Un’informativa in merito a questa modifica legislativa, che entra in vigore il prossimo 1° agosto 2020.
Dal
1° agosto 2020 l’assegno di formazione potrà essere riconosciuto anche prima
dei 16 anni, nel caso in cui il figlio ha compiuto 15 anni e segue una
formazione post-obbligatoria.
Nel suo nuovo tenore, l’articolo 3 capoverso 1 lettera b LAFam prevede che l’assegno di formazione sia versato dall’inizio del mese in cui il figlio inizia una formazione postobbligatoria, ma al più presto dall’inizio del mese in cui questi compie il 15° anno d’età. Se invece a 15 anni il figlio frequenta ancora la scuola dell’obbligo, per il diritto all’assegno di formazione si dovrà attendere che abbia compiuto 16 anni.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-07-23 08:33:452020-07-23 16:39:58Revisione della legge sugli assegni familiari per la formazione
Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli.
Il contratto di lavoro non richiede alcuna
forma speciale. Addirittura si considera che un contratto sia concluso anche
quando il datore di lavoro accetta, per un certo tempo, l’esecuzione d’un lavoro,
la cui prestazione secondo le circostanze non può attendersi senza salario
(art. 320 CO). In altre parole, una situazione di fatto può quindi costituire
un valido contratto di lavoro senza che le parti ne abbiano nemmeno discusso.
Questa presunzione
legale necessita però di due condizioni. Dapprima che vi sia una fornitura
effettiva di lavoro e, secondariamente, che tale prestazione venga accettata
dal datore di lavoro. Questa seconda condizione è realizzata quando
l’accettazione emana da una persona autorizzata a rappresentare il datore di
lavoro. Non vi è per contro accettazione se la fornitura di lavoro è nota
unicamente a persone senza poteri di rappresentanza in seno all’azienda. Va
precisato che la presunzione porta unicamente sull’esistenza di un contratto di
lavoro, non sul suo contenuto (es. salario).
Esistono però situazioni
che generalmente esulano dall’applicazione di tale regola come ad esempio
eventuali contributi lavorativi di una persona all’azienda del coniuge o del concubino,
oppure nell’ambito di mere attività di volontariato. E’ infatti usuale che
determinate prestazioni vengano fornite senza alcuna controprestazione, anche
sa la gratuità dell’operato non è stata esplicitamente convenuta. A titolo di
esempio si possono citare l’attività di cassiere per una società di calcio,
oppure la sorveglianza dei figli dei vicini per un paio d’ore. In questi casi
si ritiene che i rapporti non siano retti da un contratto di lavoro ma poggino
invece su altre basi.
Se, sulla base di circostanze concrete, si deve ammettere l’esistenza di un contratto di lavoro, allora la conseguenza è l’applicabilità integrale a tale rapporto degli art.319 ss del Codice delle obbligazioni. Come per i contratti stipulati esplicitamente, sia nella forma scritta che in quella orale.
Il nostro Servizio giuridico è a disposizione delle aziende affiliate per consulenze specifiche. Nell’Area soci sono pubblicate diverse schede giuridiche con informazioni mirate e aggiornate su temi d’interesse in ambiti quali diritto del lavoro, HR, diritto commerciale, accordi bilaterali, proprietà intellettuale, fiscalità, assicurazioni sociali, ecc.. L’accesso a questa sezione del sito è destinata esclusivamente ai soci. Il Servizio giudirico è gestito dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-07-22 10:35:562020-07-22 10:35:57Contratto di lavoro tacito?
La pandemia di Coronavirus ha favorito lo sviluppo del telelavoro. Se quest’ultimo presenta vantaggi e svantaggi, pone anche questioni legali.
L’azienda può imporre il telelavoro ai
propri dipendenti? E, al contrario, il dipendente può esigere dal proprio
datore di lavorare in telelavoro?
