La riforma del sistema dell’IVA nell’UE – Misure a breve – Aggiornamento

I contenuti di questo testo sono stati aggiornati nel mese di ottobre 2019. Il presente articolo, a firma di Bernardo Lamoni, si appoggia invece ad una precedente pubblicazione del 27 febbraio 2018.

La Commissione Europea aveva varato in data 4 ottobre 2017 la proposta di riforma dell’IVA riguardante i fondamenti giuridici del sistema definitivo per gli scambi intracomunitari B2B, seguita in data 25 maggio 2018 da un’ulteriore proposta di disposizioni tecniche di dettaglio (1). Il regime definitivo, secondo quanto proposto dalla Commissione Europea, dovrebbe entrare in vigore il 1° luglio 2022.

Sempre in data 4 ottobre 2017 la Commissione Europea aveva presentato una serie di misure urgenti per migliorare il funzionamento pratico di alcune problematiche esistenti ormai da anni e che necessitano finalmente di una base giuridica a livello di direttive e regolamenti, prima dell’attuazione del regime definitivo:

  1. Obbligo dell’acquirente di disporre di un numero di identificazione (UID.IVA) dove ha luogo l’acquisto intracomunitario come requisito sostanziale per il fornitore per l’attuazione della cessione intracomunitaria esente da IVA.
  2. Semplificazioni ed armonizzazione del regime di “Call-off stock” per evitare che il fornitore debba identificarsi ai fini IVA nell’altro Stato UE dove è ubicato il magazzino merci dell’acquirente.
  3. Semplificazione e armonizzazione delle norme concernenti le operazioni a catena tra tre operatori, quando il trasporto è organizzato dall’operatore intermedio per stabilire in modo univoco la cessione intracomunitaria esente da IVA.
  4. Creazione di disposizioni comuni inerenti alle prove documentali del trasferimento fisico delle merci nell’ambito delle cessioni intracomunitarie.

In particolare la Commissione Europea proponeva che le misure 2, 3, e 4 si applicassero unicamente laddove gli operatori coinvolti avessero goduto dello status di “soggetto passivo certificato”.

In data 2 ottobre 2018 il Consiglio dell’Unione Europea, in sede di riunione ECOFIN, ha raggiunto un accordo politico sulle misure urgenti in esame (the VAT “quick-fixes”). Dal documento approvato, sono emerse alcune modifiche interessanti anche per aziende svizzere registrate ai fini IVA in uno o più stati dell’UE (2).

Prima di trattare i punti in questione si segnala, per quanto riguarda l’iter decisionale, che il Consiglio dell’UE prevede di adottare il documento dopo che il Parlamento europeo avrà pubblicato la sua opinione su questo fascicolo. In seguito il Consiglio dell’UE potrà deliberare con l’unanimità dei voti (da qui l’accordo politico preventivamente raggiunto). Queste fasi finali dovrebbero aver luogo prossimamente.

Nella prima fase di proposte la Commissione Europea aveva fissato come termine per l’entrata in vigore delle misure in esame il 1° gennaio 2019 suscitando parecchio nervosismo siccome nel package di misure urgenti formulate in modo chiaro e relativamente semplici, la Commissione Europea aveva inserito la nuova figura del soggetto passivo certificato, la cui realizzazione pratica capillare ed armonizzata a livello di ogni singolo Stato UE dal profilo normativo ed informatico, avrebbe comportato tempi di realizzazioni di alcuni anni.

Nel recente documento approvato dal Consiglio dell’UE emergono due novità. La prima riguarda il fatto che le misure urgenti riguarderanno indistintamente tutti i soggetti passivi identificati ai fini IVA e non più solamente i soggetti passivi certificati come originariamente proposto dalla Commissione Europea. Mentre la seconda riguarda il termine per l’entrata in vigore delle misure urgenti, posticipato al 1° gennaio 2020.

In questo modo le disposizioni riguardanti i soggetti passivi certificati dovrebbero da ora in poi essere integrate nel package finale delle normative sul regime definitivo previsto appena il 1°luglio 2022.

Riprendiamo dapprima alcune caratteristiche di questa nuova figura “privilegiata” chiamata soggetto passivo certificato.

