Swisstainable e rapporto di sostenibilità semplificato: un accordo per il label

Svizzera Turismo nell’ambito del programma Swisstainable, conferisce  ai fornitori di servizi sostenibili un marchio che consentirà loro di fungere da esempio.

Il marchio Swisstainable rende visibile a colpo d’occhio l’impegno per la sostenibilità nel settore. Il marchio è facile da integrare nella comunicazione di tutti i fornitori di servizi. In base al livello di sostenibilità adottato dai partner, Svizzera Turismo riconosce tre livelli di adesione al programma: livello 1 committed, livello 2 engaged, livello 3 leading. Per le imprese del settore turistico alberghiero del Cantone Ticino che dispongono del rapporto di sostenibilità con certificato di conformità della Camera di Commercio, Svizzera Turismo riconosce il livello Swisstainable 2. Per il Dipartimento delle Finanze e dell’economia che ha sostenuto il modello di rapporto semplificato realizzato da SUPSI e promosso dalla Camera di Commercio si tratta di un riconoscimento prestigioso che conferma la qualità dello strumento messo a disposizione delle imprese ticinesi.


Fonte: Progetto CSR Ticino

La mobilità elettrica funziona!

di Marco Doninelli, Responsabile mobilità Cc-Ti

Su queste pagine ho scritto spesso a favore delle automobili a propulsione totalmente elettrica. Che questa sia la mobilità del futuro sono certo che non ci siano dubbi. Ma oggi come vanno le cose per i possessori di auto a batteria? Dallo scorso aprile utilizzo una vettura completamente elettrica per i miei spostamenti giornalieri per recarmi al lavoro, ma anche per quelli saltuari su medie e lunghe distanze. Ho quindi deciso di condividere l’esperienza di dieci mesi di viaggi in modalità elettrica.

Il primo impatto a bordo della nuova auto elettrica è senz’altro positivo. Basta premere il pulsante start, inserire la modalità drive e, in completo silenzio, la vettura si mette in marcia. L’assenza del rumore del motore (che ad alcuni amanti delle auto sportive potrebbe mancare) e del cambio (le auto elettriche non hanno bisogno di un cambio di velocità) offrono a conducente e passeggeri un confort di marcia superiore. Anche la guida risulta tendenzialmente più dolce e tranquilla malgrado l’elevata potenza e coppia di cui generalmente dispongono questo genere di vetture. Per il resto l’auto si guida come un’aut a propulsione tradizionale se non per una percepibile differenza in fase di decelerazione. In particolare, selezionando la modalità recupero energia togliendo il piede dall’acceleratore, la decelerazione del veicolo è abbastanza brusca tanto che sembra di aver azionato i freni. Questo effetto, inizialmente anche un po’ fastidioso in quanto non si è abituati, è dovuto al motore elettrico che si trasforma in generatore, trasformando l’energia di movimento in energia elettrica che viene immagazzinata nelle batterie. Oltre che recuperare energia gratuitamente, questo sistema permette di risparmiare in maniera decisa l’utilizzo dei freni con un evidente risparmio anche a livello di costi di manutenzione. Fino ad oggi ho percorso oltre sedicimila chilometri, una percorrenza quindi superiore alla media che si attesta a circa quindicimila chilometri all’anno, con un consumo medio di 17,5 Kwh che corrisponde a poco più di 2’800 Kwh di energia elettrica.
Ipotizzando un costo medio dell’elettricità di 27 centesimi al Kwh per la carica al domicilio e di 55 centesimi per le ricariche pubbliche (colonnine di ricarica con potenza massima 22 Kw) ho speso grosso modo 1’150.00 CHF per ricaricare la batteria del veicolo. Questo corrisponde a circa 7.20 CHF per cento chilometri con un risparmio rispetto ad un veicolo a benzina di oltre il quarantacinque percento. Non male. E questo non considerando che buona parte dell’energia che ho utilizzato a domicilio per caricare la vettura è stata prodotta con un impianto fotovoltaico e quindi a costo quasi zero.

Ma veniamo all’esperienza di utilizzo quotidiana. Per recarmi al lavoro percorro ogni giorno circa ottanta chilometri. Con un’autonomia della batteria dichiarata di circa trecento chilometri (in realtà l’autonomia sarebbe di quattrocento chilometri, ma, come consigliato dal fabbricante dell’auto, carico la batteria generalmente solo all’ottanta percento della sua capacità così da preservarne l’efficienza anche sull’arco di molti anni) posso viaggiare almeno tre giorni senza bisogno di collegare la vettura alla wallbox di casa.
Abitando in collina e percorrendo quindi i primi cinque chilometri di strada casa-lavoro in discesa recuperando energia, ho avuto la gradevole sorpresa di riuscire ad arrivare sul posto di lavoro quasi completamente a gratis spendendo solo pochi centesimi di elettricità. Un bel risultato anche se in inverno la situazione è un po’ meno esaltante a causa dell’importante limitazione dell’autonomia. Preriscaldando però la batteria e l’abitacolo del veicolo è possibile limitare questa sgradita situazione. Nell’uso di tutti i giorni quindi, potendo caricare la vettura al domicilio, l’esperienza della mobilità elettrica è più che positiva e i maggiori costi dovuti al prezzo del veicolo ancora più elevato rispetto ad un veicolo con propulsione tradizionale e al costo della wallbox installata a casa, presto sarà ammortizzato.

