Impedire la cibercriminalità: manuale per PMI

Un’interessante pubblicazione destinata alle aziende, edita dalla Polizia cantonale

La digitalizzazione apre nuove opportunità di crescita e possibilità d’impiego per l’economia. Ciò significa pure, tuttavia, una crescente dipendenza da una funzionante infrastruttura informatica digitale. Determinati criminali ne approfittano in pieno. Dall’azienda artigianale fino a grandi imprese con parecchie migliaia di collaboratori – ognuno ne può essere vittima. Già il 40 percento delle imprese svizzere che hanno partecipato a un’inchiesta hanno indicato di avere sofferto di cibercriminalità Nei fatti, non soltanto possono finire offline i siti web, ma può rimanere colpita l’intera rete informatica di un’impresa. Il più delle volte le imprese subiscono danni finanziari e in molti casi vengono rese pubbliche anche informazioni riservate.

Tutte le informazioni sulla prevenzione dei crimini informatici e del manuale per PMI sono disponibili qui.

Rischio aziendale e pandemia

Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli.

Ci sono situazioni in cui l’attività lavorativa non è possibile.

In alcuni casi l’impossibilità riguarda la persona del lavoratore come ad esempio la malattia, l’infortunio, le assenze per servizio militare, …Ma altre fattispecie toccano invece la sfera del datore di lavoro. L’art. 324 del Codice delle obbligazioni regola proprio queste situazioni.

La legge recita:

“se il datore di lavoro impedisce per sua colpa la prestazione del lavoro o è altrimenti in mora nell’accettazione del lavoro, egli rimane tenuto al pagamento del salario, senza che il lavoratore debba prestare ulteriormente il suo lavoro”.

Concretamente quando può verificarsi una simile situazione? Ad esempio quando il datore di lavoro non mette a disposizione dei dipendenti le necessarie infrastrutture produttive o gli strumenti di lavoro. Oppure quando ha omesso di chiedere, e pertanto di ottenere, una necessaria autorizzazione per svolgere l’attività in questione. Se, in questi casi, i dipendenti manifestano la loro disponibilità al lavoro, ma l’attività, per i motivi sopra citati, non può essere svolta, ecco che hanno ugualmente diritto al salario.

Lo stesso vale per il cosiddetto rischio economico e per il rischio aziendale, entrambi a carico del datore di lavoro. Il rischio economico riguarda il caso in cui il lavoro è tecnicamente possibile ma non è utile/opportuno per ragioni prettamente economiche (ad esempio il crollo dei prezzi). Il rischio aziendale è invece quello inerente all’attività dell’azienda del datore di lavoro. Come detto, in simili situazioni il datore di lavoro non può rifiutarsi di versare il salario.

E in caso di pandemia cosa succede? Si tratta di una situazione appena vissuta che ha generato importanti limitazioni delle attività economiche, anche nel nostro Cantone. Ora, già nel mese di febbraio la Segreteria di Stato dell’economia – SECO, in una sua comunicazione ufficiale, ha ritenuto che “…la comparsa inaspettata del nuovo coronavirus e dei suoi effetti non rientri nella sfera comune del rischio aziendale…”.

Questa situazione di crisi è comunque stata affrontata con la concessione delle indennità per il lavoro ridotto, qualora fosse dato un nesso causale tra diminuzione del lavoro e crisi sanitaria.

Ciò che gli esportatori dovrebbero sapere sulla proprietà intellettuale

Prodotti e servizi sono spesso il risultato di costosi progetti di innovazione tecnologica. L’esportazione in un mercato globale di prodotti o servizi e la protezione contro l’uso improprio richiedono un’approfondita conoscenza dei diritti di proprietà intellettuale.

La proprietà intellettuale comprende un’ampia varietà di diritti su invenzioni, design, marchi, opere protette da copyright e segreti commerciali. Tali diritti tuttavia sono in linea di principio validi solo all’interno del territorio nazionale che li ha concessi. Ad esempio, un brevetto concesso in Svizzera avrà diritto di protezione solamente in Svizzera e in Liechtenstein. Pertanto, le aziende interessate a proteggere il loro prodotto devono ricercare protezione focalizzandosi specialmente sui mercati di interesse.
La protezione ottenuta tramite una proprietà intellettuale garantisce al proprietario il diritto di escludere altri dalla produzione, dall’uso e dalla vendita dell’invenzione all’interno della giurisdizione stabilita dai diritti di proprietà intellettuale.

