Il 21 ottobre 2025 la Svizzera e il Regno Unito hanno deciso di prolungare fino al 31 dicembre 2029 l’Accordo sulla mobilità dei prestatori di servizi (SMA), che regola l’invio temporaneo di personale e prestatori indipendenti nei due Paesi.
L’accordo consente a lavoratori distaccati e prestatori di servizi indipendenti di operare nel Regno Unito fino a 12 mesi in un arco di 24 mesi, senza dover dimostrare competenze linguistiche o requisiti di necessità economica. L’accesso riguarda numerosi settori professionali, tra cui manutenzione e riparazione di macchinari, consulenza, ingegneria, informatica e servizi finanziari.
L’accesso al mercato britannico nell’ambito dell’accordo è attualmente riservato a persone con qualifiche di livello universitario o equivalente. Il Regno Unito riconosce alcune qualifiche svizzere (scuole specializzate superiori, esami federali professionali superiori) come equivalenti a un titolo universitario.
Il SMA è uno strumento temporaneo; l’accordo di libero scambio Svizzera-Regno Unito, attualmente in fase di modernizzazione, dovrà garantire sul lungo periodo un quadro stabile per l’accesso al mercato dei servizi, inclusa una soluzione duratura per la mobilità dei prestatori svizzeri nel mercato britannico.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/10/ART25-uk.jpeg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2025-10-30 07:13:002025-10-28 14:13:29Accordo Svizzera-UK sui prestatori di servizi fino al 2029
Il 17 ottobre 2025 il Presidente degli Stati Uniti ha firmato un nuovo proclama che modifica il quadro tariffario per le importazioni di veicoli pesanti e di peso medio, autobus e parti. Le nuove misure – basate sulla sezione 232 del Trade Expansion Act – introducono tariffe supplementari e specifici meccanismi di compensazione, con nuove ricadute sulle aziende esportatrici, in particolare per quelle attive nella fornitura di componenti.
Ambito e misura delle nuove tariffe
Il proclama interessa tre categorie principali di prodotti:
veicoli pesanti e di peso medio delle classi III-VIII (Medium & Heavy Duty Vehicles — MHDV), come randi pick-up, veicoli per traslochi, camion per merci, camion ribaltabili e trattori per semirimorchi (eighteen-wheelers);
parti per veicoli di peso medio e pesanti (MHDV Parts), come motori, trasmissioni, pneumatici e telai (chassis);
autobus, inclusi scuolabus, autobus urbani e pullman (motor coaches).
Il proclama prevede l’introduzione di un dazio del 25% ad valorem su camion e parti e di un dazio del 10% ad valorem sugli autobus già assemblati. Le nuove aliquote entreranno in vigore il 1° novembre 2025 e si applicheranno a spedizioni importate o ritirate da magazzino doganale dopo tale data. Si aggiungono alle tariffe ordinarie già applicate dal sistema doganale statunitense.
I dazi si applicano anche a camion e autobus usati e rigenerati se fabbricati negli ultimi 25 anni.
Le merci interessate sono elencate nell’Annex I del proclama, che aggiorna il capitolo 99 dell’HTSUS con i codici tariffari specifici.
Le regole di cumulabilità (“stacking rules”) già previste per i dazi sulle autovetture saranno applicate anche a camion, autobus e relative parti. In sostanza: questi ultimi non saranno soggetti a ulteriori o esistenti dazi settoriali su acciaio, alluminio, rame, automobili e parti automobilistiche, né ai dazi reciproci (IEEPA), tuttavia in aggiunta ad eventuali dazi antidumping, compensativi o ad altre misure commerciali già in vigore.
Il drawback solo nelle forme di Direct Identification o Substitution Manufacturing (19 U.S.C. 1313(a)/(b)); altri tipi di crediti potrebbero ridurre l’importo del credito compensativo (offset).
Eccezione per componenti esteri: le parti di camion o i motori pesanti di provenienza giapponese o europea saranno soggetti a un’aliquota complessiva del 15% anziché del 25%.
Regime USMCA e contenuto USA
Il provvedimento conferma la possibilità di ridurre l’impatto dei dazi qualora i veicoli o le parti soddisfino i criteri di origine previsti dall’accordo USMCA (United States–Mexico–Canada Agreement). In tali casi, il dazio può applicarsi unicamente sulla quota di valore non statunitense del prodotto.
Le parti di camion medi/pesanti che sono conformi agli standard USMCA non saranno soggette al dazio fino a quando il Segretario del Commercio, in consultazione con la U.S. Customs and Border Protection, non avrà stabilito un processo per applicare il dazio al solo contenuto non-USA delle parti importate.
Gli importatori dovranno fornire documentazione probante – come fatture, contratti di fornitura e certificazioni di origine – da trasmettere in formato elettronico al Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. Le autorità doganali (CBP) verificheranno la correttezza delle dichiarazioni relative al contenuto USA, potendo disporre audit e controlli approfonditi. In caso di dichiarazioni inesatte o sovrastimate, potrà essere applicato il dazio pieno sull’intero valore del bene, con eventuali sanzioni retroattive. È quindi fondamentale predisporre in modo accurato tutta la documentazione attestante origine dei componenti, processo produttivo e assemblaggio finale, garantendo la tracciabilità e la conformità delle dichiarazioni doganali.
Il meccanismo di compensazione (offset)
Per favorire la produzione e l’assemblaggio sul territorio statunitense, il proclama introduce un import adjustment offset applicabile dal 1° novembre 2025 al 31 ottobre 2030. I produttori che effettuano l’assemblaggio finale negli Stati Uniti hanno diritto a un credito compensativo del 3,75% sul prezzo di listino suggerito dal produttore (MSRP), qualora siano stati pagati dazi su componenti che rappresentano almeno il 15% del valore del veicolo. Il beneficio non si estende ai cosiddetti knock-down kits (kit di montaggio parziale), che restano esclusi dal meccanismo.
Implicazioni per le imprese esportatrici
Le nuove misure comportano un nuovo aumento dei costi d’importazione per gli operatori statunitensi, con effetti a cascata su prezzi, competitività e catene di fornitura. Le imprese svizzere e ticinesi che esportano verso gli Stati Uniti dovranno verificare attentamente i codici tariffari dei propri prodotti per accertare l’eventuale inclusione nell’elenco dell’Annex I e predisporre la documentazione necessaria per attestare l’origine delle componenti.
La U.S. Customs and Border Protection (CBP) ha fornito le istruzioni operative il 29 ottobre tramite la comunicazione CSMS # 66665333, che a fondo pagina riporta nel dettaglio le voci tariffarie dei capitoli 1-97 toccate relazionandole alle voci del capitolo 99.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/10/ART25-USA-dazi-camion-bus.jpeg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-10-30 07:00:002025-10-30 09:19:03Stati Uniti: nuovi dazi su camion, autobus e componenti
In un contesto globale caratterizzato da incertezze politiche e finanziarie, la capacità delle imprese svizzere di gestire e mitigare i rischi connessi all’esportazione assume un ruolo sempre più strategico. Con questo obiettivo, il 14 ottobre scorso la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) ha ospitato un incontro dedicato all’Assicurazione svizzera contro i rischi delle esportazioni (SERV), rivolto alle aziende esportatrici di ogni dimensione.
