DOSSIER | Stati Uniti: panoramica dei dazi

***AGGIORNAMENTO DEL 23.10.2025***

Il 17 ottobre 2025, il presidente ha emanato un proclama che impone nuovi dazi ai sensi della sezione 232 del Trade Expansion Act sulle importazioni dei seguenti prodotti:

  • veicoli pesanti e di peso medio delle classi III-VIII e loro componenti: 25%
  • autobus: 10%.

Le nuove tariffe entreranno in vigore il 1° novembre 2025.

***AGGIORNAMENTO DEL 09.09.2025***

Il 29 agosto 2025, la Corte d’Appello federale degli Stati Uniti (Federal Circuit) ha dichiarato illegali i dazi imposti tramite l’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) dall’amministrazione Trump, stabilendo che il presidente non può introdurre tariffe generali senza un’esplicita autorizzazione del Congresso.

Secondo la Corte, emergenze come il traffico di fentanyl o gli squilibri commerciali non rientrano tra le situazioni che giustificano l’uso dell’IEEPA per imporre dazi di carattere economico generale. La decisione si basa anche sulla “major questions doctrine”, secondo cui provvedimenti di grande impatto economico richiedono una delega legislativa chiara.

Il Dipartimento di Giustizia ha presentato ricorso alla Corte Suprema il 3 settembre 2025, chiedendo che i dazi restino in vigore fino alla decisione definitiva. Il 9 settembre 2025, la Corte Suprema ha accolto la richiesta di riesame (writ of certiorari) e ha fissato le udienze orali per il 5 novembre 2025, nell’ambito di un procedimento accelerato.

Nel frattempo, in base all’ordinanza del Federal Circuit, i dazi restano in vigore almeno fino al 14 ottobre 2025, data entro la quale la Corte Suprema potrebbe eventualmente prorogare la sospensione per evitare effetti economici immediati prima della propria decisione finale.

La sentenza definitiva della Corte Suprema è attesa tra dicembre 2025 e gennaio 2026.

Prospettive: l’amministrazione Trump potrebbe ricorrere ad altre basi legali (Sezioni 122, 301 o 232) per mantenere o reintrodurre i dazi.

VADEMECUM DELLA CC-TI con indicazioni pratiche su temi quali origine e valore delle merci, inclusione o esclusione di specifici servizi, e altri aspetti rilevanti: scarica il PDF (ultimo aggiornamento: 04.09.2025).

Dazi “reciproci” del 39% sulle merci svizzere a partire dal 7 agosto 2025, dazi su settori e prodotti specifici, eliminazione dell’esenzione dai dazi per i piccoli invii (de minimis): tutte queste misure adottate dagli Stati Uniti hanno generato incertezza tra le imprese esportatrici. Questa pagina mira ad offrire un quadro sintetico delle nuove disposizioni, illustrandone l’ambito di applicazione e le tempistiche, nonché le indicazioni operative rilasciate dalla dogana statunitense (Customs Border Protection, CBP) tramite le “CSMS”, essenziali per assicurare una corretta applicazione e conformità.

DAZIO AGGIUNTIVO “RECIPROCO” DEL 39% SUI PRODOTTI SVIZZERI

Con l’Executive Order del 31 luglio 2025 che modifica l’Executive Order 14257 del 2 aprile 2025, viene introdotto un dazio aggiuntivo “reciproco” del 39% ad valorem sulle importazioni di origine svizzera, con decorrenza dal 7 agosto 2025.


NOTA: Le trattative tra Svizzera e Stati Uniti per una riduzione del dazio del 39% sono attualmente in corso. Fino al raggiungimento di un accordo, le merci svizzere restano soggette alla misura.


Il dazio si applica in aggiunta a ogni altro onere doganale (dazi MFN, antidumping, compensativi e tasse).

Il criterio determinante per la sua applicazione è l’individuazione del Paese di origine doganale, da intendersi, ai sensi del regolamento 19 CFR parte 134, come il Paese in cui una merce di origine estera è stata fabbricata, prodotta o coltivata, prima dell’ingresso negli Stati Uniti. Eventuali lavorazioni o aggiunte di materiali effettuate in un altro Paese possono modificare il Paese di origine solo se determinano una trasformazione sostanziale del prodotto. È quindi rilevante il luogo in cui avviene l’ultima trasformazione significativa, e non il Paese di spedizione. Per ulteriori ragguagli sul tema vedasi anche Marking of Country of Origin on U.S. Imports | U.S. Customs and Border Protection.

Per contrastare le pratiche elusive tramite transshipment, è prevista una clausola rafforzata: se la CBP accerta che la merce ha transitato da un Paese terzo senza subire una trasformazione sostanziale, con l’unico scopo di aggirare il dazio, l’aliquota sale automaticamente al 40% e si applicano sanzioni, oltre agli altri oneri previsti. In questi casi, la CBP può richiedere documenti tecnici integrativi e prove retroattive di trasformazione.

In caso di presenza significativa di contenuto statunitense (almeno il 20%), il dazio si applica solo alla quota residuale. Per beneficiare di questa deroga è necessaria una documentazione dettagliata conforme ai requisiti CBP, inclusa la prova del valore doganale dei componenti USA.

Restano in vigore le esenzioni già previste da normative precedenti:

  • Allegato II dell’Executive Order 14257 (2 aprile 2025): esenzione per alcune categorie di semiconduttori, prodotti farmaceutici ed elettronica ad alta tecnologia, elencate per voce di tariffa doganale. Il Memorandum Presidenziale dell’11 aprile estende l’esenzione a circuiti integrati, smartphone, SSD, moduli a pannello piatto e monitor (identificati tramite voce di tariffa doganale). L’Allegato I dell’Executive Order 14346 del 5 settembre 2025 amplia le esenzioni negli ambiti farmaceutico, metalli, minerali e tech, mentre plastiche e chimici sono di nuovo tassati.
  • Esenzioni ai sensi della Sezione 232: valide per acciaio, alluminio, veicoli e componentistica, rame (vedasi sotto).

L’Executive Order del 5 settembre introduce anche una novità: il meccanismo PTAAP (Potential Tariff Adjustments for Aligned Partners), che applica tariffe MFN solo a Paesi partner strategici che siglano con gli USA accordi di cooperazione su commercio, sicurezza e tecnologie critiche. Settori inclusi: aerospazio, farmaceutica, risorse naturali critiche e prodotti agricoli scarsi sul mercato interno.

Istruzioni operative CBP: CSMS # 65829726, CSMS # 64649265, CSMS # 6474565.

DAZI “RECIPROCI” SU PRODOTTI DI ALTRI PAESI

L’elenco dettagliato dei Paesi interessati e il rispettivo ammontare dei dazi è riportato nell’Allegato I dell’Executive Order del 31 luglio 2025. Secondo tale elenco, ai prodotti di origine britannica si applica un dazio aggiuntivo “reciproco” del 10%, ai prodotti giapponesi del 15% e così via.