In generale, questa possibilità deriva da un accordo tra di loro al momento della conclusione del contratto di lavoro o, successivamente, da un accordo che modifica il contratto di lavoro. Durante questo periodo di pandemia, l’applicazione della legge è stata adattata alla situazione particolare. Sia le autorità federali che quelle cantonali hanno raccomandato ai datori di lavoro di utilizzare il telelavoro. Questa forma di lavoro è eccezionalmente entrata come parte integrante delle misure che il datore di lavoro poteva adottare per proteggere i suoi dipendenti. A scanso di equivoci va sottolineato che il telelavoro non è un diritto del lavoratore. Deve essere accettato dal datore di lavoro.
La persona che adotta il telelavoro
sosterrà verosimilmente costi aggiuntivi. Usa i suoi locali e, talvolta, i suoi
strumenti (computer, stampante, carta, wifi). Sorge quindi la domanda a sapere
chi debba sostenere questi costi. Questa domanda deve essere risolta alla luce
dell’art. 327ss.CO, secondo il quale il datore di lavoro fornisce al lavoratore
gli strumenti di lavoro e i materiali di cui ha bisogno. Se, previo accordo con
il datore di lavoro, il lavoratore vi provvede personalmente, va adeguatamente
risarcito.
Se il lavoratore svolge su propria
richiesta e volontariamente il suo lavoro da casa, previo accordo con il suo
datore di lavoro, nonostante disponga di un luogo di lavoro consono in azienda,
questo rimborso non è in linea di principio dovuto. Recentemente si è
pubblicamente parlato di una sentenza del Tribunale federale risalente al 2019
in cui i giudici hanno condannato il datore di lavoro ad indennizzare con un
importo forfetario di CHF 150/mese un dipendente che era stato obbligato a
lavorare a domicilio. In questa fattispecie va però considerato il fatto che il
datore di lavoro non era in grado di offrire al dipendente un posto di lavoro
adeguato. Non si tratta pertanto di una regola generalmente applicabile a tutti
i casi di telelavoro.
Domanda fiscale
La detrazione fiscale per il lavoratore viene presa in considerazione solo se la relativa spesa professionale è a carico di quest’ultimo. Se tutti i costi sono a carico del datore di lavoro, non è consentita alcuna detrazione fiscale. Se, in effetti, il dipendente ha subito dei costi, si farà riferimento all’ordinanza federale sui costi professionali, del Dipartimento delle finanze, che consente una detrazione forfettaria delle spese essenziali per l’esercizio della professione da parte del dipendente (ovvero strumenti professionali – compresi hardware e software per computer), lavori professionali o l’uso di una stanza di lavoro privata – affitto, riscaldamento, illuminazione, pulizia). Questa detrazione ammonta al 3% dello stipendio netto (ma minimo 2000 franchi e massimo 4000 franchi). La detrazione viene ridotta se l’attività remunerativa del dipendente viene svolta a tempo parziale. Tuttavia, il dipendente può ottenere una detrazione più elevata se dimostra l’esistenza di costi più importanti.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-07-20 09:25:242020-07-22 10:24:01Il telelavoro: una scelta o un’imposizione?
FAQ sul nuovo Coronavirus – informativa dell’Ufficio federale della sanità pubblica UFSP – stato al 2 luglio 2020
Dal 6 luglio tutte le persone che entrano in Svizzera provenienti da uno Stato o da una regione con rischio elevato di contagio devono mettersi in quarantena per dieci giorni.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-07-03 14:53:552020-07-03 14:53:56Quarantena per i viaggiatori in entrata in Svizzera
Il 1° luglio 2020 è entrata in vigore la modifica della legge sulla parità dei sessi.
Questa modifica introduce l’obbligo di eseguire un’analisi della parità salariale. Questo obbligo concerne i datori di lavoro che impiegano almeno 100 dipendenti. La soglia numerica non si riferisce ai posti di lavoro a tempo pieno ma al numero effettivo dei lavoratori. Gli apprendisti non sono conteggiati nel calcolo.