Quali tipi di diritti di proprietà intellettuale ci sono?

Brevetto

Un brevetto è un diritto esclusivo che garantisce un diritto di monopolio per un periodo di tempo limitato su una soluzione tecnica riguardante ad esempio un prodotto o processo. Esistono diverse possibilità per proteggere un’invenzione in dipendenza dal Paese di applicazione. Queste includono i brevetti e i modelli di utilità.

Marchio

Un marchio è un segno protetto che consente all’azienda di distinguere i propri prodotti e servizi da quelli di aziende concorrenti.  Possono essere registrati come marchi d’impresa tutti i segni rappresentabili graficamente o meno. Fra questi sono compresi parole, combinazioni di lettere, numeri, tonalità cromatiche, forme tridimensionali, slogan, sequenze multimediali o combinazioni di questi elementi e persino suoni o profumi. Un marchio può essere registrato a livello nazionale, nell’UE o a livello internazionale grazie a una serie di accordi tra stati.

Design

I design sono forme creative estetiche uniche che si possono proteggere tramite un’iscrizione in un registro. Questo vale sia per i design bidimensionali sia per le forme tridimensionali. Un design può essere registrato a livello nazionale o nell’Unione Europea, oppure tramite una procedura di registrazione internazionale che attualmente include più di 60 Stati membri.

Diritti d’autore

La protezione del copyright si applica a una vasta gamma di opere, tra cui opere scritte, teatrali, musicali, drammatiche, coreografiche, artistiche, architettoniche, fotografiche, cinematografiche, audiovisive, grafiche e software. Di norma, il copyright non deve essere registrato per la protezione, ma in alcuni Paesi la registrazione può essere fatta su base volontaria per la prova certa sulla data di creazione dell’opera.

Segreti commerciali

Un segreto commerciale può essere rappresentato da informazioni di natura tecnica o commerciale che offrono un vantaggio rispetto ai concorrenti. Per essere classificate come segreto commerciale, le informazioni devono soddisfare le seguenti condizioni:

– devono avere un valore commerciale poiché segrete,

– devono essere conosciute solo da una cerchia ristretta di persone, e

– il legittimo proprietario deve prendere le appropriate precauzioni per garantire il mantenimento della segretezza tramite ad esempio accordi di riservatezza con partner commerciali e dipendenti.

Quali altri vantaggi offre la proprietà intellettuale?

I diritti di proprietà intellettuale (IP) contribuiscono in modo significativo al successo economico aziendale migliorando la quota di mercato o i margini di profitto tramite per esempio la concessione di licenze, la cessione o semplicemente attraverso la commercializzazione di prodotti o servizi in esclusiva. I diritti di proprietà intellettuale possono anche migliorare il valore commerciale di una società agli occhi di possibili investitori e istituti di finanziamento.
In caso di vendita, fusione o acquisizione, la proprietà intellettuale può aumentare sostanzialmente il valore di un’azienda e persino rappresentare il bene primario dell’azienda.
L’uso strategico dei diritti di proprietà intellettuale può quindi aumentare in modo significativo la competitività. Pertanto, risulta importante garantire che i diritti di proprietà intellettuale siano protetti e possano essere sfruttati ovunque l’azienda si trovi ad operare.

Cosa dovrebbe essere considerato quando si esportano prodotti e servizi?

Come per i beni materiali, i diritti di proprietà intellettuale devono essere acquisiti, mantenuti e gestiti in maniera ottimale al fine di mantenere il loro pieno valore. In tal modo risulta possibile proteggere i prodotti e i servizi di un’azienda.

Alcuni principi generali sono essenziali per l’efficace gestione della proprietà intellettuale:

  • È importante disporre di una strategia globale per proteggere la proprietà intellettuale.

