Se questa è politica
Vi proponiamo l’opinione di Michele Rossi, Delegato alle Relazioni esterne Cc-Ti e candidato PPD al Consiglio di Stato

Lo scorso 27 gennaio Lugano ha celebrato il giorno della memoria con la messa in scena dell’opera teatrale “Destinatario sconosciuto”, tratta dal romanzo omonimo di Katherine Kressmann-Taylor. È una pièce di breve durata, essenziale, pungente, che mette in risalto in modo spaventosamente lucido il degrado della società tedesca che negli anni ’30 ha poi permesso l’ascesa al potere di Hitler in una società all’interno della quale le garanzie offerte da un sistema democratico, dalle istituzioni e dalla legge, sono progressivamente diminuite e per alcuni gruppi di persone, come purtroppo sappiamo, sono scomparse del tutto. Il risultato fu quello di una società volutamente spaccata, in cui i capibranco canalizzavano le rabbie e le frustrazioni della gente già provata da una gravissima crisi economica, verso presunti nemici e colpevoli designati a priori. Questa società della rabbia e della frustrazione indotte, ha generato il peggior disastro che la storia dell’uomo abbia mai conosciuto. Ed è quindi giusto ricordare a tutti e regolarmente, che queste cose sono successe davvero e che senza le dovute precauzioni, potrebbero anche ripetersi.
Una delle precauzioni più efficaci contro il possibile degrado di una collettività è lo stato di diritto: una conquista fondamentale della nostra società. Rappresenta l’alternativa all’esercizio arbitrario del potere. Protegge tutti noi da chi comanda. Mette dei limiti agli abusi. Permette di accedere ai tribunali per chiedere protezione. Garantisce la stabilità e la prevedibilità della nostra organizzazione. Nel nostro sistema la Costituzione federale all’articolo 5 recita in modo inequivocabile “Il diritto è fondamento e limite dell’attività dello Stato”. Non può esserci stato fuori dalla legge. Detto così sembra quasi scontato. La nostra generazione è nata e vive in uno stato di diritto e non ha conosciuto altri sistemi. Sistemi tristemente alternativi che però sono esistiti, anche nel mondo occidentale (basta leggere i libri di storia) e attualmente esistono e danno mostra di sé, in altri continenti.
In queste settimane alcuni politici ticinesi si sono occupati pubblicamente di questioni giudiziarie. Mi riferisco al caso del terrorista Lojacono Baragiola e dell’ex funzionario cantonale condannato per reati sessuali. Entrambi hanno commesso fatti gravissimi e assolutamente riprovevoli. Per questa ragione è giusto che nei loro confronti la legge venga applicata in tutta la sua severità. A volte la legge può, per vari motivi, sembrare non sufficiente. In tal caso, come hanno indicato alcuni politici, se ne può proporre una modifica, seguendo le procedure e i tempi previsti dal nostro ordinamento democratico. Questa, indubbiamente, è una via praticabile.
Altri per contro, sempre all’interno del mondo politico nostrano, hanno reagito denunciando la presunta inettitudine del nostro sistema giudiziario chiedendo l’adozione di provvedimenti immediati e non previsti dalla legge in vigore, ma di grande impatto mediatico. Proposte dettate dalle emozioni negative e dalla volontà di far presa sull’opinione pubblica. Ora, stiamo ben attenti a non scardinare un pilastro fondamentale del nostro vivere in comune. Non apriamo un lucchetto sapientemente ideato dalla nostra civiltà per evitare che l’inciviltà collettiva possa ripetersi oggi come allora. Lo stato di diritto serve a tutti. L’alternativa è il caos, con il degrado che ne consegue. Son cose che i più anziani tra di noi hanno già vissuto in passato. E non mi sembra che nonostante l’imminenza delle elezioni, le ricordino come un’alternativa valida..







Senza sorprese, almeno per chi conosce il nostro tessuto economico cantonale, i risultati che ne sono emersi sono nuovamente di segno positivo, come da diversi anni a questa parte. Le spiegazioni di questa situazione le diamo e le abbiamo date in esteso in altri contributi, per cui non intendo qui dilungarmi oltre. Conforta però il fatto che gli indicatori positivi e il quadro di stabilità che ne emerge siano frutto di una ferma volontà di investire sul territorio e di migliorare costantemente le competenze aziendali e la competitività sul mercato interno e su quelli esteri. Questo malgrado le note tensioni nel contesto internazionale e qualche rissa di troppo sul fronte interno. Di questo dovrebbero prendere atto tutti. Certo, il sistema non è perfetto, perché di sistemi perfetti non ne esistono ed è sacrosanto ragionare sui correttivi effettivamente necessari. Ma senza voler smontare un sistema che ha dimostrato di funzionare. Il fatto che emergano dati che ci pongono per esempio sul livello dell’Arco Lemanico, regione incontestabilmente dominante in termini di sviluppo economico, dovrebbe suggerire maggiore prudenza quando si parla del Ticino come di un cantone disastrato. In questa sede tengo però soprattutto a sottolineare come la Cc-Ti sia in prima linea per cercare di fornire alle aziende le informazioni e le formazioni (puntuali e di lunga durata) che permettano di reggere il confronto con un contesto di concorrenza sempre più agguerrita. Le risposte delle aziende in termini di sempre più assidua partecipazione alla vita camerale è la migliore testimonianza che la strada è quella giusta. Facilitare l’accesso a tutto quanto può far crescere le aziende in termini di competenze generali e specifiche resta il nostro obiettivo principale anche per i prossimi anni.