L’analisi va effettuata entro un anno
dall’entrata in vigore della revisione, e ripetuta ogni quattro anni, a meno
che la prima analisi non dimostri il rispetto della parità salariale, o se nel
frattempo il numero dei lavoratori non scenda al di sotto della soglia che la
rende obbligatoria.
Sono esentati dall’analisi anche i datori di lavoro che sono già stati oggetto di un controllo della parità salariale nell’ambito di una commessa pubblica, di una concessione di sussidi, o di un’altra procedura di verifica che non risalga ad oltre quattro anni. L’analisi del datore di lavoro va successivamente verificata da un organo indipendente. Sono considerati organi indipendenti gli uffici di revisione abilitati legalmente, le organizzazioni che esistono da almeno due anni e, secondo gli statuti, promuovono l’uguaglianza fra donna e uomo, o una rappresentanza dei lavoratori secondo la legge sulla partecipazione. Entro un anno l’ufficio di revisione indipendente stila un rapporto sulla correttezza esecuzione formale dell’analisi. Se la verifica è affidata ad una delle organizzazioni summenzionate, le parti concludono una convenzione sulle modalità di verifica e di consegna.
I lavoratori sono informati per iscritto
circa il risultato dell’analisi entro un anno dalla conclusione della verifica.
Le nuove norme della legge sulla parità dei
sessi resteranno in vigore per 12 anni, ossia fino al 31 giugno 2032.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-07-03 10:11:202020-09-03 15:25:26Obbligo dell’analisi della parità salariale
Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli.
Gli articoli 335d e seguenti del Codice delle Obbligazioni prevedono una specifica procedura (consultazione dei lavoratori) per i cosiddetti licenziamenti collettivi. Si applica a tutte le aziende attive in Svizzera? O solo ad alcune? La domanda è lecita in quanto la legge stabilisce effettivamente una serie di criteri che devono essere soddisfatti affinché questi articoli siano applicati. Un primo criterio è la dimensione dell’azienda. La norma recita infatti che per licenziamento collettivo si intendono le disdette date in un’azienda dal datore di lavoro entro un periodo di 30 giorni, per motivi non inerenti alla persona del lavoratore, se il numero dei licenziamenti effettuati è:
• almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori; • almeno pari al 10 per cento del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori; • almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori.
Da quanto sopra possiamo innanzitutto concludere che la procedura non si applica alle aziende con meno di 20 dipendenti. In secondo luogo entrano in considerazione solo le disdette date dal datore di lavoro, non quelle notificate dai dipendenti o eventuali accordi tra le parti di cessazione consensuale del rapporto lavorativo. Nel calcolo non vanno poi considerati nemmeno eventuali licenziamenti decisi per motivi inerenti alla persona del dipendente, come ad esempio un rendimento insufficiente o un licenziamento in tronco per cause gravi.
Durante il regime di lavoro ridotto è possibile notificare una disdetta del contratto? Esiste un periodo di protezione come, ad esempio, in caso di malattia o di assenza per servizio militare? Durante questo regime valgono le regole generali sulle disdette. Non esiste quindi alcun periodo di protezione e le disdette possono essere notificate. Attenzione però che dal momento della disdetta del contratto lo Stato non verserà più le indennità e il salario durante il periodo di preavviso sarà pertanto interamente a carico del datore di lavoro.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2019/01/ART19-Michele-Rossi-ufficiale.jpg20193166Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-06-12 09:36:502020-06-12 09:36:51A chi si applica la procedura sui licenziamenti collettivi?
Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli.
In queste settimane si è molto parlato del lavoro ridotto. Si tratta di una possibilità già da tempo prevista dalla nostra legislazione, ma che è diventata di estrema attualità a seguito dell’emergenza sanitaria. A cosa serve? Tramite il lavoro ridotto è possibile mantenere in essere i contratti di lavoro, in un momento di riduzione o sospensione temporanea dell’attività aziendale. In un tale regime il datore di lavoro percepisce dallo Stato le cosiddette indennità per lavoro ridotto a favore dei dipendenti assicurati. Le indennità ammontano all’80% del salario ordinario. In altre parole, le indennità statali permettono all’azienda di non separarsi dai lavoratori temporaneamente senza attività, o con attività ridotta, e di essere quindi pronta con i contratti in essere al momento della ripartenza.