Unione europea

Per i prodotti originari dell’Unione europea si applica una struttura tariffaria modulata:

  • se il dazio MFN è inferiore al 15%, viene integrato per raggiungere il 15%
  • se il dazio MFN è pari o superiore al 15%, non si applica alcun dazio aggiuntivo.

Confronto prodotto UE <> prodotto svizzero:

  • prodotto UE con dazio MFN del 6% → dazio aggiuntivo del 9%, totale 15%;
  • prodotto svizzero con lo stesso dazio MFN → dazio aggiuntivo del 39%, totale 45%.

DAZI SPECIFICI SU MATERIALI STRATEGICI E PRODOTTI

Restano applicabili i dazi di sicurezza nazionale introdotti ai sensi della Sezione 232 del Trade Expansion Act del 1962, per settori strategici quali acciaio, alluminio, rame e in parte automotive. Questi dazi non si cumulano con quelli “reciproci” dell’Executive Order 14257.

Acciaio e derivati

Dal 4 giugno 2025 è in vigore un dazio del 50% su acciaio e derivati (Proclama 10957 del 3 giugno 2025, esteso tramite Nota dell’Industry & Security Bureau BIS del 16 giugno 2025 e Nota del BIS pubblicata il 15 agosto 2025 e valida dal 18 agosto 2025). L’elenco completo dei prodotti toccati può essere visionato su Updated steelHTSlist 081525.docx

In sintesi:

  • il contenuto in acciaio dei derivati deve essere separato dai componenti non metallici, assoggettati ai dazi reciproci
  • ordine di priorità dei dazi: 1) dazio auto e componenti (25%), 2) dazio acciaio e alluminio (50%), 3) IEEPA per Canada e Messico (vedasi aggiornamenti del caso)
  • no drawback (rimborso dazi per reexport)
  • obbligo di indicare Paese di fusione e colata (ISO) o, se sconosciuto, “UN” (in tal caso, dazio punitivo del 200%).

Istruzioni operative CBP:  CSMS # 65936570, CSMS # 6526374, CSMS # 6526574

Alluminio e derivati

Dal 4 giugno 2025 è in vigore un dazio del 50% su alluminio e derivati (Proclama 10947 del 3 giugno 2025, esteso a lattine e birra tramite Nota del BIS del 4 aprile 2025 e ad altri derivati tramite Nota del BIS pubblicata il 15 agosto 2025 e valida dal 18 agosto 2025). L’elenco completo dei prodotti toccati può essere visionato su Updated aluminumHTSlist 081525.docx

In sintesi:

  • il contenuto in alluminio dei derivati deve essere separato dai componenti non metallici, assoggettati ai dazi reciproci
  • ordine di priorità dei dazi: 1) dazio auto e componenti (25%), 2) dazio acciaio e alluminio (50%), 3) IEEPA per Canada e Messico (vedasi aggiornamenti del caso)
  • no drawback (rimborso dazi per reexport)
  • obbligo di indicare Paese di prima e seconda fusione e Paese di colata.

Istruzioni operative CBP: CSMS # 65936615, CSMS # 65236645, CSMS # 65340246 e CSMS # 6526574.

Rame e derivati

Dal 1° agosto 2025 è in vigore un dazio del 50% su rame e derivati (Proclama 10962 del 30 luglio 2025, Elenco HTS del rame soggetto alla Sezione 232).

In sintesi:

  • il contenuto in rame dei derivati deve essere separato dai componenti non metallici
  • ordine di priorità dei dazi: i prodotti assoggettati ai dazi auto (Proclama 10908) sono esclusi dal dazio sul rame
  • no drawback (rimborso dazi per reexport).

Istruzioni operative CBP: CSMS # 65794272

Auto e componenti

Dal 3 aprile 2025, auto e camion leggeri sono soggetti a un dazio aggiuntivo del 25%, come stabilito dal Proclama 10908. Dal 3 maggio 2025 la misura si estende ai componenti elencati nell’Allegato I.

Il 29 aprile 2025, un nuovo provvedimento ha introdotto un meccanismo di “credito compensativo” per i produttori statunitensi: il dazio sui componenti è ridotto in proporzione al loro contributo al valore di veicoli assemblati negli Stati Uniti (15% il primo anno, 10% dal secondo).

Istruzioni operative CBP: CSMS # 64913145 e CSMS # 64916652

Camion, componenti e autobus

Dal 1° novembre 2025, come da Proclama del 17 ottobre, i veicoli pesanti e di peso medio delle classi III-VIII e loro componenti sono soggetti ad un dazio del 25% ai sensi della Sezione 232, gli autobus sottostanno ad un dazio del 10%. I prodotti interessati sono elencati nell’Annex I del proclama. Ulteriori informazioni sono disponibili nell’articolo Stati Uniti: nuovi dazi su camion, autobus e componenti (23 ottobre 2025).

Istruzioni operative CBP: non ancora disponibili.

Legno e derivati

Come da Proclama 10976, il 14 ottobre 2025 sono stati introdotti i seguenti dazi ai sensi della Sezione 232: 10% sul legname, 25% sui mobili imbottiti in legno, 25% su cucine e mobili da bagno, con aumenti al 30% per la seconda categoria e al 50% per la terza dal 1° gennaio 2025. I prodotti interessati sono elencati nell’Annex I del proclama.

Istruzioni operative CBP: CSMS # 66492057.

FINE DEL REGIME “DE MINIMIS”

Con ordine esecutivo del 30 luglio 2025, è stata disposta la sospensione globale del regime “de minimis”, che prevedeva l’esenzione dai dazi per merci di valore inferiore a 800 dollari.

Dal 29 agosto 2025, tutte le importazioni commerciali sono soggette al regime ordinario, che prevede:

  • dazio MFN
  • dazio “reciproco” secondo l’aliquota IEEPA applicabile al Paese d’origine
  • eventuali altri dazi specifici
  • dichiarazione doganale completa tramite il sistema ACE (Automated Commercial Environment), con voce di tariffa, valore, origine e documenti commerciali.

Eccezione temporanea per i pacchi postali

Per sei mesi, le spedizioni effettuate tramite servizi postali ufficiali possono beneficiare di un regime semplificato a scelta:

  • dazio calcolato secondo aliquota IEEPA; oppure
  • tariffa fissa per pacco (80–200 USD, in base all’aliquota del Paese d’origine).

Alla fine del periodo transitorio, anche i pacchi postali saranno soggetti al regime ordinario completo.

Obblighi di garanzia

La CBP si riserva il diritto di richiedere garanzie finanziarie per assicurare il pagamento dei nuovi dazi.

