Decisione d’imposizione elettronica (IMe): obbligatorietà dal 1° marzo

Nel quadro dell’attuazione della strategia di e-government della Confederazione , il 1° marzo 2018 l’Amministrazione federale delle dogane introdurrà l’obbligo della decisione d’imposizione elettronica (IMe) nel sistema d’imposizione e-dec. Fino a tale data l’AFD allestisce le decisioni d’imposizione come segue:

  • dichiarazione d’importazione e-dec
  • IMe Importazione oppure
  • decisione d’imposizione in formato cartaceo; mod. 11.08 (arancione)
  • dichiarazione d’esportazione e-dec
  • IMe Esportazione
  • dichiarazione d’esportazione NCTS
  • decisione d’imposizione in formato cartaceo; mod. 11.38 (rosa)

A partire dal 1° marzo 2018, le decisioni d’imposizione in e-dec verranno allestite soltanto in formato elettronico. Per contro, le decisioni d’imposizione NCTS rimangono in formato cartaceo.

L’AFD ricorda che già a partire dal 2008, le decisioni d’imposizione in e-dec Esportazione sono disponibili soltanto in formato elettronico.

Come funziona l’IMe?

Anziché stampare la decisione d’imposizione e inviarla per posta al titolare del conto PCD, l’AFD allestisce la decisione d’imposizione sotto forma di un file munito di firma digitale e lo mette a disposizione affinché venga ritirato. Tutte le informazioni dettagliate sono disponibili direttamente nella comunicazione dell’AFD o sulla pagina internet dedicata.

Quale potenziale offrono i mercati di frontiera?

Si tratta, in questo senso, di Paesi con un reddito pro capite medio-basso, caratterizzato tra le altre cose da unʼelevata dinamica economica e un alto tasso di crescita della popolazione, a differenza dei classici Paesi emergenti presentano però un mercato finanziario sottosviluppato.

Queste condizioni quadro rendono interessanti i mercati di frontiera, in particolare, agli occhi di investitori alla ricerca di alti rendimenti. Tuttavia, anche per imprese esportatrici svizzere può essere opportuno raffrontarsi intensamente con i mercati di frontiera. Lo studio del CSRI mostra che la quota delle esportazioni dei mercati di frontiera, in relazione al PIL, è complessivamente più elevata rispetto ai classici Paesi emergenti.

In altre parole: i mercati di frontiera già oggi sono più aperti nel commercio internazionale rispetto ai classici Paesi emergenti.

Interessante e al contempo esigente

Gli esportatori svizzeri dovrebbero tenere maggiormente in considerazione i mercati di frontiera con una prestazione economica complessiva di 3,7 miliardi di dollari, in qualità di nuovi potenziali mercati?
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La Cina al vertice dei mercati dʼexport

Il mercato del Paese asiatico è considerato dalle PMI svizzere il più interessante per lʼexport. È quanto risulta dallo studio di Switzerland Global Enterprise (S-GE) realizzato in collaborazione con il centro di ricerca congiunturale KOF del Politecnico federale di Zurigo, che serve da orientamento per le PMI svizzere. USA e Corea del Sud seguono al secondo e al terzo posto della classifica mondiale.

 

 

Per identificare il principale mercato d’export si utilizzano complessivamente 15 diversi criteri. Tra di essi rientrano le dimensioni del mercato, il potenziale, il volume delle esportazioni e la crescita media del mercato degli ultimi anni. Nella classifica di S-GE sono stati valutati complessivamente 107 Paesi. Tra i primi dieci mercati troviamo, in ordine d’importanza, la Cina, gli Stati Uniti, la Corea del Sud, Singapore, il Regno Unito, gli Emirati Arabi Uniti, il Canada, la Polonia, il Giappone e la Germania.

Cina: una spinta in più grazie all’ALS

Non sorprende il risultato dello studio che vede al primo posto della classifica il dragone asiatico. Ricordiamo infatti che nel 2014 è entrato in vigore l’accordo di libero scambio (ALS) tra Svizzera e Cina che ha offerto, soprattutto alle aziende elvetiche, enormi vantaggi in un mercato potenziale di 1.4 miliardi di abitanti attento e ricettivo nei confronti dei prodotti di origine svizzera. Grazie all’ALS vi è stato uno sgravio o una riduzione graduale negli anni dei dazi doganali che ha dato un enorme vantaggio alle nostre PMI rispetto ai concorrenti europei. Citando esempi di vario genere, alcune batterie che avevano un dazio di oltre il 12% al momento dell’entrata in vigore dell’accordo, avranno una riduzione totale entro dieci anni, oppure alcuni tipi di motori che addirittura possono già oggi beneficiare oggi di un dazio 0.

Ad oggi sono molte le aziende svizzere che si sono interfacciate sul mercato cinese utilizzando i vantaggi dati dall’accordo di libero scambio e anche il sondaggio di Switzerland Global Enterprise sul clima dʼexport conferma tale tendenza positiva. Il 31% delle imprese svizzere intervistate ha infatti dichiarato di voler esportare in Cina entro la fine dellʼanno.