E per i viaggi più lunghi? In questi mesi mi è capitato spesso di fare diversi viaggi giornalieri di quasi 200 chilometri e alcuni di oltre 300/400.
Per i primi il comportamento da tenere non cambia molto rispetto ai tragitti casa-lavoro se non quello, comunque da tenere in considerazione, di organizzarsi la sera verificando di avere un’autonomia della batteria sufficiente e, se necessario, di provvedere alla carica durante la notte. Per i viaggi più lunghi le cose cambiano
e questa è forse la situazione che crea ancora scetticismo verso la mobilità elettrica. In questo caso bisogna veramente reimparare a pianificare gli spostamenti.

Reimparare perché ormai, in particolare con l’avvento dei sistemi di navigazione, siamo abituati a non più preparare i viaggi ma semplicemente a salire in macchina, impostare la destinazione sul navigatore e partire senza nemmeno conoscere la strada da percorrere. Tanto ci guida la signora del navigatore. Con una vettura elettrica questo non funziona più o almeno è perlomeno rischioso.

Sì, perché sicuramente partendo per un viaggio più lungo di quanto permetta l’autonomia della batteria della nostra auto, dobbiamo prevedere una o più soste per fare rifornimento di energia elettrica. Pena il rischio di rimanere in mezzo alla strada con la batteria completamente scarica. Per questa pianificazione, almeno nelle auto di categoria medio/superiore, ci viene in aiuto il navigatore dell’auto o l’applicazione per smartphone che viene messa a disposizione dal fabbricante dell’auto.

Per ora la mia esperienza in questo genere di viaggi è assolutamente positiva e non ho mai avuto problemi nel trovare una stazione di ricarica quando serviva. Sulle autostrade svizzere le stazioni di ricarica sono numerose, funzionano senza troppe difficoltà, permettono di fare rifornimento in pochi minuti (il tempo di bere un caffè) e garantiscono così di poter viaggiare in tutta tranquillità. Una sola volta mi è capitato di arrivare ad una stazione di rifornimento e trovare tutte le colonnine occupate. Questa è una situazione che deve far riflettere i gestori di questi impianti che dovranno ancora investire in nuove strutture per garantirne un numero adeguato al crescente numero di veicoli elettrici in circolazione.
Ma poter caricare in autostrada non è sufficiente, per chi fa viaggi lunghi con una sosta di diverse ore durante il giorno, per esempio per partecipare ad una riunione, o si ferma per una o più notti in un albergo, è indispensabile poter contare su una stazione di ricarica disponibile alla destinazione. E questo purtroppo non è sempre il caso.

La mobilità elettrica oggi è realtà e funziona (almeno in Svizzera), ma c’è ancora molto da fare.
Autosili, parcheggi pubblici nelle vicinanze di luoghi d’aggregazione, alberghi e strutture pubbliche devono essere equipaggiate con un numero adeguato di stazioni di ricarica così da garantire il rifornimento di tutte le auto elettriche che in questi anni verranno messe in circolazione.
Un autosilo di oltre 300 parcheggi, in una struttura per manifestazioni che possono accogliere anche migliaia di persone, che dispone di solo 6 posti auto con possibilità di ricarica elettrica, è assolutamente inadeguato. E questo purtroppo è una situazione ancora troppo presente anche in Svizzera.

ESG come fattore di innovazione e vantaggio competitivo nella strategia aziendale PMI?

Le piccole e medie imprese (PMI) possono sfruttare le pratiche ambientali, sociali e di governance (ESG) come potente stimolo all’innovazione e come elemento chiave della loro strategia aziendale.

L’integrazione delle considerazioni ESG nelle operazioni aziendali non solo si allinea alle pratiche commerciali responsabili, ma migliora anche la competitività e la sostenibilità a lungo termine. Alcuni di questi temi sono stati anche affrontati in un evento organizzato dalla Cc-Ti in collaborazione con ESG Center of Excellence e Ticino Blockchain Technologies Association (TBTA) lo scorso 20.11.2023, intitolato “ESG come opportunità di business per le PMI ticinesi – Come la tecnologia Blockchain può aiutare”.

Ecco una tabella di marcia per le PMI per sviluppare l’ESG come fattore di innovazione e ottenere un vantaggio competitivo.