L’evento ha offerto una panoramica completa sul funzionamento, le finalità e gli strumenti messi a disposizione dalla SERV, evidenziando come questo ente federale rappresenti un pilastro fondamentale a sostegno all’economia svizzera, contribuendo alla competitività internazionale e al mantenimento dei posti di lavoro nel Paese.
Nel suo intervento introduttivo, Luca Albertoni, direttore della Cc-Ti e membro del Consiglio di amministrazione della SERV, ha sottolineato come, rispetto al passato, l’approccio dell’ente sia profondamente cambiato. Persiste infatti la percezione che le coperture SERV siano riservate alle grandi imprese e ai grandi importi, ma oggi questo non corrisponde più alla realtà: la SERV è uno strumento accessibile a imprese di ogni dimensione, comprese le PMI, e applicabile anche a operazioni di importo ridotto, in modo complementare rispetto alle assicurazioni private.
Gli obiettivi della sessione erano chiari: fornire chiarezza operativa sull’utilizzo della SERV da parte di PMI e grandi imprese e presentare esempi pratici di applicazione. A tal fine, Brigitte Brüngger e Julien Schaan, rispettivamente Head of Large Enterprises e Vice President Large Enterprises, SMEs & Acquisition della SERV, hanno illustrato i principali strumenti e le modalità operative.
Un partner complementare per le imprese esportatrici
In qualità di assicurazione pubblica con mandato federale, la SERV opera in modo sussidiario rispetto alle assicurazioni private e in stretta collaborazione con il sistema bancario. Il suo intervento si concentra sui rischi finanziari non coperti dal mercato, offrendo protezione contro insolvenze, restrizioni valutarie o eventi di forza maggiore. Questo approccio consente alle imprese di preservare la liquidità e di accedere con maggiore sicurezza ai finanziamenti per l’export, sostenendo così l’intero ecosistema dell’economia esportatrice svizzera.
Con una capitalizzazione di 2,8 miliardi di franchi e un plafond federale di 14 miliardi, la SERV sostiene ogni anno nuove esposizioni per circa 2,5 miliardi di franchi. Il portafoglio conta 350 clienti attivi, di cui l’82% PMI, contribuendo a preservare circa 21’000 posti di lavoro l’anno. Non è previsto un importo minimo assicurabile, rendendo la SERV uno strumento concreto anche per le piccole imprese.
Strumenti e casi concreti
Durante l’incontro sono stati illustrati esempi pratici che mostrano la portata operativa della SERV:
assicurazione del credito fornitore, che protegge le aziende dal mancato pagamento in mercati percepiti come rischiosi, facilitando la concessione di pagamenti dilazionati;
assicurazione del credito di fabbricazione, che consente di finanziare la produzione quando l’acquirente estero non versa acconti, grazie alla collaborazione con le banche svizzere;
contro-garanzia per garanzie bancarie, che permette a un esportatore di emettere garanzie contrattuali (di buona esecuzione o di restituzione d’acconto) anche se ha esaurito i propri limiti creditizi, poiché la SERV copre il rischio della banca emittente.
Un caso emblematico ha riguardato un’azienda svizzera del settore meccanico che, grazie alla controgaranzia SERV, ha potuto aggiudicarsi un contratto decennale di grande valore senza immobilizzare risorse finanziarie critiche.
Luciano Scavizzi, Site Manager di Rütschi Fluid AG, ha infine illustrato come l’azienda utilizzi regolarmente gli strumenti della SERV per operare in mercati a rischio medio-alto. La collaborazione tra banche, assicurazioni private e la SERV chiarisce i ruoli e valorizza la complementarità degli strumenti, migliorando le condizioni di accesso al credito.
Fondata nel dopoguerra, Rütschi Fluid AG produce pompe a tenuta stagna per applicazioni civili, nucleari e militari/navali, con circa 5’000 unità installate in 19 Paesi. L’azienda opera con una doppia sede: Francia (Mulhouse) per il segmento nucleare civile e i ricambi, e Svizzera (Möhlin/AG) per progetti militari/navali. Grazie alla neutralità elvetica e alla snellezza amministrativa della SECO, la società beneficia di un contesto favorevole per la gestione dei contratti internazionali. I contratti pluriennali, spesso pari a due o tre volte il fatturato annuo, richiedono garanzie bancarie significative: grazie alla controgaranzia SERV, Rütschi Fluid AG ha potuto preservare liquidità essenziale e velocizzare i propri processi interni.
Stabilità e vantaggio competitivo per la piazza svizzera
La SERV adotta un approccio improntato al sostegno dell’industria, assumendo rischi che il mercato privato non copre. Una gestione prudente e una solida diversificazione del portafoglio garantiscono stabilità finanziaria, anche in presenza di insolvenze sovrane, come nei casi di Etiopia e Argentina. La neutralità politica della Svizzera e l’efficienza della SECO rafforzano ulteriormente la competitività internazionale del Paese, in particolare nel settore tecnologico.
L’incontro organizzato dalla Cc-Ti ha confermato che la SERV è un alleato strategico per imprese di ogni dimensione, capace di coniugare tutela, flessibilità e rapidità operativa. Strumenti pubblici ben concepiti possono avere un impatto economico significativo, rafforzando la resilienza e la competitività delle aziende svizzere sui mercati globali.
Contatti SERV
Brigitte Brüngger Head of Large Enterprises, SMEs & Acquisition
Julien Schaar Vice President, Large Enterprises, SMEs & Acquisition
Assicurazione svizzera contro i rischi delle esportazioni SERV Genferstrasse 6 8002 Zurigo
Tra ambizioni globali e fragilità interne, la Cina si conferma protagonista di una competizione che ridefinisce gli equilibri economici, tecnologici e geopolitici. Il tema è stato al centro della conferenza “CEO Experience – La Cina nel contesto politico attuale” del 24 settembre 2025, dove il giornalista e docente Marcello Foa ha dialogato con Sergio Giraldo, consulente indipendente in ambito energetico ed editorialista de La Verità. Al dibattito si è aggiunto, con un intervento mirato, anche Andrea Gaiani, direttore della rivista Analisi Difesa. Dalle analisi è emersa l’immagine di una potenza in rapida ascesa, capace di consolidare la propria influenza attraverso il controllo delle risorse critiche, una strategia di lungo periodo, un riarmo accelerato e una crescente capacità tecnologica. Eppure, dietro questa proiezione di forza, affiorano fragilità demografiche, finanziarie e sociali che potrebbero condizionare il futuro del gigante asiatico.
Il controllo delle filiere strategiche
«La Cina non è più la fabbrica del mondo: è diventata il gatekeeper delle materie prime critiche». Questa frase sintetizza la sfida geopolitica ed economica che l’Occidente dovrà affrontare nei prossimi decenni. Mentre per decenni l’Occidente ha privilegiato l’efficienza delle supply chain globali, la Cina ha costruito dipendenze asimmetriche e accessi privilegiati ai settori strategici, combinando iniziative internazionali e controllo interno delle risorse.
