Pechino stringe sui materiali strategici: terre rare, superduri e batterie al litio

Il 9 ottobre 2025, subito dopo la festività nazionale, il Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese (MOFCOM), insieme all’Amministrazione Generale delle Dogane, ha pubblicato quattro announcement (n. 56, 57, 61 e 62) che ampliano significativamente i controlli sulle esportazioni di terre rare, tecnologie di lavorazione e materiali correlati. Questi provvedimenti, unitamente agli announcement n. 55 e 58, che disciplinano rispettivamente i materiali superduri e le batterie al litio con anodi in grafite artificiale, delineano un’estensione organica del regime cinese di export control sull’intero comparto dei materiali strategici.

Strategie e contenuti principali

Gli announcement coprono diverse categorie di beni e tecnologie, rafforzando in modo significativo i controlli:

Announcement n. 55 (2025)

Decisione di attuare controlli all’esportazione su beni relativi ai materiali superduri

  • Introduce controlli su diamanti sintetici, nitruro di boro cubico e sulle relative tecnologie e apparecchiature di produzione.

Announcement n. 56 (2025)

Decisione di attuare controlli all’esportazione su alcune apparecchiature, materie prime e beni correlati alle terre rare

  • estende il controllo a macchine, reagenti chimici ausiliari e materie prime utilizzate nella separazione e raffinazione metallurgica delle terre rare.

Announcement n. 57 (2025)

Decisione di attuare controlli all’esportazione su alcuni beni correlati alle terre rare medie e pesanti

  • riguarda composti e leghe impiegati nella produzione di magneti, catalizzatori e materiali ottici;
  • estende l’obbligo di licenza all’esportazione per olanio, erbio, thulium, europio e itterbio.

Announcement n. 58 (2025)

Decisione di attuare controlli all’esportazione su beni relativi alle batterie al litio e ai materiali anodici in grafite artificiale

  • introduce controlli su input strategici per il settore delle batterie;
  • sono soggetti a licenza di esportazione sia le batterie finite sia le tecnologie e attrezzature per la loro produzione.

Announcement n. 61 (2025)

Decisione di attuare controlli all’esportazione su beni relativi alle terre rare e alle attività correlate all’estero.

  • amplia in modo significativo l’ambito dei controlli sulle terre rare e sui prodotti che le contengono;
  • richiede licenza di esportazione anche per beni prodotti all’estero che contengono almeno lo 0,1% in valore di materiali cinesi o che utilizzano tecnologie cinesi.

Announcement n. 62 (2025)

Decisione di attuare controlli all’esportazione sulle tecnologie relative alle terre rare.

  • controlla tecnologie e know-how legati all’estrazione, separazione, raffinazione dei metalli, produzione di magneti e recupero di risorse secondarie;
  • vieta la fornitura non autorizzata di assistenza tecnica da soggetti cinesi a entità straniere coinvolte in estrazione o lavorazione;
  • esenzioni: tecnologie di dominio pubblico, ricerca scientifica di base e contenuti per domande di brevetto.

Tempistiche chiave

AnnuncioData entrata in vigoreAmbito
55-588 novembre 2025Materiali strategici, batterie, superduri, tecnologie terre rare
61Prodotti di origine cinese: 9 ottobre 2025
Prodotti esteri contenenti materiali o tecnologie cinesi: 1 dicembre 2025
Prodotti cinesi e prodotti esteri contenenti materiali o tecnologie cinesi
629 ottobre 2025Tecnologie e know-how terre rare

Effetti extraterritoriali e requisiti di licenza

In particolare, gli announcement n. 61 e n. 62 introducono misure di extraterritorialità: anche i prodotti fabbricati fuori dalla Cina contenenti materiali o tecnologie cinesi soggetti a controllo richiedono una licenza MOFCOM per l’esportazione.

Le aziende svizzere, e più in generale estere, devono verificare la presenza di materiali cinesi nelle loro supply chain e aggiornare le politiche di compliance.

Sono vietate le esportazioni verso utenti militari, entità incluse nella “Control List” o “Watch List” di MOFCOM, o prodotti destinati a programmi WMD o applicazioni terroristiche.

Richieste legate a semiconduttori avanzati, AI o chip logici ≤14 nm saranno valutate caso per caso.

Le domande devono essere presentate in cinese tramite il portale ufficiale: http://ecomp.mofcom.gov.cn.

Implicazioni globali

La Cina controlla oltre il 70% delle miniere di terre rare e circa il 93% della produzione globale di magneti permanenti. Con le nuove misure, Pechino estende la propria influenza alle catene di approvvigionamento globali, imponendo vincoli extraterritoriali.

Per le aziende estere, le principali implicazioni operative includono:

  • mappatura dell’origine dei materiali e delle tecnologie utilizzate;
  • verifica della presenza di prodotti cinesi soggetti a controllo nelle proprie catene di approvvigionamento;
  • aggiornamento dei processi di export control e delle clausole contrattuali;
  • gestione dei rischi di doppia conformità, tra regolamentazioni estere e norme cinesi.

Settori più interessati: semiconduttori, veicoli elettrici, tecnologie green, aerospazio, difesa, chimica avanzata e dispositivi medicali.

I nuovi obblighi comportano rischi legali e geopolitici significativi, con possibili effetti su prezzi e disponibilità delle materie prime critiche.

Altri link utili:

MOFCOM Spokesperson’s Remarks on China’s Recent Economic and Trade Policies and Measures

Imprese svizzere e accordo AELS-Mercosur: focus Brasile

Il 16 settembre 2025, a Rio de Janeiro, è stato firmato un accordo storico che ridefinisce le relazioni del nostro Paese con il Sud America.
L’Associazione europea di libero scambio (EFTA) e i Paesi del Mercosur – Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay – hanno concluso un’intesa che dà vita a una delle più grandi zone di libero scambio al mondo e apre alla Svizzera un mercato di circa 270 milioni di persone e un’economia complessiva pari a quasi 3 trilioni di dollari. Per le imprese svizzere, questo significa molto più di un semplice ampliamento di mercato: si tratta di un cambiamento epocale, con il Brasile che si conferma protagonista di questa nuova stagione di cooperazione economica.

La conclusione dell’accordo, datata 2 luglio 2025, segna una tappa chiave nella politica commerciale della Svizzera, a testimonianza dell’impegno del Paese verso una progressiva integrazione nei mercati globali. Sebbene l’entrata in vigore dipenda ancora dai processi di ratifica, a stima diremmo nel 2027, i dati economici prospettano già oggi benefici considerevoli: secondo la SECO, circa il 96% delle esportazioni svizzere verso il Mercosur beneficerà dell’esenzione dai dazi una volta completato il processo di liberalizzazione tariffaria, generando risparmi annui superiori a 155 milioni di franchi. Questi numeri evidenziano chiaramente l’impatto trasformativo che l’accordo avrà sull’economia elvetica.

Opportunità settoriali e ruolo del Brasile

L’intesa apre scenari particolarmente rilevanti per diversi settori strategici dell’economia svizzera. L’industria tecnologica, penalizzata dalle crescenti dinamiche protezionistiche globali e da un contesto economico internazionale caratterizzato da forte instabilità, potrà finalmente contare su un accesso preferenziale a mercati in forte crescita.
Il Brasile si conferma protagonista in questa nuova fase di collaborazione commerciale. Con l’economia più grande e diversificata del Sud America, un mercato interno in continua espansione e oltre 213 milioni di consumatori, il Paese offre opportunità uniche alle imprese svizzere. I settori di interesse spaziano dall’industria farmaceutica alla meccanica di precisione, dall’orologeria all’agroalimentare di qualità, fino alle tecnologie ambientali.
Sempre più rilevante è il ruolo dell’ecommerce, che non solo stimola la domanda di beni di largo consumo, cosmetici, e prodotti alimentari, ma apre anche spazi per soluzioni innovative e la creazione di moderni centri di distribuzione, offrendo prospettive significative per le aziende attive in automazione e software per la gestione dei magazzini.