Comprendere i principi ESG:

  1. Familiarizzare con i principi fondamentali dell’ESG ambientale (E), sociale (S) e di governance (G). Questi principi guidano una condotta aziendale responsabile e uno sviluppo sostenibile.
  2. Condurre una valutazione di materialità
    Identificate i fattori ESG più rilevanti per la vostra attività conducendo una valutazione di materialità. Considerate l’impatto di ciascun fattore sugli stakeholder e sulle operazioni aziendali.
  3. Inserire l’ESG nella cultura aziendale
    Integrare le considerazioni ESG nella cultura e nei valori aziendali. Assicuratevi che i dipendenti comprendano e facciano propria l’importanza della sostenibilità e delle pratiche commerciali responsabili.
  4. Sviluppare politiche e metriche ESG
    Stabilire politiche ESG chiare e metriche misurabili. Definire obiettivi e indicatori chiave di performance (KPI) per monitorare i progressi e dimostrare l’impegno verso gli obiettivi ESG.
  5. Coinvolgere gli stakeholder
    Coinvolgete gli stakeholder, compresi clienti, dipendenti, fornitori e comunità locali, nelle vostre iniziative ESG. Il loro contributo può fornire spunti preziosi e rafforzare le relazioni.
  6. Innovare prodotti/servizi sostenibili
    Sfruttate l’ESG come motore di innovazione sviluppando prodotti o servizi sostenibili. Considerate l’impatto ambientale, l’approvvigionamento etico e la responsabilità sociale nello sviluppo dei vostri prodotti/servizi.
  7. Gestione efficiente delle risorse
    Implementate pratiche di efficienza delle risorse per ridurre i rifiuti, il consumo energetico e l’impronta di carbonio. Questo non solo è in linea con gli obiettivi ambientali, ma può anche portare a risparmi sui costi.
  8. Sostenibilità della catena di fornitura
    Assicuratevi che la vostra catena di fornitura aderisca a pratiche etiche e sostenibili. Questo migliora la responsabilità sociale dell’azienda e riduce il rischio di impatti negativi associati ai fornitori.
  9. Migliorare la diversità e l’inclusione
    Favorire un ambiente di lavoro diversificato e inclusivo, promuovendo l’uguaglianza e l’equità di trattamento. I team eterogenei spesso portano a una maggiore creatività e innovazione, contribuendo al successo aziendale.
  10. Pratiche di governance trasparenti
    Rafforzare le strutture di governance migliorando la trasparenza e la responsabilità. Comunicare chiaramente l’impegno dell’azienda verso una condotta aziendale etica e un processo decisionale responsabile.
  11. Gestione del rischio e integrazione ESG
    Integrare i fattori ESG nei processi di gestione del rischio. La comprensione e la mitigazione dei rischi ESG possono aumentare la resilienza e proteggere la reputazione dell’azienda.
  12. Reporting e comunicazione con gli stakeholder
    Comunicate regolarmente i vostri sforzi ESG attraverso i rapporti di sostenibilità e altri canali di comunicazione. Un reporting trasparente crea fiducia e credibilità con gli stakeholder.
  13. Cercare certificazioni esterne
    Cercate di ottenere certificazioni o standard pertinenti (ad esempio, ISO 14001 per la gestione ambientale) per convalidare il vostro impegno nelle pratiche ESG.
  14. Miglioramento continuo
    L’ESG è un processo continuo. Rivedete e aggiornate regolarmente le vostre strategie in base ai cambiamenti delle circostanze, alle aspettative degli stakeholder e alle best practice emergenti.

Conclusione
Incorporando strategicamente i principi ESG nelle loro attività, le PMI possono non solo contribuire allo sviluppo sostenibile, ma anche posizionarsi come entità innovative, responsabili e competitive sul mercato. Questo approccio olistico si allinea alle preferenze dei consumatori e alle tendenze normative in evoluzione, favorendo il successo a lungo termine.


Articolo a cura di Marco Casanova, Direttore Centro di eccellenza ESG, Lugano, www.esgcenter.ch

Gestione sostenibile delle imprese: ripercussioni dei futuri doveri di diligenza europei sulle imprese svizzere

Il 23 febbraio 2022, la Commissione europea ha presentato una bozza di nuova direttiva sulla due diligence di sostenibilità delle imprese (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, CSDDD). La bozza è ancora in fase di negoziazione. Tuttavia, si ritiene relativamente certo che l’UE adotterà la CSDDD.

In Svizzera, il controprogetto indiretto all’iniziativa popolare “Per aziende responsabili – per proteggere le persone e l’ambiente” ha incluso gli obblighi di due diligence e di reporting nei settori dei minerali dei conflitti e del lavoro minorile negli articoli e 964j-l del Codice delle obbligazioni (CO). Queste disposizioni sono entrate in vigore nel gennaio 2022.