Durante il regime di lavoro ridotto è possibile notificare una disdetta del contratto? Esiste un periodo di protezione come, ad esempio, in caso di malattia o di assenza per servizio militare? Durante questo regime valgono le regole generali sulle disdette. Non esiste quindi alcun periodo di protezione e le disdette possono essere notificate. Attenzione però che dal momento della disdetta del contratto lo Stato non verserà più le indennità e il salario durante il periodo di preavviso sarà pertanto interamente a carico del datore di lavoro.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2019/01/ART19-Michele-Rossi-ufficiale.jpg20193166Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-06-12 09:27:442020-06-12 09:33:50Il lavoro ridotto e la disdetta del contratto di lavoro
Una scheda giuridica redatta dall’Avv. Michele Rossi. Scopriamo i dettagli!
È in questo periodo dell’anno che le società anonime organizzano di regola le proprie assemblee generali. La tempistica è dettata dall’art. 699 cpv. 2 CO secondo il quale l’assemblea generale ha luogo ogni anno, entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale. L’esercizio dei diritti dei soci si svolge normalmente con la presenza fisica degli azionisti o dei loro rappresentanti.
Ora, come purtroppo sappiamo, l’attuale stato di emergenza ha notevolmente limitato le nostre libertà alle quali siamo abituati. Tra le misure di protezione adottate a livello federale vi è il divieto di tutte le manifestazioni pubbliche o private, comprese le attività associative.
Fino all’8 giugno le assemblee generali con presenza fisica dei soci sono vietate in quanto considerate eventi ai sensi dell’art. 6 cpv.1 Ordinanza Covid-19. Per questa ragione l’autorità federale ha previsto quindi una nuova possibilità per potere tenere le assemblee e di considerare al contempo le esigenze sanitarie. In effetti l’art. 6b dell’Ordinanza Covid-19 permette lo svolgimento delle assemblee in una forma speciale fino al prossimo 30 giugno.
L’art. 6b recita che in caso di assemblee di società, l’organizzatore può disporre, a prescindere dal numero previsto di partecipanti e senza osservare il termine di convocazione, che i partecipanti esercitino i loro diritti soltanto per scritto o in forma elettronica, oppure mediante un rappresentante indipendente designato dall’organizzatore. La disposizione deve essere comunicata per scritto o pubblicata in forma elettronica al più tardi quattro giorni prima della manifestazione.
Ma all’assemblea non partecipano solo gli azionisti. Sono presenti anche il Presidente e il segretario, eventualmente un notaio in caso di decisioni particolari, i membri del Consiglio di amministrazione e a volte l’ufficio di revisione. Questi partecipanti possono essere presenti fisicamente o devono essere coinvolti anche loro nella forma sopra indicata? Stando alle direttive federali, questi partecipanti “residui” non costituiscono un’assemblea vera e propria è possono pertanto riunirsi fisicamente. Devono comunque rispettare le regole in materia di igiene e di distanza sociale e il numero di partecipanti deve essere limitato al minimo necessario.
Una situazione particolare è rappresentata dalle società con un’azionista unico. Ora, l’assemblea generale dell’azionista unico non è considerata un evento vietato dall’Ordinanza Covid-19 e può svolgersi pertanto con la sua presenza fisica e quella degli altri partecipanti residui (segretario, notaio, ufficio di revisione).
In tutti i casi, devono sempre essere rispettate le disposizioni federali riguardanti l’igiene e la distanza sociale e se tra i partecipanti vi sono delle persone a rischio è raccomandato far capo a soluzioni che evitano nella misura del possibile la loro presenza, per esempio tramite l’intervento di un rappresentante.