A livello internazionale, questo approccio – definito come “diplomazia gentile” – prende forma attraverso la Belt and Road Initiative, con la realizzazione di infrastrutture in oltre 130 porti e altre opere strategiche in cambio di concessioni minerarie e accordi commerciali a lungo termine. Parallelamente, Pechino esercita un controllo diretto su materie prime critiche prodotte internamente o nei suoi territori di influenza. Il caso del gallio è emblematico: essenziale per dispositivi elettronici e armamenti, la Cina ne controlla parte della catena del valore e nell’estate 2023 ha introdotto restrizioni all’esportazione, mettendo in crisi l’Occidente. Analoga strategia riguarda i magneti di terre rare, fondamentali nella costruzione di automobili e sistemi di armamento, le cui esportazioni sono dimezzate da aprile 2023. Anche nell’acciaio, il Dragone domina: produce il 54% della produzione mondiale, influenzando prezzi e forniture globali con logiche strategiche più che di mercato.
Questa combinazione di leva esterna (BRI) e controllo interna ha trasformato Pechino in un attore in grado di competere sul prezzo e di influenzare l’industria e la difesa occidentali con decisioni unilaterali: se la Cina chiude i rubinetti, l’Occidente si trova in grave difficoltà, senza la possibilità di rimediare a quella che, di fatto, è una lacuna industriale strategica.
L’orizzonte 2049
La differenza filosofica più marcata tra Occidente e Cina risiede nella concezione del tempo. Mentre le democrazie occidentali sono dominate dalla “dittatura della trimestrale”, con cicli politici ed economici sempre più brevi, la Cina ragiona su orizzonti decennali. La continuità politica garantita dal potere centralizzato di Xi Jinping consente una pianificazione coerente, scandita da tappe intermedie. L’obiettivo strategico è chiaro: diventare una superpotenza entro il 2049, centenario della Repubblica Popolare, e raggiungere un primo traguardo nel 2035, con un potenziamento militare e industriale.
La strategia cinese non mira a uno scontro diretto con gli Stati Uniti, ma a consolidare la propria posizione globale attraverso un multilateralismo selettivo, aggregando Paesi attorno ai propri interessi.
L’alleanza BRICS ne è un esempio: dietro la facciata di cordialità tra Xi, Putin e Modi si nascondono tensioni e squilibri. La Russia dipende fortemente dalla Cina, con le esportazioni verso Pechino che costituiscono circa il 35% del totale, mentre le vendite cinesi verso la Russia ammontano appena al 3%. Questa asimmetria si è accentuata dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Il rapporto con l’India resta invece delicato, segnato da tensioni lungo il confine del Kashmir e da controversie sui progetti idroelettrici cinesi.
Il riarmo e il nodo di Taiwan
La Cina ha accelerato il riarmo, con una spesa di 240 miliardi di dollari contro i 900 degli USA. Tuttavia, in termini di parità di potere d’acquisto, Pechino ottiene molto di più: navi, missili e munizioni a costi inferiori.
Il settore navale è il vero motore della crescita: con una capacità cantieristica 230 volte superiore a quella americana, la Cina si afferma come potenza marittima. Tuttavia, manca esperienza operativa diretta: l’ultima guerra risale al 1977 contro il Vietnam del Nord. È il punto debole di un esercito avanzato tecnologicamente – dotato di missili ipersonici e sistemi guidati da intelligenza artificiale – ma privo di collaudo sul campo.
Il nodo centrale resta Taiwan. Per Pechino, il “Silicon Shield” è una questione di dignità nazionale e di controllo strategico sulle filiere tecnologiche globali. L’annessione garantirebbe vantaggi economici e militari, rompendo la “collana di perle” americana nel Pacifico. Un’invasione anfibia è improbabile; più realistico un blocco navale per isolare economicamente l’isola.
Tre fragilità strutturali
Dietro i successi internazionali, si celano tuttavia fragilità strutturali:
Demografia: entro il 2050, la Cina avrà circa 500 milioni di persone sopra i 60 anni contro 580 milioni in età lavorativa. Un rapporto insostenibile che farà salire la spesa pensionistica dall’attuale 5,5% al 14% del PIL. A complicare il quadro, il sistemaHukou – che lega la residenza al luogo di nascita – continua a frenare la mobilità interna, accentuando gli squilibri tra campagne e città, mentre la leadership teme la crescita di una classe media autonoma e tende a contenerne lo sviluppo.
Finanza: dopo la bolla immobiliare nel 2021, causata da investimenti massicci in costruzioni mai vendute a causa delle limitazioni di movimento imposte dall’Hukou, il sistema bancario cinese è sotto pressione. L’indebitamento privato ha raggiunto il 290% del PIL. Le 4’000 banche piccole e medie, supervisionate dalle province, rappresentano un rischio sistemico che Pechino dovrà affrontare nei prossimi anni.
Modello economico: come già sperimentato dalla Germania, un’economia basata prevalentemente sulle esportazioni è vulnerabile ai cambiamenti globali. Gli stimoli alla domanda interna sono limitati per evitare la crescita di una classe media autonoma e politicamente attiva.
Tecnologia e industria: tra leadership globale e l’ombra dell’implosione
Il sistema cinese guarda al 2049, ma le fragilità demografiche, finanziarie e sociali rappresentano rischi concreti che potrebbero rallentare o compromettere il raggiungimento degli obiettivi strategici. Un’eventuale crisi interna avrebbe ripercussioni significative sull’equilibrio mondiale.
Nonostante questi limiti, la corsa verso il 2049 è tutt’altro che chiusa. La Cina ha dimostrato notevoli capacità di pianificazione ed esecuzione, conquistando la leadership in sette dei dieci settori tecnologici chiave previsti dal piano Made in China 2025, affermandosi ben oltre il ruolo di semplice fabbrica del mondo o imitatrice.
Questi progressi sono stati ottenuti anche da un uso strategico delle partnership con l’Occidente. Nel settore automobilistico, ad esempio, le joint venture con marchi tedeschi a partire dagli anni ’80 hanno consentito lo sviluppo di competenze interne capaci oggi di competere con Volkswagen, Porsche e Audi, offrendo prodotti comparabili a costi significativamente inferiori.
Occidente e Cina: identità strategiche a confronto
Di fronte all’ascesa cinese, l’Occidente appare diviso e privo di una visione strategica coerente. Gli Stati Uniti reagiscono con dazi e restrizioni tecnologiche, mentre l’Europa mostra un deficit di autonomia economica, spesso subordinata agli interessi tedeschi e lenta a reagire. Anche il Green Deal, pur ambizioso, manca di analisi economiche concrete e di una strategia industriale realmente coerente.