Tuttavia, la CSDDD richiede l’attuazione di obblighi di diligenza molto più ampi rispetto alle disposizioni del CO. Anche l’ambito di applicazione della CSDDD è più ampio. Mentre le disposizioni svizzere in materia di due diligence si concentrano su settori, Paesi o prodotti a rischio, la CSDDD si applica a tutte le società che superano determinate soglie dimensionali. La CSDDD prevede anche la responsabilità civile e la vigilanza regolamentare. Nel CO non esistono meccanismi di applicazione di questo tipo. Sono previste multe fino a 100’000 euro. Tuttavia, è improbabile che queste abbiano un effetto deterrente.

Se l’UE adottasse la CSDDD, vi sarebbero notevoli differenze tra le leggi vigenti in Svizzera e nell’UE.

In sostanza, gli obblighi di diligenza previsti dalla CSDDD sono “obblighi di forzo”. Ciò significa che le aziende non sono obbligate a mettere in atto azioni definite o a raggiungere obiettivi predefiniti (sarebbe un “obbligo di successo”). Inoltre, le aziende non saranno ritenute responsabili di abusi in Paesi terzi sui quali non hanno alcun controllo. Le aziende devono invece stabilire procedure di gestione del rischio e adottare precauzioni organizzative per identificare i rischi. Se vengono identificati dei problemi, le aziende devono adottare misure per porvi rimedio. Se ciò non è possibile, devono cercare di ridurre al minimo il problema. Le misure adottate dipendono da loro. Il CSDDD lascia quindi alle aziende una grande libertà e si affida alla loro responsabilità. Tuttavia, questi obblighi di impegno sono affiancati da obblighi di azione verificabili: le imprese devono, ad esempio, istituire meccanismi di reclamo e riferire in merito alle ispezioni di due diligence.

Complessivamente, il numero di società direttamente interessate dalla CSDDD è ridotto. Tuttavia, si tratta di grandi aziende con un fatturato elevato, che quindi contribuiscono in modo significativo alla creazione di valore in Svizzera. Va considerato che la CSDDD potrebbe sostituire le attuali disposizioni delle RU sul lavoro minorile, ma non le disposizioni delle RU sui minerali dei conflitti. Questo perché anche il regolamento UE sui minerali dei conflitti non verrebbe sostituito dalla CSDDD. La CSDDD non riguarda solo le aziende che rientrano direttamente nel suo campo di applicazione. Le aziende direttamente interessate trasmetteranno i loro obblighi nella catena di approvvigionamento ai loro fornitori.

Già oggi le disposizioni applicabili in materia di CO e le leggi straniere, ad esempio, la legge sulla due diligence della catena di fornitura in Germania, la legge sulla due diligence in Francia, i regolamenti dell’UE sui minerali di conflitto sulle catene di fornitura prive di deforestazione, ecc..
Queste ultime sono quindi “indirettamente” interessate e devono controllare anche le loro catene di approvvigionamento per i rischi reali e potenziali.

Per le imprese interessate, l’introduzione della direttiva CSDDD comporterebbe costi, alcuni dei quali considerevoli: esse dovrebbero adattare i processi aziendali esistenti (ad esempio, in materia di appalti e contabilità) agli obblighi di diligenza e creare nuove strutture e processi (ad esempio, meccanismi di reclamo o processi e sistemi per la raccolta dei dati e l’analisi dei rischi). Se le aziende individuano dei rischi, devono adottare delle misure. Inoltre, le aziende interessate dovranno presentare relazioni sulle loro attività di due diligence. Oltre ai costi diretti dell’implementazione della due diligence, le aziende dovrebbero affrontare rischi di responsabilità e incertezze legali.
Tuttavia, i costi sostenuti sarebbero ridotti dal fatto che le aziende devono comunque adottare alcune delle misure sopra descritte. Molte aziende si trovano già ad affrontare gli obblighi di due diligence. A causa delle disposizioni del CO, della legge tedesca o francese sulla catena di approvvigionamento e dei regolamenti UE sui minerali di conflitto e sulle catene di approvvigionamento prive di deforestazione, nonché di altre normative. Grazie alle disposizioni del CO (art. 964 e segg.) sul bilancio di sostenibilità e alla nuova direttiva UE sul bilancio di sostenibilità delle imprese (CSRD), molte aziende stanno già istituendo processi per raccogliere dati e pubblicare rapporti sull’impatto delle loro attività sui diritti umani e sull’ambiente.
Tuttavia, le aziende direttamente interessate sono grandi imprese che potrebbero sostenere i costi. Per le PMI, sarebbe in parte una sfida implementare i requisiti. Con l’introduzione del CSDD, il numero e il volume delle richieste aumenteranno ulteriormente. A medio termine, molte aziende indirettamente interessate non potranno fare a meno di istituire sistemi propri per la raccolta e la valutazione dei dati. Infine, dovrebbero documentare chiaramente come adempiono ai loro obblighi di due diligence per tutelarsi da potenziali richieste di responsabilità.