SWISS MADE

Considerazioni sul futuro dello Swiss Made alla luce dei dazi del 39% applicati dagli USA dal 7 agosto 2025 e delle valutazioni che le aziende esportatrici stanno facendo per affrontare questa nuova sfida: “Swiss Made” sotto pressione (03.09.2025)

Per domande o approfondimenti, potete rivolgervi a:

Monica Zurfluh
Responsabile Commercio Internazionale
T +41 91 911 51 35
zurfluh@cc-ti.ch


La Cc-Ti nei media

Interventi e prese di posizione della Cc-Ti e del Direttore Luca Albertoni

Stati Uniti: nuovi dazi su camion, autobus e componenti

Il 17 ottobre 2025 il Presidente degli Stati Uniti ha firmato un nuovo proclama che modifica il quadro tariffario per le importazioni di veicoli pesanti e di peso medio, autobus e parti. Le nuove misure – basate sulla sezione 232 del Trade Expansion Act – introducono tariffe supplementari e specifici meccanismi di compensazione, con nuove ricadute sulle aziende esportatrici, in particolare per quelle attive nella fornitura di componenti.

Ambito e misura delle nuove tariffe

Il proclama interessa tre categorie principali di prodotti:

  • veicoli pesanti e di peso medio delle classi III-VIII (Medium & Heavy Duty Vehicles — MHDV), come randi pick-up, veicoli per traslochi, camion per merci, camion ribaltabili e trattori per semirimorchi (eighteen-wheelers);
  • parti per veicoli di peso medio e pesanti (MHDV Parts), come motori, trasmissioni, pneumatici e telai (chassis);
  • autobus, inclusi scuolabus, autobus urbani e pullman (motor coaches).

Il proclama prevede l’introduzione di un dazio del 25% ad valorem su camion e parti e di un dazio del 10% ad valorem sugli autobus già assemblati. Le nuove aliquote entreranno in vigore il 1° novembre 2025 e si applicheranno a spedizioni importate o ritirate da magazzino doganale dopo tale data. Si aggiungono alle tariffe ordinarie già applicate dal sistema doganale statunitense.

I dazi si applicano anche a camion e autobus usati e rigenerati se fabbricati negli ultimi 25 anni.

Le merci interessate sono elencate nell’Annex I del proclama, che aggiorna il capitolo 99 dell’HTSUS con i codici tariffari specifici.

Le regole di cumulabilità (“stacking rules”) già previste per i dazi sulle autovetture saranno applicate anche a camion, autobus e relative parti. In sostanza: questi ultimi non saranno soggetti a ulteriori o esistenti dazi settoriali su acciaio, alluminio, rame, automobili e parti automobilistiche, né ai dazi reciproci o ai dazi imposti su Canada, Messico, Brasile o India.

Sono ammessi solo i crediti doganali (“drawback”) previsti dalle sottosezioni (a) e (b) della Sezione 313 del Tariff Act del 1930; altri tipi di crediti potrebbero ridurre l’importo del credito compensativo (offset).

Eccezione per componenti esteri: le parti di camion o i motori pesanti di provenienza giapponese o europea saranno soggetti a un’aliquota complessiva del 15% anziché del 25%.

Regime USMCA e contenuto USA

Il provvedimento conferma la possibilità di ridurre l’impatto dei dazi qualora i veicoli o le parti soddisfino i criteri di origine previsti dall’accordo USMCA (United States–Mexico–Canada Agreement). In tali casi, il dazio può applicarsi unicamente sulla quota di valore non statunitense del prodotto.

Le parti di camion medi/pesanti che sono conformi agli standard USMCA non saranno soggette al dazio fino a quando il Segretario del Commercio, in consultazione con la U.S. Customs and Border Protection, non avrà stabilito un processo per applicare il dazio al solo contenuto non-USA delle parti importate.

Gli importatori dovranno fornire documentazione probante – come fatture, contratti di fornitura e certificazioni di origine – da trasmettere in formato elettronico al Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. Le autorità doganali (CBP) verificheranno la correttezza delle dichiarazioni relative al contenuto USA, potendo disporre audit e controlli approfonditi. In caso di dichiarazioni inesatte o sovrastimate, potrà essere applicato il dazio pieno sull’intero valore del bene, con eventuali sanzioni retroattive. È quindi fondamentale predisporre in modo accurato tutta la documentazione attestante origine dei componenti, processo produttivo e assemblaggio finale, garantendo la tracciabilità e la conformità delle dichiarazioni doganali.

Il meccanismo di compensazione (offset)

Per favorire la produzione e l’assemblaggio sul territorio statunitense, il proclama introduce un import adjustment offset applicabile dal 1° novembre 2025 al 31 ottobre 2030. I produttori che effettuano l’assemblaggio finale negli Stati Uniti hanno diritto a un credito compensativo del 3,75% sul prezzo di listino suggerito dal produttore (MSRP), qualora siano stati pagati dazi su componenti che rappresentano almeno il 15% del valore del veicolo. Il beneficio non si estende ai cosiddetti knock-down kits (kit di montaggio parziale), che restano esclusi dal meccanismo.

Implicazioni per le imprese esportatrici

Le nuove misure comportano un nuovo aumento dei costi d’importazione per gli operatori statunitensi, con effetti a cascata su prezzi, competitività e catene di fornitura. Le imprese svizzere e ticinesi che esportano verso gli Stati Uniti dovranno verificare attentamente i codici tariffari dei propri prodotti per accertare l’eventuale inclusione nell’elenco dell’Annex I e predisporre la documentazione necessaria per attestare l’origine delle componenti.

Le istruzioni operative della U.S. Customs and Border Protection (CBP) sono ancora in fase di definizione e chiariranno modalità applicative, controlli e procedure di dichiarazione.

Altri documenti utili:

Fact Sheet: President Donald J. Trump Addresses the Threat to National Security from Imports of Medium and Heavy-Duty Vehicles, Parts, and Buses – The White House

Convenzione paneuromediterranea riveduta: nuove regole d’origine dal 2026

Il 1° gennaio 2025 è entrata in vigore la Convenzione paneuromediterranea riveduta sulle regole di origine preferenziali (Convenzione PEM). Questa nuova versione modernizza e semplifica il sistema di regole d’origine applicabile agli accordi di libero scambio (ALS) dell’area paneuromediterranea, rendendolo più adatto alle catene di fornitura contemporanee e alle esigenze operative delle imprese.

Le disposizioni transitorie in vigore nel 2025, che consentivano di scegliere tra le vecchie e le nuove regole d’origine e di applicare la cosiddetta permeabilità, termineranno alla fine dell’anno. Dal 1° gennaio 2026, negli accordi di libero scambio che contengono un riferimento dinamico alla Convenzione PEM, si applicheranno esclusivamente le regole d’origine della Convenzione riveduta. Negli accordi che non prevedono ancora tale riferimento, continueranno invece ad essere valide le norme della vecchia Convenzione PEM. Di conseguenza, l’area paneuromediterranea sarà suddivisa in due zone di cumulo distinte, all’interno delle quali sarà possibile cumulare solo tra Paesi che adottano lo stesso insieme di regole d’origine.