L’attuale normativa comunitaria non effettua alcuna distinzione tra operatori affidabili e meno affidabili per quanto riguarda il corretto comportamento del soggetto passivo nel contesto delle disposizioni IVA. La concessione di questo nuovo status dovrebbe consentire di evidenziare gli operatori affidabili i quali beneficeranno di una serie di semplificazioni ora previste come già detto appena nel sistema IVA definitivo. Per ottenere lo status di soggetto passivo certificato, l’operatore dovrà provare cumulativamente l’assenza di violazioni gravi della normativa doganale e fiscale, la propria solvibilità finanziaria e l’alto livello di controllo interno delle proprie operazioni.

È tutt’ora prematuro pronunciarsi sulla possibilità per un’azienda svizzera senza stabile organizzazione in territorio comunitario di ottenere tale status quando verrà introdotto, in quanto le attuali proposte legislative stabiliscono che il soggetto passivo interessato dovrà inoltrare la richiesta all’amministrazione fiscale dello Stato UE dove ha stabilito la sede della sua attività economica o una stabile organizzazione (3).

Come visto, questa problematica non dovrebbe impattare per alcuni anni le nuove misure urgenti che varranno indistintamente per tutti gli operatori comunitari e non, imponibili ai fini IVA nell’UE.

1 – Misura: Numero identificazione IVA ed elenchi riepilogativi

Gli Stati UE hanno chiesto che nella direttiva IVA sia incluso l’obbligo per l’acquirente di disporre di un numero di identificazione IVA nello Stato UE di destinazione della merce, dove ha luogo l’acquisto intracomunitario. Ciò rappresenta un requisito sostanziale per consentire al fornitore di applicare l’esenzione ad IVA alla sua cessione nello Stato UE di partenza della spedizione.

In tal modo si eliminerebbe l’orientamento ormai consolidato adottato dalla Corte di Giustizia Europea che considera il numero di identificazione dell’acquirente un mero requisito formale per l’esenzione ad IVA della cessione intracomunitaria.  In quest’ambito si aggiunge un ulteriore requisito sostanziale per l’esenzione della cessione intracomunitaria che consiste nell’obbligo della corretta presentazione degli elenchi riepilogativi da parte del fornitore.

L’attuale regime IVA prevede già l’obbligo per il fornitore di trasmettere i dati alle autorità fiscali del paese di partenza della merce i quali sono poi trasmessi alle autorità di destinazione della spedizione, per permettere verifiche incrociate nei confronti degli acquirenti in relazione al loro obbligo di dichiarazione del relativo acquisto intracomunitario.

Attualmente tuttavia, il mancato inoltro degli elenchi riepilogativi comporta solamente l’applicazione di sanzioni, senza causare il diniego dell’esenzione all’IVA nel caso di cessioni intracomunitarie. Le modifiche alla direttiva IVA prevedono come nuova disposizione che anche la corretta presentazione degli elenchi riepilogativi diventino un requisito sostanziale per l’esenzione all’IVA alle cessioni intracomunitarie.

2 – Misura: Regime di “Call-off stock”, semplificazioni e armonizzazioni

Nel regime di “Call-off stock” il fornitore di uno Stato UE trasferisce merce ad un acquirente noto, operante in un altro Stato UE, senza che vi sia passaggio di proprietà. In un primo momento, il fornitore deterrà quindi merci proprie presso gli stabilimenti dell’acquirente. L’acquirente a sua volta converrà contrattualmente il diritto di prelevare i beni secondo i propri fabbisogni d’impresa.

Le attuali normative comunitarie prevedono i seguenti eventi rilevanti ai fini dell’IVA.

  • La spedizione della merce all’acquirente genera nello Stato UE del fornitore un trasferimento intracomunitario di beni “a sé stessi” in uscita, da dichiarare con gli stessi criteri delle usuali cessioni intracomunitarie.
  • Contemporaneamente l’arrivo della merce negli stabilimenti del futuro acquirente genera sempre per il fornitore un trasferimento di beni “a sé stessi” in entrata, da dichiarare con gli stessi criteri degli usuali acquisti intracomunitari nello Stato UE del futuro acquirente.
  • All’atto del successivo prelevamento dei beni da parte dell’acquirente si genererà la cessione rilevante ai fini dell’IVA che qualificherà come cessione nazionale imponibile.

Il cedente deve quindi identificarsi ad IVA nello Stato UE dell’acquirente sia per dichiarare il trasferimento dei suoi beni presso gli stabilimenti di quest’ultimo, sia per dichiarare la successiva cessione nazionale. Va riconosciuto che nel corso degli anni alcuni Stati UE hanno sviluppato misure di semplificazione personalizzate attuabili tuttavia solamente se “sincronizzabili” con le normative dello Stato UE in cui opera la controparte commerciale.