Una strategia valida e ben ponderata per la protezione e la gestione della proprietà intellettuale risulta necessaria per sostenere il successo economico nel mercato di riferimento dove l’azienda opera. La protezione della proprietà intellettuale consente: di impedire ad altri di beneficiare dell’invenzione; di proteggere il marchio di un’azienda e la sua reputazione; di far valere i propri diritti in modo efficace e rapido in caso di violazione; e di generare ulteriori vantaggi.
Una cattiva strategia in materia di proprietà intellettuale d’altro canto comporta rischi e in determinate circostanze può comportare il fallimento di un’azienda.

  • In linea di principio, la protezione dovrebbe aver luogo prima dell’esportazione dei prodotti e dei servizi.

La registrazione tempestiva dei diritti di proprietà intellettuale garantisce che i suoi vantaggi siano pienamente sfruttabili. I diritti di proprietà intellettuale non registrabili, come i diritti d’autore e i segreti commerciali, possono essere protetti con mezzi contrattuali e non contrattuali.

  • Differenti metodi di protezione sono disponibili in diversi Paesi

In ogni Paese esistono norme specifiche per la protezione della proprietà intellettuale che devono essere rispettate. Al fine di decidere in quali Paesi un diritto di proprietà intellettuale debba essere registrato, le domande sui costi di registrazione, la capacità di ottenere e far valere un diritto, la necessità di esclusività e il ritorno degli investimenti devo essere tenuti in considerazione nel supportare la decisione finale.

  • I diritti in un Paese devono essere registrati e fatti valere seguendo le leggi nazionali.

Quando si ottengono e si sfruttano i diritti di proprietà intellettuale in un Paese, è necessario garantire che tali diritti possano essere ottenuti o fatti valere in modo efficace, equo e sicuro. Ciò è generalmente ottenuto attraverso il sistema IP internazionale. Una serie di trattati internazionali, come l’accordo TRIPS dell’OMC, le convenzioni di Parigi e di Berna, prevedono norme minime che devono essere rispettate dagli Stati membri.
A causa di sempre più frequenti cicli di innovazione, tecnologie e leggi che cambiano costantemente a livello globale, la gestione strategica della proprietà intellettuale diventa una sfida e un fattore chiave per il successo. È quindi importante appoggiarsi a Consulenti qualificati in materia di IP.


Articolo a cura di

Marcus Ehnle, Managing Counsel, M. Zardi & Co. SA

Nuove disposizioni per l’Indennità per lavoro ridotto (ILR)

Il 31 agosto 2020 scade l’Ordinanza COVID-19 e decadranno le misure straordinarie in ambito di indennità per lavoro ridotto.
Dal 1° settembre la procedura per ottenere l’indennità per lavoro ridotto torna in regime normale.

Cosa cambia dal 1° settembre 2020?

  • viene reintrodotto il preavviso di 10 giorni
  • viene reintrodotto il termine di attesa (1 giorno)
  • la durata massima è di 18 mesi su 24

Che cosa accade alle autorizzazioni di lavoro ridotto il 31.08.2020?

  • le decisioni il cui periodo di diritto alle indennità al 31.08.2020 dura da almeno 3 mesi scadono al 31.08.2020 (indipendentemente dalla data di scadenza riportata sulla decisione)
  • le decisioni il cui periodo di diritto alle indennità al 31.08.2020 dura da meno di 3 mesi subiscono una modifica di validità: la loro nuova durata si riduce automaticamente a 3 mesi (senza intervento da parte dell’autorità)
  • le decisioni che indicano quale data della fine del periodo autorizzato il 31.08.2020 scadono il 31.08.2020

Evolve, inoltre, la cerchia dei beneficiari dell’ILR:

Rispetto al periodo pandemico, si tornerà alla procedura ordinaria e verranno quindi richiesti maggiori dettagli, come per esempio la motivazione dettagliata per giustificare la richiesta (indicare semplicemente “COVID-19” non sarà sufficiente), la conferma firmata da parte di ogni collaboratore che avrà accettato il lavoro ridotto, un conteggio dettagliato, l’organigramma dell’azienda. Le aziende dovranno giustificare il calo di lavoro e la diminuzione delle attività. La lista dettagliata dei documenti richiesti sarà disponibile a partire dal 19 agosto 2020.