Complessità normative e sfide operative

Approcciare il mercato brasiliano richiede però competenze specifiche.
La normativa locale in materia di proprietà industriale è in fase di modernizzazione per allinearsi agli standard internazionali, con un’attenzione particolare alla protezione dei farmaci innovativi e delle tecnologie
avanzate: ambiti nei quali la Svizzera eccelle.
Oltre agli aspetti legali, le imprese devono considerare l’importanza delle certificazioni di prodotto: standard tecnici e requisiti di conformità possono variare in modo significativo rispetto all’Europa, e una pianificazione accurata di questi processi diventa essenziale per evitare ritardi e costi aggiuntivi.

Un ulteriore fattore critico riguarda la scelta del partner commerciale locale. Identificare interlocutori affidabili, con una solida conoscenza del mercato e delle procedure operative, è determinante non solo per ridurre i rischi ma anche per accelerare i tempi di ingresso e costruire relazioni di lungo periodo.
Un ulteriore elemento da non sottovalutare è la logistica regionale all’interno del Mercosur. L’integrazione delle catene di fornitura tra i diversi Paesi membri – ad esempio per lo spostamento di merci tra Brasile, Argentina e Uruguay – offre opportunità di efficienza, ma comporta anche la necessità di padroneggiare
procedure doganali interne e regolamenti che, pur semplificati dall’accordo, restano complessi. Una logistica efficiente non solo garantisce puntualità e fiducia, ma riduce i costi e rafforza la competitività, elementi cruciali in un mercato altamente concorrenziale.

L’evento del 28 ottobre: approfondimento operativo

Per sostenere le imprese della Svizzera italiana in questa fase di straordinarie opportunità, la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti) promuove l’“Evento Paese | Brasile: accesso al mercato e pratiche operative”, in programma il 28 ottobre 2025 dalle ore 16:30 presso il Centro Studi Bancari di Vezia.
Con il contributo di partner come Cippà Trasporti SA, M. Zardi & Co. SA e Switzerland Global Enterprise (SGE), l’incontro offrirà strumenti concreti, contatti qualificati e insights strategici per cogliere al meglio le opportunità del nuovo scenario commerciale.

Dopo i saluti iniziali, Monica Zurfluh, Responsabile Commercio Internazionale presso la Camera di Commercio del Canton Ticino, presenterà una prima panoramica dei contenuti dell’accordo, analizzandone le implicazioni pratiche per le aziende elvetiche.

Bruno Aloi, Senior Consultant Latin America di S-GE, guiderà i partecipanti attraverso le strategie di ingresso e sviluppo nel mercato brasiliano, fornendo insights preziosi derivanti dalla sua esperienza diretta nell’accompagnamento delle aziende svizzere verso l’America Latina.

La tematica della proprietà intellettuale sarà affrontata dal Dott. Paolo Gerli, mandatario brevettuale e consulente in proprietà industriale dello studio M. Zardi SA. La sua expertise permetterà ai partecipanti di comprendere le strategie pratiche per muoversi efficacemente nel sistema brasiliano di proprietà industriale in fase di modernizzazione.

Gli aspetti logistici saranno illustrati da Roberto Nanni e Roberto Speroni, rispettivamente Consulente Logistico e Buyer presso Cippà Trasporti SA, che condivideranno la loro approfondita conoscenza delle sfide e delle soluzioni operative per il trasporto e la distribuzione, arricchita dal contributo da remoto di Antonino di Marco, co-fondatore di Proa-Latam, che offrirà una prospettiva diretta sulle peculiarità logistiche.

A chiusura, un aperitivo di networking permetterà ai partecipanti di scambiare idee e sviluppare contatti qualificati.

Uno sguardo al futuro

L’accordo AELS–Mercosur non è solo un trattato commerciale, ma un ponte verso una cooperazione di lungo termine. Il Brasile si afferma come hub strategico per l’America Latina, offrendo alle imprese svizzere un punto d’accesso privilegiato a un intero continente.
In un contesto globale che impone diversificazione e resilienza, l’intesa rappresenta un’occasione da cogliere. Partecipare all’evento del 28 ottobre significa acquisire gli strumenti necessari per trasformare le opportunità in risultati concreti e per costruire partnership durature, capaci di generare valore nel tempo.

INFORMAZIONI E ISCRIZIONE:
EVENTO PAESE | BRASILE: ACCESSO AL MERCATO E PRATICHE OPERATIVE

Ticino, il ponte che rafforza gli scambi tra Svizzera e Cina

Nel quadro delle celebrazioni per i 75 anni di relazioni diplomatiche tra Svizzera e Cina, si è svolto in Ticino il 4th Round of China–Switzerland Foreign Ministers’ Strategic Dialogue, che ha riunito il Consigliere federale Ignazio Cassis e il Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese Wang Yi.

Collocare il confronto in Ticino non è stato solo un gesto simbolico. Il Cantone si è confermato un ponte operativo tra la capacità innovativa svizzera e la domanda cinese di qualità, tecnologie e precisione, in un momento in cui la congiuntura internazionale richiede canali affidabili e prevedibili. Questo appuntamento si inserisce in un ciclo di visite di altissimo profilo che, nell’ultimo quinquennio, ha portato in Ticino i rappresentanti dei tre partner principali della Svizzera, ossia Stati Uniti, Cina e Unione europea, da Mike Pompeo e Wang Yi a Castelgrande di Bellinzona fino a Kaja Kallas e Ursula von der Leyen tra Bellinzona e Lugano, confermando il Cantone come piattaforma di dialogo internazionale.

Il dialogo ha permesso di mettere a fuoco lo stato e le prospettive dei rapporti economici tra i due Paesi. Negli ultimi anni le esportazioni svizzere verso la Cina sono cresciute in modo strutturale, passando da 23,9 a 40,5 miliardi di franchi tra il 2017 e il 2023, con un aumento medio annuo del 9,15 per cento. Parallelamente, le esportazioni cinesi verso la Svizzera sono salite da 13,1 a circa 18,4 miliardi di franchi, con un incremento medio annuo del 5,86% per cento. Un fattore abilitante è stato l’Accordo di libero scambio entrato in vigore nel 2014, che ha ridotto in modo significativo i dazi in comparti chiave come orologeria e macchinari, generando risparmi significativi per le imprese svizzere. Nel 2024 l’interscambio bilaterale ha raggiunto 55,1 miliardi di franchi, con un incremento medio annuo del 5,83 per cento, a conferma della centralità del partenariato economico tra Svizzera e Cina.