Seguendo costantemente i temi d’attualità, anche il Servizio Export della Cc-Ti, in collaborazione con S-GE, dedicherà nel corso del 2018 un evento-Paese dedicato alla Cina, dove si darà la possibilità alle aziende ticinesi di ascoltare informazioni di prima mano grazie agli interventi di esperti. Maggiori dettagli in merito seguiranno su queste pagine e nei portali online.

Valutazione delle Regioni: ASEAN al vertice

Nello studio del KOF, i mercati dʼesportazione principali sono stati valutati non soltanto sulla base dei singoli Paesi, ma anche a livello regionale. Nel ranking regionale i Paesi asiatici della Regione ASEAN (Filippine, Indonesia, Vietnam, Singapore, Malesia, Myanmar, Laos, Thailandia, Brunei, Cambogia) si situano al primo posto. La regione ASEAN è seguita dagli Stati del Golfo (Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti) e dai Paesi del Benelux (Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo).

 

Marco Passalia, vice direttore e responsabile Servizio Export Cc-Ti

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana

Lo studio

Lo studio sui principali mercati dʼesportazione è stato realizzato da Switzerland Global Enterprise in collaborazione con il centro di ricerca congiunturale (KOF) del Politecnico federale di Zurigo. Nella classifica sono stati valutati 107 Paesi. Trai i 15 criteri si annoverano le dimensioni del mercato, la crescita del mercato degli ultimi anni (2010-2016), le prospettive di crescita del mercato (2017-2021), il volume di esportazione, nonché il potenziale di mercato. La classifica offre alle PMI svizzere unʼampia analisi su vari mercati dʼesportazione e serve come orientamento.

Export a gonfie vele

Continua con il vento in poppa l’andamento positivo dell’export svizzero. I recenti dati dell’Amministrazione federale delle dogane (AFD) dimostrano infatti che il terzo trimestre del 2017 è stato dinamico: le esportazioni si sono attestate a 54,0 miliardi di franchi, il 2,5% in più dello stesso periodo dell’anno precedente, tenuto conto delle correzioni per i diversi giorni lavorativi. Dal fronte delle importazioni si segnala un +7,4% corrispondente a 45,4 miliardi. In termini reali – ovvero con i valori corretti in base all’evoluzione dei prezzi sulla base di valori medi – la progressione è rispettivamente dell’1,4% (export) e dell’1,6% (import). Il saldo della bilancia commerciale è sceso da 10,3 a 8,5 miliardi. Si conferma quindi la tendenza favorevole che si osserva dall’inizio dell’anno e che è proseguita fra luglio e fine settembre, seppur a un ritmo meno sostenuto.

I settori trainanti sono quelli dei metalli (5,6%), dei veicoli (+5,4%) nonché il settore orologiero (5,6%) che continua la sua ripresa dove aver vissuto mesi difficili all’insegna della negatività.  Sono arretrati invece i gioielli (-17%) e la carta (-2%). L’Asia rimane il continente con il quale la Svizzera ha un maggior interesse di esportazione (7%), in particolare Singapore si è dimostrato molto dinamico registrando un 41% nel solo settore della chimico-farmaceutica. Altre cifre particolarmente positive relative ai singoli Paesi possono essere osservate a Hong Kong (+19%) e in Cina (+14%), Germania (+3%), India (+6%), Italia (+6%) e Russia (+31%).

Per quanto concerne il solo mese di settembre, le esportazioni hanno registrato una certa stagnazione. La causa è principalmente da imputare al calo delle vendite di prodotti chimici e farmaceutici negli Stati Uniti che ha fatto peggiorare i risultati. Contrariamente alla performance del mese di agosto, le importazioni hanno continuato a progredire (10%)

Il 2018 all’insegna della crescita

Secondo il recente sondaggio di Switzerland Global Enterprise (S-GE) sul clima dʼexport, le previsioni per l’ultima parte del 2017 indicano che l’anno continuerà ––con questo trend positivo. Le PMI svizzere esportatrici guardano al futuro con grande ottimismo. Circa il 60% di tutte le piccole medie imprese prevede infatti, anche nel 4° trimestre 2017, un aumento delle esportazioni. Nel 2018, la metà di tali PMI pianifica inoltre un’espansione allʼestero. Il barometro delle esportazioni di Credit Suisse rileva nuovamente un’ampia fase di crescita. Nei prossimi mesi lo sviluppo dell’export dovrebbe quindi potenziarsi ulteriormente. Ad influire maggiormente su di esso sono gli effetti positivi della valuta. Infatti, oltre la metà delle imprese intervistate registra una crescita dei margini grazie all’andamento del cambio.

A margine della presentazione del sondaggio di S-GE e Credit Suisse, Sascha Jucker, economista presso Credit Suisse, ha inoltre affermato che “recentemente, nel comparto industriale dei due principali mercati di vendita, quello tedesco e statunitense, si è ulteriormente rafforzato il clima positivo. In tal senso, i valori delle PMI (Purchasing Mangagers Index) in entrambi i mercati superano l’elevata soglia dei 60 punti”. “Il clima dellʼexport è molto positivo – gli ha fatto eco Alberto Silini, responsabile Consulenza presso Switzerland Global Enterprise (S-GE) – “in particolare lo sono le prospettive e margini più alti, che permettono di operare nuovamente maggiori investimenti. I beni e servizi svizzeri sono molto richiesti allʼestero. Le PMI che prevedono di avviare unʼattività di export, oppure di accedere a nuovi mercati, devono cogliere ora quest’opportunità, che si presenta nel momento ideale”.

