Consultazione PD modifica scheda R7 – Poli di sviluppo economico

Presa di posizione ed osservazioni della Cc-Ti verso il Dipartimento del Territorio, all’attenzione della Sezione dello sviluppo territoriale, in relazione alla consultazione PD modifica scheda R7 – Poli di sviluppo economico.

In primo luogo teniamo ad evidenziare alcune perplessità in relazione alle riserve edificatorie da voi considerate per proporre un’ottimizzazione dello sfruttamento delle zone già esistenti. In effetti, seppur condivisibile a livello teorico, questo obiettivo non appare di facile e diretta attuazione. A nostro avviso non è infatti per nulla certo che questi spazi, teoricamente disponibili, possano davvero essere messi a disposizione dell’economia. Abbiamo seri dubbi circa la possibilità di mobilizzare le riserve teoriche, sia per quanto concerne i fondi liberi, quelli sotto sfruttati e gli edifici dismessi. L’economia si muove ad una sua velocità e non sempre le procedure amministrative sono in grado di seguire tempestivamente tali dinamiche. Anche perché le citate riserve serviranno ad ampliare attività già oggi esistenti.
In questa ottica chiediamo che, pur tenendo presente le riserve edificatorie, non vengano a priori esclusi futuri azzonamenti di altre ed ulteriori zone per il lavoro, oltre ai PSE già individuati. Solo in tal modo sarà possibile cogliere le occasioni e le opportunità che il futuro potrà offrirci (es. imminente apertura galleria Monte Ceneri, cooperazione  con  la “great zürich area”; …).

In secondo luogo, non possiamo non rilevare importanti criticità in relazione al rapporto tra pianificazione ed economia che emerge dai documenti in consultazione. Ci sembra infatti che la dinamica presentata sia capovolta rispetto ad una corretta trattazione del tema. In altre parole, dalla lettura della scheda, appare un’economia al servizio della pianificazione, dalla quale sembra dipendere per ottenere determinati aiuti statali. Ora, pur riconoscendo l’importanza di una corretta e rigorosa pianificazione del territorio, riteniamo che la medesima è, e rimane, uno strumento, non un fine a se stesso. Trattandosi di lavoro e di sviluppo economico, sono quindi questi gli scopi che vanno considerati nella pianificazione territoriale, non il contrario. In tale prospettiva contestiamo quindi che le singole imprese, per far capo agli strumenti di promozione economica, debbano obbligatoriamente muoversi all’interno delle regole pianificatorie decise dal PD. Anche perché un simile approccio, invece di promuovere la piazza economica ticinese, rappresenterebbe piuttosto un vincolo ed un ostacolo al nostro sviluppo. Non possiamo infatti escludere a priori che, nell’interesse del nostro Cantone, possano presentarsi situazioni non in linea con quanto indicato nella scheda, ma comunque degne di supporto da parte dell’ente pubblico.

In relazione all’indirizzo n. 3 (gestione attiva/”governance”) ci opponiamo pertanto, in linea con quanto sopra, a misure che non favoriscono l’attività economica ma che introducono condizioni inutilmente restrittive. Non possiamo assolutamente accettare, ad esempio, eventuali misure/condizioni che facciano riferimento al personale impiegato dalle aziende, o alle condizioni dei relativi impieghi. Tali limitazioni sarebbero infatti totalmente estranee a quanto una corretta pianificazione del territorio è chiamata a fare. Già nel contesto della Legge per l’innovazione economica, attraverso il relativo regolamento, esse si dimostrano problematiche perché poco atte a riconoscere il vero grado innovativo di un’azienda, essendo legate ad altri criteri come il numero di personale residente, ecc. Elementi certo degni di attenzione, ma chiaramente non adatti a giudicare la qualità intrinseca delle imprese e che sarebbe inutilmente penalizzante riprendere senza riserve anche nell’ambito pianificatorio. Pur riconoscendo che gli strumenti citati (politica regionale, innovazione economica, pianificazione del territorio, ecc.) debbano essere coordinati, ciò non significa che ci si debba genericamente basare su criteri popolari da un punto di vista politico ma non forzatamente legati alla qualità delle imprese. Il rischio di escludere aziende potenzialmente interessanti in termini di valore per il territorio (ricadute economiche in primis) sarebbe a nostro avviso troppo grande.