La dinamica più recente ha ulteriormente rafforzato questo quadro. A luglio 2025 le esportazioni svizzere verso la Cina sono avanzate di 4,07 miliardi di USD rispetto a luglio 2024 con una crescita del 69,1 per cento, mentre le importazioni dalla Cina hanno registrato un incremento più contenuto pari al 2,3 per cento. Nella composizione dell’export elvetico verso la Cina l’oro ha mantenuto un ruolo preminente, intorno alla metà del totale nel 2024, seguito da farmaceutica, orologi, macchinari e apparecchiature medicali. Dal lato opposto le vendite cinesi verso la Svizzera restano diversificate, con contributi di chimica, mezzi di trasporto, macchinari ed elettronica. In questo contesto il Ticino agisce da ponte tra filiere nazionali e mercati globali. Un tessuto industriale competitivo e orientato all’export trova nei legami con la Cina un canale naturale per valorizzare innovazione e qualità. In Ticino un ecosistema dell’innovazione, dall’intelligenza artificiale alle scienze della vita fino all’energia verde, trasforma ricerca e tecnologie di frontiera in collaborazioni e sbocchi sui mercati internazionali, inclusa la Cina. Affinché tali potenzialità si traducano in risultati concreti occorrono connessioni fisiche e digitali efficienti lungo tutta la catena del valore. La logistica svolge un ruolo abilitante. Infrastrutture intermodali e procedure doganali digitalizzate riducono tempi e costi, collegano il Ticino ai corridoi europei e sostengono gli scambi tra Svizzera e Cina, compresi i canali di commercio elettronico e le spedizioni ad alto valore. Per accompagnare queste dinamiche la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti) e la Camera di commercio Svizzera Cina (SCCC) promuovono congiuntamente nel mese di novembre una missione economica esplorativa, pensata per offrire ai partecipanti una visione strategica del mercato cinese e facilitare l’incontro con interlocutori chiave.

L’incontro ministeriale tenutosi in Ticino ha rimarcato la necessità di mantenere aperti e trasparenti i canali del commercio, rafforzando la cooperazione su standard, accesso al mercato e ricerca. È stato richiamato il percorso verso un’ottimizzazione dell’Accordo di libero scambio (ALS 2.0) con l’obiettivo di allinearlo alle trasformazioni in corso, come la digitalizzazione delle catene del valore, la sostenibilità, la tutela della proprietà intellettuale e la semplificazione delle procedure. Per il sistema produttivo svizzero, e per il ponte ticinese in particolare, ciò significa ridurre i costi delle transazioni, aumentare la certezza regolatoria e facilitare gli investimenti di lungo periodo.

Lo svolgimento del 4th Round of China–Switzerland Foreign Ministers’ Strategic Dialogue in Ticino ha inviato un segnale di continuità istituzionale e di fiducia reciproca. In una fase in cui i dibattiti sui dazi attirano l’attenzione, l’esperienza ticinese dimostra che la funzione di ponte, fondata su dialogo costante, regole chiare e cooperazione concreta, può tradursi in opportunità tangibili per imprese, lavoratori e investitori dei due Paesi, con un contributo alla resilienza e alla crescita degli scambi tra Svizzera e Cina.


Fonte: Comunicato congiunto Cc-Ti/SCCC del 10 ottobre 2025

Convenzione paneuromediterranea riveduta: nuove regole d’origine dal 2026

Il 1° gennaio 2025 è entrata in vigore la Convenzione paneuromediterranea riveduta sulle regole di origine preferenziali (Convenzione PEM). Questa nuova versione modernizza e semplifica il sistema di regole d’origine applicabile agli accordi di libero scambio (ALS) dell’area paneuromediterranea, rendendolo più adatto alle catene di fornitura contemporanee e alle esigenze operative delle imprese.

Le disposizioni transitorie in vigore nel 2025, che consentivano di scegliere tra le vecchie e le nuove regole d’origine e di applicare la cosiddetta permeabilità, termineranno alla fine dell’anno. Dal 1° gennaio 2026, negli accordi di libero scambio che contengono un riferimento dinamico alla Convenzione PEM, si applicheranno esclusivamente le regole d’origine della Convenzione riveduta. Negli accordi che non prevedono ancora tale riferimento, continueranno invece ad essere valide le norme della vecchia Convenzione PEM. Di conseguenza, l’area paneuromediterranea sarà suddivisa in due zone di cumulo distinte, all’interno delle quali sarà possibile cumulare solo tra Paesi che adottano lo stesso insieme di regole d’origine.

Fase transitoria e passaggio al nuovo regime

Durante l’anno 2025, le imprese hanno potuto scegliere se applicare le vecchie o le nuove norme di origine nell’ambito della fase transitoria. In questo periodo era consentita, a determinate condizioni, la cosiddetta “permeabilità”, che permetteva il cumulo anche quando fornitori ed esportatori utilizzavano regole diverse.

Dal 1° gennaio 2026, questa possibilità cessa. Negli accordi che contengono un riferimento dinamico alla Convenzione PEM, saranno valide solo le regole d’origine della Convenzione riveduta. Negli altri accordi, che non includono ancora tale riferimento, continueranno invece ad applicarsi le vecchie regole PEM.

Ne risulta una distinzione chiara tra due aree commerciali, o zone di cumulo, all’interno delle quali sarà possibile cumulare esclusivamente secondo le rispettive norme.

Le due zone di cumulo

A partire dal 2026, la zona paneuromediterranea sarà articolata in due aree distinte:

Zona 1 – Convenzione PEM riveduta

Comprende gli accordi che già contengono un riferimento dinamico alla Convenzione, tra cui:

  • Svizzera – Unione europea
  • Convenzione AELS
  • AELS – Albania, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Macedonia del Nord, Moldavia, Montenegro, Serbia, Turchia

In questi rapporti commerciali:

  • si applicheranno solo le norme di origine della Convenzione riveduta;
  • le prove d’origine non dovranno più recare la dicitura «REVISED RULES»;
  • non sarà più consentito il cumulo diagonale con materie prime provenienti dalla Zona 2 se importate dopo il 1° gennaio 2026;
  • per le materie prime importate prima di tale data con prova d’origine secondo le vecchie norme, il cumulo rimarrà possibile fino al 31 dicembre 2028 (permeabilità).

Zona 2 – Vecchia Convenzione PEM

Include gli accordi di libero scambio che non contengono ancora un riferimento dinamico alla Convenzione riveduta, in particolare:

  • Svizzera – Isole Faroe
  • AELS – Egitto, Giordania, Israele, Libano, Marocco, Palestina, Tunisia, Ucraina

In questi accordi:

  • continueranno ad applicarsi le regole d’origine della vecchia Convenzione PEM;
  • sarà ancora possibile il cumulo diagonale con Paesi della stessa Zona 2;
  • non sarà più consentito il cumulo con materiali provenienti dalla Zona 1 importati dopo il 1° gennaio 2026;
  • resterà invece possibile cumulare con materiali della Zona 1 importati prima di tale data e accompagnati da una prova d’origine conforme alle vecchie regole.

La Svizzera e gli Stati dell’AELS stanno lavorando per aggiornare progressivamente i propri accordi di libero scambio, introducendo ovunque il riferimento dinamico alla Convenzione riveduta. Tuttavia, secondo l’UDSC, non tutti gli accordi potranno essere modificati entro l’inizio del 2026.

Le principali novità della Convenzione riveduta

La Convenzione paneuromediterranea riveduta introduce diverse innovazioni che semplificano l’applicazione delle regole d’origine e ampliano le possibilità di cumulo:

  • maggiore tolleranza per i materiali non originari, fino al 15% del valore del prodotto;
  • cumulo diagonale esteso all’interno della Zona 1;
  • introduzione di prove d’origine elettroniche, a supporto della digitalizzazione delle operazioni doganali;
  • aggiornamento delle regole di lavorazione in diversi settori, tra cui tessile, chimico e agroalimentare.

Queste modifiche hanno lo scopo di migliorare la competitività delle imprese esportatrici, ridurre gli oneri amministrativi e allineare la disciplina dell’origine preferenziale alla realtà delle catene di approvvigionamento moderne.