La soluzione ora proposta nel regime di “Call-off stock”, consiste in un’unica operazione rilevante ai fini IVA, che qualifica come cessione intracomunitaria, differita al momento del prelevamento della merce da parte dell’acquirente. Il semplice trasferimento intracomunitario del bene non rileverà più ai fini dell’IVA e il cedente non dovrà identificarsi ad IVA nello Stato UE dell’acquirente.

3 – Misura: Semplificazione e armonizzazione delle norme concernenti le operazioni a catena

Le operazioni a catena rientranti nel campo di applicazione della proposta in oggetto sono caratterizzate da cessioni successive della stessa merce le quali sono trasferite da uno Stato UE ad un altro Stato UE mediante un unico trasporto. I nuovi criteri che determinano la cessione intracomunitaria, quando il trasporto è effettuato dal fornitore intermedio in un’operazione a catena tra tre operatori (A-B-C) si possono così riassumere:

  • se B è identificato ad IVA in uno Stato UE diverso da quello di partenza dei beni la cessione tra A e B qualificherà come intracomunitaria e la successiva cessione tra B e C sarà imponibile nello Stato UE di destinazione dei beni,
  • mentre se B comunica ad A la propria partita IVA dello Stato UE di partenza, la cessione tra B e C qualificherà come intracomunitaria e l’anteposta cessione tra A e B sarà imponibile nello Stato UE di inizio della spedizione

4. Misura: La prova della cessione comunitaria

Il fornitore di una cessione intracomunitaria per poter beneficiare dell’esenzione all’IVA nello Stato UE di partenza del bene ha da sempre l’onere della prova del trasferimento fisico della merce. A tutt’oggi le normative UE non prevedono disposizioni comuni circa i documenti utilizzabili, lasciando ai singoli Stati l’emanazione di normative locali. Le nuove disposizioni prevedono che i soggetti passivi potranno dimostrare l’avvenuta cessione intracomunitaria se in possesso di due documenti non contradditori contemplati in un apposito elenco (5). In esso sono previsti ad esempio i documenti di trasporto, la lettera CMR (firmata!), i documenti bancari riguardanti il pagamento del trasporto, la corrispondenza commerciale, la dichiarazione IVA dell’acquirente.

Per i trasporti organizzati dall’acquirente (resa EXW o FCA Incoterms 2010) è pure menzionata la conferma di ricezione delle merci rilasciata da quest’ultimo (6). Quest’unico documento dovrebbe essere sufficiente e non richiederebbe un secondo documento non contradditorio da affiancare come per gli altri casi.

Testo a cura di

Bernardo Lamoni,
MA Università Zurigo Business and Economics
Fiduciario commercialista
Via Bosia 13, CH-6900 Paradiso
Email, Tel. +4191 967 49 24

Riferimenti: 

  1. COM (2017) 569 final del 4 ottobre 2017 e COM (2017) 329 final del 25 maggio 2018
  2. Documento 12564/18 del 28 settembre 2018
  3. Occorre inoltre chiarire come va intesa la formulazione di “indirizzo permanente/residenza abituale” in assenza di una sede di attività economica/stabile organizzazione in uno Stato UE, cfr. (COM 2018) 329 final, 25 maggio 2018.
  4. nuovo articolo 36 bis della Direttiva 2006/122/CE
  5. Bozza Art 45bis, cpv 3, Reg. UE n. 282/2011
  6. In tale conferma dovrebbe rientrare la “Certificate of Entry” in vigore in Germania che tuttavia è attualmente prevista anche per i trasporti organizzati dal venditore (es resa DAP Incoterms 2010).

Efficienza, trasparenza e controllo nella gestione delle spese aziendali e di viaggio

«Come posso gestire, controllare e rimborsare in maniera efficiente le spese aziendali dei miei collaboratori?». Ogni datore di lavoro dovrebbe valutare questo aspetto, in quanto rientra tra i suoi obblighi indennizzare tutte le spese necessarie per lo svolgimento del lavoro dei propri collaboratori (Diritto delle obbligazioni 327 a C.).