Fase transitoria e passaggio al nuovo regime

Durante l’anno 2025, le imprese hanno potuto scegliere se applicare le vecchie o le nuove norme di origine nell’ambito della fase transitoria. In questo periodo era consentita, a determinate condizioni, la cosiddetta “permeabilità”, che permetteva il cumulo anche quando fornitori ed esportatori utilizzavano regole diverse.

Dal 1° gennaio 2026, questa possibilità cessa. Negli accordi che contengono un riferimento dinamico alla Convenzione PEM, saranno valide solo le regole d’origine della Convenzione riveduta. Negli altri accordi, che non includono ancora tale riferimento, continueranno invece ad applicarsi le vecchie regole PEM.

Ne risulta una distinzione chiara tra due aree commerciali, o zone di cumulo, all’interno delle quali sarà possibile cumulare esclusivamente secondo le rispettive norme.

Le due zone di cumulo

A partire dal 2026, la zona paneuromediterranea sarà articolata in due aree distinte:

Zona 1 – Convenzione PEM riveduta

Comprende gli accordi che già contengono un riferimento dinamico alla Convenzione, tra cui:

  • Svizzera – Unione europea
  • Convenzione AELS
  • AELS – Albania, Bosnia-Erzegovina, Georgia, Macedonia del Nord, Moldavia, Montenegro, Serbia, Turchia

In questi rapporti commerciali:

  • si applicheranno solo le norme di origine della Convenzione riveduta;
  • le prove d’origine non dovranno più recare la dicitura «REVISED RULES»;
  • non sarà più consentito il cumulo diagonale con materie prime provenienti dalla Zona 2 se importate dopo il 1° gennaio 2026;
  • per le materie prime importate prima di tale data con prova d’origine secondo le vecchie norme, il cumulo rimarrà possibile fino al 31 dicembre 2028 (permeabilità).

Zona 2 – Vecchia Convenzione PEM

Include gli accordi di libero scambio che non contengono ancora un riferimento dinamico alla Convenzione riveduta, in particolare:

  • Svizzera – Isole Faroe
  • AELS – Egitto, Giordania, Israele, Libano, Marocco, Palestina, Tunisia, Ucraina

In questi accordi:

  • continueranno ad applicarsi le regole d’origine della vecchia Convenzione PEM;
  • sarà ancora possibile il cumulo diagonale con Paesi della stessa Zona 2;
  • non sarà più consentito il cumulo con materiali provenienti dalla Zona 1 importati dopo il 1° gennaio 2026;
  • resterà invece possibile cumulare con materiali della Zona 1 importati prima di tale data e accompagnati da una prova d’origine conforme alle vecchie regole.

La Svizzera e gli Stati dell’AELS stanno lavorando per aggiornare progressivamente i propri accordi di libero scambio, introducendo ovunque il riferimento dinamico alla Convenzione riveduta. Tuttavia, secondo l’UDSC, non tutti gli accordi potranno essere modificati entro l’inizio del 2026.

Le principali novità della Convenzione riveduta

La Convenzione paneuromediterranea riveduta introduce diverse innovazioni che semplificano l’applicazione delle regole d’origine e ampliano le possibilità di cumulo:

  • maggiore tolleranza per i materiali non originari, fino al 15% del valore del prodotto;
  • cumulo diagonale esteso all’interno della Zona 1;
  • introduzione di prove d’origine elettroniche, a supporto della digitalizzazione delle operazioni doganali;
  • aggiornamento delle regole di lavorazione in diversi settori, tra cui tessile, chimico e agroalimentare.

Queste modifiche hanno lo scopo di migliorare la competitività delle imprese esportatrici, ridurre gli oneri amministrativi e allineare la disciplina dell’origine preferenziale alla realtà delle catene di approvvigionamento moderne.

Cosa devono fare le imprese esportatrici svizzere

Il nuovo quadro normativo richiede una revisione attenta delle procedure aziendali. Per garantire la conformità e preservare i vantaggi preferenziali, le imprese dovrebbero:

  • verificare la zona di appartenenza dei propri accordi di libero scambio, controllando se fanno riferimento alla nuova o alla vecchia Convenzione PEM;
  • aggiornare la gestione documentale (prove d’origine, dichiarazioni del fornitore, fatture e registri di esportazione);
  • mappare la provenienza dei materiali e assicurarsi che i fornitori operino in zone compatibili;
  • formare il personale dei reparti export, logistica e compliance sulle nuove regole e sui limiti del cumulo;
  • sfruttare la fase di permeabilità, valida fino al 31 dicembre 2028, per utilizzare scorte e componenti importati prima del 2026;
  • monitorare gli aggiornamenti ufficiali pubblicati dall’Amministrazione federale delle dogane (UDSC) e dalla SECO, e ripresi sistematicamente dalla Cc-Ti, che informeranno sugli adeguamenti dei singoli accordi.

Un’evoluzione strategica per il commercio preferenziale

La revisione della Convenzione paneuromediterranea segna una tappa importante verso un sistema di origine più chiaro, moderno e armonizzato.

Per la Svizzera, la transizione alla Convenzione riveduta rafforza la coerenza del proprio quadro commerciale con quello dell’Unione europea e offre alle imprese la possibilità di operare in un contesto più flessibile e digitalizzato.

Resta tuttavia fondamentale prestare attenzione alle interazioni tra la vecchia e la nuova Convenzione, per evitare errori di cumulo o dichiarazioni d’origine non conformi.

Un approccio proattivo – basato su formazione, revisione delle procedure e aggiornamento dei processi di compliance – consentirà alle aziende svizzere di continuare a beneficiare pienamente delle preferenze doganali offerte dagli accordi di libero scambio dell’area paneuromediterranea.

Fonti ufficiali:

Egitto: registrazione anticipata obbligatoria delle spedizioni aeree dal 2026

Da gennaio 2026 tutte le spedizioni aeree dirette in Egitto dovranno essere preregistrate nel sistema ACI (Advanced Cargo Information).

Il Ministero delle Finanze egiziano ha confermato le nuove tempistiche dopo diversi rinvii: la fase sperimentale si concluderà a dicembre 2025 e, dal nuovo anno, l’utilizzo del sistema ACI diventerà obbligatorio per il trasporto aereo.

Ricordiamo che il sistema è già operativo per le spedizioni marittime dal 1° ottobre 2021: con l’estensione al cargo aereo, si completa il processo di digitalizzazione dei controlli doganali egiziani.