Si tratta quindi di una facoltà a disposizione delle società per potere assolvere ai loro compiti statutari senza la necessità di riunirsi fisicamente in questi tempi particolarmente complicati.
Il nostro Servizio giuridico è a disposizione delle aziende affiliate per consulenze specifiche. Nell’Area soci sono pubblicate diverse schede giuridiche con informazioni mirate e aggiornate su temi d’interesse in ambiti quali diritto del lavoro, HR, diritto commerciale, accordi bilaterali, proprietà intellettuale, fiscalità, assicurazioni sociali, ecc.. L’accesso a questa sezione del sito è destinata esclusivamente ai soci.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-05-08 09:34:272020-05-20 14:09:14L’Assemblea generale ai tempi del Covid-19 – nuova formula fino al 30 giugno
Un’informativa su una modifica del Codice penale svizzero, che entrerà in vigore da inizio luglio 2020.
A partire dal 1° luglio 2020 sarà punito chiunque discrimina una persona in base all’orientamento sessuale. Nella seduta del 3 aprile 2020, il Consiglio federale ha posto in vigore per tale data le relative modifiche del Codice penale e del Codice penale militare. Nella votazione popolare del 9 febbraio 2020, l’elettorato svizzero ha chiaramente confermato la decisione del Parlamento di estendere la norma penale antirazzismo.
Il diritto penale svizzero protegge le persone da varie forme di discriminazione, per esempio punisce chi denigra pubblicamente una persona o un gruppo di persone per l’appartenenza a una determinata razza, etnia o religione. Il 14 dicembre 2018 il Parlamento aveva deciso di estendere all’orientamento sessuale la norma penale antirazzismo, il che consentirà di proteggere anche le persone discriminate a causa della loro omo-, etero- o bisessualità. Contro tale estensione era stato lanciato il referendum. Il 9 febbraio 2020, l’elettorato ha accettato chiaramente la norma penale modificata con il 63,1 per cento dei voti.
L’attuazione dei due articoli modificati del Codice penale e del Codice penale militare non richiede provvedimenti specifici né a livello federale né a livello cantonale. La modifica dei due codici entrerà in vigore il 1° luglio 2020.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-03-20 11:33:352020-04-16 09:24:20Il divieto della discriminazione basata sull’orientamento sessuale entra in vigore il 1° luglio
Il datore di lavoro è tenuto a regolamentare l’utilizzo, da parte dei propri collaboratori, delle infrastrutture aziendali per uso privato.
Se all’inizio
degli anni ’90 pochi possedevano un telefono cellulare, oggigiorno siamo tutti
(poche le eccezioni) detentori di uno smartphone. Sempre raggiungibili e
ovunque; posta elettronica, social media, chiamate e messaggini, i canali di
comunicazione sono molteplici e agibili ininterrottamente. Il tempo dedicato
alla vita in rete ci occupa in media pressappoco tre ore al giorno, che sommate
nell’arco di un anno corrispondono a quasi 35 giorni. Un mese e poco più di istanti
passati interamente sugli schermi dei nostri smartphone (non si contano le ore
al computer o altri dispositivi elettronici). Nei momenti d’attesa, al mattino
mentre si fa colazione, la sera al rientro dal lavoro; momenti in cui la nostra
concentrazione è completamente assorbita dai touch-screen dei nostri cellulari.
I principi di
buona condotta sul posto di lavoro suggeriscono di spegnere o mettere in
modalità silenziosa gli strumenti elettronici personali. Cosa succede però
quando questo principio non viene rispettato? È corretto o permesso ricevere
chiamate e messaggi personali durante gli orari di lavoro?
Diversi datori di
lavoro hanno deciso per la consegna di un apparecchio smartphone all’impiegato,
da usare per necessità strettamente legate all’impiego, prassi che delimita
così l’uso del cellulare privato.