Marco Passalia, vice direttore e responsabile Servizio Export Cc-Ti

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana

Il servizio Export della Cc-Ti e S-GE sono a vostra disposizione per consulenze in ambito di esportazioni. Contatti email: Cc-Ti e S-GE

Forte intesa tra la Regione di Almaty e il Ticino

Dal 10 al 12 ottobre è stata ricevuta in Ticino una delegazione della Regione di Almaty, guidata dal Governatore della regione, Amandyk Batalov. La folta delegazione, composta da rappresentanti istituzionali, accademici ed imprenditori kazaki, era accompagnata dall’Ambasciatrice del Kazakistan in Svizzera, Zhanar Aitzhanova, e da Maxat Suleimenov, Consigliere dell’Ambasciata.

La visita fa seguito alla firma del memorandum d’intesa tra Cantone e la Regione di Almaty, avvenuta lo scorso 11 agosto ad Astana e si inserisce nel contesto di sviluppo delle relazioni tra Ticino e Kazakistan.

L’intenso programma prevedeva degli incontri istituzionali e dei momenti dedicati all’economia ticinese. Il 10 ottobre la delegazione è stata ricevuta dal Sindaco della Città di Lugano, Marco Borradori, il quale ha sottolineato gli ottimi rapporti tra la Città di Lugano e il Kazakistan. In seguito, la delegazione ha avuto modo di recarsi al centro culturale LAC, ormai divenuto luogo di visita obbligatorio per le delegazioni straniere in visita sul Lago Ceresio. Il giorno seguente gli ospiti kazaki si sono recati a Bellinzona e, dopo una visita della città e dei celebri castelli, hanno potuto incontrare il Governo ticinese, rappresentato dal Presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli e dal Consigliere di Stato Christian Vitta, accompagnati dal Cancelliere dello Stato Arnoldo Coduri e dal Delegato per le relazioni esterne Francesco Quattrini.

Per quanto riguarda la parte economica del programma, la delegazione era particolarmente interessata ad avere degli scambi concernenti i settori chiave per la loro regione, come le energie rinnovabili, il turismo e il settore alimentare (in maniera specifica la produzione di alimenti). La Cc-Ti, tenendo conto di queste aree di interesse, ha organizzato dapprima un incontro con aziende locali in cui sono stati presentati i settori forti dell’economia ticinese, con un accento su quello del turismo, grazie agli interventi di Lorenzo Pianezzi, Presidente di hotelleriesuisse, e di Veronica Lafranchi, Country Manager Overseas di Ticino Turismo. Durante l’incontro, il Governatore della Regione di Almaty ha sottolineato la posizione chiave che occupa la regione dal punto di vista geografico. Il territorio è situato in effetti al crocevia tra Europa e Asia ed è un punto di accesso privilegiato verso altri mercati interessanti, come la Cina, l’India o ancora la Corea del Sud.

La delegazione era particolarmente interessata ad avere degli scambi concernenti i settori chiave per la loro regione, come le energie rinnovabili, il turismo e il settore alimentare (in maniera specifica la produzione di alimenti).

La delegazione ha inoltre avuto la possibilità di assistere alla presentazione di alcune aziende e di poterle visitare. L’ingegnere Paolo Selldorf, Caposettore comunicazione e sensibilizzazione dell’Azienda Cantonale dei Rifiuti, ha tenuto un’interessante presentazione sullo stabilimento di Giubiasco. La delegazione si è mostrata estremamente interessata al tema dello smaltimento dei rifiuti, molto attuale in questo momento in Kazakistan. In seguito, Alessandra Alberti, Direttrice di Chocolat Stella, ha presentato la sua azienda e ha accompagnato personalmente la delegazione a visitare la produzione di cioccolato. La delegazione si è infine recata a Quartino per una visita di ABB e ha incontrato il Direttore dello Stabilimento, Michele Sargenti.

A chiudere il programma, la visita presso il complesso sciistico di Airolo, allo scopo di approfondire le potenzialità di una cooperazione tra il resort leventinese e altre simili strutture di sport invernali presenti nella Regione di Almaty.

Per la Cc-Ti è stato importante accogliere questa delegazione, in quanto già da diversi anni ha posto il Kazakistan fra le sue priorità. Le relazioni tra i due paesi sono eccellenti e si auspica di continuare a rafforzare l’intesa tra Ticino e Kazakistan. La Cc-Ti prevede infatti di organizzare a breve una nuova missione nel paese euroasiatico.

Dove esportare i propri prodotti?