Il problema di fondo dell’Occidente è la perdita della capacità di progettare il futuro, schiacciato dai cicli politici sempre più brevi e dalla pressione delle trimestrali. Come ricordato durante l’incontro, un vecchio banchiere una volta osservò: «Nel secondo dopoguerra non avevamo nulla, tranne la speranza. Oggi abbiamo tutto, tranne la speranza». Per non restare spettatore, l’Occidente deve riscoprire la propria visione economica, investendo in autonomia strategica, innovazione e resilienza industriale.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/10/ART25-Retrospettiva-CEO-experience-cina.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-10-20 08:00:002025-10-16 14:26:25Cina 2049: il futuro è già strategia
Il 9 ottobre 2025, subito dopo la festività nazionale, il Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese (MOFCOM), insieme all’Amministrazione Generale delle Dogane, ha pubblicato quattro announcement (n. 56, 57, 61 e 62) che ampliano significativamente i controlli sulle esportazioni di terre rare, tecnologie di lavorazione e materiali correlati. Questi provvedimenti, unitamente agli announcement n. 55 e 58, che disciplinano rispettivamente i materiali superduri e le batterie al litio con anodi in grafite artificiale, delineano un’estensione organica del regime cinese di export control sull’intero comparto dei materiali strategici.
Strategie e contenuti principali
Gli announcement coprono diverse categorie di beni e tecnologie, rafforzando in modo significativo i controlli:
Decisione di attuare controlli all’esportazione su beni relativi alle terre rare e alle attività correlate all’estero.
amplia in modo significativo l’ambito dei controlli sulle terre rare e sui prodotti che le contengono;
richiede licenza di esportazione anche per beni prodotti all’estero che contengono almeno lo 0,1% in valore di materiali cinesi o che utilizzano tecnologie cinesi.
Prodotti di origine cinese: 9 ottobre 2025 Prodotti esteri contenenti materiali o tecnologie cinesi: 1 dicembre 2025
Prodotti cinesi e prodotti esteri contenenti materiali o tecnologie cinesi
62
9 ottobre 2025
Tecnologie e know-how terre rare
Effetti extraterritoriali e requisiti di licenza
In particolare, gli announcement n. 61 e n. 62 introducono misure di extraterritorialità: anche i prodotti fabbricati fuori dalla Cina contenenti materiali o tecnologie cinesi soggetti a controllo richiedono una licenza MOFCOM per l’esportazione.
Le aziende svizzere, e più in generale estere, devono verificare la presenza di materiali cinesi nelle loro supply chain e aggiornare le politiche di compliance.
Sono vietate le esportazioni verso utenti militari, entità incluse nella “Control List” o “Watch List” di MOFCOM, o prodotti destinati a programmi WMD o applicazioni terroristiche.
Richieste legate a semiconduttori avanzati, AI o chip logici ≤14 nm saranno valutate caso per caso.
La Cina controlla oltre il 70% delle miniere di terre rare e circa il 93% della produzione globale di magneti permanenti. Con le nuove misure, Pechino estende la propria influenza alle catene di approvvigionamento globali, imponendo vincoli extraterritoriali.
Per le aziende estere, le principali implicazioni operative includono:
mappatura dell’origine dei materiali e delle tecnologie utilizzate;
verifica della presenza di prodotti cinesi soggetti a controllo nelle proprie catene di approvvigionamento;
aggiornamento dei processi di export control e delle clausole contrattuali;
gestione dei rischi di doppia conformità, tra regolamentazioni estere e norme cinesi.
Settori più interessati: semiconduttori, veicoli elettrici, tecnologie green, aerospazio, difesa, chimica avanzata e dispositivi medicali.
I nuovi obblighi comportano rischi legali e geopolitici significativi, con possibili effetti su prezzi e disponibilità delle materie prime critiche.
Il 16 settembre 2025, a Rio de Janeiro, è stato firmato un accordo storico che ridefinisce le relazioni del nostro Paese con il Sud America. L’Associazione europea di libero scambio (EFTA) e i Paesi del Mercosur – Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay – hanno concluso un’intesa che dà vita a una delle più grandi zone di libero scambio al mondo e apre alla Svizzera un mercato di circa 270 milioni di persone e un’economia complessiva pari a quasi 3 trilioni di dollari. Per le imprese svizzere, questo significa molto più di un semplice ampliamento di mercato: si tratta di un cambiamento epocale, con il Brasile che si conferma protagonista di questa nuova stagione di cooperazione economica.
La conclusione dell’accordo, datata 2 luglio 2025, segna una tappa chiave nella politica commerciale della Svizzera, a testimonianza dell’impegno del Paese verso una progressiva integrazione nei mercati globali. Sebbene l’entrata in vigore dipenda ancora dai processi di ratifica, a stima diremmo nel 2027, i dati economici prospettano già oggi benefici considerevoli: secondo la SECO, circa il 96% delle esportazioni svizzere verso il Mercosur beneficerà dell’esenzione dai dazi una volta completato il processo di liberalizzazione tariffaria, generando risparmi annui superiori a 155 milioni di franchi. Questi numeri evidenziano chiaramente l’impatto trasformativo che l’accordo avrà sull’economia elvetica.
Opportunità settoriali e ruolo del Brasile
L’intesa apre scenari particolarmente rilevanti per diversi settori strategici dell’economia svizzera. L’industria tecnologica, penalizzata dalle crescenti dinamiche protezionistiche globali e da un contesto economico internazionale caratterizzato da forte instabilità, potrà finalmente contare su un accesso preferenziale a mercati in forte crescita. Il Brasile si conferma protagonista in questa nuova fase di collaborazione commerciale. Con l’economia più grande e diversificata del Sud America, un mercato interno in continua espansione e oltre 213 milioni di consumatori, il Paese offre opportunità uniche alle imprese svizzere. I settori di interesse spaziano dall’industria farmaceutica alla meccanica di precisione, dall’orologeria all’agroalimentare di qualità, fino alle tecnologie ambientali. Sempre più rilevante è il ruolo dell’ecommerce, che non solo stimola la domanda di beni di largo consumo, cosmetici, e prodotti alimentari, ma apre anche spazi per soluzioni innovative e la creazione di moderni centri di distribuzione, offrendo prospettive significative per le aziende attive in automazione e software per la gestione dei magazzini.
Complessità normative e sfide operative
Approcciare il mercato brasiliano richiede però competenze specifiche. La normativa locale in materia di proprietà industriale è in fase di modernizzazione per allinearsi agli standard internazionali, con un’attenzione particolare alla protezione dei farmaci innovativi e delle tecnologie avanzate: ambiti nei quali la Svizzera eccelle. Oltre agli aspetti legali, le imprese devono considerare l’importanza delle certificazioni di prodotto: standard tecnici e requisiti di conformità possono variare in modo significativo rispetto all’Europa, e una pianificazione accurata di questi processi diventa essenziale per evitare ritardi e costi aggiuntivi.
Un ulteriore fattore critico riguarda la scelta del partner commerciale locale. Identificare interlocutori affidabili, con una solida conoscenza del mercato e delle procedure operative, è determinante non solo per ridurre i rischi ma anche per accelerare i tempi di ingresso e costruire relazioni di lungo periodo. Un ulteriore elemento da non sottovalutare è la logistica regionale all’interno del Mercosur. L’integrazione delle catene di fornitura tra i diversi Paesi membri – ad esempio per lo spostamento di merci tra Brasile, Argentina e Uruguay – offre opportunità di efficienza, ma comporta anche la necessità di padroneggiare procedure doganali interne e regolamenti che, pur semplificati dall’accordo, restano complessi. Una logistica efficiente non solo garantisce puntualità e fiducia, ma riduce i costi e rafforza la competitività, elementi cruciali in un mercato altamente concorrenziale.
