul CdT del 3 dicembre 2018

Parliamo di queste tematiche e di molto altro, con esempi, testimonianze ed esperienze, nell’evento Cc-Ti di oggi “Smart life, quando la tecnologia migliora la qualità

Maggiori spinte alla crescita

Proseguono le interviste ai membri del nostro Ufficio Presidenziale. Con Andrea Gehri, Direttore Gehri Rivestimenti SA, parliamo di condizioni quadro e digitalizzazione.

 Occorrono condizioni quadro performanti per fare impresa secondo le esigenze aziendali (in evoluzione costante, viste le trasformazioni tecnologiche in atto). Come implementarne sempre di migliori? Su cosa far leva?

È innegabile che condizioni quadro interessanti e attrattive rappresentino fattori imprescindibili che determinino la capacità di una regione e/o nazione di attirare l’attenzione dell’economia e attrarre nuove realtà imprenditoriali verso le stesse. Le aziende pongono un’elevata attenzione a fattori e condizioni quadro favorevoli, che permettono loro di favorire uno sviluppo sostenibile. Occorre ottimizzare la crescente burocratizzazione statale, come pure migliorare l’approccio pubblico e politico verso gli imprenditori seri che desiderano mantenere e sviluppare le loro basi in Ticino.

Come si abbina la digitalizzazione alla formazione professionale nel suo settore?

Inizierei con l’affermare che il nostro settore è di connotazione artigianale e in tale contesto e per certi versi fortunatamente è ancora la capacità e l’estro manuale che fanno la differenza. Dobbiamo tuttavia essere coscienti che, probabilmente con minor intensità e rapidità di altre professioni, anche il settore artigianale verrà toccato dall’evoluzione digitale e, di conseguenza, anche la formazione professionale dovrà dimostrare attenzione all’evoluzione che si prospetta. Ostacolare o ignorare tale sviluppo significherebbe  regredire anche dal punto di vista artigianale.

Specializzazione industriale quale atout

Nell’intervista con Aleardo Cattaneo, Amministrazione delegato Ferriere Cattaneo SA e membro dell’Ufficio presidenziale della Cc-Ti, analizziamo il comparto industriale ticinese, parlando di mutamenti in atto, flessibilità e formazione professionale.

L’industria è sempre stato uno dei pilastri dell’economia cantonale. Visti i mutamenti nel mondo del lavoro e la richiesta di maggiore flessibilità, come risponde il comparto industriale?

Con la crisi del settore finanziario, l’industria in Ticino sta riprendendo importanza. Per rimanere competitivo il tessuto industriale cantonale deve puntare su prodotti di nicchia. I fornitori conto terzi ripensano continuamene i loro processi di produzione, snelliscono l’organizzazione, investono in macchinari moderni ed affiancano il cliente già in fase di progettazione. Gli OEM (Original Equipment Manufacturer) devono dapprima essere “state of the art” con le nuove tecnologie e adattare i loro prodotti alle richieste dei clienti. Essendo inoltre la Svizzera un Paese esportatore, una buona organizzazione di marketing/vendita a livello aziendale risulta fondamentale.

 

La formazione professionale, di base continua, è un atout imprescindibile del sistema elvetico. Come avvicinare i giovani alle professioni legate al mondo industriale?

Il tessuto industriale svizzero ha sempre considerato valido il modello apprendistato con possibilità di post- frequentare studi superiori. Questo permette di avere del personale qualificato sia in produzione che negli uffici. Alfine di rendere più attrattive le professioni industriali, dobbiamo meglio istruire il personale degli uffici predisposti. Fondamentale rimane l’aiuto alle aziende formatrici di apprendisti e che investono in riqualifica personale.

Promuovere lo spirito imprenditoriale

Nell’intervista a Rocco Cattaneo, Amministratore delegato City Carburoil SA e membro del nostro Ufficio Presidenziale, parliamo di imprenditorialità e di come innovare costantemente le proprie attività.

Alla base del progresso economico vi è l’innovazione, e per fare impresa oggi ne serve una buona quantità. Come implementa questa visione nel suo Gruppo?