In una discussione da bar o in un incontro informale tra amici, più di una volta ci è capitato di sentire commenti più o meno vaghi su uno o l’altro mercato quale opportunità di sbocco per esportare prodotti. Dove esportare dunque con maggiori probabilità di successo? Domanda molto generale a cui si può rispondere solo in maniera altrettanto generica. Evidentemente ogni prodotto ha le proprie peculiarità ed ogni mercato ha le proprie regole. Inoltre, come principio generale si potrebbe anche affermare che è più facile esportare nei Paesi limitrofi (per evidenti motivi di spostamento e di trasporto) ma anche verso quei mercati dove riesce più facile comunicare (nella lingua del posto o in inglese) e fare affari.

Detto ciò, senza nessuna pretesa di esaustività e ricordando che prima di muoversi all’estero è essenziale eseguire una precisa ricerca di mercato, ci spingiamo un po’ oltre le nostre consuetudini nel fornire informazioni, proponendo alcuni mercati particolarmente interessanti in questo momento (fine 2017):

  • In Germania i consumi privati rimangono un fattore chiave della crescita, sostenuti da un incremento del potere d’acquisto delle famiglie e da un calo della disoccupazione. L’industria automobilistica rappresenta il settore più importante del comparto manifatturiero tedesco e al suo interno, in un’ottica di continua innovazione, il segmento della subfornitura è interessato a incrementare le collaborazioni con partner internazionali. Il settore sanitario è sotto pressione a causa dei mutamenti demografici e prodotti medicali, dentali e farmaceutici innovativi sono sempre più richiesti.
  • La Nigeria è il paese più grande d’Africa e grazie all’elevato tasso di crescita demografica, la nazione passerà dagli attuali 200 milioni di abitanti a 400 milioni entro il 2030-35. Inoltre, con un PIL che oscilla tra i 400 e i 600 miliardi di dollari negli ultimi quattro anni, è diventata la prima economia d’Africa, spodestando il Sudafrica. Il Paese presenta un grande deficit energetico: la capacità di produzione di energia elettrica è ben inferiore al fabbisogno e le reti di distribuzioni devono essere rafforzate. Il governo presta particolare attenzione alle energie rinnovabili. La classe media in crescita richiede attrezzature ospedaliere, prodotti farmaceutici ma anche prodotti cosmetici e, più in generale, prodotti di consumo di elevata qualità.
  • Negli ultimi 15-20 anni, la Colombia ha subito profondi cambiamenti passando progressivamente dal controllo statale al libero mercato. La forte crescita della classe media e il conseguente incremento della richiesta di prodotti di qualità aprono numerose nicchie di mercato per i beni di consumo superiori. La quarta generazione di concessioni viarie, l’ambizioso “Piano 4G” del Ministero dei trasporti, prevede l’ammodernamento e la costruzione di nuove infrastrutture per una maggiore efficienza del sistema stradale colombiano: interventi su strade, ponti, tunnel sono una priorità, così come la creazione di nuovi collegamenti, non solo stradali ma anche ferroviari e lo sviluppo e l’espansione di porti e aeroporti.
  • In India negli ultimi anni il Governo Modi ha lanciato una serie di piani industriali, principalmente volti a colmare il deficit energetico ed infrastrutturale del Paese. La crescita economica e demografica ha determinato un incremento del fabbisogno energetico e in questo contesto il Governo ha individuato il settore delle energie rinnovabili come comparto chiave per promuovere una crescita sostenibile. Il Paese ha inoltre dato il via a imponenti progetti di sviluppo di una buona parte del sistema infrastrutturale tra cui il Corridoio Industriale Delhi-Mumbai che dà vita a varie Smart Cities e l’ammodernamento della sua immensa rete ferroviaria.

 

Marco Passalia, vice direttore e responsabile Servizio Export Cc-Ti

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana

Il servizio Export della Cc-Ti e S-GE sono a vostra disposizione per consulenze in ambito di esportazioni. Contatti email: Cc-Ti e S-GE

Pasticcio di primi passi all’esportazione: la nostra ricetta

Nell’attività di consulenza all’internazionalizzazione abbiamo a che fare con aziende molto differenti tra loro. Le richieste di consulenza sono estremamente eterogenee e quindi di proposito in questo articolo intendiamo soffermarci sulle aziende che per la prima volta si affacciano ai mercati esteri.

A più riprese in passato abbiamo cercato di fornire una chiara spiegazione degli attori in gioco e delle tessere da incastrare in un qualsivoglia processo di internazionalizzazione. Abbiamo inoltre introdotto il concetto delle 6 P dell’export mix (Paese, Prodotto, Procedure, Prospezione, Partner e Protezione), che mostra chi e cosa tenere in considerazione per il processo di internazionalizzazione. Tuttavia, non abbiamo mai veramente concentrato l’attenzione sulla ricetta per vendere i propri prodotti e servizi all’estero. Una ricetta scritta in più di un decennio di esperienza di accompagnamento all’estero di aziende ticinesi. Come ogni cuoco che si rispetti, la ricetta varia da persona a persona e quindi, senza presunzione di completezza, ci permettiamo di fornire qualche dritta su come muovere i primi passi verso l’estero:

  • Identifica un mercato: per scegliere un mercato e vagliare le opportunità commerciali, puoi sicuramente fare ricerche sul web, rivolgerti ad istituzioni ufficiali e anche ai tuoi contatti personali. Tuttavia, una ricerca di mercato seria e dettagliata va condotta da addetti ai lavori di comprovata esperienza, quali ad esempio S-GE.  Per questa tipologia di analisi puoi anche usufruire di contributi pubblici cantonali.
  • Crea e trova contatti: una volta individuato un Paese di sbocco, cerca in loco dei partner di comprovata fiducia ed affidabilità. S-GE ti dà una mano e il Cantone sostiene in parte queste ricerche. Una volta trovati i giusti partner è importante vincolarsi contrattualmente, fatti consigliare da Cc-Ti e S-GE.
  • Fai la valigia e parti: navigando sul web e parlando al telefono puoi ottenere molte informazioni, ma la cosa migliore è viaggiare nel Paese, magari in concomitanza con fiere settoriali in modo da combinare la conoscenza territoriale con una analisi di mercato personale e diretta, seppur semplice e limitata. Cc-Ti e S-GE organizzano regolarmente missioni commerciali all’estero che hanno proprio questa finalità. Inoltre, S-GE allestisce anche degli SWISS Pavilion e l’autorità cantonale supporta finanziariamente la partecipazione a fiere internazionali.
  • Promozione e marketing: essere sul web tramite un sito aziendale o un social network professionale è utile. Avere biglietti da visita nella lingua del posto o presentazioni aziendali ad hoc è importante. Ancor meglio se questi ed altri strumenti sono calibrati in funzione del Paese di sbocco. Su questi temi Cc-Ti e S-GE organizzano regolarmente seminari e momenti informativi.
  • Fatti aiutare: numerosi enti pubblici e privati hanno a che fare con i mercati esteri, ma poche entità (ad esempio Cc-Ti e S-GE) hanno una visione a 360 gradi sul processo di esportazione. Non esitare a chiedere e ad approfondire: meglio diventare rossi prima che bianchi dopo.
  • Dedicati al progetto: decidere di esportare non è abbastanza. Occorre dedicare persone, tempo e risorse ad un progetto ben definito. Se ti manca convinzione e determinazione, non lanciarti in quest’avventura. Durante gli eventi Paese organizzati da Cc-Ti in collaborazione con S-GE, ma anche sulla rivista Ticino Business vi sono sistematicamente testimonianze aziendali utili
  • Adattati al mercato: le analisi di mercato, il contatto con i tuoi partner in loco, ma anche le stesse tue percezioni personali possono farti capire che il tuo prodotto potrebbe dover subire degli adattamenti per riuscire a penetrare il mercato. Ricordati: sei tu che devi adattarti al mercato e non viceversa.

Marco Passalia,

Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana

Il servizio Export della Cc-Ti e S-GE sono a vostra disposizione per consulenze in ambito di esportazioni. Contatti email: Cc-Ti e S-GE

Conoscere meglio le disposizioni legali sulla Swissness

Il 1° gennaio di quest’anno è entrata in vigore la nuova Legge Federale che regola lo “swiss made”, la cosiddetta Swissness. Abbiamo riassunto alcuni dettagli utili inerenti questa normativa.

L’obiettivo della Swissness, nell’ambito della Legge federale sulla protezione dei marchi e delle indicazioni di provenienza (Legge sulla protezione dei marchi, LPM), entrata in vigore il primo gennaio scorso, era quello di consolidare il valore della designazione “svizzera” nel contesto dei mercati internazionali, dato che tale designazione è importante per la vendita di prodotti e servizi elvetici.

Nel settembre 2015 il Consiglio Federale ha adottato la Swissness, che è poi entrata in vigore ad inizio 2017. I nuovi criteri puntano sul miglioramento dell’indicazione di provenienza «Svizzera» e della croce svizzera a livello nazionale e agevolano l’attuazione del diritto all’estero. Il tutto ha un duplice intento: preservare il valore della Swissness e combatterne gli abusi.

Il valore economico della Swissness è innegabile e molto elevato, portando numerosi vantaggi competitivi alle aziende che ne fanno uso, occorreva però una chiara normativa che ne regolasse l’uso e prevenisse gli abusi, sia in ambito nazionale che internazionale. Si devono dunque rispettare vari criteri legati alla provenienza di prodotti e servizi, così come l’uso della croce svizzera. La legge prevede dei criteri precisi per determinare la natura svizzera di un prodotto o servizio elvetico. Questi criteri regolano non solo l’uso di un’indicazione di provenienza sull’imballaggio di un prodotto, o per un servizio, ma valgono in egual misura per l’ambito della pubblicità.

Per i prodotti industriali 2 condizioni cumulative devono essere adempiute per poter utilizzare lo “Swiss Made”: almeno il 60% del costo totale deve essere generato in Svizzera e l’attività che ha dato al prodotto le sue caratteristiche essenziali deve svolgersi in Svizzera (ad esempio l’assemblaggio di un macchinario). Nel calcolo dei costi totali occorre tener conto anche dei costi relativi alla ricerca e sviluppo.

Si punta al miglioramento dell’indicazione di provenienza «Svizzera» e della croce svizzera a livello nazionale, agevolando l’attuazione del diritto all’estero.