La soluzione più immediata, ossia che i collaboratori anticipino le spese con i propri mezzi finanziari, non è ottimale, poiché, da un lato, vanno a gravare sul loro bilancio domestico personale. Dall’altro la rendicontazione delle spese è, a seconda della politica aziendale, spesso macchinosa e può comportare un notevole dispendio di tempo – rendendo così la panoramica delle spese d’affari meno trasparente.

Cosa si può dunque intraprendere per avere sempre sotto controllo in maniera razionale e trasparente tutti i costi relativi agli acquisti, le spese d’affari e di viaggio? E come possono questi ultimi essere ottimizzati?

Oggi esistono soluzioni di pagamento innovative, personalizzate in base alle esigenze individuali, che permettono alle aziende di ogni dimensione di gestire in maniera ideale le loro spese legate ai viaggi d’affari, snellendo così notevolmente l’amministrazione e aiutando a identificare potenziali di risparmio significativi.

Utilissimi tool di analisi dei dati consentono di ottimizzare i costi fornendo informazioni preziose per le aziende: ad es. la rapida identificazione di possibilità di risparmio permette la negoziazione di sconti con i partner. Inoltre l’integrazione automatizzata dei dati nei sistemi di gestione delle finanze e spese nell’ERP (Enterprise resource planning) dell’azienda ottimizza i tempi e migliora il controllo. A seconda dell’accordo con l’offerente, l’azienda e/o il collaboratore riceve dei conteggi singoli o riepilogativi dettagliati.

Quali tipi di pagamenti delle spese utilizzate?

Anticipi: i collaboratori anticipano le loro spese in contanti o con la carta di pagamento personale. Il rimborso richiede fino a 30 giorni. Svantaggio: può incidere sul bilancio personale.

Rimborso forfettario: i collaboratori ricevono un’indennità fissa che deve coprire tutte le spese di trasferta. Svantaggio: l’importo può superare la spesa effettiva o essere insufficiente.

Carte di pagamento business: i collaboratori pagano le loro spese con una carta di credito o prepagata business. Approfittano di numerose prestazioni supplementari (ad es. assicurazione viaggi di lavoro, programma frequent-flyer, carte in valute estere, ecc.).

Soluzioni di pagamento centralizzate: le aziende più grandi utilizzano prevalentemente soluzioni di pagamento centralizzate, i cosiddetti «Corporate Travel Accounts», che permettono di consolidare tutte le prestazioni relative ai viaggi in un unico conto. In questo modo facilitano la contabilità e l’imputazione dei costi. Il conto centrale è aperto a nome dell’azienda e depositato internamente o presso l’agenzia viaggi di fiducia.

Soluzioni di pagamento virtuali: grazie a queste nuove possibilità innovative il Procurement o il Travel Manager generano, in maniera sicura e in tempo reale, dei numeri di carte di credito con cui pagano tanto gli acquisti imprevisti quanto quelli regolari e le prenotazioni di viaggi a breve o lungo termine. Criteri aggiuntivi come numeri di centri di costo o di progetto semplificano l’imputazione.

Testo redatto da
Beat Weidmann, Head of Distribution Channels & Sponsoring, Cornèrcard

Proposta di riforma del sistema IVA UE 1.1.2019

Testo a cura di Bernardo Lamoni

Misure a breve

La Commissione Europea ha varato in data 4 ottobre 2017 la proposta di un’importante riforma dell’IVA riguardante i fondamenti giuridici del sistema definitivo per gli scambi intracomunitari B2B che sarà seguita nel 2018 da un’ulteriore proposta di disposizioni tecniche di dettaglio (COM (2017) 569 final). Il relativo piano di azione prevede anche che entro il 2022 siano proposti provvedimenti di attuazione che serviranno come base per gli sviluppi informatici per il funzionamento del nuovo sistema (COM (2017) 566 final). Il processo sarà quindi lungo e assai complesso. La proposta del 4 ottobre 2017 include inoltre quattro misure attuabili al 1° gennaio 2019 (http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-3443_it.htm). Queste sono state esplicitamente richieste dagli Stati dell’Unione Europea (UE) per migliorare il funzionamento pratico di talune questioni spinose, in attesa dell’approvazione e attuazione del regime definitivo. E’ inoltre introdotto il nuovo status di “Soggetto passivo certificato “ai fini dell’IVA.