Analogamente a quanto precede sulla gestione attiva/governance delle zone industriali e artigianali, anche per quanto riguarda i PSE occorre essere molto attenti al rispetto della libertà economica e imprenditoriale quando si prevedono (obiettivo 2) dei criteri d’accesso, di permanenza e d’uscita dal comparto, con l’obiettivo di facilitare e accelerare l’insediamento di attività economiche interessanti (con grande potenzialità di crescita e che generano rilevanti ricadute economiche), come pure una governance riconosciuta dai principali portatori d’interessi, in primis comuni e proprietari fondiari (obiettivo 3).

La definizione di “attività economiche interessanti”, al di là del rischio di sconfinamento in una rigidità da economia pianificata, è esercizio delicato che, anche per i PSE, non può essere valutato solo sulla base di elementi che non forzatamente indicano la situazione dell’azienda e le sue possibilità di sviluppo. Ad esempio, un’attività è interessante solo perché utilizza pochi parcheggi ha o ha un numero di dipendenti stranieri inferiore ai residenti? Non per forza. Decidere a tavolino cosa sia interessante va maneggiato con molta cura e siamo contrari ad esempio al fatto che questo possa essere magari delegato a un “area manager”.

Qui si tocca anche il terzo obiettivo menzionato, ossia quello della governance. Questa figura, esistente in alcuni comparti come giustamente citato nelle spiegazioni della presente revisione, è senz’altro adatta per promuovere l’area, per essere di sostegno alle aziende presenti e quindi aiutare a coordinare le attività svolte, sostenendo ad esempio iniziative comuni (si può ipotizzare un ruolo attivo nella promozione di programmi di mobilità). Non possono però essere delegate a una figura del genere decisioni su chi possa essere ammesso all’area, risp. debba esserne escluso. La valutazione sulle situazioni aziendali è estremamente complessa se fatta seriamente e occorre comunque accettare che vi sia un certo margine di rischio, non essendo le dinamiche aziendali una scienza esatta prevedibile fino nei minimi dettagli sull’arco di più anni. Negare questo aspetto significa negare la libertà imprenditoriale che, per definizione, contempla la nozione di rischio, elemento imprescindibile dallo sviluppo. In altre parole, è giusto prevedere delle regole, ma esse devono poter essere applicate con sufficiente flessibilità per poter tenere conto delle varie situazioni aziendali e soprattutto condividendole con gli attori dell’economia che conoscono le dinamiche dei vari settori.

Infine c’è da chiedersi se nella scheda presentata non manchi una strategia attiva di vero e proprio sviluppo industriale, che tenga conto della reale disponibilità di aree concretamente utilizzabili, come ad esempio il comparto di Valera a Mendrisio. Si tratta di aree di grandi dimensioni, come quelle che in passato venivano definite “di interesse cantonale”. Sarebbe questo un modo di promuovere attivamente la piazza ticinese, tenendo conto di progetti che difficilmente potrebbero far capo alle riserve edificatorie, delle quali si è già detto.

Immutabilmente legati ai valori svizzeri

L’opinione del Direttore Cc-Ti Luca Albertoni

È già passato quasi un anno dalle celebrazioni dell’assemblea generale del centenario, in cui abbiamo ribadito la centralità per l’economia di valori fondamentali del sistema elvetico come la libertà economica, il principio di legalità, il rispetto della proprietà privata, ecc..

Il 2018 è continuato su questa linea, con la messa in evidenza delle molte caratteristiche positive del tessuto economico cantonale. Il che non significa negare che vi siano problemi da affrontare e da risolvere, ma ciò va fatto ragionando su cifre e fatti concreti, non solo su percezioni talvolta fuorvianti. Anche questo è “Swissness”.