Prevediamo che i costi di implementazione per le aziende indirettamente interessate saranno significativamente inferiori a quelli per le aziende direttamente interessate. Oltre ai costi diretti di implementazione, le aziende indirettamente interessate, la maggior parte delle quali sono PMI, devono affrontare anche rischi considerevoli. Se non si preparano adeguatamente per l’attuazione della due diligence, rischiano di perdere ordini e clienti e di
uscire dalla catena del valore. Molte PMI non sembrano ancora sufficientemente sensibilizzate a questo rischio.

Tuttavia, le aziende non dovrebbero sostenere solo dei costi. il beneficio derivante dall’implementazione della due diligence risiede principalmente nel valore aggiunto derivante dalla raccolta dei dati necessari.

Le aziende conoscono meglio le loro catene di fornitura, il che comporta numerosi vantaggi per le aziende. Ad esempio, possono valutare meglio il rischio di strozzature nelle forniture o identificare più facilmente il potenziale di innovazione.


Fonte: comunicato stampa del Consiglio federale del 22.12.2023 – “Gestione sostenibile delle imprese: ripercussioni dei futuri doveri di diligenza europei sulle imprese svizzere”; adattamento Cc-Ti

Imprese e diritti umani: materiale di supporto per le aziende che devono far fronte a crescenti requisiti legali

Le aziende si trovano ad affrontare requisiti crescenti in termini di rispetto dei diritti umani lungo la loro catena del valore. Negli ultimi anni, le aspettative dei numerosi attori in gioco (Governi, investitori, partner commerciali e clienti, consumatori e dipendenti, società civile e ONG, così come benchmark e rating ESG) sono aumentate. Anche i requisiti legali stanno diventando più severi.

Nazioni come Francia, Germania, Svizzera e l’UE hanno già implementato leggi che obbligano le aziende a condurre due diligence in merito a (alcuni) diritti umani o sono in procinto di adottarle.

Una panoramica sugli ultimi sviluppi normativi può essere trovata sul sito di focusright (tramite questi link 1 e link 2).

Condotta aziendale responsabile: uno studio rileva che le aziende svizzere saranno interessate dalla futura regolamentazione dell’UE

Nell’UE, i requisiti legali relativi ai diritti umani obbligatori e alla due diligence ambientale sono in rapida evoluzione. Nel dicembre 2023 è stato raggiunto un accordo provvisorio sulla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD). Anche se si è ancora in attesa della pubblicazione del testo finale della Direttiva, è già chiaro che essa introdurrà obblighi per le grandi aziende in merito a effettivi e potenziali impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente. Visti gli stretti legami economici tra la Svizzera e l’UE, sia le grandi aziende che le PMI svizzere saranno interessate da questo regolamento. Uno studio commissionato
dal Dipartimento federale di giustizia e polizia e dal Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca
è giunto alla conclusione preliminare che la direttiva UE avrà:

  • un impatto diretto su diverse centinaia di aziende in Svizzera e
  • uno indiretto su diverse migliaia di aziende svizzere, poiché le aziende direttamente interessate trasferirebbero i requisiti ai propri fornitori.

Sviluppi attesi in Svizzera

Una volta che l’UE avrà adottato definitivamente la CSDDD e dopo un’analisi approfondita delle modalità di attuazione da parte dei suoi Stati membri, il Consiglio Federale deciderà come procedere con i requisiti legali per le aziende elvetiche. Nel frattempo, continuano le richieste della società civile per obblighi di diligenza più severi per le aziende svizzere. La Koalition für Konzernverantwortung ha già annunciato il lancio di un’altra iniziativa popolare, che richiederà che gli obblighi di due diligence per le aziende svizzere siano allineati al CSDDD dell’UE. Poiché l’UE sta attualmente ampliando gli obblighi di Rendiconto sulla gestione sostenibile delle imprese, il Consiglio federale sta preparando una consultazione pubblica sulla base della quale verranno ampliati anche gli obblighi di rendicontazione per le imprese elvetiche, in linea con gli sviluppi UE.

Materiale a disposizione delle aziende

A sostegno delle aziende per l’attuazione della due diligence sui diritti umani e dei relativi obblighi legali e nell’ambito del Piano d’azione nazionale “Imprese e diritti umani” della Svizzera 2020–2023 (PAN), il DFAE e la SECO hanno incaricato la società di consulenza focusright dello sviluppo di diverso materiale. I documenti di supporto sono disponibili sul sito della Confederazione, citiamo di seguito:


Commesse pubbliche – criteri di aggiudicazione CSR

È stata pubblicata la Scheda informativa aggiornata che definisce i 30 criteri di misurazione della CSR (Corporate Social Responsibility – Responsabilità sociale delle imprese) nell’ambito della Legge sulle commesse pubbliche del Canton Ticino. (art. 32 cpv. 1 LCPubb | art. 53 cpv. 2-4 RLCPubb/CIAP)

Secondo l’art 32 cpv. 1 della LCPubb il committente aggiudica la commessa a favore dell’offerta complessivamente più vantaggiosa sulla scorta di diversi criteri, quali il termine, la qualità, il prezzo, la sua attendibilità, l’economicità, i costi di servizio, il servizio clientela, l’adeguatezza della prestazione, l’estetica, la compatibilità ambientale, la responsabilità sociale, la formazione e il perfezionamento degli apprendisti e il valore tecnico. La ponderazione di un singolo criterio non può superare il 50%.