L’evento del 28 ottobre: approfondimento operativo
Per sostenere le imprese della Svizzera italiana in questa fase di straordinarie opportunità, la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti) promuove l’“Evento Paese | Brasile: accesso al mercato e pratiche operative”, in programma il 28 ottobre 2025 dalle ore 16:30 presso il Centro Studi Bancari di Vezia. Con il contributo di partner come Cippà Trasporti SA, M. Zardi & Co. SA e Switzerland Global Enterprise (SGE), l’incontro offrirà strumenti concreti, contatti qualificati e insights strategici per cogliere al meglio le opportunità del nuovo scenario commerciale.
Dopo i saluti iniziali, Monica Zurfluh, Responsabile Commercio Internazionale presso la Camera di Commercio del Canton Ticino, presenterà una prima panoramica dei contenuti dell’accordo, analizzandone le implicazioni pratiche per le aziende elvetiche.
Bruno Aloi, Senior Consultant Latin America di S-GE, guiderà i partecipanti attraverso le strategie di ingresso e sviluppo nel mercato brasiliano, fornendo insights preziosi derivanti dalla sua esperienza diretta nell’accompagnamento delle aziende svizzere verso l’America Latina.
La tematica della proprietà intellettuale sarà affrontata dal Dott. Paolo Gerli, mandatario brevettuale e consulente in proprietà industriale dello studio M. Zardi SA. La sua expertise permetterà ai partecipanti di comprendere le strategie pratiche per muoversi efficacemente nel sistema brasiliano di proprietà industriale in fase di modernizzazione.
Gli aspetti logistici saranno illustrati da Roberto Nanni e Roberto Speroni, rispettivamente Consulente Logistico e Buyer presso Cippà Trasporti SA, che condivideranno la loro approfondita conoscenza delle sfide e delle soluzioni operative per il trasporto e la distribuzione, arricchita dal contributo da remoto di Antonino di Marco, co-fondatore di Proa-Latam, che offrirà una prospettiva diretta sulle peculiarità logistiche.
A chiusura, un aperitivo di networking permetterà ai partecipanti di scambiare idee e sviluppare contatti qualificati.
Uno sguardo al futuro
L’accordo AELS–Mercosur non è solo un trattato commerciale, ma un ponte verso una cooperazione di lungo termine. Il Brasile si afferma come hub strategico per l’America Latina, offrendo alle imprese svizzere un punto d’accesso privilegiato a un intero continente. In un contesto globale che impone diversificazione e resilienza, l’intesa rappresenta un’occasione da cogliere. Partecipare all’evento del 28 ottobre significa acquisire gli strumenti necessari per trasformare le opportunità in risultati concreti e per costruire partnership durature, capaci di generare valore nel tempo.
Nel quadro delle celebrazioni per i 75 anni di relazioni diplomatiche tra Svizzera e Cina, si è svolto in Ticino il 4th Round of China–Switzerland Foreign Ministers’ Strategic Dialogue, che ha riunito il Consigliere federale Ignazio Cassis e il Ministro degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese Wang Yi.
Collocare il confronto in Ticino non è stato solo un gesto simbolico. Il Cantone si è confermato un ponte operativo tra la capacità innovativa svizzera e la domanda cinese di qualità, tecnologie e precisione, in un momento in cui la congiuntura internazionale richiede canali affidabili e prevedibili. Questo appuntamento si inserisce in un ciclo di visite di altissimo profilo che, nell’ultimo quinquennio, ha portato in Ticino i rappresentanti dei tre partner principali della Svizzera, ossia Stati Uniti, Cina e Unione europea, da Mike Pompeo e Wang Yi a Castelgrande di Bellinzona fino a Kaja Kallas e Ursula von der Leyen tra Bellinzona e Lugano, confermando il Cantone come piattaforma di dialogo internazionale.
Il dialogo ha permesso di mettere a fuoco lo stato e le prospettive dei rapporti economici tra i due Paesi. Negli ultimi anni le esportazioni svizzere verso la Cina sono cresciute in modo strutturale, passando da 23,9 a 40,5 miliardi di franchi tra il 2017 e il 2023, con un aumento medio annuo del 9,15 per cento. Parallelamente, le esportazioni cinesi verso la Svizzera sono salite da 13,1 a circa 18,4 miliardi di franchi, con un incremento medio annuo del 5,86% per cento. Un fattore abilitante è stato l’Accordo di libero scambio entrato in vigore nel 2014, che ha ridotto in modo significativo i dazi in comparti chiave come orologeria e macchinari, generando risparmi significativi per le imprese svizzere. Nel 2024 l’interscambio bilaterale ha raggiunto 55,1 miliardi di franchi, con un incremento medio annuo del 5,83 per cento, a conferma della centralità del partenariato economico tra Svizzera e Cina.
La dinamica più recente ha ulteriormente rafforzato questo quadro. A luglio 2025 le esportazioni svizzere verso la Cina sono avanzate di 4,07 miliardi di USD rispetto a luglio 2024 con una crescita del 69,1 per cento, mentre le importazioni dalla Cina hanno registrato un incremento più contenuto pari al 2,3 per cento. Nella composizione dell’export elvetico verso la Cina l’oro ha mantenuto un ruolo preminente, intorno alla metà del totale nel 2024, seguito da farmaceutica, orologi, macchinari e apparecchiature medicali. Dal lato opposto le vendite cinesi verso la Svizzera restano diversificate, con contributi di chimica, mezzi di trasporto, macchinari ed elettronica. In questo contesto il Ticino agisce da ponte tra filiere nazionali e mercati globali. Un tessuto industriale competitivo e orientato all’export trova nei legami con la Cina un canale naturale per valorizzare innovazione e qualità. In Ticino un ecosistema dell’innovazione, dall’intelligenza artificiale alle scienze della vita fino all’energia verde, trasforma ricerca e tecnologie di frontiera in collaborazioni e sbocchi sui mercati internazionali, inclusa la Cina. Affinché tali potenzialità si traducano in risultati concreti occorrono connessioni fisiche e digitali efficienti lungo tutta la catena del valore. La logistica svolge un ruolo abilitante. Infrastrutture intermodali e procedure doganali digitalizzate riducono tempi e costi, collegano il Ticino ai corridoi europei e sostengono gli scambi tra Svizzera e Cina, compresi i canali di commercio elettronico e le spedizioni ad alto valore. Per accompagnare queste dinamiche la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino (Cc-Ti) e la Camera di commercio Svizzera Cina (SCCC) promuovono congiuntamente nel mese di novembre una missione economica esplorativa, pensata per offrire ai partecipanti una visione strategica del mercato cinese e facilitare l’incontro con interlocutori chiave.
L’incontro ministeriale tenutosi in Ticino ha rimarcato la necessità di mantenere aperti e trasparenti i canali del commercio, rafforzando la cooperazione su standard, accesso al mercato e ricerca. È stato richiamato il percorso verso un’ottimizzazione dell’Accordo di libero scambio (ALS 2.0) con l’obiettivo di allinearlo alle trasformazioni in corso, come la digitalizzazione delle catene del valore, la sostenibilità, la tutela della proprietà intellettuale e la semplificazione delle procedure. Per il sistema produttivo svizzero, e per il ponte ticinese in particolare, ciò significa ridurre i costi delle transazioni, aumentare la certezza regolatoria e facilitare gli investimenti di lungo periodo.