Cosa devono fare le imprese esportatrici svizzere

Il nuovo quadro normativo richiede una revisione attenta delle procedure aziendali. Per garantire la conformità e preservare i vantaggi preferenziali, le imprese dovrebbero:

  • verificare la zona di appartenenza dei propri accordi di libero scambio, controllando se fanno riferimento alla nuova o alla vecchia Convenzione PEM;
  • aggiornare la gestione documentale (prove d’origine, dichiarazioni del fornitore, fatture e registri di esportazione);
  • mappare la provenienza dei materiali e assicurarsi che i fornitori operino in zone compatibili;
  • formare il personale dei reparti export, logistica e compliance sulle nuove regole e sui limiti del cumulo;
  • sfruttare la fase di permeabilità, valida fino al 31 dicembre 2028, per utilizzare scorte e componenti importati prima del 2026;
  • monitorare gli aggiornamenti ufficiali pubblicati dall’Amministrazione federale delle dogane (UDSC) e dalla SECO, e ripresi sistematicamente dalla Cc-Ti, che informeranno sugli adeguamenti dei singoli accordi.

Un’evoluzione strategica per il commercio preferenziale

La revisione della Convenzione paneuromediterranea segna una tappa importante verso un sistema di origine più chiaro, moderno e armonizzato.

Per la Svizzera, la transizione alla Convenzione riveduta rafforza la coerenza del proprio quadro commerciale con quello dell’Unione europea e offre alle imprese la possibilità di operare in un contesto più flessibile e digitalizzato.

Resta tuttavia fondamentale prestare attenzione alle interazioni tra la vecchia e la nuova Convenzione, per evitare errori di cumulo o dichiarazioni d’origine non conformi.

Un approccio proattivo – basato su formazione, revisione delle procedure e aggiornamento dei processi di compliance – consentirà alle aziende svizzere di continuare a beneficiare pienamente delle preferenze doganali offerte dagli accordi di libero scambio dell’area paneuromediterranea.

Fonti ufficiali:

Ponti verso nuovi mercati: l’occasione saudita

Il 2 ottobre 2025, la Camera di commercio e dell’industria del Ticino (Cc-Ti) e la Lugano Commodity Trading Association (LCTA) hanno accolto un pubblico qualificato di imprenditori, dirigenti e trader di materie prime presso Villa Principe Leopoldo a Lugano per un incontro esclusivo su Saudi Vision 2030, commercio globale e gestione del rischio. L’evento, organizzato in collaborazione con Allianz Trade e con la partecipazione della Saudi Exim Bank, si è svolto in un momento cruciale di incertezza economica senza precedenti – ma anche di storica opportunità.
Sul raffinato sfondo di Villa Principe Leopoldo, affacciata sul Lago di Lugano, l’incontro informativo ha unito visioni strategiche e spunti concreti, offrendo ai partecipanti strumenti operativi per affrontare uno dei mercati emergenti più dinamici al mondo.

L’evento si è aperto con l’intervento di Luca Albertoni, Direttore della Cc-Ti, che ha ribadito la missione della Camera: aiutare le imprese ticinesi e non solo ad “anticipare le tendenze internazionali, identificare le opportunità e mitigare i rischi” nell’espansione all’estero.

Incertezza e opportunità nel commercio globale

Il primo keynote è stato affidato ad Anil Berry, membro del Group Board of Management Commercial di Allianz Trade. Il suo messaggio è stato netto: l’economia globale sta attraversando una fase di incertezza eccezionalmente elevata. Le insolvenze, che solo pochi anni fa erano ai minimi storici, sono tornate a crescere a ritmi preoccupanti – e con una rapidità senza precedenti. Se in passato il fallimento di un’azienda richiedeva tre o quattro anni, oggi può avvenire in appena tre o quattro mesi.

Berry ha individuato diversi fattori strutturali: i colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento stanno ritardando la consegna delle merci in media di 30 giorni, mentre le tensioni tariffarie e le difficoltà di finanziamento gravano fortemente sulle imprese. Eppure, in mezzo alla turbolenza, rimangono spazi di crescita. Le previsioni di crescita globale per il 2026 si attestano al 2,5%, con gli Stati Uniti in testa all’espansione di lungo periodo e il Medio Oriente – in particolare l’Arabia Saudita – emergente come regione strategica per gli investimenti. Allianz Trade, ha sottolineato Berry, svolge un ruolo cruciale in questo scenario, gestendo ogni anno 1’300 miliardi di euro di rischio e consentendo flussi commerciali per quasi 6’000 miliardi di euro.

La Vision 2030 saudita e il ruolo della Saudi Exim

Dall’analisi globale di Berry, l’attenzione si è spostata su un’opportunità specifica: la trasformazione economica dell’Arabia Saudita. Abeer AlHarbi, Senior Manager Credit Underwriting presso Saudi Exim Bank, ha presentato l’istituto come iniziativa strategica per l’assicurazione del credito all’esportazione nell’ambito del “Project Bridges”. Fondata nel 2020 per “rafforzare la competitività dell’economia saudita non petrolifera sui mercati globali”, la banca ha già reso possibili oltre 24 miliardi di dollari in soluzioni di finanziamento e assicurazione all’export verso più di 150 Paesi.

I numeri parlano da soli: con il 63% della popolazione sotto i 30 anni e un PIL cresciuto in media del 9% annuo dal 2016, l’Arabia Saudita si sta rapidamente affermando come hub industriale globale. Questo dividendo demografico, unito a massicci investimenti infrastrutturali, genera una domanda eccezionale di tecnologie, macchinari e competenze — settori in cui le aziende svizzere eccellono.

AlHarbi ha posto l’accento su “Project Bridges” (“Jusoor” in arabo), una collaborazione pionieristica di riassicurazione con Allianz Trade. L’iniziativa non è concepita come strumento difensivo, bensì come leva per ampliare la capacità di finanziamento delle imprese saudite e dei loro partner globali, facilitando l’ingresso delle aziende svizzere ed europee sul mercato saudita. Ha spiegato che il programma contribuisce direttamente alla Vision 2030, perseguendo quattro obiettivi:

  • Stimolare la crescita industriale – sostenendo l’importazione di macchinari e tecnologie avanzate per accrescere la produttività locale.
  • Mettere in sicurezza le catene di fornitura – garantendo flussi affidabili di materie prime e macchinari da oltre 70 Paesi.
  • Sbloccare il potenziale export – consentendo ai produttori sauditi di accedere con fiducia a nuovi mercati internazionali.
  • Favorire gli investimenti esteri – offrendo soluzioni assicurative solide che riducono i rischi di ingresso per i partner stranieri.

Far funzionare i “Bridges”: indicazioni pratiche

La presentazione conclusiva è stata affidata a William Whittington, Regional Head di Allianz Trade.
Il suo intervento ha reso accessibili al pubblico gli aspetti tecnici di “Bridges”. Ha descritto un processo concepito per essere il più semplice possibile: gli esportatori o le loro banche presentano le richieste tramite i canali consueti di Allianz Trade; in seguito, Allianz e Saudi Exim effettuano valutazioni indipendenti sul credito e screening ESG/KYC. Una volta approvati, i clienti beneficiano di limiti non cancellabili e di una maggiore capacità assicurativa — fino a 100 milioni di dollari per singolo acquirente saudita, con termini di finanziamento che possono estendersi fino a sette anni.

Whittington ha condiviso anche un caso concreto che ha colpito i partecipanti: un trader di materie prime che, grazie a “Bridges”, ha ottenuto un limite assicurativo sette volte superiore a quello normalmente disponibile per una transazione saudita. Questa espansione drastica della capacità ha trasformato una cauta operazione pilota in una partnership strategica. La flessibilità, ha sottolineato, non è riservata alle grandi imprese: anche le PMI possono beneficiarne, senza alcuna soglia minima di transazione.