Con gli associati e per gli associati

Il continuo progresso della nostra base di soci individuali (oltre 900) e associazioni di categoria (43) è la migliore testimonianza di fiducia verso il nostro operato, reso negli ultimi anni ancora più attento alle esigenze delle aziende, con un dialogo diretto e mirato e offerte formative e informative praticamente su misura. Quale associazione-mantello dell’economia ticinese percepiamo l’onore e l’onere del ruolo, votato completamente all’accompagnamento e al sostegno delle imprese. I profondi mutamenti in atto a livello mondiale impongono un’attenzione particolare verso temi come la trasformazione digitale e i nuovi modelli di business oppure il modo di fare impresa nel contesto sociale. E noi ci siamo.

Garantire la libertà economica

Senza questo pilastro fondamentale non vi è sviluppo né benessere. Che poi talvolta siano necessari limiti e correttivi può e deve essere oggetto di discussione. Ma non al punto da compromettere la possibilità di fare impresa, perché, contrariamente a quanto viene troppo spesso propagandato, libertà non significa anarchia. Chi abusa della libertà, imprese comprese, va sanzionato, ma senza penalizzare un intero sistema economico con “soluzioni” che funzionano benissimo solo negli slogan e non nell’applicazione pratica. Vegliare al rispetto di questo elementare principio è nell’interesse non solo delle imprese ma di tutti.

Un CCL per crescere

Nell’intervista a Flavio Franzi, Rappresentante ASIAT e membro dell’UP della Cc-Ti, facciamo il punto anche sull’introduzione del nuovo Contratto Collettivo di Lavoro settoriale (per studi d’ingegneria e di architettura).

In un settore in evoluzione quale quello degli studi d’ingegneria e di architettura, l’introduzione di un contratto collettivo di lavoro metterebbe ordine e farebbe chiarezza. A che punto siamo?

L’assemblea ordinaria 2016 dell’ASIAT ha approvato il nuovo CCL. Al momento il documento è in fase di approvazione da parte della SECO. Il CCL con decreto di forza obbligatoria ci permetterebbe di migliorare la qualità del lavoro prodotto rendendo il nostro settore competitivo con una partnership sociale stabile. Inoltre permetterebbe di creare condizioni quadro, combattendo il dumping salariale, migliorando la credibilità politica, sostenendo meglio la formazione e il perfezionamento e non da ultimo migliorando l’attrattività del settore della progettazione.

Nel mondo associativo le sinergie sono sempre più imprescindibili. Come si muove la vostra associazione a riguardo?

La nostra associazione padronale, unica nel cantone, ha da sempre riconosciuto la necessità di mettere in campo tutte le possibili sinergie tra le molte associazioni presenti nel settore della progettazione. L’ASIAT è stata tra i promotori della costituzione della Conferenza delle Associazioni Tecniche (CAT) che attualmente è riconosciuta quale unico referente istituzionale per il settore sia per consultazioni che per consulenze specifiche. Le associazioni membri di CAT, mantenendo le loro rispettive specificità, collaborano tra di loro con efficacia anche grazie alla recente nomina di un direttore e ad un segretariato con sede a Bellinzona.

Innovazione da oltre 100 anni

Prosegue il viaggio alla scoperta di opinioni e riflessioni all’interno dell’Ufficio Presidenziale Cc-Ti. Nell’intervista a Mauro Galli, Presidente SSIC Sezione Ticino, possiamo vedere come anche quest’associazione abbia raggiunto il traguardo del Centenario proprio nel 2018.

Anche la SSIC Ticino è giunta, quest’anno, al 100° di fondazione. Quali i messaggi chiave dell’edilizia nell’economia cantonale oggi?

Nella sua assemblea costitutiva la SSIC Ticino dichiarava i suoi principali intenti: unione delle forze per la tutela degli interessi comuni, formazione degli apprendisti, lotta contro la concorrenza sleale. Obiettivi attualissimi che sono anche i messaggi principali che l’edilizia manda oggi all’economia ticinese. La SSIC TI con i suoi 180 membri rappresenta l’80% della forza lavoro nelle costruzioni. Siamo costantemente impegnati nella ricerca di condizioni quadro sostenibili, di qualità e sicurezza sul lavoro, di formazione professionale adeguata ai tempi, di collaborazione con i partner contrattuali e istituzionali.