Innovazione significa osservare costantemente l’evoluzione dei bisogni dei clienti, anticipare i tempi e investire con passione. Solo attraverso l’innovazione un’azienda riesce a rimanere concorrenziale, superare periodi difficili e garantire posti di lavoro a lungo termine. Il nostro Gruppo comprende diversi settori, faccio alcuni esempi: per il settore turistico penso al riorientamento del Monte Tamaro e allo Splash e Spa. Per la City Carburoil SA la nostra strategia consiste nella continua messa in discussione dell’offerta per le persone in movimento. Nel settore della logistica con la Stisa SA, stiamo sempre più investendo per assecondare le esigenze legate all’evoluzione dell’e-commerce.

È possibile far collimare maggiormente gli interessi del mondo aziendale con quelli politici?

Noi imprenditori negli ultimi anni siamo stati troppo assenti dalla politica. L’universo delle PMI, vero motore della nostra economia, deve far sentire maggiormente la propria voce. Questo non è facile perché gestire aziende e al tempo stesso impegnarsi per trovare soluzioni ai problemi che interessano tutti (ciò significa fare politica) costa molta fatica. Però è necessario poiché sul nostro operato vi sono troppi pregiudizi e false percezioni. Lo spirito imprenditoriale, va promosso perché senza di esso non vi sarebbero investimenti, posti di lavoro, formazione professionale ed entrate fiscali.

Il futuro è SMART

L’evoluzione costante dell’economia digitale sta trasformando la società ed il sistema aziendale, affermandosi quale nuovo paradigma culturale. Di questo tema parla Cassia Casagrande, Responsabile Comunicazione ed eventi Cc-Ti, lanciando l’evento “Smart life, quando la tecnologia migliora la qualità” del 5 dicembre 2018.

Con oggetti connessi ad internet, migliaia di dati, interconnessioni ed applicazioni dal potenziale infinito che, con l’incremento della tecnologia verso il 5 G – in continuo progresso –, sono e verranno trasmessi con una velocità mille volte superiore a quella attuale, mutando le abitudini e gli stili di vita personali e professionali.

L’internet delle cose – ovvero l’interconnessione e comunicazione dei diversi oggetti con e attraverso internet – è già realtà. Stiamo vivendo, pensando e facendo impresa nel futuro, qui, oggi. In questo contesto di mutamenti repentini e opportunità da cogliere date dalla digitalizzazione, parliamo anche di ‘Smart life’. In questo concetto così ampio conglobano economia digitale, progresso tecnologico ed innovazione, di cui nel corso del 2018 quale Cc-Ti abbiamo  ampiamente parlato, mettendo in luce sfaccettature diverse: big data, cyber-security, nuovi modelli di business, tecnologie innovative di comunicazione e molto altro ancora.

Una vita sempre più smart comporta un ‘ecosistema digitale’ dove tutte le attività umane (sia personali che aziendali, dal tempo libero alla produzione) sono interconnesse e facilitate da una rete di software e piattaforme intelligenti che, incrociando ed elaborando miliardi di dati, ci aiutano a rendere le nostre diverse attività più efficienti. Gli esempi da citare sono innumerevoli, basti pensare alla domotica, tramite cui si possono ottimizzare i propri consumi energetici, o all’analisi di dati legati alla mobilità che altrove hanno già permesso di gestire con efficacia ed economicità grandi infrastrutture. Ma anche alle forme di telelavoro e flessibilità nell’impiego, ossia modelli di business differenti che, con approcci innovativi, permettono di incrementare la produttività aziendale. O ancora alla sanità e alle biotecnologie, al fintech, alla governance aziendale ecc.

In ogni comparto economico le applicazioni risultano illimitate e aumentano a ritmo incessante, proponendo soluzioni inedite per temi complessi. Quale Cc-Ti rifletteremo su questi concetti per portare avanti un dibattito tematico costruttivo e propositivo, nello stile che ci contraddistingue.

In che modo? Con esempi, esperienze e testimonianze concrete di aziende attive sul territorio, nonché con un’analisi sull’intelligenza artificiale da parte di esperti, sviscerando così al meglio alcune delle opportunità che si presentano e che si creano.

Quando? Il prossimo 5 dicembre, presso il Centro Serrafiorita a Pambio Noranco, nell’evento tematico “Smart life, quando la tecnologia migliora la qualità. Le iscrizioni sono aperte!