Per le derrate alimentari, sono 2 le condizioni cumulative che devono essere adempiute: almeno l’80% del peso delle materie prime o degli ingredienti che le compongono devono provenire dalla Svizzera. Per il latte ed i prodotti lattieri questa proporzione arriva fino al 100% e la trasformazione che ha conferito al prodotto le sue caratteristiche essenziali deve svolgersi in Svizzera (ad esempio la trasformazione del latte in formaggio). La legislazione prevede diverse eccezioni al criterio dell’80%, al fine di tener conto delle realtà di cui devono tenere le industrie trasformando le materie prime, che spesso non sono reperibili in Svizzera. Per le prestazioni di servizio, la sede dell’azienda deve essere in Svizzera e la società deve essere realmente amministrata dalla Svizzera. Attenzione a non confondere le regole della “Swissness” (basate sulla proprietà intellettuale) e le regole sull’origine della merce (diritto doganale). Si tratta di regole diverse, i cui criteri non collimano.

Utilizzo della croce svizzera

La croce svizzera può essere utilizzata, come era in passato, per i servizi svizzeri, e anche per i prodotti svizzeri, a condizione ovviamente che rispettino tutte le condizioni legali.

Domande in merito a questo tema? Vi segnaliamo innanzitutto il recente dossier tematico dedicato alla Swissness.
Potete sempre contattarci per informazioni sull’applicazione della normativa “Swissness”: Tel. +41 91 911 51 11, info@cc-ti.ch

Esportazioni record nel primo semestre del 2017

di Monica Zurfluh, responsabile S-GE per la Svizzera italiana e Marco Passalia, vice direttore e responsabile Export Cc-Ti

Il commercio con l’estero continua ad essere il fiore all’occhiello dell’economia elvetica. Ne sono la dimostrazione le statistiche divulgate dall’Amministrazione federale delle dogane relative ai primi sei mesi di quest’anno.

La prima metà del 2017 ha fatto segnare un notevole progresso sia nel campo delle esportazioni (+ 4,4%) sia in quello delle importazioni (+ 4,8%). Mentre le prime toccano un livello record, le importazioni fanno registrare il più alto valore degli ultimi 8 anni. In ambedue le direzioni di traffico i prodotti chimici e farmaceutici hanno contribuito considerevolmente alla crescita globale. La bilancia commerciale chiude con un surplus di 19 miliardi di franchi.

Gli Stati Uniti trascinano i mercati

In esportazione, l’evoluzione positiva è stata segnata nei tre principali mercati. In particolare nell’America del Nord, gli Stati Uniti hanno avuto un balzo del 7% e l’Asia ha progredito del 6%. Le vendite in questo continente hanno registrato 1.3 miliardi di franchi. Con una progressione di un quinto, le cifre d’affari con la Cina hanno raggiunto un nuovo record. Singapore e la Corea del Sud hanno anche marcato una crescita a due cifre mentre il Giappone si è, per così dire, limitato a un +9%. Il Medio Oriente è invece caduto nelle cifre rosse con un -16%. Il continente europeo si è limitato a un +4%, di cui le nazioni più performanti sono state la Germania (+7%), imitata dal Belgio (+9%), seguite da Austria e Italia (+5%).

L’evoluzione positiva è stata segnata nei tre principali mercati. In particolare nell’America del Nord, gli Stati Uniti hanno avuto un balzo del 7% e l’Asia ha progredito del 6%.

Pioggia di primati per le esportazioni

Nel primo semestre del 2017 la crescita delle esportazioni è stata registrata per i due terzi dai prodotti chimico-farmaceutici. Questi ultimi hanno infatti segnato un +7% raggiungendo un livello storico. Gli altri settori trainanti dell’export, ovvero quello delle macchine e dell’elettronica, come anche l’orologeria, hanno avuto una stagnazione. Dopo però tre mesi di cifre negative, gli orologi svizzeri sono riusciti a fermare l’emorragia che li attanagliava da mesi.

L’orologeria sembra uscire dalla spirale negativa

Come indica anche la Federazione dell’industria orologiera svizzera (FH) in un comunicato stampa sui dati del primo semestre dell’anno, dopo mesi difficili, il settore si è progressivamente adattato al nuovo contesto nel quale dovrà evolvere. Le conseguenze negative sui mercati hanno in effetti fatto spazio a un re-indirizzamento, che si è già tramutato in una netta ripresa. Se le esportazioni orologiere svizzere non mostrano dappertutto il medesimo dinamismo, globalmente s’iscrivono in una tendenza stabile che mostra la fine di un periodo negativo. Secondo la FH, tale stabilità non sarà però attesa prima della fine dell’anno.

Durante i primi sei mesi del 2017, le esportazioni di orologi si sono attestate a 9.5 miliardi di franchi. Paragonando i risultati dello stesso periodo con l’anno precedente, vi è stata una leggera variazione del +0.1%. La Cina e il Regno Unito sono i Paesi che hanno trainato in positivo le cifre e che hanno giocato un ruolo fondamentale in questa evoluzione.