 

La digitalizzazione sta rivoluzionando tutti i settori professionali. Artigianato, nello specifico l’edilizia, e progresso tecnologico, come si combinano?

La tecnologia digitale ha rivoluzionato il nostro modo di lavorare. L’intelligenza artificiale potrebbe effettivamente sconvolgere il settore nel prossimo futuro. Per il momento la componente umana, penso all’arte del muratore, e le variabilità continue del cantiere rendono la vita difficile all’avvento di questi processi. Seguiamo con interesse l’evoluzione e soprattutto cerchiamo di adeguarci con la formazione professionale dei nostri giovani.

Lavorare uniti per la crescita del nostro Paese

di Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti

Il Ticino oggi può vantare un tessuto imprenditoriale sano e dinamico, che crea lavoro e ricchezza per tutto il Cantone. Un articolato sistema d’imprese sempre più orientato all’innovazione e alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica delle attività produttive.

Basti qui ricordare l’impegno dei nostri imprenditori per ridurre le emissioni nocive, gli esempi di mobilità aziendale alternativa per non sovraccaricare il traffico stradale, le misure per conciliare meglio lavoro e famiglia o lo sforzo delle imprese nella formazione per restare al passo con i tempi.

Come imprenditori sappiamo che il benessere dei nostri collaboratori, il legame col territorio e la società in cui operiamo sono le radici da cui si alimenta la forza delle imprese. È questo il concetto di sostenibilità a cui la Cc-Ti attribuisce una rilevanza fondamentale e che sarà sottolineato nell’evento del 25 settembre. Soprattutto alla luce delle trasformazioni indotte dalla rivoluzione digitale che sta destrutturando i vecchi schemi. Imponendo nuovi modelli di business, di gestione aziendale, di modalità di lavoro, di organizzazione sociale e di formazione, perché l’economia digitale avrà un bisogno crescente di manodopera qualificata. Sono queste le sfide che abbiamo davanti e che, oltre alla nostra tenacia, richiedono anche una forte dose d’innovazione istituzionale.

Per noi la sostenibilità è una vocazione spontanea nel fare impresa, da non soffocare con una schizofrenia regolamentatrice che, penalizzando le aziende, alla fine produce più danni che vantaggi. Al riguardo non mancano in Ticino segnali allarmanti, frutto di una cultura antindustriale che da anni ammorba il Cantone con la retorica dei famelici imprenditori che farebbero solo i loro interessi.

Siamo convinti che l’economia digitale offra opportunità inedite per una crescita sostenibile. Come Cc-Ti non possiamo che ribadire la volontà di lavorare assieme alle istituzioni e agli altri partner sociali per un progetto di sviluppo condiviso, che anche in futuro ci assicuri benessere.

Articolo apparso sul Corriere del Ticino il 17.9.2018

2 x NO all’iniziativa “Per alimenti equi” e all’iniziativa “Per la sovranità alimentare”

In vista della votazione federale del 23 settembre 2018, la Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) raccomanda di votare 2 x NO all’iniziativa “Per alimenti equi” e all’iniziativa “Per la sovranità alimentare”.

La Cc-Ti prende posizione sulle due iniziative sull’agricoltura lanciate dai Verdi e dal sindacato agricolo Uniterre e attira l’attenzione sulle implicazioni che potrebbe avere una loro implementazione.