Come funziona l’ACI

Il sistema integra due piattaforme complementari:

  • CargoX: utilizzata dagli esportatori per trasmettere la documentazione alle autorità doganali egiziane;
  • Nafeza: gestita dagli importatori egiziani, raccoglie e valida i documenti ricevuti tramite CargoX per le pratiche di sdoganamento.

Questa architettura garantisce maggiore tracciabilità e trasparenza nelle operazioni doganali.

Passaggi operativi per le aziende esportatrici

Per garantire uno sdoganamento regolare, le aziende esportatrici devono seguire i seguenti passaggi:

  • Registrazione su CargoX
    • attivazione di una chiave blockchain e acquisto di crediti per il caricamento e l’invio dei documenti;
    • prevedere alcuni giorni per il completamento della registrazione.
  • Coordinamento con l’importatore
    • l’importatore inserisce i dati della spedizione (fattura commerciale o proforma) nella piattaforma Nafeza;
    • il sistema genera automaticamente il numero ACID (Advance Cargo Information Declaration);
    • il codice viene comunicato a entrambe le parti;
    • lato esportatore, il codice deve essere riportato su tutti i documenti dal lato esportatore.
  • Caricamento dei documenti
    • obbligatori: fattura commerciale, certificato d’origine e polizze di carico, in formato PDF e comprensivi del numero ACID;
    • la fattura deve essere caricata anche in formato XLS tramite il template fornito dalla piattaforma;
    • i documenti devono essere caricati al più tardi 48 ore prima dell’arrivo della merce in Egitto.
  • Coordinamento con lo spedizioniere
    • il numero ACID va comunicato allo spedizioniere, che lo utilizzerà per l’emissione corretta dei documenti di trasporto.

Fonte: Germany Trade & Invest, GTAI

Dazi “reciproci USA”: nuovo ordine esecutivo

Il 5 settembre 2025 il Presidente Trump ha firmato un nuovo Ordine esecutivo che modifica l’attuale regime dei dazi “reciproci” e introduce meccanismi inediti per l’attuazione di accordi commerciali e di sicurezza. Le misure entrano in vigore l’8 settembre 2025.

Contesto normativo

L’Ordine esecutivo del 5 settembre 2025 si inserisce nella cornice degli Ordini esecutivi 14257 (2 aprile 2025) e 14326 (31 luglio), che avevano dichiarato uno stato di emergenza nazionale collegato ai deficit commerciali e introdotto misure tariffarie straordinarie per motivi di sicurezza nazionale.

Il nuovo Ordine aggiorna le categorie di merci esentate dai “dazi reciproci” (Allegato I) e istituisce un regime tariffario condizionato al grado di allineamento strategico dei partner commerciali (Allegati II e III).

Modifiche all’Allegato II dell’Ordine esecutivo 14257

L’elenco dei beni esclusi dai dazi “reciproci” contenuto nell’Allegato II dell’Ordine esecutivo 14257 è stato significativamente ampliato. Tra le principali categorie introdotte figurano:

  • settore farmaceutico: lidocaina e altri anestetici locali, ingredienti attivi per farmaci generici non brevettati;
  • metalli critici: nichel, grafite, oro (in polveri, foglie, lingotti);
  • minerali rari essenziali per tecnologie avanzate:torio, stagno, molibdeno;
  • tecnologie avanzate: LED di alta precisione, magneti permanenti in terre rare (neodimio).

Parallelamente, alcune categorie precedentemente esentate tornano soggette a dazi “reciproci”:

  • plastiche e polimeri: PET, resine epossidiche, siliconi, poliestere;
  • prodotti chimici di base: idrossido di alluminio, miscele di alcoli aciclici.

L’Allegato I dell’Ordine esecutivo del 5 settembre elenca le categorie di merci interessate, riportando i corrispondenti codici tariffari HTSUS.

Introduzione del meccanismo “PTAAP”

La novità più rilevante è l’introduzione degli Allegati II e III Potential Tariff Adjustments for Aligned Partners (Allegato PTAAP), che prevede un regime tariffario preferenziale e condizionato.

Per le merci elencate, gli Stati Uniti possono applicare esclusivamente il dazio MFN (Most-Favored-Nation) anziché tariffe punitive se il Paese partner

  • conclude un accordo di commercio e sicurezza con clausole specifiche di cooperazione strategica;
  • assume impegni vincolanti, concreti e misurabili per ridurre gli squilibri commerciali bilaterali; e
  • rafforza la cooperazione economica in settori strategici, inclusa la condivisione di tecnologie critiche e l’allineamento in ambito di standard di sicurezza.

Categorie di beni inclusi nel PTAAP

L’Allegato PTAAP si applica a quattro aree strategiche:

  • aerospazio: aeromobili completi, parti di ricambio, avionica e componentistica certificata;
  • farmaceutica: medicinali generici, principi attivi non brevettati e ingredienti per l’industria;
  • risorse naturali critiche: materiali non disponibili negli USA e derivati industriali;
  • agricoltura specializzata: prodotti agricoli non coltivati o in quantità sufficienti sul mercato interno.

L’Allegato II elenca le categorie di merci interessate, riportando i corrispondenti codici tariffari HTSUS.

Attivazione e gestione operativa

Le esenzioni tariffarie previste dal PTAAP si attivano automaticamente al momento della ratifica dell’accordo bilaterale, senza bisogno di ulteriori ordini esecutivi.

La gestione operativa del sistema è affidata a tre organismi federali:

  • USTR (United States Trade Representative) – negoziazione e supervisione degli accordi commerciali
  • Department of Commerce – valutazione tecnica dei prodotti e classificazione tariffaria
  • U.S. Customs and Border Protection (CPB) – implementazione pratica alle frontiere e controlli doganali

Raccomandazioni operative

La CPB ha già pubblicato le linee guida per una corretta dichiarazione doganale, cfr. CSMS # 66151866 del 6 settembre 2025.

Considerando la natura dinamica del framework normativo e la possibilità di aggiornamenti periodici, è opportuno monitorare con attenzione le modifiche agli allegati tariffari, in una prima fase gli aggiornamenti all’Allegato II dell’ordine esecutivo 14257 del 2 aprile.

“Swiss Made” sotto pressione

Il dilemma delle imprese svizzere tra dazi punitivi e identità di marca

Il 7 agosto ha segnato una svolta nei rapporti commerciali tra Stati Uniti e Svizzera: i dazi “reciproci” introdotti dall’amministrazione Trump impongono ora un aggravio del 39% sui prodotti elvetici. Una soglia che erode margini, riduce volumi e mette a dura prova la competitività delle nostre imprese. In questo contesto le aziende si muovono su una linea sottile: da un lato la tentazione di sfuggire ai dazi punitivi con, talvolta, soluzioni creative, dall’altro l’esigenza di salvaguardare l’integrità dello “Swiss Made”.