Sempre secondo la Federazione svizzera dell’orologeria, con un buon secondo trimestre (+3%), l’obiettivo per l’anno 2017 è così già raggiunto. La situazione resta comunque fragile localmente. Gli Stati Uniti non hanno preso parte alle cifre positive e alcuni mercati europei o asiatici sono ancora sotto stretta osservazione. La previsione per il 2017 resta dunque prudente, ma cela un certo ottimismo.

Pioggia di primati per le esportazioni

Nel primo semestre del 2017 la crescita delle esportazioni è stata registrata per i due terzi dai prodotti chimico-farmaceutici. Questi ultimi hanno infatti segnato un +7% raggiungendo un livello storico. Gli altri settori trainanti dell’export, ovvero quello delle macchine e dell’elettronica, come anche l’orologeria, hanno avuto una stagnazione. Dopo però tre mesi di cifre negative, gli orologi svizzeri sono riusciti a fermare l’emorragia che li attanagliava da mesi.

L’orologeria sembra uscire dalla spirale negativa

Come indica anche la Federazione dell’industria orologiera svizzera (FH) in un comunicato stampa sui dati del primo semestre dell’anno, dopo mesi difficili, il settore si è progressivamente adattato al nuovo contesto nel quale dovrà evolvere. Le conseguenze negative sui mercati hanno in effetti fatto spazio a un re-indirizzamento, che si è già tramutato in una netta ripresa. Se le esportazioni orologiere svizzere non mostrano dappertutto il medesimo dinamismo, globalmente s’iscrivono in una tendenza stabile che mostra la fine di un periodo negativo. Secondo la FH, tale stabilità non sarà però attesa prima della fine dell’anno.

Durante i primi sei mesi del 2017, le esportazioni di orologi si sono attestate a 9.5 miliardi di franchi. Paragonando i risultati dello stesso periodo con l’anno precedente, vi è stata una leggera variazione del +0.1%. La Cina e il Regno Unito sono i Paesi che hanno trainato in positivo le cifre e che hanno giocato un ruolo fondamentale in questa evoluzione.

Sempre secondo la Federazione svizzera dell’orologeria, con un buon secondo trimestre (+3%), l’obiettivo per l’anno 2017 è così già raggiunto. La situazione resta comunque fragile localmente. Gli Stati Uniti non hanno preso parte alle cifre positive e alcuni mercati europei o asiatici sono ancora sotto stretta osservazione. La previsione per il 2017 resta dunque prudente, ma cela un certo ottimismo.

L’economia non cresce all’ombra dei muri ma solo con il libero commercio

a cura di Alessio Del Grande

Vi riproponiamo un articolo che sottolinea l’importanza del libero mercato quale elemento imprescindibile per garantire il benessere ed il successo della nostra economia. Questo concetto è stato chiarito a più riprese dalla Cc-Ti. Vi ricordiamo che qui potete leggere i diversi approfondimenti di un dossier dedicato al tema, già pubblicato su Ticino Business di aprile 2017.

Dalle Americhe all’Europa, dall’Asia all’Africa, negli ultimi sedici anni gli Stati hanno costruito 28mila chilometri di muri (il doppio del diametro della terra) per difendere i loro confini dalle ondate dei migranti o da altre minacce vere o presunte che siano. Nello stesso tempo molti governi hanno istituito dazi, barriere doganali o restrizioni varie al libero commercio per proteggere le loro economie. Negli Stati Uniti, sono state introdotte, dal 2008 ad oggi, ben 1084 misure protezionistiche, in media un provvedimento ogni quattro giorni; in Russia 488; in Argentina 328; nel Regno Unito 252; in Germania 236; in Italia 207; in Francia 202. Neanche le grandi economie emergenti si sono sottratte alla frenesia neo protezionistica con l’India e la Cina che hanno adottato rispettivamente 588 e 200 misure che limitano il libero commercio. Non per nulla dalla dichiarazione finale del G20, che si è tenuto a Baden nel marzo scorso, è persino scomparsa la tradizionale dichiarazione d’impegno nella lotta al protezionismo. Sembra così cadere nel vuoto l’appello del World Ecomic Forum, secondo cui il dimezzamento delle attuali barriere doganali aumenterebbe il commercio mondiale del 15% e il Pil globale del 5% con grandi benefici per tutti i paesi e le loro popolazioni. Paradossalmente questa stretta contro il libero scambio è avvenuta proprio nel momento in cui la connettività globale, con la costruzione di grandi collegamenti stradali interstatali, di nuovi porti e aeroporti, pipeline, elettrodotti e cablaggi sottomarini per internet, che si estendono da un continente all’altro, ha ridisegnato la geografia di un pianeta le cui economie nazionali sono sempre più interdipendenti. Sono queste grandi infrastrutture, più che le vecchie mappe con confini politici e i proclami isolazionistici di alcuni governi, a dirci in che direzione sta andando veramente il mondo. È la nascente “civiltà dei network globali” – come la definisce l’economista e analista geopolitico Parag Khanna, nel suo saggio “Connectographi- le mappe del futuro ordine mondiale” – che darà un potente impulso al commercio internazionale su cui si svilupperà l’economia del ventunesimo secolo. “La rivoluzione della connettività globale è cominciata- ricorda Khanna-, già oggi la ragnatela planetaria delle infrastrutture include, calcolando per difetto, 64 milioni di chilometri di autostrade, 2 milioni di chilometri di oleodotti e gasdotti, 1,2 milioni di chilometri di ferrovie, 750mila chilometri di cavi internet sottomarini che collegano i tanti centri nevralgici, per popolazione ed economia, del mondo. Al contrario abbiamo solo 250mila chilometri di confini internazionali. E secondo alcune stime l’umanità costruirà più infrastrutture nei prossimi quarant’anni che nei quattromila passati”.