Le aziende che necessitano di beneficiare dell’indennità per il lavoro ridotto (ILR) dopo il 31.08.2020 devono presentare la richiesta di rinnovo inoltrando un nuovo preannuncio online rispettando il termine di 10 giorni.

Il modulo di preannuncio per il lavoro ridotto verrà messo online dalla SECO dal 19 agosto 2020.
Per coloro che intendono ricevere l’indennità per il lavoro ridotto con decorrenza al 1.9.2020, devono ritenere come data utile ultima per la richiesta il 21 agosto 2020.

La Cc-Ti comunicherà celermente nelle prossime settimane ulteriori aggiornamenti.

Per maggiori informazioni o domande vi chiediamo gentilmente di prendere contatto direttamente con l’amministrazione cantonale (Ufficio giuridico della sezione del lavoro).
È anche possibile scaricare questa circolare illustrativa – elaborata dal Cantone – che spiega le nuove disposizioni per le indennità per lavoro ridotto (ILR).

Revisione della legge sugli assegni familiari per la formazione

Un’informativa in merito a questa modifica legislativa, che entra in vigore il prossimo 1° agosto 2020.

Dal 1° agosto 2020 l’assegno di formazione potrà essere riconosciuto anche prima dei 16 anni, nel caso in cui il figlio ha compiuto 15 anni e segue una formazione post-obbligatoria.

Nel suo nuovo tenore, l’articolo 3 capoverso 1 lettera b LAFam prevede che l’assegno di formazione sia versato dall’inizio del mese in cui il figlio inizia una formazione postobbligatoria, ma al più presto dall’inizio del mese in cui questi compie il 15° anno d’età. Se invece a 15 anni il figlio frequenta ancora la scuola dell’obbligo, per il diritto all’assegno di formazione si dovrà attendere che abbia compiuto 16 anni.

Contratto di lavoro tacito?

Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli.

Il contratto di lavoro non richiede alcuna forma speciale. Addirittura si considera che un contratto sia concluso anche quando il datore di lavoro accetta, per un certo tempo, l’esecuzione d’un lavoro, la cui prestazione secondo le circostanze non può attendersi senza salario (art. 320 CO). In altre parole, una situazione di fatto può quindi costituire un valido contratto di lavoro senza che le parti ne abbiano nemmeno discusso.

Questa presunzione legale necessita però di due condizioni. Dapprima che vi sia una fornitura effettiva di lavoro e, secondariamente, che tale prestazione venga accettata dal datore di lavoro. Questa seconda condizione è realizzata quando l’accettazione emana da una persona autorizzata a rappresentare il datore di lavoro. Non vi è per contro accettazione se la fornitura di lavoro è nota unicamente a persone senza poteri di rappresentanza in seno all’azienda. Va precisato che la presunzione porta unicamente sull’esistenza di un contratto di lavoro, non sul suo contenuto (es. salario).

Esistono però situazioni che generalmente esulano dall’applicazione di tale regola come ad esempio eventuali contributi lavorativi di una persona all’azienda del coniuge o del concubino, oppure nell’ambito di mere attività di volontariato. E’ infatti usuale che determinate prestazioni vengano fornite senza alcuna controprestazione, anche sa la gratuità dell’operato non è stata esplicitamente convenuta. A titolo di esempio si possono citare l’attività di cassiere per una società di calcio, oppure la sorveglianza dei figli dei vicini per un paio d’ore. In questi casi si ritiene che i rapporti non siano retti da un contratto di lavoro ma poggino invece su altre basi.

Se, sulla base di circostanze concrete, si deve ammettere l’esistenza di un contratto di lavoro, allora la conseguenza è l’applicabilità integrale a tale rapporto degli art.319 ss del Codice delle obbligazioni. Come per i contratti stipulati esplicitamente, sia nella forma scritta che in quella orale.