1. Misura: Numero identificazione IVA ed elenchi riepilogativi

Gli Stati UE hanno chiesto che nella direttiva IVA sia incluso l’obbligo per l’acquirente di disporre di un numero di identificazione IVA nello Stato UE di destinazione della merce, dove ha luogo l’acquisto intracomunitario. Ciò rappresenta un requisito sostanziale per consentire al fornitore di applicare l’esenzione IVA alla sua cessione nello Stato UE di partenza della spedizione. Ciò sistemerebbe la situazione attuale, dove, stando all’interpretazione della Corte di Giustizia Europea il numero di identificazione IVA dell’acquirente rappresenta un mero requisito formale per l’esenzione ad IVA della cessione intracomunitaria. In quest’ambito viene pure rafforzata l’importanza degli elenchi riepilogativi. L’attuale regime IVA prevede l’obbligo del fornitore di presentare tali elenchi alle autorità fiscali del paese di partenza della merce, le quali trasmettono gli stessi alle autorità di destinazione della spedizione, permettendo verifiche incrociate nei confronti degli acquirenti in relazione al loro obbligo di dichiarazione del relativo acquisto intracomunitario. Attualmente tuttavia, il mancato inoltro degli elenchi riepilogativi comporta l’applicazione di sanzioni, senza tuttavia causare il diniego dell’esenzione all’IVA nel caso di cessioni intracomunitarie. Le modifiche alla direttiva IVA prevedono che anche la corretta presentazione degli elenchi riepilogativi diventino un requisito sostanziale per l’applicazione dell’esenzione IVA alle cessioni intracomunitarie.

2. Misura: Regime di “Call-off stock”, semplificazioni e armonizzazioni

Nel regime di “Call-off stock” il fornitore di uno Stato UE trasferisce merce ad un acquirente noto, operante in un altro Stato UE, senza ancora trasferirne la proprietà. In un primo momento, il fornitore deterrà quindi merci proprie presso gli stabilimenti dell’acquirente. L’acquirente a sua volta avrà il diritto di prelevare i beni secondo i propri fabbisogni d’impresa.

Le attuali normative comunitarie prevedono i seguenti eventi rilevanti ai fini dell’IVA.

  • La spedizione della merce all’acquirente genera nello Stato UE del fornitore un trasferimento intracomunitario di beni “a sé stessi” in uscita, da dichiarare con gli stessi criteri delle usuali cessioni intracomunitarie.
  • Contemporaneamente l’arrivo della merce negli stabilimenti del futuro acquirente genera sempre per il fornitore un trasferimento a di beni “a sé stessi” in entrata, da dichiarare con gli stessi criteri degli usuali acquisti intracomunitari nello Stato UE del futuro acquirente.
  • All’atto del prelevamento dei beni da parte dell’acquirente si genererà la cessione rilevante ai fini dell’IVA che qualificherà come cessione nazionale imponibile.

Il cedente deve quindi identificarsi ad IVA nello Stato UE dell’acquirente sia per dichiarare il trasferimento dei suoi beni presso gli stabilimenti dell’acquirente, sia per dichiarare la successiva cessione nazionale.

Va riconosciuto che nel corso degli anni alcuni Stati UE hanno sviluppato misure di semplificazione personalizzate attuabili tuttavia solamente se “sincronizzabili” con le normative dello Stato UE in cui opera la controparte commerciale. La soluzione ora proposta nel regime di “Call-off stock”, consiste in un’unica operazione rilevante ai fini IVA che qualifica come cessione intracomunitaria, differita al momento del prelevamento della merce da parte dell’acquirente. Il semplice trasferimento intracomunitario del bene non rileverà più ai fini dell’IVA e il cedente non dovrà identificarsi ad IVA nello Stato UE dell’acquirente. Attenzione: questa misura sarà applicabile unicamente se cedente e acquirente dispongono dello status di “soggetti passivi certificati”.

Non sono previsti al momento interventi sulle rimanenti disposizioni, che rimarrebbero quindi applicabili agli operatori non qualificabili come soggetti passivi certificati.