Un marchio che vale più di un’etichetta

Lo “Swiss Made” è molto più di un marchio: rappresenta eccellenza, qualità e autenticità. La reputazione dell’ingegneria elvetica si fonda su precisione e affidabilità; l’orologeria è sinonimo di lusso e perfezione meccanica, il cioccolato di raffinatezza. In un mercato globalizzato poche etichette hanno lo stesso peso simbolico. Perderlo significherebbe intaccare un patrimonio fatto di credibilità, prestigio e fiducia costruiti nel tempo.
Molte aziende integrano già componenti o fasi produttive realizzati all’estero. La normativa prevede infatti criteri che lasciano un certo margine di manovra: per i prodotti industriali, ad esempio, almeno il 60% del costo di produzione deve essere sostenuto in Svizzera e il processo che conferisce le caratteristiche essenziali deve svolgersi sul territorio nazionale. Va però ricordato che le regole doganali sull’origine non coincidono perfettamente con quelle che disciplinano lo “Swiss made”, legate alla proprietà intellettuale. In questa sede, tuttavia, tali differenze non saranno approfondite, poiché meno rilevanti rispetto alla garanzia dell’identità svizzera del prodotto.

Soluzioni fantasiose: re-routing e rielaborazioni minime

Per ridurre i dazi, alcune imprese valutano il re-routing verso l’Unione europea (UE) per attività di confezionamento, reimballaggio o semplice assemblaggio. Operazioni legali, ma che non modificano le caratteristiche essenziali del prodotto, non richiedono competenze tecniche e non generano reale valore aggiunto. Si tratta quindi di soluzioni deboli e temporanee, che le espongono a rischi elevati in caso di controlli doganali, che le autorità statunitensi annunciano particolarmente severi nei prossimi mesi.

Ipotesi più realistiche: delocalizzare fasi produttive

Alcune aziende considerano di trasferire fasi produttive nell’UE per beneficiare di dazi più bassi: i prodotti di origine europea, infatti, sono soggetti a un’aliquota del 15%. Qualora tali lavorazioni configurino una “trasformazione sostanziale”, l’accesso al mercato americano risulta più conveniente. Questo approccio però, comporta la perdita dello “Swiss Made” (e, sebbene qui non approfondito, anche dei vantaggi derivanti dall’origine preferenziale svizzera nell’ambito di accordi di libero scambio di rilievo, come quello con Cina o India). Senza questa denominazione, un macchinario, ad esempio, diventa un “altro” prodotto europeo, in concorrenza diretta con prodotti italiani, francesi o tedeschi. Le conseguenze non sono solo semantiche: si perdono unicità, margini e la possibilità di mantenere un premium price.

Reputazione globale a rischio

Lo “Swiss Made” ha valore oltre gli USA: in Asia è sinonimo di lusso, in Medio Oriente garanzia di esclusività, in Europa simbolo di qualità.
Anche in mercati più sensibili al prezzo, come America Latina e Africa, l’etichetta influenza le decisioni d’acquisto. Rinunciarvi significherebbe compromettere la competitività su più mercati, indebolendo un asset strategico costruito in decenni di eccellenza.

Opzioni strategiche a confronto

La preziosa reputazione globale dello “Swiss Made” pone le imprese elvetiche davanti a scelte complesse:

  • Mantenere la produzione in patria, negoziando, laddove possibile, riduzioni di prezzo o condivisione dei costi doganali. Una soluzione che preserva l’integrità del marchio, ma limita la competitività.
  • Delocalizzare nell’UE, riducendo i dazi ma sacrificando lo “Swiss Made”. Resta l’incognita: quanto resteranno in vigore questi dazi?
  • Adottare una strategia ibrida, con linee “Swiss Made” per altri mercati e “Made in EU” per gli USA. Una forma di segmentazione, che richiede una gestione attenta del proprio brand.
  • Abbandonare il mercato statunitense, opzione estrema che salvaguarda l’identità ma riduce le prospettive globali.

I costi nascosti

Trasferire fasi produttive non è mai un’operazione neutra: comporta nuovi contratti di fornitura, costi logistici aggiuntivi, il rafforzamento dei controlli qualità e l’adeguamento a normative differenti. Spesso, questi fattori erodono i risparmi doganali, riducendo il vantaggio competitivo atteso. Ancora di più se i trasferimenti sono “provvisori”: ci si è davvero interrogati sul costo reale della cosiddetta “exit”?

Identità o sopravvivenza?

La scelta strategica non è solo economica, ma anche culturale.
Accettare i dazi significa difendere un marchio che rappresenta la Svizzera nel mondo. Sacrificarlo per la competitività immediata equivale a rinunciare a un patrimonio simbolico difficile da ricostruire. In gioco non c’è solo un’etichetta: è l’essenza dello “Swiss Made”, un valore intangibile che nessuna scorciatoia doganale può sostituire.

Innovare per resistere

Molte aziende svizzere esplorano strategie alternative. Una è la diversificazione geografica, puntando su mercati dove lo “Swiss Made” mantiene fascino, crescita e vantaggi dal libero scambio. L’altra è l’innovazione: investimenti in R&D, digitalizzazione e sostenibilità possono giustificare anche un sovrapprezzo del 39%. Tecnologie proprietarie, certificazioni ambientali e servizi esclusivi trasformano il dazio da ostacolo a elemento distintivo: “costa di più perché vale di più”.

Verso una nuova eccellenza svizzera

Non esiste una soluzione unica: ogni azienda deve bilanciare pragmatismo e identità. Lo “Swiss Made” non può più fare affidamento solo sul prestigio storico; deve dimostrare ogni giorno il proprio valore attraverso innovazione e prestazioni superiori. Da questa sfida può nascere una versione moderna dell’eccellenza svizzera, capace di prosperare anche nei mercati più difficili. La vera forza del “Made in Switzerland” sta nell’evolversi senza tradire la propria essenza.

Nuova scheda SECO: attenzione all’export di macchine utensili

La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha pubblicato una nuova scheda informativa dedicata ai rischi legati all’esportazione di macchine utensili nel contesto delle sanzioni internazionali.

Il documento (PDF, 296 kB, 13.08.2025) richiama l’attenzione sul fatto che, in diversi casi, macchine utensili di origine svizzera sono state casi deviate verso Paesi sottoposti a sanzioni attraverso società di comodo situate in Stati terzi.

Per ridurre tali rischi, la SECO invita le aziende esportatrici a rafforzare i propri sistemi di compliance lungo l’intero processo di esportazione, e in particolare a:

  • applicare una due diligence continua sugli utenti finali e garantire un’adeguata formazione dei collaboratori;
  • effettuare verifiche approfondite prima dell’esportazione, incluse analisi della plausibilità degli ordini e del background dei clienti;
  • introdurre misure di controllo post-esportazione per monitorare ubicazione e utilizzo dei macchinari, segnalando altresì tempestivamente alla SECO eventuali deviazioni sospette;
  • prestare particolare attenzione ai segnali di rischio illegali (i cosiddetti red flags) tipici di acquisti illegali, come anomalie nei prezzi, richieste di riservatezza eccessiva, rotte di trasporto poco plausibili, uso ingiustificato di intermediari o scarsa trasparenza sull’utente finale.