Articolo apparso su La Regione del 26.11.2018

Elementi decisivi per la crescita

Prosegue il viaggio della Cc-Ti alla scoperta delle opinioni dei professionisti che fanno parte dell’Ufficio Presidenziale. Oggi conosciamo meglio Andrea Ghiringhelli, Avvocato, Studio legale e notarile Olgiati, Ghiringhelli ed associati, con cui parliamo della piazza finanziaria e degli elementi su cui puntare per una crescita sostenibile.

La piazza finanziaria ticinese è evoluta negli anni e con essa anche le imprese che si insediano sul territorio. Dal suo osservatorio come sono evolute le dinamiche?

I rapidi mutamenti legislativi che hanno caratterizzato la piazza finanziaria svizzera e ticinese in questi ultimi anni, in particolare l’introduzione dello scambio automatico di informazioni, nonché l’adeguamento delle norme fiscali svizzere agli standard europei, hanno sicuramente modificato le dinamiche delle aziende che si insediano sul nostro territorio. Sono venute meno le holding e le società di servizi. Assistiamo invece sempre più all’arrivo di aziende che si insediano sul territorio con attività legate ai settori tradizionali dell’economia e a comparti legati alle innovazioni tecnologiche.

Quali sono gli elementi che caratterizzano una crescita sostenibile globale?

Per una crescita sostenibile globale servono: una fiscalità maggiormente competitiva, visto il Canton Ticino ha le aliquote più alte tra tutti i Cantoni lungo la dorsale del Gottardo; una manodopera sempre più qualificata per essere al passo con l’evoluzione tecnologica in atto; una legge a supporto dell’innovazione più incisiva; una minore burocrazia e tempi decisionali più rapidi sia per quanto concerne la giustizia ordinaria (i tempi dei processi sia civili che penali sono troppo lunghi) sia per quanto concerne gli atti dell’amministrazione pubblica.

No al protezionismo dilagante

Vi proponiamo l’opinione di Valentina Rossi, Responsabile del Servizio Export Cc-Ti, in relazione ad uno degli oggetti in votazione il prossimo 25 novembre, su cui anche la Cc-Ti si è recentemente espressa con un chiaro NO.

Non sottovalutiamo quanto sottoposto a votazione il prossimo 25 novembre che inneggia una presunta autodeterminazione. Non entrando nel merito delle singole conseguenze negative che potrebbe avere l’accettazione di questo testo, mi limito a citare ciò che tocco con mano quotidianamente, ovvero le attività delle aziende che lavorano, importando o esportando, con i mercati esteri.

Con l’iniziativa cosiddetta “per l’autodeterminazione” rischiamo di minare il nostro benessere economico, vale a dire la competitività delle nostre imprese che – in un mercato di piccola dimensione come quello elvetico – devono poter disporre di condizioni quadro favorevoli per operare all’estero. Il protezionismo purtroppo sta guadagnando terreno ma è in piena contraddizione con i principi di mercati aperti e di commercio libero promossi dall’Organizzazione Mondiale del Commercio di cui la Svizzera è onorata di fare parte.

La nostra Confederazione, piccola nazione in mezzo a grandi potenze mondiali, non può permettersi di rinchiudersi in se stessa pensando di poter garantire un benessere economico come quello attuale. La Svizzera è uno dei dieci principali Paesi esportatori al mondo. Ciò significa concretamente che la forza della nostra economia si fonda sull’export: 2 franchi su 5 sono guadagnati grazie alla politica esterna. L’iniziativa “per l’autodeterminazione” non mira solo a rivedere i possibili accordi futuri, ma mina anche quelli già in vigore. Quali sarebbero ad esempio le conseguenze per i 30 accordi di libero scambio (con oltre 40 partner) che permettono alle aziende di avere vantaggi fondamentali sui mercati esteri e di essere innovative, produttive e vincenti?

La concorrenza internazionale per le nostre PMI è molto forte ed esse sono costrette ad affrontare un contesto estremamente dinamico. Oggi dobbiamo evitare di isolarci e restare competitivi combattendo con tutta forza il protezionismo dilagante che nuoce gravemente alla nostra economia.

Già oggi la Svizzera non conclude nessun trattato che non rispetti la Costituzione federale, non mettiamo in pericolo tutto quanto costruito poiché a pagarne le conseguenze sarebbero le aziende e, in definitiva, i nostri posti di lavoro. No quindi all’isolamento della Svizzera, NO all’iniziativa per l’autodeterminazione!