Secondo l’art 53 del Regolamento di applicazione della legge sulle commesse pubbliche e del concordato intercantonale sugli appalti pubblici (RLCPubb/CIAP) sono ammessi come criteri di aggiudicazione, ma non nelle commesse internazionali, i seguenti criteri: a) la formazione degli apprendisti; b) il contributo alla formazione professionale; c) la responsabilità sociale delle imprese.

Il criterio di aggiudicazione facoltativo inerente alla responsabilità sociale delle imprese, ha un valore di ponderazione definito dall’art. 53 cpv. 2 lett. c RLCPubb/CIAP è stato ripreso dalle Direttive sui criteri di aggiudicazione inerenti alla formazione degli apprendisti, al contributo alla formazione professionale e alla responsabilità sociale delle imprese del 20 dicembre 2023 (pubblicazione sul Foglio ufficiale nr. 245 del 27 dicembre 2023 e nr. 2 del 3 gennaio 2024) ed ha un valore del 4%. La sua valutazione deve essere fatta tenendo conto dell’impegno delle imprese nell’ambito della sostenibilità economica, ambientale e sociale.

Adottare il criterio di CSR nelle commesse pubbliche significa promuovere l’inserimento dei criteri di sostenibilità all’interno dell’operato dell’impresa in ogni sua attività. Questa modalità tende a far sì che le imprese si orientino all’elaborazione di una strategia di sostenibilità che permetta una rendicontazione complessiva dell’impatto dell’impresa, non solo a livello economico ma anche sociale e ambientale. Bisogna tuttavia considerare che i 30 criteri definiti nella Scheda informativa sono criteri che valutano il modo di operare dell’impresa e non la sostenibilità del prodotto o della prestazione offerta oggetto della commessa. Per il prodotto e la prestazione potranno essere inseriti criteri di sostenibilità, aggiuntivi al criterio di CSR, nella fase di idoneità o di aggiudicazione.

Consiglio di utilizzo:

Si consiglia di non utilizzare il criterio CSR nelle commesse in cui la variabile prezzo ha una ponderazione superiore al 50% (forniture standardizzate) o inferiore al 30% (esempio prestazioni intellettuali quali la progettazione).

Inoltre, si consiglia di non utilizzare, inizialmente, il criterio di CSR per commesse pubbliche con un valore economico particolarmente basso (inferiori ai 250’000 franchi) alfine di non penalizzare la possibilità di partecipazione di microimprese. Si consiglia infatti un approccio graduale del criterio con l’obiettivo di sensibilizzare innanzitutto le imprese di più grandi dimensioni.

Non può essere utilizzato il criterio della CSR nell’ambito delle procedure su invito perché il committente determinando la cerchia degli offerenti invitati a presentare un’offerta potrebbe avvantaggiarne uno a discapito di un altro. Il committente ha tuttavia la possibilità di scegliere gli offerenti da invitare valutando preliminarmente questo criterio.

Tabella: Definizione delle soglie per le quali è consigliato utilizzare il criterio CSR:

Durante il 2023 è stata eseguita la necessaria formazione a vari Committenti (Comuni ed enti sussidiati) e agli offerenti di diverse categorie in merito ai 30 indicatori di CSR e all’utilizzo del rapporto di sostenibilità semplificato della Camera di Commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (https://www.ti-csrreport.ch/). Di conseguenza a partire da gennaio 2024 è possibile utilizzare da parte di tutti i committenti il criterio per le opere delle seguenti categorie:

  • Impresario costruttore
  • Pavimentazioni
  • Elettricisti
  • Metalcostruttori
  • Costruttori in legno
  • Falegnami
  • Pittori
  • Gessatori, intonacatori e plafonatori
  • Posatori di pavimenti
  • Vetrerie
  • Giardinieri
  • Ponteggi

Fonte: Progetto CSR Ticino

Cerimonia consegna diplomi CAS CSR

Si è svolta mercoledì 6 dicembre 2023 la cerimonia di consegna dei diplomi del Certificate of Advanced Studies in Corporate Social Responsibility (CSR)

Il corso si poneva l’obiettivo di formare CSR manager in grado di definire la strategia di sostenibilità della propria organizzazione e di elaborare un rapporto di sostenibilità.

Ci complimentiamo con il nostro collaboratore, Sergio Trabattoni, ora CSR Manager e con tutti i neo-diplomati.

Stefano Rizzi, Direttore della Divisione economia del Dipartimento delle Finanze e dell’Economia ha ribadito il ruolo della sostenibilità nella competitività dei territori e l’impegno che ormai da anni viene profuso per la promozione del tema. Il contributo delle imprese allo sviluppo economico, sociale e ambientale del Cantone è essenziale e questi diplomati potranno essere dei preziosi ambasciatori per la diffusione della responsabilità sociale e della sostenibilità.