L’Iniziativa per alimenti equi vuole che siano presenti sulla tavola degli Svizzeri unicamente alimenti derivanti da una produzione “equa”. Se  l’iniziativa venisse accettata, occorrerebbe creare un apparato di controllo costoso e rigoroso per verificare le importazioni. Oltre ad essere di impossibile attuazione, le conseguenze dirette consisterebbero nell’aumento dei prezzi, nella diminuzione delle possibilità di scelta e in un incremento del turismo degli acquisti. L’iniziativa porterebbe inoltre a un isolamento del mercato, violerebbe gli obblighi internazionali e metterebbe a rischio gli accordi di libero scambio. Riteniamo che l’iniziativa non sia necessaria poiché a livello nazionale i suoi obiettivi sono già soddisfatti grazie alla sostituzione e a diverse leggi. Per i beni di importazione, l’iniziativa sarebbe, inoltre, praticamente inapplicabile. L’iniziativa “Per la sovranità alimentare” si pone l’obiettivo di promuovere la produzione nazionale e un approvvigionamento che dia la priorità alle derrate alimentari e ai mangimi svizzeri. In quanto paese esportatore, la Svizzera non può permettersi di non rispettare i suoi obblighi internazionali, perché ha bisogno di accedere ai mercati esteri. Se dovesse tentare questa strada, rischierebbe di entrare in conflitto non solo con le organizzazioni internazionali ma anche con i più partner commerciali, con i quali è vincolata da accordi di libero scambio.

I rischi di entrambe le iniziative sono quindi molto simili: riduzione della scelta dei consumatori, più burocrazia, alimenti più cari e conseguente aumento del turismo degli acquisti verso l’estero da parte dei consumatori.

Per questi motivi, la Cc-Ti raccomanda di respingere l’iniziativa “Per alimenti equi” e l’iniziativa “Per la sovranità alimentare” in votazione il prossimo 23 settembre.

Puntare alle “località”

Nell’intervista ad Augusto Chicherio, Rappresentante Federcommercio, analizziamo alcuni aspetti legati al futuro del commercio al dettaglio.

Quali ritiene siano i nuovi modelli di business che stanno nascendo, sia online che offline, da cui il commercio al dettaglio può trarre spunto per diversificarsi e progredire?

Oltre al servizio al cliente, che rimane uno dei punti forti del commercio al dettaglio, l’informatica permette di sviluppare svariate possibilità per far conoscere le proprie offerte e fidelizzare la clientela. Ad esempio le carte-clienti si sviluppano continuamente con le più svariate offerte. In questo senso la grande distribuzione diversifica l’offerta con buoni differenti. Inoltre la possibilità di ordinare la merce e ritirarla successivamente in negozio o farsela inviare a domicilio è una possibilità per promuovere un ulteriore servizio alla clientela.

 

In un’ottica di valorizzazione dell’intero comparto quale commercio al dettaglio il binomio ‘grande distribuzione-piccolo commercio è ormai obsoleto?

Sì. Il cliente sceglie una “località” per fare gli acquisti e meno frequentemente un singolo negozio: ad esempio: Lugano Centro o Grancia. Chi ci guadagna o ci perde sono tutti i negozi che si trovano nella località piccoli o grandi che siano. È quindi importante contribuire tutti, grandi e piccoli, a sostenere e rendere attrattiva la “località”. L’esempio di Lugano centro è significativo. È quindi importante offrire una scelta completa di prodotti, potersi spostare facilmente fra i negozi, essere raggiungibili facilmente e avere posteggi a sufficienza, se possibile gratuitamente.

Hotellerie, turismo e sinergie

In quest’intervista con Lorenzo Pianezzi, Presidente cantonale Hotelleriesuisse Ticino e membro dell’UP della Cc-Ti, riflettiamo sul ruolo dell’hotellerie nel turismo e sulla possibilità di ricercare nuove sinergie.

In un territorio ricco e vasto come quello ticinese, il turismo ha sempre giocato un ruolo predominante, così come l’associazione che presiede. Su cosa occorre far leva nell’immediato per consentire una crescita durevole?

È importantissimo non fermarsi mai, ogni volta che ci sembra di aver raggiunto un obiettivo, ecco che le regole del gioco vengono nuovamente stravolte con la complicità dei vari trend che subiscono continuamente delle variazioni. È imprescindibile far leva sugli aggiornamenti continui che interessano gli associati di hotelleriesuisse, con conferenze, assemblee e formazioni.