Lo svolgimento del 4th Round of China–Switzerland Foreign Ministers’ Strategic Dialogue in Ticino ha inviato un segnale di continuità istituzionale e di fiducia reciproca. In una fase in cui i dibattiti sui dazi attirano l’attenzione, l’esperienza ticinese dimostra che la funzione di ponte, fondata su dialogo costante, regole chiare e cooperazione concreta, può tradursi in opportunità tangibili per imprese, lavoratori e investitori dei due Paesi, con un contributo alla resilienza e alla crescita degli scambi tra Svizzera e Cina.
Fonte: Comunicato congiunto Cc-Ti/SCCC del 10 ottobre 2025
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/10/ART25-Ticino-ponte-svizzera-cina-1.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-10-13 08:46:532025-10-15 11:22:55Ticino, il ponte che rafforza gli scambi tra Svizzera e Cina
Il 1° gennaio 2025 è entrata in vigore la Convenzione paneuromediterranea riveduta sulle regole di origine preferenziali (Convenzione PEM). Questa nuova versione modernizza e semplifica il sistema di regole d’origine applicabile agli accordi di libero scambio (ALS) dell’area paneuromediterranea, rendendolo più adatto alle catene di fornitura contemporanee e alle esigenze operative delle imprese.
Le disposizioni transitorie in vigore nel 2025, che consentivano di scegliere tra le vecchie e le nuove regole d’origine e di applicare la cosiddetta permeabilità, termineranno alla fine dell’anno. Dal 1° gennaio 2026, negli accordi di libero scambio che contengono un riferimento dinamico alla Convenzione PEM, si applicheranno esclusivamente le regole d’origine della Convenzione riveduta. Negli accordi che non prevedono ancora tale riferimento, continueranno invece ad essere valide le norme della vecchia Convenzione PEM. Di conseguenza, l’area paneuromediterranea sarà suddivisa in due zone di cumulo distinte, all’interno delle quali sarà possibile cumulare solo tra Paesi che adottano lo stesso insieme di regole d’origine.
Fase transitoria e passaggio al nuovo regime
Durante l’anno 2025, le imprese hanno potuto scegliere se applicare le vecchie o le nuove norme di origine nell’ambito della fase transitoria. In questo periodo era consentita, a determinate condizioni, la cosiddetta “permeabilità”, che permetteva il cumulo anche quando fornitori ed esportatori utilizzavano regole diverse.
Dal 1° gennaio 2026, questa possibilità cessa. Negli accordi che contengono un riferimento dinamico alla Convenzione PEM, saranno valide solo le regole d’origine della Convenzione riveduta. Negli altri accordi, che non includono ancora tale riferimento, continueranno invece ad applicarsi le vecchie regole PEM.
Ne risulta una distinzione chiara tra due aree commerciali, o zone di cumulo, all’interno delle quali sarà possibile cumulare esclusivamente secondo le rispettive norme.
Le due zone di cumulo
A partire dal 2026, la zona paneuromediterranea sarà articolata in due aree distinte:
Zona 1 – Convenzione PEM riveduta
Comprende gli accordi che già contengono un riferimento dinamico alla Convenzione, tra cui:
si applicheranno solo le norme di origine della Convenzione riveduta;
le prove d’origine non dovranno più recare la dicitura «REVISED RULES»;
non sarà più consentito il cumulo diagonale con materie prime provenienti dalla Zona 2 se importate dopo il 1° gennaio 2026;
per le materie prime importate prima di tale data con prova d’origine secondo le vecchie norme, il cumulo rimarrà possibile fino al 31 dicembre 2028 (permeabilità).
Zona 2 – Vecchia Convenzione PEM
Include gli accordi di libero scambio che non contengono ancora un riferimento dinamico alla Convenzione riveduta, in particolare:
continueranno ad applicarsi le regole d’origine della vecchia Convenzione PEM;
sarà ancora possibile il cumulo diagonale con Paesi della stessa Zona 2;
non sarà più consentito il cumulo con materiali provenienti dalla Zona 1 importati dopo il 1° gennaio 2026;
resterà invece possibile cumulare con materiali della Zona 1 importati prima di tale data e accompagnati da una prova d’origine conforme alle vecchie regole.
La Svizzera e gli Stati dell’AELS stanno lavorando per aggiornare progressivamente i propri accordi di libero scambio, introducendo ovunque il riferimento dinamico alla Convenzione riveduta. Tuttavia, secondo l’UDSC, non tutti gli accordi potranno essere modificati entro l’inizio del 2026.
Le principali novità della Convenzione riveduta
La Convenzione paneuromediterranea riveduta introduce diverse innovazioni che semplificano l’applicazione delle regole d’origine e ampliano le possibilità di cumulo:
maggiore tolleranza per i materiali non originari, fino al 15% del valore del prodotto;
cumulo diagonale esteso all’interno della Zona 1;
introduzione di prove d’origine elettroniche, a supporto della digitalizzazione delle operazioni doganali;
aggiornamento delle regole di lavorazione in diversi settori, tra cui tessile, chimico e agroalimentare.
Queste modifiche hanno lo scopo di migliorare la competitività delle imprese esportatrici, ridurre gli oneri amministrativi e allineare la disciplina dell’origine preferenziale alla realtà delle catene di approvvigionamento moderne.
Cosa devono fare le imprese esportatrici svizzere
Il nuovo quadro normativo richiede una revisione attenta delle procedure aziendali. Per garantire la conformità e preservare i vantaggi preferenziali, le imprese dovrebbero:
verificare la zona di appartenenza dei propri accordi di libero scambio, controllando se fanno riferimento alla nuova o alla vecchia Convenzione PEM;
aggiornare la gestione documentale (prove d’origine, dichiarazioni del fornitore, fatture e registri di esportazione);
mappare la provenienza dei materiali e assicurarsi che i fornitori operino in zone compatibili;
formare il personale dei reparti export, logistica e compliance sulle nuove regole e sui limiti del cumulo;
sfruttare la fase di permeabilità, valida fino al 31 dicembre 2028, per utilizzare scorte e componenti importati prima del 2026;
monitorare gli aggiornamenti ufficiali pubblicati dall’Amministrazione federale delle dogane (UDSC) e dalla SECO, e ripresi sistematicamente dalla Cc-Ti, che informeranno sugli adeguamenti dei singoli accordi.
Un’evoluzione strategica per il commercio preferenziale
La revisione della Convenzione paneuromediterranea segna una tappa importante verso un sistema di origine più chiaro, moderno e armonizzato.
Per la Svizzera, la transizione alla Convenzione riveduta rafforza la coerenza del proprio quadro commerciale con quello dell’Unione europea e offre alle imprese la possibilità di operare in un contesto più flessibile e digitalizzato.
Resta tuttavia fondamentale prestare attenzione alle interazioni tra la vecchia e la nuova Convenzione, per evitare errori di cumulo o dichiarazioni d’origine non conformi.