Un cauto ottimismo — e una via chiara da seguire

Le discussioni hanno restituito un quadro sfaccettato. Da un lato, la fragilità dell’economia globale resta evidente, con l’aumento delle insolvenze, condizioni di finanziamento più rigide e crisi geopolitiche che aggiungono ulteriori complessità. Dall’altro, strumenti innovativi come la partnership Allianz–Saudi Exim stanno già trasformando il modo in cui le imprese affrontano il commercio in mercati volatili.

Alla chiusura dell’evento, a prevalere è stato un cauto ottimismo. Per le imprese svizzere orientate all’internazionalizzazione, la Vision 2030 saudita e gli strumenti presentati – dalle soluzioni globali di gestione del rischio di Allianz Trade agli strumenti di finanziamento e assicurazione della Saudi Exim – rappresentano non semplici opportunità teoriche, ma ponti concreti verso nuovi mercati.

Il messaggio è stato chiaro: in un’epoca di incertezza, le aziende che prospereranno saranno quelle capaci di unire visione ambiziosa e gestione accorta del rischio. Gli strumenti esistono. Il mercato è pronto. La domanda, per gli imprenditori ticinesi, non è più se esplorare le opportunità saudite — ma quando iniziare.

Costa Rica: dove l’investimento estero trova un proposito, sostenibilità e talento

Il Costa Rica si sta affermando come una destinazione strategica per gli investitori globali, offrendo molto più dell’accesso preferenziale tramite accordi commerciali: infrastrutture sostenibili, tracciabilità operativa e un contesto istituzionale stabile che facilita la gestione di affari complessi. Nell’articolo, PROCOMER, l’agenzia nazionale per la promozione degli investimenti esteri, ci guida attraverso il modello costaricense, illustrando come il Paese sostenga le imprese che puntano a competitività, innovazione, sostenibilità e talento specializzato.

Il Costa Rica ha trasformato la propria economia passando da un modello basato sull’esportazione di prodotti agricoli a un sistema capace di attrarre investimenti esteri in maniera consistente e stabili in America Latina. Secondo i dati della Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPA), nel 2024 il Paese ha raddoppiano la crescita dell’attrazione di investimenti diretti esteri (IDE) rispetto alla media della regione, registrando un +13% contro il 7% latinoamericano.

L’evoluzione del Costa Rica non è frutto del caso, ma il risultato di una strategia a lungo termine che integra sostenibilità, talento e un ambiente imprenditoriale moderno e competitivo. Il Paese ha costruito ciò a cui molte economie in via di sviluppo aspirano ancora: un ecosistema in cui le imprese possono crescere in armonia con valori globali  come efficienza, sostenibilità e un proposito. Oggi, oltre 1’000 multinazionali operano dal Costa Rica, molte con attività complesse e centri di servizio a supporto dei mercati globali. Solo nell’ultimo anno, secondo i dati dell’agenzia nazionale per la promozione degli investimenti esteri (Promotora del Comercio Exterior de Costa Rica, PROCOMER), il Paese ha attratto più di 60 nuovi progetti di investimento estero nei settori della manifattura, dei servizi e della tecnologia.

“In Costa Rica crediamo che l’investimento estero debba essere un motore di sviluppo. Per questo, la nostra strategia mira ad attrarre imprese che condividano la nostra visione sulla sostenibilità, che scommettano sul talento locale e che puntino a generare valore al di là dell’ottenimento di risultati economici. Il Costa Rica offre così un ecosistema competitivo, affidabile e perfettamente allineato alle tendenze globali” afferma Laura López, Gerente Generale di PROCOMER.

La visione del Paese: sostenibilità e talento convergono in una stessa strategia di sviluppo.

Il Costa Rica vanta una matrice elettrica che, negli gli ultimi cinque anni, è stata alimentata per circa il 98% da fonti rinnovabili. Questa infrastruttura energetica pulita, unita alla stabilità politica, alla sicurezza giuridica e alla posizione strategica nel continente americano, fa del Paese una piattaforma ideale per le imprese che puntano sia alla competitività sia alla sostenibilità.

A questo si aggiunge il talento umano costaricense, riconosciuto per la sua formazione tecnica, l’adattabilità e le competenze multilingue. Secondo il Forum Economico Mondiale, il Costa Rica guida l’America Latina in termini di competenze dei laureati e di forza lavoro attuale e futura, risultando anche leader nell’indice di Capitale Umano nella regione. Università e istituti tecnici lavorano a stretto contatto con il settore produttivo per garantire che la formazione sia sempre allineata alle esigenze del mercato.

In un contesto globale in cui le imprese devono rispettare gli obiettivi ESG (Environmental, Social and Governance), il Costa Rica ha trasformato la sua leadership verde in una finestra concreta: il Paese è stato riconosciuto dal Programma delle Nazioni Uniti per l’Ambiente con il premio Champions of the Earth, diventando la prima nazione tropicale a invertire la deforestazione e a vincolare la protezione ambientale a incentivi economici.

Un marchio nazionale che articola il modello d’investimento 

La strategia per attrarre investimenti esteri si concretizza attraverso esencial COSTA RICA, il marchio Paese gestito da PROCOMER che promuove valori quali l’eccellenza, la sostenibilità, l’innovamento, il progresso sociale e il coinvolgimento costaricense. Questo marchio non è soltanto un’identità visiva: rappresenta uno standard che guida le politiche di investimento, esportazione e turismo. Le imprese che vi aderiscono devono rispettare il programma del marchio per ottenere la licenza

Oggi più di 780 imprese sono certificate esencial COSTA RICA, dimostrando il loro impegno a condividere la visione del Paese. Settori come la manifattura avanzata, i servizi ad alto contenuto di know-how, l’agroindustria, l’economia creativa e i semiconduttori rappresentano i pilastri strategici del modello costaricense.

Un alleato affidabile in un mondo che richiede impatto

Per gli investitori globali, il modello costaricense offre molto più dell’accesso preferenziale garantito dagli accordi commerciali. Il Costa Rica assicura tracciabilità, infrastrutture sostenibili e una cultura istituzionale che facilita la gestione di operazioni complesse. Il Paese mette a disposizione incentivi competitivi sia all’interno che all’esterno della Grande Area Metropolitana, includendo esoneri fiscali, procedure doganali snelle e benefici operativi per i settori strategici.

Leader regionale del friendshoring, il Costa Rica offre condizioni affidabili per imprese che vogliono riconfigurare le loro catene globali verso ambienti sostenibili, resilenti e dotati di talento specializzato.

Mentre altri mercati dibattono ancora su come integrare la sostenibilità nelle proprie economie, il Costa Rica ha posto la sostenibilità al centro della sua proposta di valore. E in un mondo in cui le imprese cercano impatto, coerenza e resilienza, questa visione comincia a fare davvero la differenza.

Autore e contatto:
Promotora de Comercio Exterior de Costa Rica (PROCOMER)
www.procomer.com
www.investincr.com/en

Non dimentichiamo l’energia

In modo un po’ paradossale, le tensioni internazionali sembrano aver fatto passare in secondo piano la questione energetica, che resta di stretta attualità.