Quali sinergie potrebbero venir create per sfruttare appieno il potenziale di crescita con altri settori?

‘Sinergie’ è la parola d’ordine, soprattutto per un Cantone come il nostro, dove i diversi settori hanno la possibilità e la facilità di interagire tra loro. La  politica  declinata nelle destinazioni stesse, e, per “destinazioni” intendo le regioni turistiche che compongono il Ticino, richiedono sempre maggiormente collaborazioni con associazioni di categoria come la nostra e con le organizzazioni turistiche regionali. Con ‘sinergie’ desidero portare l’accento anche sulle collaborazioni tra Comuni e settori turistici, per quanto riguarda l’organizzazione di eventi, anche internazionali, legati al leisure o al congressuale, che generino quindi pernottamenti e importanti indotti economici per i diversi attori presenti sul territorio ticinese.

Una visione “elettrica” concertata

Proseguono gli approfondimenti settoriali con i membri del nostro Ufficio Presidenziale. In quest’intervista a Giovanni Leonardi, Presidente AET, scopriamo qualcosa di più sul settore delle energia elettrica.

Tra i settori trainanti della crescita in Ticino, secondo lo studio BAK Economics, figura anche quello dell’energia elettrica. Quali sono le sfide di riforme e pianificazioni a cui sarà confrontato nell’immediato?

Il settore elettrico cantonale si trova di fronte a sfide di duplice natura: quelle dettate dall’evoluzione tecnologica e quelle legate ai mutamenti del quadro legislativo nazionale. Sul fronte della tecnologia le aziende devono adeguare infrastrutture e modelli di vendita ai mutamenti imposti dalla diffusione di nuove forme di produzione rinnovabile e decentralizzata. Sul piano normativo è necessario allineare gli obiettivi a quelli imposti dalla Strategia energetica 2050 della Confederazione, votata da popolo lo scorso anno.


Come è possibile rendere ancora più performante l’innovazione in un settore dove, di norma, la si vive costantemente?

Le trasformazioni in atto riguardano gli ambiti tecnologici e normativi così come quelli economici e commerciali. In un quadro così complesso, dove la modifica di singoli elementi genera un effetto a cascata su tutto il sistema, bisogna mantenere una visione d’insieme capace di guardare all’interesse di tutti i settori socioeconomici del Paese.

Soluzioni assicurative del futuro

Nell’intervista a Mauro Canevascini, membro di Comitato ASA Ticino e FSAGA Svizzera, egli parla del settore assicurativo e delle sfide con cui è confrontato.

Come sta vivendo il settore assicurativo in Ticino i numerosi cambiamenti in atto avvenuti grazie alla digitalizzazione?

La digitalizzazione ha già modificato il comportamento dei clienti in ambito assicurativo e di conseguenza quello degli operatori del settore. Prodotti assicurativi semplici possono venir stipulati online ed in parte anche la consulenza avviene già ora attraverso sistemi di video-chat. Per i prodotti più complessi vi è sempre la consulenza personale. La digitalizzazione avrà ulteriori ripercussioni sul modo di comunicare. Anche il processo di produzione è in forte e costante evoluzione, dove attualmente si stanno testando le tecnologie legate alle blockchain.

 

Alla luce dei futuri mutamenti in campo, vi saranno nuovi sbocchi per un settore che da anni è una locomotiva di crescita (dato confermato dallo studio BAK Economics) per l’economia cantonale?

Le maggiori compagnie assicurative investono parecchio venture-capital in start-up innovative per poi integrare le tecnologie sviluppate nei propri processi produttivi o per creare degli eco-sistemi che andranno in parte a sostituire il singolo classico prodotto assicurativo con una catena di prodotti o servizi formati attorno ad un tema. Il Ticino, grazie alla sua economia molto diversificata, beneficia fortemente di questi risvolti, grazie alla presenza di start-up innovative che vengono coinvolte nei processi di sviluppo dei nuovi prodotti assicurativi o che sono all’avanguardia in ambito informatico.