Un approccio proattivo – basato su formazione, revisione delle procedure e aggiornamento dei processi di compliance – consentirà alle aziende svizzere di continuare a beneficiare pienamente delle preferenze doganali offerte dagli accordi di libero scambio dell’area paneuromediterranea.
Il 2 ottobre 2025, la Camera di commercio e dell’industria del Ticino (Cc-Ti) e la Lugano Commodity Trading Association (LCTA) hanno accolto un pubblico qualificato di imprenditori, dirigenti e trader di materie prime presso Villa Principe Leopoldo a Lugano per un incontro esclusivo su Saudi Vision 2030, commercio globale e gestione del rischio. L’evento, organizzato in collaborazione con Allianz Trade e con la partecipazione della Saudi Exim Bank, si è svolto in un momento cruciale di incertezza economica senza precedenti – ma anche di storica opportunità. Sul raffinato sfondo di Villa Principe Leopoldo, affacciata sul Lago di Lugano, l’incontro informativo ha unito visioni strategiche e spunti concreti, offrendo ai partecipanti strumenti operativi per affrontare uno dei mercati emergenti più dinamici al mondo.
L’evento si è aperto con l’intervento di Luca Albertoni, Direttore della Cc-Ti, che ha ribadito la missione della Camera: aiutare le imprese ticinesi e non solo ad “anticipare le tendenze internazionali, identificare le opportunità e mitigare i rischi” nell’espansione all’estero.
Incertezza e opportunità nel commercio globale
Il primo keynote è stato affidato ad Anil Berry, membro del Group Board of Management Commercial di Allianz Trade. Il suo messaggio è stato netto: l’economia globale sta attraversando una fase di incertezza eccezionalmente elevata. Le insolvenze, che solo pochi anni fa erano ai minimi storici, sono tornate a crescere a ritmi preoccupanti – e con una rapidità senza precedenti. Se in passato il fallimento di un’azienda richiedeva tre o quattro anni, oggi può avvenire in appena tre o quattro mesi.
Berry ha individuato diversi fattori strutturali: i colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento stanno ritardando la consegna delle merci in media di 30 giorni, mentre le tensioni tariffarie e le difficoltà di finanziamento gravano fortemente sulle imprese. Eppure, in mezzo alla turbolenza, rimangono spazi di crescita. Le previsioni di crescita globale per il 2026 si attestano al 2,5%, con gli Stati Uniti in testa all’espansione di lungo periodo e il Medio Oriente – in particolare l’Arabia Saudita – emergente come regione strategica per gli investimenti. Allianz Trade, ha sottolineato Berry, svolge un ruolo cruciale in questo scenario, gestendo ogni anno 1’300 miliardi di euro di rischio e consentendo flussi commerciali per quasi 6’000 miliardi di euro.
La Vision 2030 saudita e il ruolo della Saudi Exim
Dall’analisi globale di Berry, l’attenzione si è spostata su un’opportunità specifica: la trasformazione economica dell’Arabia Saudita. Abeer AlHarbi, Senior Manager Credit Underwriting presso Saudi Exim Bank, ha presentato l’istituto come iniziativa strategica per l’assicurazione del credito all’esportazione nell’ambito del “Project Bridges”. Fondata nel 2020 per “rafforzare la competitività dell’economia saudita non petrolifera sui mercati globali”, la banca ha già reso possibili oltre 24 miliardi di dollari in soluzioni di finanziamento e assicurazione all’export verso più di 150 Paesi.
I numeri parlano da soli: con il 63% della popolazione sotto i 30 anni e un PIL cresciuto in media del 9% annuo dal 2016, l’Arabia Saudita si sta rapidamente affermando come hub industriale globale. Questo dividendo demografico, unito a massicci investimenti infrastrutturali, genera una domanda eccezionale di tecnologie, macchinari e competenze — settori in cui le aziende svizzere eccellono.
AlHarbi ha posto l’accento su “Project Bridges” (“Jusoor” in arabo), una collaborazione pionieristica di riassicurazione con Allianz Trade. L’iniziativa non è concepita come strumento difensivo, bensì come leva per ampliare la capacità di finanziamento delle imprese saudite e dei loro partner globali, facilitando l’ingresso delle aziende svizzere ed europee sul mercato saudita. Ha spiegato che il programma contribuisce direttamente alla Vision 2030, perseguendo quattro obiettivi:
Stimolare la crescita industriale – sostenendo l’importazione di macchinari e tecnologie avanzate per accrescere la produttività locale.
Mettere in sicurezza le catene di fornitura – garantendo flussi affidabili di materie prime e macchinari da oltre 70 Paesi.
Sbloccare il potenziale export – consentendo ai produttori sauditi di accedere con fiducia a nuovi mercati internazionali.
Favorire gli investimenti esteri – offrendo soluzioni assicurative solide che riducono i rischi di ingresso per i partner stranieri.
Far funzionare i “Bridges”: indicazioni pratiche
La presentazione conclusiva è stata affidata a William Whittington, Regional Head di Allianz Trade. Il suo intervento ha reso accessibili al pubblico gli aspetti tecnici di “Bridges”. Ha descritto un processo concepito per essere il più semplice possibile: gli esportatori o le loro banche presentano le richieste tramite i canali consueti di Allianz Trade; in seguito, Allianz e Saudi Exim effettuano valutazioni indipendenti sul credito e screening ESG/KYC. Una volta approvati, i clienti beneficiano di limiti non cancellabili e di una maggiore capacità assicurativa — fino a 100 milioni di dollari per singolo acquirente saudita, con termini di finanziamento che possono estendersi fino a sette anni.
Whittington ha condiviso anche un caso concreto che ha colpito i partecipanti: un trader di materie prime che, grazie a “Bridges”, ha ottenuto un limite assicurativo sette volte superiore a quello normalmente disponibile per una transazione saudita. Questa espansione drastica della capacità ha trasformato una cauta operazione pilota in una partnership strategica. La flessibilità, ha sottolineato, non è riservata alle grandi imprese: anche le PMI possono beneficiarne, senza alcuna soglia minima di transazione.
Un cauto ottimismo — e una via chiara da seguire
Le discussioni hanno restituito un quadro sfaccettato. Da un lato, la fragilità dell’economia globale resta evidente, con l’aumento delle insolvenze, condizioni di finanziamento più rigide e crisi geopolitiche che aggiungono ulteriori complessità. Dall’altro, strumenti innovativi come la partnership Allianz–Saudi Exim stanno già trasformando il modo in cui le imprese affrontano il commercio in mercati volatili.
Alla chiusura dell’evento, a prevalere è stato un cauto ottimismo. Per le imprese svizzere orientate all’internazionalizzazione, la Vision 2030 saudita e gli strumenti presentati – dalle soluzioni globali di gestione del rischio di Allianz Trade agli strumenti di finanziamento e assicurazione della Saudi Exim – rappresentano non semplici opportunità teoriche, ma ponti concreti verso nuovi mercati.