Forse per il calo del prezzo della benzina, per i vari annunci della riduzione dei prezzi dell’elettricità, oppure semplicemente perché si parla soprattutto di guerre militari e commerciali, gli aspetti dell’approvvigionamento energetico stabile e sicuro non sembrano al momento preoccupare più di tanto. Appunto paradossale perché proprio nell’instabilità internazionale si celano molti rischi, vista la dipendenza svizzera da altri paesi europei, soprattutto nei mesi invernali. 
Eppure, gli scenari di guerra in particolare hanno mostrato con chiarezza quanto fragile possa essere un sistema di approvvigionamento fondato su equilibri precari e su importazioni spesso difficili da garantire. Non a caso, a livello nazionale, la strategia energetica è oggetto di un indispensabile ripensamento, che si auspica finalmente libero da tabù inutilmente condizionanti.
È inevitabile riprendere il discorso sul nucleare, perché l’illusione di poter sostituire solo con le energie rinnovabili un’intera quota di produzione stabile e sicura si è rivelata molto fragile e costosa. Il solare e l’eolico possono avere un ruolo importante, ma restano intermittenti e non assicurano la continuità di fornitura necessaria a un Paese industrializzato. O la possono in futuro assicurare solo al prezzo elevatissimo di adattamento delle reti e di altre misure non immediatamente realizzabili. E, in termini di indipendenza energetica, anche le rinnovabili non sono il massimo, considerato il ruolo decisivo giocato dalla Cina in particolare in ambito fotovoltaico. Vero che l’idroelettrico è un pilastro fondamentale per il sistema elvetico e ticinese, ma purtroppo non può crescere all’infinito.

Il cattivo esempio della Germania

Che ignorare l’evoluzione tecnologica a priori e imporre dall’alto solo alcuni vettori energetici sia un autogoal clamoroso lo dimostra del resto il nostro vicino settentrionale. La Germania ha spinto con decisione su una politica verde troppo estrema, chiudendo le centrali nucleari e investendo somme enormi nelle rinnovabili. Una decisione clamorosa che è venuta ad accavallarsi con la riduzione delle forniture del gas russo e aumenti di prezzi vertiginosi. Con un risultato disastroso a livello economico e ambientale: aumento delle emissioni per il maggior ricorso al carbone, esplosione dei prezzi dell’elettricità, imprese costrette a delocalizzare e bollette pesantissime per cittadine e cittadini (con un incremento medio di prezzo di circa il 30%). Oggi la Germania è costretta a rivedere i suoi piani, pagando un prezzo altissimo per errori ideologici che avrebbero potuto essere evitati solo con una maggiore accortezza. Un monito chiaro anche per la Svizzera.

Non è solo una questione di costi

La sicurezza dell’approvvigionamento è un bene pubblico essenziale. Senza energia stabile e accessibile, non possono funzionare né le imprese né i servizi pubblici. L’energia garantisce la stabilità del sistema economico e sociale. Senza, tutto si ferma. Ecco perché è assolutamente necessario ristabilire un equilibrio tra energie rinnovabili, altre energie (compresa quella nucleare) e importazioni, senza preclusioni ideologiche ma con pragmatismo e senso della realtà.

La dipendenza dall’estero

L’altro aspetto cruciale riguarda la dipendenza dall’estero. Oggi la Svizzera importa una parte significativa della sua elettricità nei mesi invernali, proprio quando la domanda è più elevata e il contributo delle rinnovabili più limitato. Tenuto conto di queste difficoltà stagionali, la dipendenza energetica dall’estero si aggira complessivamente attorno al 70%, che rappresenta la quota di consumi lordi coperta dalle importazioni. Questo ci rende vulnerabili non solo alle variazioni dei prezzi, ma anche alle decisioni politiche dei Paesi confinanti, che ovviamente mettono in priorità la possibilità di fornire energia ai propri cittadini. Parliamo nello specifico di Germania, Francia e Austria. Non va dimenticato che a ciò si aggiunge la dipendenza crescente dalle cosiddette terre rare, indispensabili, tra le altre cose, per la produzione di pannelli solari, turbine e batterie. Materie prime controllate in larga misura dalla Cina, che le utilizza anche come strumento geopolitico, prevedendo anche contingenti di esportazione. Puntare tutto solo ed esclusivamente sulle energie rinnovabili significa, paradossalmente, sostituire una dipendenza con un’altra, forse ancora più rischiosa.

Anche l’Unione europea…

Non è un caso che anche l’Unione europea stia almeno parzialmente cambiando rotta. Dopo anni di politiche climatiche improntate a scelte estreme, che hanno fra l’altro messo in ginocchio l’industria automobilistica, Bruxelles ha iniziato a riconoscere i limiti e le contraddizioni di questa linea. Il nucleare, inizialmente escluso, è stato riconsiderato come fonte sostenibile. Diversi Stati membri stanno rivalutando programmi per la costruzione di nuove centrali, consapevoli che senza energia stabile, abbondante e a prezzo abbordabile la transizione ecologica resta un’illusione molto costosa. La transizione energetica ci sarà probabilmente, come può anche essere giusto che sia, ma secondo temi e modi diversi da quelli ipotizzati a tavolino.

…e il Ticino…

A livello cantonale, il discorso non è diverso. Il piano energetico cantonale, che punta a un’indipendenza pressoché totale dalle fonti esterne, rappresenta un progetto poco conforme alle esigenze e alle possibilità del nostro territorio. Immaginare che un piccolo cantone alpino possa produrre tutta l’energia necessaria senza ricorrere a importazioni e senza considerare le dinamiche svizzere ed europee è un esercizio teorico poco collimante con la pratica e insostenibile dal punto di vista dei costi. Inoltre, questo approccio, come avremo modo di discuterne con il Consigliere federale Albert Rösti in occasione della nostra Assemblea generale ordinaria del prossimo 17 ottobre, non è più in linea con la politica federale, che ormai riconosce la necessità di un mix equilibrato fra vettori energetici e della collaborazione internazionale. Insistere su una via isolata significa penalizzare cittadini e imprese con costi elevati e benefici minimi.
Il futuro energetico della Svizzera passa dunque da una scelta di pragmatismo. Serve un compromesso intelligente, che valorizzi l’idroelettrico e le rinnovabili ma che non escluda nuove tecnologie, in particolare nucleari, oggi ancora più sicure ed efficienti rispetto al passato. Con un occhio alla politica estera e la proposta di Accordi bilaterale sull’energia con l’UE non mancherà di far discutere…

Asia Centrale e Caucaso meridionale: tra corridoi strategici e transizione verde

Il 9 settembre, la Cc-Ti e la JCC hanno acceso i riflettori su Asia Centrale e Caucaso meridionale. In un mondo che cambia velocemente, queste due aree si impongono come snodi cruciali. La sintesi del dibattito non lascia dubbi: chi le governa, governa anche una parte degli equilibri geopolitici ed economici globali di domani.

L’incontro, dedicato all’analisi delle dinamiche geopolitiche ed economiche della regione, si è aperto con i saluti istituzionali di Monica Zurfluh, Responsabile Commercio internazionale della Cc-Ti, e Dorit Sallis, Managing Director di Joint Chamber of Commerce (JCC), la principale organizzazione svizzera del settore privato impegnata a promuovere i rapporti economici bilaterali tra la Svizzera e l’Europa orientale (extra-UE), l’Asia Centrale e il Caucaso meridionale.

Una nuova stagione geopolitica

Christopher J. Weafer (Macro-Advisory Ltd.) ha messo in luce come l’Asia Centrale e il Caucaso meridionale stiano conoscendo un inedito ritorno di centralità. Si parla ormai di “Great Game 3.0”, dove Cina, Russia, Stati Uniti, Unione europea, Turchia, Iran, India e monarchie del Golfo competono per il controllo di risorse, mercati e corridoi strategici che collegano Asia ed Europa.