 

Articolo a cura di
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti

Testo apparso sul CdT dell’8 novembre 2018

Ti potrebbe inoltre interessare:
– la posizione della Cc-Ti, che, in vista della votazione federale del 25 novembre 2018, raccomanda di votare NO all’Iniziativa per l’autodeterminazione.

NO all’Iniziativa per l’autodeterminazione

In vista della votazione federale del 25 novembre 2018, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) raccomanda di votare NO all’Iniziativa per l’autodeterminazione.

NO all’isolamento della Svizzera. Con questa chiara affermazione il comitato interpartitico contrario all’iniziativa si è presentato lo scorso 15 ottobre, tra i suoi membri, anche Glauco Martinetti, Presidente della Cc-Ti. In quanto associazione mantello dell’economia, la Cc-Ti non può che schierarsi contro questa pericolosa iniziativa che rischia di danneggiare fortemente tutta l’economia svizzera e attira l’attenzione sulle implicazioni che potrebbe avere una sua implementazione.

La Svizzera è una paese piccolo, con un mercato interno altrettanto piccolo e velocemente saturo, non bisogna quindi dimenticare che la nostra prosperità dipende in gran parte dalle esportazioni, un dato su tutti: l’economia elvetica guadagna quasi due franchi su cinque all’estero. Le imprese esportatrici possono contare su ben 600 accordi commerciali stipulati tra la Svizzera e il resto del mondo. L’Iniziativa in questione metterebbe quindi a rischio questi accordi, tra cui alcuni particolarmente importanti nell’ambito del commercio internazionale, degli investimenti o della proprietà intellettuale.

Accettando l’Iniziativa si andrebbe ad indebolire la posizione della Svizzera in quanto partner affidabile e questo provocherebbe un isolamento a livello mondiale. Per una nazione esportatrice come la nostra, la cui buona interconnessione sul piano internazionale e un accesso garantito ai mercati esteri sono fondamentali, ciò sarebbe disastroso.

Perché quindi mettere a rischio l’intera economia svizzera, le nostre aziende e di conseguenza i nostri posti di lavoro?

Infine va ricordato che la nostra autodeterminazione esiste già oggi. Siamo infatti liberi di sottoscrivere gli accordi che vogliamo e di non sottoscrivere quelli che non vogliamo, in piena autonomia, come abbiamo sempre fatto. Non mettiamo quindi in pericolo una formula vincente!

Per questi motivi, la Cc-Ti raccomanda fermamente di respingere l’Iniziativa per l’autodeterminazione in votazione il prossimo 25 novembre.

Consultazione sulla revisione della Legge sullo sviluppo territoriale

Presa di posizione congiunta di Cc-Ti, AITI e SSIC Sezione Ticino all’attenzione della Sezione dello sviluppo territoriale del Dipartimento del territorio, in relazione alla consultazione della Revisione della Legge sullo sviluppo territoriale.

In generale

In primo luogo, pur consapevoli che tale aspetto dipende sostanzialmente dal diritto federale, siamo di principio contrari all’introduzione dell’obbligo di costruire, trattandosi di una grave restrizione della garanzia costituzionale della proprietà privata. La nostra opposizione include anche le modalità con cui tale obbligo è stato concretizzato, ossia l’istituzione di un diritto di compera a favore dei Comuni (sul quale ritorneremo in seguito con osservazioni di dettaglio).  In tal senso, per garantire il raggiungimento dei fini posti dalla legge federale, segnatamente per garantire uno sviluppo centripeto dell’attività edificatoria, ci chiediamo se non esistano alternative meno restrittive di un diritto di compera come ad esempio un semplice diritto di prelazione. Infatti, a differenza del diritto di compera, un diritto di prelazione permetterebbe all’ente pubblico di intervenire e di procacciarsi un immobile che il proprietario è comunque già intenzionato a vendere. Una simile fattispecie permetterebbe di meglio equilibrare interesse pubblico e garanzia costituzionale delle proprietà.

Secondariamente, proprio per attenuare gli effetti di un tale stravolgimento del concetto di proprietà privata, chiediamo che le modifiche della legge in consultazione vengano applicate solamente alle situazioni future. In altre parole, solo in caso di nuovi azzonamenti deve essere possibile intervenire con i nuovi strumenti previsti dalla legge. Ciò permetterebbe di tutelare situazioni acquisite, soprattutto considerando che gli attuali proprietari non potevano prevedere un simile sviluppo della normativa in materia di pianificazione.