Tra le differenti attività sostenute o svolte direttamente dalla Cc-Ti ve ne sono alcune, forse meno conosciute, che rientrano nella sfera degli esercizi della “Corporate Social Responsibility – CSR” o “RSI – Responsabilità sociale delle imprese”. Si tratta dello sviluppo di progetti a carattere sociale, formativo o ambientale, disegnati per interagire tra i diversi settori.
La Cc-Ti, quale associazione-mantello dell’economia ticinese, ha sviluppato – con il supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) – un modello online di rapporto di sostenibilità, accessibile tramite questo link: www.ti-csrreport.ch (TUTORIAL).

La responsabilità sociale delle imprese è un elemento che, dal 2021, rientra anche nei bandi di concorso pubblici, con un valore di ponderazione del 4% nei criteri di aggiudicazione.
L’ottenimento di una separata “Dichiarazione di conformità” (rilasciata dalla Cc-Ti) faciliterà sia il lavoro delle aziende, sia quello delle autorità chiamate a valutare i dossier.
Questo strumento non rappresenta la condizione per partecipare agli appalti pubblici ma resta su base volontaria ed è sostenuta dal DFE e dall’ufficio di vigilanza sulle commesse pubbliche.


Riciclaggio delle batterie: chiudere il cerchio

di Marco Doninelli, Responsabile mobilità Cc-Ti

L’Empa (uno dei 4 Istituti di ricerca dei Politecnici Federali – Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca) e Kyburz Switzerland AG sono alla ricerca di modi per riciclare le batterie agli ioni di litio esauste in modo efficiente e rispettoso delle risorse. Un impianto pilota appositamente sviluppato scompone le vecchie batterie nei loro componenti, in modo che i materiali possano essere recuperati nel modo più puro possibile.

Tutti conoscono il fenomeno del telefono cellulare o del computer portatile: con il passare del tempo, la capacità della batteria diminuisce, per cui è necessario prendere il cavo di ricarica sempre più spesso. Lo stesso vale per le batterie molto più grandi dei veicoli elettrici: sebbene i produttori di veicoli possano oggi garantire una durata di otto-dieci anni per le batterie agli ioni di litio dei veicoli elettrici, anch’esse dovranno essere riciclate prima o poi.

Nell’ambito di un progetto sostenuto dall’Ufficio federale dell’energia (UFE), il produttore svizzero di veicoli elettrici Kyburz Switzerland AG e l’Empa si sono posti l’obiettivo di riciclare le batterie dismesse dei veicoli elettrici. A tal fine, Kyburz, con il supporto dell’Empa, ha sviluppato un impianto di riciclaggio che scompone le vecchie batterie nei loro componenti.

Prima che una batteria finisca nell’impianto di riciclaggio, può avere una seconda, a volte addirittura una terza vita. Dopo il primo utilizzo negli scooter elettrici gialli a tre ruote che Kyburz produce per Swiss Post AG, può essere ancora utilizzata in veicoli di “seconda vita” alimentati da batterie già utilizzate. Se la capacità della batteria continua a diminuire, non è detto che questa sia la fine. Le batterie con capacità ridotta potrebbero, ad esempio, essere installate in applicazioni stazionarie per l’accumulo di energia solare. Questo concetto di “vita multipla” dovrebbe ridurre significativamente la domanda di materie prime primarie in futuro.

Separare con cura

Se la capacità della batteria non è più sufficiente per questo ulteriore utilizzo, viene infine inviata all’impianto di riciclaggio. “In questo tipo di batteria, il catodo, il separatore e l’anodo sono inseriti in un involucro di plastica in diversi strati”, spiega Andrin Büchel, ricercatore dell’Empa del Dipartimento “Tecnologia e società”. Srotolando abilmente il separatore, i catodi e gli anodi – lamine metalliche rivestite di particelle per immagazzinare ioni di litio – vengono smistati in due contenitori separati.

Il passo successivo è il recupero dei materiali dell’elettrodo. Il catodo, un foglio di alluminio rivestito con particelle di fosfato di ferro e litio, viene posto in un bagno d’acqua dove le particelle si staccano dal foglio e vengono recuperate sotto forma di polvere dopo essere state decantate e asciugate. Lo stesso procedimento viene seguito per l’anodo, che consiste in un foglio di rame rivestito di particelle di grafite. In questo caso, tuttavia, si produce una sospensione omogenea, rendendo necessario un ulteriore passaggio in una centrifuga per separare le particelle.

“Alla fine del processo di riciclaggio, recuperiamo l’involucro, il separatore, le lamine di alluminio e di rame e gli elettrodi suddivisi per tipo”, spiega Büchel. Questo tipo di processo di riciclaggio è chiamato riciclaggio diretto. “Nel riciclaggio diretto, la batteria viene smontata solo nella misura necessaria a preservare le proprietà funzionali dei materiali. Questo ci permette di ridurre al minimo il numero di passaggi necessari, anche per l’ulteriore lavorazione”, afferma Büchel.