Il messaggio è stato chiaro: in un’epoca di incertezza, le aziende che prospereranno saranno quelle capaci di unire visione ambiziosa e gestione accorta del rischio. Gli strumenti esistono. Il mercato è pronto. La domanda, per gli imprenditori ticinesi, non è più se esplorare le opportunità saudite — ma quando iniziare.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/10/ART25-retrospettiva-evento-SA.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-10-03 11:20:172025-10-03 11:20:18Ponti verso nuovi mercati: l’occasione saudita
Il Costa Rica si sta affermando come una destinazione strategica per gli investitori globali, offrendo molto più dell’accesso preferenziale tramite accordi commerciali: infrastrutture sostenibili, tracciabilità operativa e un contesto istituzionale stabile che facilita la gestione di affari complessi. Nell’articolo, PROCOMER, l’agenzia nazionale per la promozione degli investimenti esteri, ci guida attraverso il modello costaricense, illustrando come il Paese sostenga le imprese che puntano a competitività, innovazione, sostenibilità e talento specializzato.
Il Costa Rica ha trasformato la propria economia passando da un modello basato sull’esportazione di prodotti agricoli a un sistema capace di attrarre investimenti esteri in maniera consistente e stabili in America Latina. Secondo i dati della Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPA), nel 2024 il Paese ha raddoppiano la crescita dell’attrazione di investimenti diretti esteri (IDE) rispetto alla media della regione, registrando un +13% contro il 7% latinoamericano.
L’evoluzione del Costa Rica non è frutto del caso, ma il risultato di una strategia a lungo termine che integra sostenibilità, talento e un ambiente imprenditoriale moderno e competitivo. Il Paese ha costruito ciò a cui molte economie in via di sviluppo aspirano ancora: un ecosistema in cui le imprese possono crescere in armonia con valori globali come efficienza, sostenibilità e un proposito. Oggi, oltre 1’000 multinazionali operano dal Costa Rica, molte con attività complesse e centri di servizio a supporto dei mercati globali. Solo nell’ultimo anno, secondo i dati dell’agenzia nazionale per la promozione degli investimenti esteri (Promotora del Comercio Exterior de Costa Rica, PROCOMER), il Paese ha attratto più di 60 nuovi progetti di investimento estero nei settori della manifattura, dei servizi e della tecnologia.
“In Costa Rica crediamo che l’investimento estero debba essere un motore di sviluppo. Per questo, la nostra strategia mira ad attrarre imprese che condividano la nostra visione sulla sostenibilità, che scommettano sul talento locale e che puntino a generare valore al di là dell’ottenimento di risultati economici. Il Costa Rica offre così un ecosistema competitivo, affidabile e perfettamente allineato alle tendenze globali” afferma Laura López, Gerente Generale di PROCOMER.
La visione del Paese: sostenibilità e talento convergono in una stessa strategia di sviluppo.
Il Costa Rica vanta una matrice elettrica che, negli gli ultimi cinque anni, è stata alimentata per circa il 98% da fonti rinnovabili. Questa infrastruttura energetica pulita, unita alla stabilità politica, alla sicurezza giuridica e alla posizione strategica nel continente americano, fa del Paese una piattaforma ideale per le imprese che puntano sia alla competitività sia alla sostenibilità.
A questo si aggiunge il talento umano costaricense, riconosciuto per la sua formazione tecnica, l’adattabilità e le competenze multilingue. Secondo il Forum Economico Mondiale, il Costa Rica guida l’America Latina in termini di competenze dei laureati e di forza lavoro attuale e futura, risultando anche leader nell’indice di Capitale Umano nella regione. Università e istituti tecnici lavorano a stretto contatto con il settore produttivo per garantire che la formazione sia sempre allineata alle esigenze del mercato.
In un contesto globale in cui le imprese devono rispettare gli obiettivi ESG (Environmental, Social and Governance), il Costa Rica ha trasformato la sua leadership verde in una finestra concreta: il Paese è stato riconosciuto dal Programma delle Nazioni Uniti per l’Ambiente con il premio Champions of the Earth, diventando la prima nazione tropicale a invertire la deforestazione e a vincolare la protezione ambientale a incentivi economici.
Un marchio nazionale che articola il modello d’investimento
La strategia per attrarre investimenti esteri si concretizza attraverso esencial COSTA RICA, il marchio Paese gestito da PROCOMER che promuove valori quali l’eccellenza, la sostenibilità, l’innovamento, il progresso sociale e il coinvolgimento costaricense. Questo marchio non è soltanto un’identità visiva: rappresenta uno standard che guida le politiche di investimento, esportazione e turismo. Le imprese che vi aderiscono devono rispettare il programma del marchio per ottenere la licenza
Oggi più di 780 imprese sono certificate esencial COSTA RICA, dimostrando il loro impegno a condividere la visione del Paese. Settori come la manifattura avanzata, i servizi ad alto contenuto di know-how, l’agroindustria, l’economia creativa e i semiconduttori rappresentano i pilastri strategici del modello costaricense.
Un alleato affidabile in un mondo che richiede impatto
Per gli investitori globali, il modello costaricense offre molto più dell’accesso preferenziale garantito dagli accordi commerciali. Il Costa Rica assicura tracciabilità, infrastrutture sostenibili e una cultura istituzionale che facilita la gestione di operazioni complesse. Il Paese mette a disposizione incentivi competitivi sia all’interno che all’esterno della Grande Area Metropolitana, includendo esoneri fiscali, procedure doganali snelle e benefici operativi per i settori strategici.
Leader regionale del friendshoring, il Costa Rica offre condizioni affidabili per imprese che vogliono riconfigurare le loro catene globali verso ambienti sostenibili, resilenti e dotati di talento specializzato.
Mentre altri mercati dibattono ancora su come integrare la sostenibilità nelle proprie economie, il Costa Rica ha posto la sostenibilità al centro della sua proposta di valore. E in un mondo in cui le imprese cercano impatto, coerenza e resilienza, questa visione comincia a fare davvero la differenza.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2025/10/ART25-costa-rica-ide.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2025-10-02 08:14:242025-10-02 08:14:24Costa Rica: dove l’investimento estero trova un proposito, sostenibilità e talento
Cliccando il pulsante «Accetta», acconsentite all’utilizzo di tutti i nostri cookie così come quelli dei nostri partner. Utilizziamo i cookie per raccogliere informazioni sulle visite al nostro sito web, con lo scopo di fornirvi un'esperienza ottimale e per migliorare continuamente le prestazioni del nostro sito web. Per maggiori informazioni potete consultare la nostra informativa sulla privacy.
Quando visitate un sito web, questo può memorizzare o recuperare informazioni attraverso il vostro browser, di solito sotto forma di cookie. Poiché rispettiamo il vostro diritto alla privacy, potete scegliere di non consentire la raccolta di dati da alcuni tipi di servizi. Tuttavia, il mancato consenso a tali servizi potrebbe influire sull'esperienza dell'utente.
Questi cookie sono strettamente necessari per fornirti i servizi disponibili attraverso il nostro sito web e per utilizzare alcune delle sue funzionalità.
Cookie di Google Analytics
Utilizziamo Analytics con lo scopo di monitorare il funzionamento del sito e analizzare il comportamento utente.
Altri servizi
Utilizziamo cookies di YouTube e Vimeo per l'iterazione di video esterni nel nostro sito.