Altri link utili:

Dazi USA: primi effetti

Aziende ticinesi sotto pressione

Da settimane i rapporti commerciali con gli Stati Uniti occupano le prime pagine e le agende di imprese e istituzioni. La decisione americana di imporre un dazio del 39% sulle merci di origine svizzera rappresenta un provvedimento tanto gravoso quanto difficile da comprendere nelle sue motivazioni.
E non facilmente “aggirabile”, perché è bene ribadire, con chiarezza, che il criterio discriminante per l’applicazione dei dazi è l’origine doganale della merce: non contano altre variabili o stratagemmi spesso descritti con eccessiva leggerezza come “vie d’uscita” o soluzioni miracolose.
Non siamo di fronte a un tecnicismo burocratico: l’origine della merce costituisce un elemento centrale della disciplina commerciale internazionale e, di conseguenza, un fattore determinante per le autorità di tutto il mondo e per le strategie aziendali.

Le imprese elvetiche si trovano attualmente a dover prendere decisioni rapide in un contesto che offre pochissime garanzie di stabilità. A oggi i dazi applicati alle merci europee sono ad esempio inferiori del 24% rispetto a quelli gravanti sui prodotti svizzeri, ma resta aperta la domanda: per quanto tempo questa disparità durerà? L’accordo tra Stati Uniti e Unione europea è stato pubblicato da pochi giorni e su diversi punti pesa, comunque, ancora l’incertezza quanto a interpretazione, conseguenze, ecc.
Nei nostri recenti interventi abbiamo più volte sottolineato la complessità del quadro generale. Parlare di delocalizzazione come risposta immediata non è realistico, perché trasferire anche solo una parte di un’attività produttiva richiede tempo, capitali e analisi approfondite. E una volta delocalizzata l’attività non si può fare marcia indietro a piacimento. Lo stesso vale per l’apertura di nuovi mercati. Un percorso che le imprese svizzere intraprendono in modo sistematico da anni, spesso indipendentemente da situazioni di crisi. Non è infatti da vedere come una mossa “disperata” dettata da necessità contingenti, bensì di un lavoro continuo, che comporta investimenti, valutazioni di rischio, ricerca di partner affidabili e tempi fisiologici di consolidamento.
Vale la pena sottolineare che questa attenzione costante delle aziende svizzere alle misure da intraprendere non è una novità. È una realtà che si è manifestata più volte anche in passato, quando il nostro tessuto imprenditoriale ha dovuto fronteggiare crisi di grande portata – dalla crisi finanziaria internazionale al franco forte, fino alla pandemia. Esperienze che hanno dimostrato la resilienza e la capacità di adattamento del sistema produttivo, pur all’interno di scenari difficili e spesso imprevedibili.

Il peso del mercato USA

Al tempo stesso, occorre ricordare che, nel caso specifico, il mercato statunitense non è facilmente sostituibile. Le sue dimensioni, la capacità di spesa e il grado di apertura a beni ad alto valore aggiunto lo rendono un interlocutore quasi imprescindibile. Ogni ipotesi di riduzione della presenza svizzera negli USA deve dunque essere valutata con estrema cautela, poiché implica conseguenze economiche e strategiche non paragonabili a quelle di altri mercati.
Per avere un quadro più preciso e fondato su dati concreti della situazione attuale, la Cc-Ti ha interpellato un campione rappresentativo di aziende associate attive a livello internazionale, appartenenti a settori differenti, per avere un primo rilevamento indicativo delle conseguenze per il tessuto economico ticinese.
In totale, hanno partecipato al sondaggio una sessantina di aziende prevalentemente attive nei comparti MEM (che costituiscono la quota principale), Logistica & Trasporti (14%), Farma/ Medtech/Biotech (7%) e Alimentare & Bevande (7%). Oltre la metà appartiene al settore industriale manifatturiero. Due terzi delle imprese hanno tra 1 e 49 dipendenti, mentre un terzo si colloca nella fascia 50-249.
Per una buona parte delle imprese, l’export verso gli Stati Uniti rappresenta meno del 10% del fatturato. Tuttavia, nel settore MEM la quota cresce in maniera significativa, raggiungendo in alcuni casi anche il 50%. È interessante rilevare come quasi la metà delle aziende dichiari di subire anche effetti indiretti – attraverso clienti o fornitori – e non solo un impatto diretto. Soltanto una minoranza afferma di non essere colpita.
Fra chi è esposto, il peso del dazio risulta tutt’altro che marginale: per il 36% delle imprese l’impatto stimato arriva fino al 25% del fatturato, mentre per il 9% supera tale soglia.
In sostanza, il sondaggio evidenzia che oltre l’84% delle aziende risulta direttamente o indirettamente esposto ai dazi USA. L’impatto più forte colpisce la redditività: quasi la metà delle imprese segnala effetti negativi rilevanti sui margini, mentre oltre il 42% teme cali di fatturato. Le ripercussioni
occupazionali, pur meno marcate, restano significative, con quasi un’azienda su tre che ipotizza riduzioni di organico se la situazione attuale dovesse perdurare.
Dal punto di vista strategico, la delocalizzazione produttiva viene valutata da circa il 23% come un’opzione di lavoro concreta
, mentre quasi un quinto individua nell’automazione un possibile correttivo per mitigare l’effetto dei dazi e rilanciare la competitività.
Nonostante ciò, le strategie di risposta al nuovo regime dei dazi appaiono ancora parziali e non strutturate, come è normale che sia in una situazione del genere.
Prevale un certo attendismo che però deve essere combinato con valutazioni strategiche molto avanzate. Un dilemma all’insegna dell’incertezza che complica notevolmente il lavoro. Le ipotesi di compensazione su altri mercati o di ricorso al lavoro ridotto emergono, ma la quota di indecisi dimostra che prevale, appunto, l’attesa. Molte imprese stanno avviando confronti diretti con i partner americani per valutare una condivisione del peso dei dazi. In alcuni casi i maggiori costi possono essere trasferiti ai consumatori finali, in altri – specie in settori sensibili al prezzo – questo non è possibile.