Analizzare con precisione

Ma il lavoro non è ancora finito con il recupero dei materiali. Devono essere rigenerati prima di poter essere riutilizzati in una nuova batteria.
È proprio su questo che Büchel sta attualmente lavorando in diversi dipartimenti insieme al suo collega dell’Empa Edouard Quérel. Nel laboratorio di batterie del dipartimento “Materiali per la conversione energetica”, hanno già scoperto il meccanismo che sta alla base dell’invecchiamento del materiale catodico. “Il litio ferro fosfato ha una struttura cristallina che rilascia e riassorbe gli ioni di litio durante ogni ciclo di carica e scarica”, spiega Büchel. “Questa struttura rimane, ma la quantità di ioni di litio attivi diminuisce nel tempo”. Attualmente i ricercatori stanno lavorando per “rinfrescare” nuovamente il materiale del catodo aggiungendo selettivamente il litio.

L’obiettivo finale è costruire nuove batterie il più efficienti possibile a partire dal materiale riciclato e chiudere il ciclo.

Nei processi di riciclaggio convenzionali, le batterie vengono triturate e i materiali riciclabili vengono separati con processi termici e chimici a umido. Il riciclaggio diretto dovrebbe essere più efficiente dal punto di vista delle risorse, in quanto consuma meno energia e non utilizza sostanze chimiche. Tuttavia, il processo sviluppato da Kyburz e dall’Empa è attualmente adatto solo per la costruzione specifica e la chimica delle celle delle batterie utilizzate, tra l’altro, nei veicoli Kyburz. “Attualmente stiamo studiando se e come questo processo possa essere trasferito ad altri tipi di celle nell’ambito del progetto Innosuisse ‘Circu-BAT’, al quale partecipano, oltre a Kyburz, altre 23 aziende partner”, spiega Büchel.

Fonte: Empa – Dübendorf


Guida alle certificazioni per la sostenibilità

La guida è stata elaborata da SQS, in collaborazione con SUPSI e con il supporto della Divisione dell’economia del Dipartimento delle finanze e dell’economia

La guida si propone di fare chiarezza sul tema e di fornire spunti pratici alle imprese che intraprendono un percorso di certificazione a sostegno delle buone pratiche di CSR come per la redazione del rapporto di sostenibilità semplificato e l’ottenimento della dichiarazione di conformità rilasciata dalla Cc-Ti.

È oramai assodato che la responsabilità sociale d’impresa (CSR) rappresenti un contributo delle aziende allo sviluppo sostenibile. Ne consegue un progressivo e crescente sviluppo di standard certificabili e non certificabili, la cui scelta di adozione richiede un minimo di cultura sul tema. Per orientarsi in questa “giungla” è necessario, in primo luogo, fare i conti con i propri bisogni, con la visione strategica a medio e lungo termine in relazione alle tendenze di mercato, ma anche con lo status quo dell’azienda dal punto di vista organizzativo e culturale. Accade che un’azienda vuole disporre di una o più certificazioni per cogliere pienamente i vantaggi che esse possono portare quale valore aggiunto a livello di competitività e immagine. 

L’adozione di standard ISO e loro certificazione è una scelta strategica. Se la loro implementazione avviene con convinzione e consapevolezza, può innescare una virtuosa trasformazione organizzativa e culturale delle organizzazioni e della loro catena di fornitura. È pertanto importante che i vertici aziendali guidino questa scelta con senso di responsabilità e consapevolezza.

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Fonte: Progetto CSR Ticino

Anche la Cc-Ti ha partecipato al Salone della CSR a Milano

Gianluca Pagani, CSR Manager Cc-Ti, è stato relatore ad un evento presso l’Università Bocconi.

Verso la transizione ecologica: il ruolo delle Camere di Commercio” è questo il titolo della conferenza a cui ha presenziato anche la Cc-Ti lo scorso 4 ottobre 2023 a Milano, presso l’Università Bocconi, in occasione dell’11esima edizione del Salone della CSR e dell’innovazione sociale.

Dall’informazione alle imprese sulla transizione ecologica agli interventi per promuovere la creazione di filiere responsabili: il ruolo delle Camere di Commercio diventa sempre più strategico per la diffusione di comportamenti sostenibili e per lo sviluppo dell’economia dei territori. Una sfida importante che mette in gioco la capacità di tutti gli attori sociali di collaborare e di coniugare innovazione con inclusione sociale, risultati economici e sostenibilità ambientale.

Sono anche intervenuti: Walter Sancassiani, Focus Lab; Carlo De Luca, Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili; Marco Galimberti, Camera di Commercio Como-Lecco ed Elena Fammartino, Unioncamere Piemonte.

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