3. Misura: Semplificazione e armonizzazione delle norme concernenti le operazioni a catena

Le operazioni a catena rientranti nel campo di applicazione della proposta in oggetto sono caratterizzate da cessioni successive della stessa merce le quali sono trasferite da uno Stato UE ad un altro Stato UE mediante un unico trasporto. Il nuovo articolo 138 bis della Direttiva 2006/122/CE stabilisce i criteri che determinano la cessione intracomunitaria, quando il trasporto è effettuato dal fornitore intermedio e quando il primo fornitore e quello intermedio qualificano come soggetti passivi certificati. In sintesi, nell’ambito di un’operazione a catena tra tre operatori (A-B-C)

  • se il trasporto è organizzato dall’operatore intermedio B
  • e gli operatori A e B qualificano entrambi come “soggetti passivi certificati”,
  • inoltre B è identificato ad IVA in uno Stato UE diverso da quello di partenza dei beni
  • e B comunica ad A il nome dello Stato UE di arrivo dei beni,

la cessione tra A e B sarà la cessione intracomunitaria. Mentre qualora una sola delle condizioni dovesse essere insoddisfatta, la cessione intracomunitaria sarà quella successiva tra B e C. Le operazioni a catena tra quattro e più operatori assai frequenti ad esempio nel trading delle materie prime ne sono escluse.

4. Misura: La prova della cessione comunitaria

Il fornitore di una cessione intracomunitaria per poter beneficiare dell’esenzione all’IVA nello Stato UE di partenza del bene ha da sempre l’onere della prova del trasferimento fisico della merce. A tutt’oggi le normative UE non prevedono disposizioni comuni circa i documenti utilizzabili, lasciando ai singoli Stati l’emanazione di normative locali. La proposta riguarda solamente i “soggetti passivi certificati” i quali potranno dimostrare l’avvenuta cessione intracomunitaria se in possesso di due documenti non contradditori contemplati in un apposito elenco (Bozza Art 45bis, cpv 3, Reg. UE n. 282/2011). In esso sono previsti ad esempio i documenti di trasporto, la lettera CMR (firmata!), i documenti bancari riguardanti il pagamento del trasporto, la corrispondenza commerciale, la dichiarazione IVA dell’acquirente, oppure la conferma di ricezione delle merci (In tale conferma dovrebbe rientrare la “Certificate of Entry” prevista dalla LIVA germanica).

5. Il soggetto passivo certificato

L’attuale normativa comunitaria non effettua alcuna distinzione tra operatori affidabili e meno affidabili per quanto riguarda la corretta applicazione della normativa IVA. La concessione di questo status dovrebbe consentire di identificare gli operatori affidabili i quali beneficeranno delle semplificazioni summenzionate. Per ottenere lo status di soggetto passivo certificato, l’operatore dovrà provare cumulativamente:

  • l’assenza di violazioni gravi o ripetute della normativa doganale e fiscale,
  • la propria solvibilità finanziaria che potrà anche essere supportata da garanzie da parte di primarie, compagnie di assicurazioni, o altre istituzioni finanziarie,
  • l’alto livello di controllo delle proprie operazioni e del flusso delle merci, mediante un sistema di gestione che consenta adeguati controlli doganali o mediante una pista di controllo interno affidabile o certificata.

Tutti i requisiti si considerano soddisfatti se il richiedente detiene già lo status di operatore economico autorizzato ai fini doganali. La domanda di ottenimento dello status di soggetto passivo certificato dovrà essere inoltrata alle autorità fiscali dello Stato UE dove l’operatore ha la sede della sua attività economica oppure dove è ubicata la stabile organizzazione di un operatore la cui sede dell’attività economica è stabilita in Stati non UE. Lo status di soggetto passivo certificato in uno Stato UE è riconosciuto dagli altri Stati UE (Bozza Art 13bis Dir 2006/112/CE. Sono esclusi alcuni regimi come ad es. franchigie per piccole imprese, regime forfettario produttori agricoli, oppure i soggetti che effettuano cessioni di mezzi di trasporto nuovi a titolo occasionale). La verifica se un soggetto passivo risulta certificato potrà essere effettuata online (VIES) in contemporanea alla verifica della validità della sua partita IVA.

È prematuro prevedere se e come ciò possa concretizzarsi per un’azienda svizzera che effettua cessioni di merci nel territorio comunitario dell’Unione Europea senza una stabile organizzazione. In ogni caso gli operatori comunitari/non comunitari non certificati dovrebbero poter continuare come sinora ad effettuare le cessioni convivendo con le attuali normative e le attuali incertezze riscontrabili in particolar modo nelle operazioni a catena.

 

Bernardo Lamoni,
MA Università Zurigo Business and Economics,
Fiduciario commercialista,
Via Bosia 13, 6900 Paradiso,
bernardo.lamoni@lbatax.ch, Tel. +41 91 967 49 24

 

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