Le risorse naturali rappresentano la posta più ambita: il Kazakistan è il principale fornitore globale di uranio, il Tagikistan è secondo nella produzione di antimonio, metallo chiave anche in ambito militare. L’energia rimane cruciale, ma cresce la corsa alle rinnovabili. Sul piano logistico, si moltiplicano i progetti di rotte alternative: il Corridoio di Mezzo (TITR), sostenuto dall’Unione europea, che collega l’Asia all’Europa aggirando la Russia; il Corridoio di Zangezur (Trump Route for International Peace and Prosperity – TRİPP), promosso da Azerbaigian, Armenia e Turchia con il sostegno statunitense, per ridurre i tempi di transito verso il Mediterraneo; il Corridoio di trasporto internazionale nord-sud (INSTC), voluto da Russia, Iran e India, per unire Asia meridionale ed Eurasia. Sullo sfondo, la Belt and Road Initiative cinese continua a tessere la sua rete di rotte terrestri e marittime.

Le strategie sono diverse: la Cina privilegia energia, risorse alimentari e vie di transito con un approccio pragmatico; la Russia, che considera l’Asia Centrale parte del proprio “estero vicino” e la utilizza come valvola di sfogo economica di fronte alle sanzioni, esercita ancora un forte controllo politico e militare; Stati Uniti e Unione europea cercano di contenere l’espansione di Pechino e Teheran e di garantire approvvigionamenti sicuri di minerali critici. Nel frattempo, la Turchia rilancia il progetto di un “mondo turco” che unisca popoli affini dalla steppa al Mediterraneo e gli Stati del Golfo investono massicciamente in energia, logistica e finanza islamica. Infine, l’Iran rafforza i legami con l’Unione economica eurasiatica (EaEU) e l’India, più lenta nel suo approccio, cerca spazio attraverso l’INSTC.

Per gli investitori privati, i settori più promettenti spaziano da energia (tradizionale e rinnovabile) e logistica, a sanità, fintech e turismo. L’aumento del reddito medio rafforza inoltre il potenziale dei consumi interni, mentre le privatizzazioni in corso aprono nuove opportunità in settori strategici. Tuttavia, restano ostacoli importanti: la concorrenza agguerrita di Russia e Cina, che possono contare su rapporti storici, reti linguistiche e minori vincoli normativi, burocrazia lenta, normative poco trasparenti e rischi reputazionali.

Transizione verde: dall’ambizione alla realtà

Dinara Jarmukhanova (Centil Law Firm) ha sottolineato come l’Asia Centrale stia tentando di trasformarsi da periferia energetica a laboratorio della transizione verde. I governi hanno fissato obiettivi ambiziosi: neutralità carbonica a metà secolo e quote rilevanti di rinnovabili già entro il 2030. La posta in gioco non riguarda soltanto la sicurezza energetica interna, ma la possibilità di trasformare la regione in un hub di esportazione di energia pulita verso Europa e Asia meridionale.

Kazakistan e Uzbekistan guidano la corsa sia a livello di obiettivi sia di pacchetti di incentivi capaci di attrarre grandi operatori internazionali. Il Kazakistan mira al 15% di rinnovabili entro il 2030 e al 50% entro il 2050. Colossi come Masdar, Total Energies e Acwa Power hanno firmato accordi per parchi eolici da un gigawatt ciascuno, da completare entro il 2028. L’Uzbekistan si muove con altrettanta determinazione e punta al 40% entro il 2030. Qui è stato inaugurato il progetto Sungrow Lochin, la più grande batteria di accumulo dell’Asia Centrale, capace di garantire stabilità di rete e di rafforzare l’attrattività per nuovi investitori. Kirghizistan e Tagikistan, dal canto loro, concentrano gli sforzi sull’idroelettrico, con il progetto CASA-1000 che porterà energia verso Pakistan e Afghanistan entro il 2027. Sul piano regionale, il Corridoio trans-caspico per l’energia verde, sostenuto da istituzioni finanziarie multilaterali, promette di collegare direttamente l’energia pulita centroasiatica ai mercati europei. Una prospettiva che non solo diversificherebbe i mercati, ma inserirebbe la regione in un network energetico continentale in forte trasformazione.

Anche Jarmukhanova conferma le opportunità concrete per il capitale privato: crescita della domanda interna, programmi di privatizzazione, incentivi. Permangono tuttavia sfide significative: alti costi iniziali dei grandi impianti, reti elettriche obsolete, carenza di manodopera qualificata, oltre a regole ancora fragili. La stagionalità delle rinnovabili e la mancanza di capacità di accumulo aggravano i rischi di instabilità.
La spinta politica è forte, ma l’influenza delle industrie fossili e la lentezza burocratica rischiano di rallentare la trasformazione.

I corridoi eurasiatici tra logistica e sovranità

Il terzo e ultimo contributo, a cura di Nikolaus Kohler (M&M Militzer & Münch AG), ha sottolineato il peso crescente della logistica e delle infrastrutture di trasporto nel futuro della regione, evidenziando a sua volta come, dietro l’espansione dei corridoi eurasiatici, non ci sia soltanto la volontà di accorciare le distanze commerciali tra Asia ed Europa, ma una competizione geopolitica che volta a ridefinire equilibri e alleanze e che, a ben guardare, mette a dura prova la capacità dei Paesi dell’Asia Centrale e del Caucaso di gestire investimenti esteri senza cedere sovranità politica.

Ne sono la prova i due principali assi di sviluppo, il Corridoio di Mezzo (TITR) e il Corridoio di Trasporto Internazionale Nord-Sud (INSTC): il primo, che collega Cina e Turchia passando da Kazakistan, Azerbaigian e Georgia, rappresenta un’alternativa strategica alle rotte settentrionali attraverso la Russia, oggi ostacolate dalle sanzioni. Il secondo, che attraversa Iran e Russia per connettere l’Asia meridionale con l’Europa e l’Eurasia, consolida la cooperazione tra Mosca e Teheran. A queste vie si aggiungono iniziative più recenti come il Corridoio di Zangezur (TRIPP), nato dal fragile processo di pace tra Armenia e Azerbaigian, o il collegamento Uzbekistan–Afghanistan–Pakistan, sostenuto anche da interessi cinesi e pakistani.

Gli investimenti sono imponenti e provengono da più direzioni. Bruxelles, attraverso il programma Global Gateway, cerca di offrire ai Paesi centroasiatici un’alternativa credibile alla Nuova Via della Seta cinese. Pechino, dal canto suo, rafforza la propria presa con il progetto ferroviario Cina–Kirghizistan–Uzbekistan, che ridisegnerà le tempistiche dei traffici euroasiatici. La Russia, isolata a ovest, rilancia il ruolo dell’INSTC per mantenere un piede in una regione che considera vitale per la sua proiezione verso il sud. Washington, infine, osserva con crescente attenzione, cercando di sostenere progetti che limitino l’influenza di Mosca e Pechino (leggi: Corridoio di Zangezur).

Se sul piano infrastrutturale i progressi sono tangibili – nuovi porti, terminal, linee ferroviarie e sistemi digitali come eTIR e Single Window – le criticità rimangono evidenti: il Mar Caspio è un collo di bottiglia, i confini rallentano i flussi e la forte dipendenza da capitali esteri solleva interrogativi sulla sovranità degli Stati coinvolti. In questo scenario, la logistica non è solo economia: è geopolitica allo stato puro.