Il nostro Servizio giuridico è a disposizione delle aziende affiliate per consulenze specifiche. Nell’Area soci sono pubblicate diverse schede giuridiche con informazioni mirate e aggiornate su temi d’interesse in ambiti quali diritto del lavoro, HR, diritto commerciale, accordi bilaterali, proprietà intellettuale, fiscalità, assicurazioni sociali, ecc.. L’accesso a questa sezione del sito è destinata esclusivamente ai soci. Il Servizio giudirico è gestito dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti.

Il telelavoro: una scelta o un’imposizione?

La pandemia di Coronavirus ha favorito lo sviluppo del telelavoro. Se quest’ultimo presenta vantaggi e svantaggi, pone anche questioni legali.


L’azienda può imporre il telelavoro ai propri dipendenti? E, al contrario, il dipendente può esigere dal proprio datore di lavorare in telelavoro?

In generale, questa possibilità deriva da un accordo tra di loro al momento della conclusione del contratto di lavoro o, successivamente, da un accordo che modifica il contratto di lavoro.
Durante questo periodo di pandemia, l’applicazione della legge è stata adattata alla situazione particolare. Sia le autorità federali che quelle cantonali hanno raccomandato ai datori di lavoro di utilizzare il telelavoro. Questa forma di lavoro è eccezionalmente entrata come parte integrante delle misure che il datore di lavoro poteva adottare per proteggere i suoi dipendenti.
A scanso di equivoci va sottolineato che il telelavoro non è un diritto del lavoratore. Deve essere accettato dal datore di lavoro.

La persona che adotta il telelavoro sosterrà verosimilmente costi aggiuntivi. Usa i suoi locali e, talvolta, i suoi strumenti (computer, stampante, carta, wifi). Sorge quindi la domanda a sapere chi debba sostenere questi costi. Questa domanda deve essere risolta alla luce dell’art. 327ss.CO, secondo il quale il datore di lavoro fornisce al lavoratore gli strumenti di lavoro e i materiali di cui ha bisogno. Se, previo accordo con il datore di lavoro, il lavoratore vi provvede personalmente, va adeguatamente risarcito.

Se il lavoratore svolge su propria richiesta e volontariamente il suo lavoro da casa, previo accordo con il suo datore di lavoro, nonostante disponga di un luogo di lavoro consono in azienda, questo rimborso non è in linea di principio dovuto. Recentemente si è pubblicamente parlato di una sentenza del Tribunale federale risalente al 2019 in cui i giudici hanno condannato il datore di lavoro ad indennizzare con un importo forfetario di CHF 150/mese un dipendente che era stato obbligato a lavorare a domicilio. In questa fattispecie va però considerato il fatto che il datore di lavoro non era in grado di offrire al dipendente un posto di lavoro adeguato. Non si tratta pertanto di una regola generalmente applicabile a tutti i casi di telelavoro.

Domanda fiscale

La detrazione fiscale per il lavoratore viene presa in considerazione solo se la relativa spesa professionale è a carico di quest’ultimo. Se tutti i costi sono a carico del datore di lavoro, non è consentita alcuna detrazione fiscale.
Se, in effetti, il dipendente ha subito dei costi, si farà riferimento all’ordinanza federale sui costi professionali, del Dipartimento delle finanze, che consente una detrazione forfettaria delle spese essenziali per l’esercizio della professione da parte del dipendente (ovvero strumenti professionali – compresi hardware e software per computer), lavori professionali o l’uso di una stanza di lavoro privata – affitto, riscaldamento, illuminazione, pulizia). Questa detrazione ammonta al 3% dello stipendio netto (ma minimo 2000 franchi e massimo 4000 franchi).
La detrazione viene ridotta se l’attività remunerativa del dipendente viene svolta a tempo parziale.
Tuttavia, il dipendente può ottenere una detrazione più elevata se dimostra l’esistenza di costi più importanti.

Fonte: Lydia Masmejan, lydia.masmejan@cvci.ch – adattamento Cc-Ti

Quarantena per i viaggiatori in entrata in Svizzera

FAQ sul nuovo Coronavirus – informativa dell’Ufficio federale della sanità pubblica UFSP – stato al 2 luglio 2020


Dal 6 luglio tutte le persone che entrano in Svizzera provenienti da uno Stato o da una regione con rischio elevato di contagio devono mettersi in quarantena per dieci giorni.