Accordi bilaterali III fra Svizzera e Unione europea (UE)

Nel giugno del 2025 il Consiglio federale ha approvato gli accordi con l’UE e ha avviato la procedura di consultazione, che durerà fino alla fine di ottobre. Per la fase che va dalla fine del 2024 all’’entrata in vigore del pacchetto, la Svizzera e l’UE hanno definito disposizioni transitorie relative al livello di partenariato e di cooperazione.
L’adozione del messaggio all’attenzione del Parlamento è prevista per il primo trimestre del 2026. Solo l’Accordo sui programmi UE (EUPA) dovrebbe essere firmato dal Consiglio federale già verso la fine dell’autunno 2025. Tale firma consentirà alla Svizzera di partecipare retroattivamente come Stato associato ai programmi Orizzonte Europa, Euratom ed Europa Digitale dal 1° gennaio 2025.

I nostri ospiti, che rappresentano il mondo politico, economico, sindacale e accademico, aiuteranno a comprendere la rilevanza della posta in gioco.

Vi diamo appuntamento il prossimo 19 settembre 2025, dalle ore 18.00, presso il Teatro sociale di Bellinzona, per questo importante momento di confronto che prevede il seguente programma:

  • Saluto introduttivo di Luca Albertoni, Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino e di Jon Pult, Consigliere nazionale e Presidente dell’Associazione svizzera di politica estera
  • Intervento del Consigliere federale Ignazio Cassis, Capo del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE)

Seguirà una discussione con

  • Vania Alleva, Presidente nazionale del sindacato UNIA
  • Monika Rühl, Presidente della Direzione generale di economiesuisse
  • Giovanni Merlini, Avvocato e Presidente della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI)

La discussione sarà moderata da Pietro Bernaschina, Responsabile attualità TV della Radiotelevisione Svizzera di lingua Italiana (RSI).

ISCRIZIONE all’evento

Nuovi derivati di acciaio e alluminio soggetti a dazi aggiuntivi USA

L’Amministrazione statunitense ha esteso l’applicazione dei dazi aggiuntivi del 50% sulle importazioni di acciaio e alluminio, includendo 407 nuove voci tariffarie.

Il Bureau of Industry and Security (BIS) ha aggiunto 407 nuovi codici HTSUS (Harmonized Tariff Schedule of the United States) all’elenco dei derivati dell’acciaio e dell’alluminio soggetti ai dazi addizionali della Sezione 232. Gli elementi non in acciaio e non in alluminio presenti nei prodotti elencati rimangono soggetti ai dazi “reciproci”.

I dazi sui nuovi prodotti entrano in vigore per tutte le merci immesse in consumo o prelevate da deposito per consumo a partire dal 18 agosto 2025 alle ore 00:01 EDT (06:01 ora svizzera). Non sono previste eccezioni per le merci già in transito.

Per i derivati dell’acciaio, le aggiunte riguardano prodotti dei Capitoli HTS: 4, 21, 27, 28, 29, 30, 32, 33, 34, 35, 38, 39, 72, 73, 76, 82, 83, 84, 85, 86, 87 e 94.

Per i derivati dell’alluminio, le aggiunte riguardano prodotti dei Capitoli HTS: 4, 21, 27, 29, 30, 32, 33, 34, 35, 37, 38, 73, 76, 83, 84, 85, 87 e 94.

La CBP ha già pubblicato le linee guida per la corretta dichiarazione delle merci. Gli elenchi aggiornati dei prodotti soggetti alla Sezione 232 sono disponibili a fondo pagina:

IMPORTANTE: si raccomanda di verificare con attenzione le classificazioni tariffarie aggiornate, che includono, tra gli altri, farmaci finiti in confezioni blister (HTSUS 3004.90.9244) e componenti auto.

Entra in vigore l’accordo di libero scambio AELS-India

Il 1° ottobre 2025, entrerà ufficialmente in vigore l’Accordo di partenariato commerciale ed economico globale (TEPA) tra l’Associazione europea di libero scambio (AELS) e l’India, aprendo nuove prospettive per gli scambi bilaterali e rafforzando la competitività delle imprese svizzere sul mercato indiano. Con questo accordo, le aziende esportatrici potranno beneficiare di condizioni tariffarie agevolate e di regole d’origine specifiche, con un impatto diretto sui costi e sull’accesso al mercato.

In questo articolo ci concentriamo sull’export di merci, evidenziando le principali novità normative e operative. Tra queste, spiccano l’uscita dell’India dal sistema di preferenze generalizzate (GSP) e l’aggiornamento automatico delle aliquote preferenziali nella tariffa elettronica Tares. È già possibile prendere visione delle nuove regole d’origine tramite gli Allegati 2A e 2A.1 dell’accordo. Il cumulo è limitato ai prodotti originari dell’AELS e dell’India, con una tolleranza generale del 10% per le regole della lista che richiedono un cambiamento di voce o di capitolo.

Per la prova dell’origine, gli esportatori elvetici potranno utilizzare una dichiarazione di origine redatta in inglese con firma elettronica (riservata agli esportatori autorizzati) oppure un certificato EUR.1, con l’obbligo di conservare la documentazione per almeno cinque anni. Inoltre, le merci originarie dovranno essere spedite direttamente alla destinazione finale (trasporto diretto). È consentito il trasbordo purché senza ulteriori lavorazioni.

Sul piano commerciale, l’India avvierà una graduale eliminazione dei dazi doganali su gran parte dei prodotti (capitoli 1–97, cfr. Appendice 2C.3 all’Allegato 2C | Calendario concessioni India sui prodotti di origine svizzera, per le sigle vedasi l’Allegato 2C | Schedules of India’s Tariff Commitments), mentre negli Stati membri dell’AELS si prevede una riduzione o un’abolizione immediata dei dazi all’entrata in vigore dell’Accordo (cfr. Allegato 2F | Calendario concessioni Svizzera sui prodotti indiani). Queste misure contribuiranno a ridurre i costi di accesso al mercato e a favorire nuove opportunità di export per le imprese.

Dal punto di vista operativo, va considerata la possibilità di imposizione provvisoria nel caso in cui la prova di origine non venga fornita tempestivamente. Le merci già in transito o in deposito doganale al 1° ottobre 2025 potranno comunque beneficiare delle aliquote preferenziali fino al 30 giugno 2026, a condizione che venga successivamente presentata la prova d’origine. È inoltre importante verificare le regole specifiche per i prodotti soggetti a particolari condizioni di impiego.

Per le imprese che operano o intendono operare con l’India, risulta ora  essenziale:

  • verificare la corretta classificazione doganale dei propri prodotti,
  • analizzare le regole d’origine per sfruttare appieno le preferenze,
  • aggiornare le procedure interne per l’emissione di dichiarazioni di origine conformi
  • monitorare attentamente le fasi di riduzione tariffaria in India per cogliere tempestivamente le finestre di opportunità commerciali.

Link utili:

Per domande o approfondimenti (es. tabella di calcolo dello sgravio daziario), potete rivolgervi a:

Monica Zurfluh
Responsabile Commercio Internazionale
T +41 91 911 51 35
zurfluh@cc-ti.ch