In particolare

In via subordinata, ossia nel caso in cui si persistesse nel voler introdurre un obbligo di costruire, formuliamo le seguenti osservazioni particolari.

  • Il diritto di compera non è lo strumento adeguato alla fattispecie

 

Un aspetto critico riguarda quanto previsto in caso di mancato accordo tra Comune e proprietario.

Infatti l’art.87b cpv.2 indica che se il proprietario e il Comune non raggiungono un accordo, al Comune spetta un diritto di compera.

Ora, il diritto di compera è un istituto del diritto privato che presuppone un previo accordo tra le parti, segnatamente sul prezzo dell’immobile da trasferire. Ma la fattispecie indicata nel progetto di legge si riferisce invece ad una situazione in cui le parti l’accordo non l’hanno trovato. E quindi, come è possibile immaginare un diritto di compera? Chi stabilirebbe il prezzo?

Per questa ragione riteniamo che, a garanzia del proprietario, sia più opportuno, e logico dal profilo giuridico, immaginare una procedura espropriativa, che garantisce perlomeno un sistema per una corretta valutazione del prezzo dell’oggetto, oltre a che una procedura ben regolamentata.

In ogni modo i criteri per determinare il prezzo vanno inseriti nella legge, a garanzia di stabilità e prevedibilità, e non in futuri regolamenti che l’esecutivo può liberamente modificare.

  • L’interesse pubblico

Come già detto, un obbligo di edificare rappresenta una grave limitazione del diritto costituzionale alla proprietà. Deve quindi poggiare su interessi pubblici preponderanti e rispettare il principio di proporzionalità.

Il concetto di interesse pubblico assume un’importanza particolare ad esempio in relazione agli spazi sfitti. Infatti non appare in alcun modo giustificato prevedere un obbligo di edificare se il mercato offre già sufficienti riserve non utilizzate, come peraltro già rilevato dal medesimo Dipartimento in altri documenti ufficiali.

Per queste ragioni si chiede che il progetto di legge faccia esplicito riferimento al principio di interesse pubblico, sia in relazione al principio (art. 87a), sia alla successiva attuazione pratica (art. 87 b e c).

Il Comune deve infatti valutare concretamente la situazione esistente al momento dell’inserimento del fondo nei luoghi definiti strategici, sia al momento dell’attuazione della sanzione, che potrebbe differire di alcuni anni rispetto all’adozione iniziale del piano regolatore.

  • Inadempimento

Anche in caso di inadempimento dell’accordo raggiunto dalle parti, il progetto di legge prevede che al Comune spetti un diritto di compera.

Si è già detto sopra dell’inadeguatezza del diritto di compera per una fattispecie di questa natura.

Inoltre, nel caso di inadempimento alla base vi è comunque un accordo già raggiunto dalle parti, solo che, dopo la conclusione, il proprietario non procede al relativo adempimento. La conseguenza logica dovrebbe quindi essere che il Comune chieda giudizialmente l’adempimento di quanto pattuito, come succede nel caso di tutte le inadempienze contrattuali. Non vi è pertanto alcuna ragione di offrire al Comune un diritto di compera, di per sé inadeguato (vedi sopra), se ciò non è stato previsto nell’accordo raggiunto.

In altre parole, in caso di inadempimento il Comune deve poter chiedere l’adempimento di quanto stabilito nel contratto. Nulla di più.

  • L’ente pubblico deve avere già un progetto concreto

Infine, riteniamo che quando l’ente pubblico dovesse prevedere di inserire nel piano regolatore una limitazione del genere a danno dei proprietari, deve già sapere in modo molto concreto che tipo di progetto andrebbe edificato nelle zone individuate.

Infatti come è possibile obbligare un privato a costruire se non gli indico cosa dovrebbe costruire?

In altre parole, il Comune che dovesse procedere ad istituire un obbligo di edificare, dovrebbe indicare con precisione e concretezza (in modo analogo a quanto si chiede ai privati per una domanda di costruzione) i dettagli del suo progetto. È infatti per noi inimmaginabile che l’ente pubblico possa intervenire a restringere in tal modo il diritto alla proprietà sulla base di desideri generici e poco concreti.