Obbligo dell’analisi della parità salariale

Il 1° luglio 2020 è entrata in vigore la modifica della legge sulla parità dei sessi.

Questa modifica introduce l’obbligo di eseguire un’analisi della parità salariale. Questo obbligo concerne i datori di lavoro che impiegano almeno 100 dipendenti. La soglia numerica non si riferisce ai posti di lavoro a tempo pieno ma al numero effettivo dei lavoratori. Gli apprendisti non sono conteggiati nel calcolo.

L’analisi va effettuata entro un anno dall’entrata in vigore della revisione, e ripetuta ogni quattro anni, a meno che la prima analisi non dimostri il rispetto della parità salariale, o se nel frattempo il numero dei lavoratori non scenda al di sotto della soglia che la rende obbligatoria.

Tenuto conto che l’analisi va condotta secondo un metodo scientifico, la Confederazione mette a disposizione gratuitamente dei datori di lavoro uno strumento adeguato.

Sono esentati dall’analisi anche i datori di lavoro che sono già stati oggetto di un controllo della parità salariale nell’ambito di una commessa pubblica, di una concessione di sussidi, o di un’altra procedura di verifica che non risalga ad oltre quattro anni.   L’analisi del datore di lavoro va successivamente verificata da un organo indipendente. Sono considerati organi indipendenti gli uffici di revisione abilitati legalmente, le organizzazioni che esistono da almeno due anni e, secondo gli statuti, promuovono l’uguaglianza fra donna e uomo, o una rappresentanza dei lavoratori secondo la legge sulla partecipazione. Entro un anno l’ufficio di revisione indipendente stila un rapporto sulla correttezza esecuzione formale dell’analisi. Se la verifica è affidata ad una delle organizzazioni summenzionate, le parti concludono una convenzione sulle modalità di verifica e di consegna.

I lavoratori sono informati per iscritto circa il risultato dell’analisi entro un anno dalla conclusione della verifica. Le nuove norme della legge sulla parità dei sessi resteranno in vigore per 12 anni, ossia fino al 31 giugno 2032.

A chi si applica la procedura sui licenziamenti collettivi?

Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli.

Gli articoli 335d e seguenti del Codice delle Obbligazioni prevedono una specifica procedura (consultazione dei lavoratori) per i cosiddetti licenziamenti collettivi. Si applica a tutte le aziende attive in Svizzera? O solo ad alcune? La domanda è lecita in quanto la legge stabilisce effettivamente una serie di criteri che devono essere soddisfatti affinché questi articoli siano applicati. Un primo criterio è la dimensione dell’azienda. La norma recita infatti che per licenziamento collettivo si intendono le disdette date in un’azienda dal datore di lavoro entro un periodo di 30 giorni, per motivi non inerenti alla persona del lavoratore, se il numero dei licenziamenti effettuati è:

• almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;
• almeno pari al 10 per cento del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;
• almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori.

Da quanto sopra possiamo innanzitutto concludere che la procedura non si applica alle aziende con meno di 20 dipendenti. In secondo luogo entrano in considerazione solo le disdette date dal datore di lavoro, non quelle notificate dai dipendenti o eventuali accordi tra le parti di cessazione consensuale del rapporto lavorativo. Nel calcolo non vanno poi considerati nemmeno eventuali licenziamenti decisi per motivi
inerenti alla persona del dipendente, come ad esempio un rendimento insufficiente o un licenziamento in tronco per cause gravi.

Durante il regime di lavoro ridotto è possibile notificare una disdetta del contratto? Esiste un periodo di protezione come, ad esempio, in caso di malattia o di assenza per servizio militare? Durante questo regime valgono le regole generali sulle disdette. Non esiste quindi alcun periodo di protezione e le disdette possono essere notificate. Attenzione però che dal momento della disdetta del contratto lo Stato non verserà più le indennità e il salario durante il periodo di preavviso sarà pertanto interamente a carico del datore di lavoro.