Quando non vi è
questa possibilità bisogna distintamente fissare cosa è permesso in ambito di
comunicazione personale e in materia d’uso di dispositivi informatici di
proprietà dell’azienda.
Nello spazio
degli orari di impiego, non è possibile utilizzare i propri telefoni cellulari
per uso privato. I telefoni dati in dotazione dai datori di lavoro non devono
contenere documenti privati o applicazioni scaricate dal collaboratore.
L’adopero di questi apparecchi, deve considerarsi ad uso strettamente
professionale.
I lavoratori beneficiano
di momenti di pausa durante le ore di attività. Pause che non sono considerate
tempo di lavoro e quindi, durante le quali si può dunque fare uso dei propri apparecchi.
Ha fatto scalpore, il caso di un’impiegata di Zurigo, che avendo installato l’applicazione di chat WhatsApp per uso personale sul telefonino aziendale e si è vista presentare la lettera di licenziamento ad effetto immediato da parte dell’azienda. Il Tribunale Federale ha preso le parti dell’impiegata, ma riferendosi alla legge sulla privacy, in quanto il datore di lavoro non avrebbe avuto diritto di leggere i messaggi personali sull’applicazione scaricata.
La legge sulla
privacy protegge in tal senso i singoli, ma allo stesso tempo non dà il diritto
ai singoli stessi, di infrangere le regole concordate con il datore di lavoro
in materia d’utilizzo di dispositivi elettronici. Questo vale al tempo stesso per
tutti gli altri apparecchi forniti dal datore di lavoro. Per esempio, l’uso di
stampanti, computer fissi o portatili, telefoni fissi, devono essere adoperati
per compiti lavorativi. Un chiaro accordo tra impiegato e datore di lavoro può
acconsentire ad un uso privato di tali sistemi operativi. Senza un accordo
fissato e convenuto all’unisono, non vi è diritto d’utilizzo per scopi privati.
Uno dei procedimenti
comuni per perimetrare l’uso dei servizi di internet è il blocco di certe
pagine web, al fine di evitare che i collaboratori accedano a siti
d’intrattenimento durante il tempo d’impiego.
Limitare la
navigazione in Internet per scopi privati è possibile bloccando i siti
indesiderati (indici di borsa, siti erotici ecc.) o stabilendo un periodo di
tempo in cui la navigazione privata sia consentita (p. es. durante le pause o a
partire dalle ore 18.00).
L’adozione di
tali misure di protezione permette al datore di lavoro di neutralizzare
precocemente eventuali pericoli per la sicurezza e la funzionalità del sistema
elettronico. L’effetto preventivo di queste misure sostituisce ampiamente
l’impiego di sistemi repressivi quali la sorveglianza. Tra le misure tecniche
di protezione più importanti si annoverano le password e l’accesso protetto, i
programmi antivirus e le limitazioni della memoria, i backup e le firewall.
Inoltre, i programmi di navigazione e di posta elettronica devono essere
installati secondo le tecniche più recenti, configurati in base a standard di
sicurezza e aggiornati periodicamente.
La linea è
sottile, tra la volontà di rispettare la personalità dell’impiegato, e l’auspicare
a garantire un livello di professionalità ed efficienza sul posto di lavoro.
Entrambe le parti devono accordarsi sui termini e le condizioni in materia di
uso ed utilizzo degli spazi e dei mezzi elettronici. È responsabilità delle
aziende di comunicare e di chiarire esplicitamente quali siano i comportamenti
accettati e quali non, anche per quanto riguarda l’utilizzo dell’infrastruttura
informatica e multimediale. È responsabilità del collaboratore di rispettare e avvalorare
un livello di autorevolezza professionale.
Ambedue le parti hanno il dovere di mantenere
vivi i principi della proporzionalità, il buonsenso e della trasparenza, al
fine di sostenere una proficua collaborazione. La fiducia in entrambi i sensi
resta il fondamento di un rapporto benefico e sano.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-02-18 14:42:332020-02-18 14:42:34Vita privata e vita lavorativa: una linea sottile
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