Il prezzo della centralità eurasiatica

Dall’evento di Cc-Ti e JCC emerge un quadro chiaro: Asia Centrale e Caucaso meridionale rappresentano snodi cruciali in cui convergono interessi energetici, logistici e geopolitici delle grandi potenze. Le opportunità sono rilevanti – dall’energia tradizionale e rinnovabile alla logistica, dai consumi interni alle privatizzazioni – ma si accompagnano a rischi elevati, legati a instabilità politica, burocrazia lenta, quadri normativi poco trasparenti e pressioni esterne.

Il futuro della regione dipenderà dalla capacità dei governi di tradurre ambizioni e incentivi in progetti concreti, bilanciando l’apertura agli investimenti con la difesa della sovranità strategica. Per gli investitori, significa alto potenziale, ma anche alta volatilità: chi saprà navigare tra opportunità e rischi potrà giocare un ruolo di primo piano in questa nuova rete di relazioni euro-asiatiche.

Egitto: registrazione anticipata obbligatoria delle spedizioni aeree dal 2026

Da gennaio 2026 tutte le spedizioni aeree dirette in Egitto dovranno essere preregistrate nel sistema ACI (Advanced Cargo Information).

Il Ministero delle Finanze egiziano ha confermato le nuove tempistiche dopo diversi rinvii: la fase sperimentale si concluderà a dicembre 2025 e, dal nuovo anno, l’utilizzo del sistema ACI diventerà obbligatorio per il trasporto aereo.

Ricordiamo che il sistema è già operativo per le spedizioni marittime dal 1° ottobre 2021: con l’estensione al cargo aereo, si completa il processo di digitalizzazione dei controlli doganali egiziani.

Come funziona l’ACI

Il sistema integra due piattaforme complementari:

  • CargoX: utilizzata dagli esportatori per trasmettere la documentazione alle autorità doganali egiziane;
  • Nafeza: gestita dagli importatori egiziani, raccoglie e valida i documenti ricevuti tramite CargoX per le pratiche di sdoganamento.

Questa architettura garantisce maggiore tracciabilità e trasparenza nelle operazioni doganali.

Passaggi operativi per le aziende esportatrici

Per garantire uno sdoganamento regolare, le aziende esportatrici devono seguire i seguenti passaggi:

  • Registrazione su CargoX
    • attivazione di una chiave blockchain e acquisto di crediti per il caricamento e l’invio dei documenti;
    • prevedere alcuni giorni per il completamento della registrazione.
  • Coordinamento con l’importatore
    • l’importatore inserisce i dati della spedizione (fattura commerciale o proforma) nella piattaforma Nafeza;
    • il sistema genera automaticamente il numero ACID (Advance Cargo Information Declaration);
    • il codice viene comunicato a entrambe le parti;
    • lato esportatore, il codice deve essere riportato su tutti i documenti dal lato esportatore.
  • Caricamento dei documenti
    • obbligatori: fattura commerciale, certificato d’origine e polizze di carico, in formato PDF e comprensivi del numero ACID;
    • la fattura deve essere caricata anche in formato XLS tramite il template fornito dalla piattaforma;
    • i documenti devono essere caricati al più tardi 48 ore prima dell’arrivo della merce in Egitto.
  • Coordinamento con lo spedizioniere
    • il numero ACID va comunicato allo spedizioniere, che lo utilizzerà per l’emissione corretta dei documenti di trasporto.

Fonte: Germany Trade & Invest, GTAI

Dazi “reciproci USA”: nuovo ordine esecutivo

Il 5 settembre 2025 il Presidente Trump ha firmato un nuovo Ordine esecutivo che modifica l’attuale regime dei dazi “reciproci” e introduce meccanismi inediti per l’attuazione di accordi commerciali e di sicurezza. Le misure entrano in vigore l’8 settembre 2025.

Contesto normativo

L’Ordine esecutivo del 5 settembre 2025 si inserisce nella cornice degli Ordini esecutivi 14257 (2 aprile 2025) e 14326 (31 luglio), che avevano dichiarato uno stato di emergenza nazionale collegato ai deficit commerciali e introdotto misure tariffarie straordinarie per motivi di sicurezza nazionale.

Il nuovo Ordine aggiorna le categorie di merci esentate dai “dazi reciproci” (Allegato I) e istituisce un regime tariffario condizionato al grado di allineamento strategico dei partner commerciali (Allegati II e III).

Modifiche all’Allegato II dell’Ordine esecutivo 14257

L’elenco dei beni esclusi dai dazi “reciproci” contenuto nell’Allegato II dell’Ordine esecutivo 14257 è stato significativamente ampliato. Tra le principali categorie introdotte figurano:

  • settore farmaceutico: lidocaina e altri anestetici locali, ingredienti attivi per farmaci generici non brevettati;
  • metalli critici: nichel, grafite, oro (in polveri, foglie, lingotti);
  • minerali rari essenziali per tecnologie avanzate:torio, stagno, molibdeno;
  • tecnologie avanzate: LED di alta precisione, magneti permanenti in terre rare (neodimio).

Parallelamente, alcune categorie precedentemente esentate tornano soggette a dazi “reciproci”:

  • plastiche e polimeri: PET, resine epossidiche, siliconi, poliestere;
  • prodotti chimici di base: idrossido di alluminio, miscele di alcoli aciclici.

L’Allegato I dell’Ordine esecutivo del 5 settembre elenca le categorie di merci interessate, riportando i corrispondenti codici tariffari HTSUS.

Introduzione del meccanismo “PTAAP”

La novità più rilevante è l’introduzione degli Allegati II e III Potential Tariff Adjustments for Aligned Partners (Allegato PTAAP), che prevede un regime tariffario preferenziale e condizionato.

Per le merci elencate, gli Stati Uniti possono applicare esclusivamente il dazio MFN (Most-Favored-Nation) anziché tariffe punitive se il Paese partner

  • conclude un accordo di commercio e sicurezza con clausole specifiche di cooperazione strategica;
  • assume impegni vincolanti, concreti e misurabili per ridurre gli squilibri commerciali bilaterali; e
  • rafforza la cooperazione economica in settori strategici, inclusa la condivisione di tecnologie critiche e l’allineamento in ambito di standard di sicurezza.

Categorie di beni inclusi nel PTAAP

L’Allegato PTAAP si applica a quattro aree strategiche:

  • aerospazio: aeromobili completi, parti di ricambio, avionica e componentistica certificata;
  • farmaceutica: medicinali generici, principi attivi non brevettati e ingredienti per l’industria;
  • risorse naturali critiche: materiali non disponibili negli USA e derivati industriali;
  • agricoltura specializzata: prodotti agricoli non coltivati o in quantità sufficienti sul mercato interno.

L’Allegato II elenca le categorie di merci interessate, riportando i corrispondenti codici tariffari HTSUS.

Attivazione e gestione operativa

Le esenzioni tariffarie previste dal PTAAP si attivano automaticamente al momento della ratifica dell’accordo bilaterale, senza bisogno di ulteriori ordini esecutivi.

La gestione operativa del sistema è affidata a tre organismi federali:

  • USTR (United States Trade Representative) – negoziazione e supervisione degli accordi commerciali
  • Department of Commerce – valutazione tecnica dei prodotti e classificazione tariffaria
  • U.S. Customs and Border Protection (CPB) – implementazione pratica alle frontiere e controlli doganali

Raccomandazioni operative

La CPB ha già pubblicato le linee guida per una corretta dichiarazione doganale, cfr. CSMS # 66151866 del 6 settembre 2025.

Considerando la natura dinamica del framework normativo e la possibilità di aggiornamenti periodici, è opportuno monitorare con attenzione le modifiche agli allegati tariffari, in una prima fase gli aggiornamenti all’Allegato II dell’ordine esecutivo 14257 del 2 aprile.