L’espansione del commercio internazionale porta benefici per tutti.

Insomma, il mondo reale dell’economia si va riconfigurando per facilitare i crescenti flussi di materie prime, di persone, merci, capitali, idee e dati. Una trasformazione epocale che sta avvenendo sotto i nostri occhi che va seguita con attenzione, come giustamente ha fatto la nostra Camera di commercio proponendo, il 23 marzo scorso, con la Giornata dell’Export 2017, una riflessione ad ampio raggio sul tema “EU-economy: geopolitics impact on business”, di cui potete ritrovare qui l’approfondimento (e la puntata di Zoom, andata in onda su Teleticino). “La prossima ondata di mega infrastrutture transcontinentali e intercontinentali – osserva l’economista – sarà ancora più ambiziosa: un’autostrada interoceanica attraverso l’Amazzonia, da San Paolo al porto peruviano di San Juan de Marcona sul Pacifico; ponti che collegheranno la Penisola Arabica all’Africa; un tunnel dalla Siberia all’Alaska; cavi sottomarini che attraverseranno il Polo Nord , posati sul fondale artico, connetteranno Londra a Tokyo; reti elettriche capaci di trasferire l’energia solare dal Sahara all’Europa. L’enclave britannica di Gibilterra sarà l’ingresso di una galleria che, sotto il Mediterraneo, arriverà a Tangeri, in Marocco, da dove una nuova ferrovia ad alta velocità si estenderà lungo la costa fino a Casablanca”. È con la costruzione di queste grandi reti infrastrutturali, che vede protagonisti grandi gruppi privati o partnership tra agenzie interstatali e privati, con un ruolo preponderante della Cina, che si va consolidando il mondo delle supply chain, ovvero le filiere economiche transnazionali che rappresentano le nuove catene del valore per la crescita di ogni paese. “Un ecosistema completo e complesso di produttori, venditori e consumatori che trasformeranno materiale grezzo (dalle risorse naturali alle idee) in beni e servizi, erogati alla gente in qualsiasi parte del mondo” scrive Khanna. Un ecosistema che renderà ancora più rapido e agevole in ogni angolo del mondo l’incontro tra domanda e offerta. È la concretizzazione su scala planetaria della teoria dei vantaggi comparati di David Ricardo, che vedeva nell’espansione del commercio internazionale grandi benefici per tutti. Difatti, con l’apertura dei mercati ogni Paese si specializza in quelle produzioni dove ha più vantaggi rispetto agli altri, ne conseguono un aumento della produttività, una riduzione dei costi e la possibilità di acquistare a prezzi più convenienti merci e servizi da chi li produce più a buon mercato. Con vantaggi finali non indifferenti anche per tutti i consumatori.

La rivoluzione della connettività globale impone un radicale ripensamento del concetto di confine.

È questo il planisfero reticolare delle supply chain, in cui si intrecciano e si sovrappongono vecchi e inediti flussi commerciali, che fa assomigliare la Terra alla grande rete di internet. Un mondo dove “l’offerta di tutto può incontrare domanda di tutto”, che avrà nell’economia digitale (tema principale dell’edizione di marzo di Ticino Business, di cui potete leggere gli approfondimenti cliccando su questo link) la sua interfaccia planetaria. Ma la rivoluzione della connettività globale impone un radicale ripensamento del concetto di confine e della vecchia geografia politica tratteggiata dalla sovranità statuale. Già oggi trecento cavi internet sotto gli oceani avvalgono la Terra in una rete attraverso cui passa il 99% di tutto il traffico intercontinentale di dati. Un flusso incessante di notizie e di informazioni sulla produzione di beni e servizi, sulla loro distribuzione, sulle attività finanziarie, su consumi, servizi, gusti, tendenze, idee, innovazioni, sui flussi di merci e persone. Un’ingente massa di dati che cresce ogni hanno del 40%, che viene immagazzinata, strutturata e rielaborata, diventando la materia prima vitale nella ridefinizione delle strategie aziendali, nella gestione innovativa dei servizi collettivi, si pensi solo ai trasporti o all’assistenza sanitaria, così come per la produzione-fruizione di beni immateriali, dalla cultura all’intrattenimento. Ecco bisogna pensare anche a tutto questo quando in Svizzera, ma in particolare nel nostro cantone, si insiste sulla necessità di garantire un accesso capillare ai servizi di banda ultra larga per internet su tutto il territorio nazionale. A metà marzo il Consiglio nazionale ha approvato un’iniziativa cantonale ticinese che va in questa direzione. Un primo e importante passo avanti, visto il peso che vanno acquistando le tecnologie digitali per tutta l’economia svizzera.