Riforma fiscale fra fantasie e realtà

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

“È avantutto sbagliato affermare che la riforma favorisce le (tanto deprecate) multinazionali e penalizza le PMI indigene. La riforma prevede esattamente il contrario, cioè un aumento per le prime e una diminuzione per le seconde.”

La virulenta campagna contro la riforma III della fiscalità delle imprese, in votazione il prossimo 12 febbraio, impone alcune considerazioni fattuali, visto che vengono utilizzati a piene mani termini come truffa, furto, inganno, ecc. che poco hanno a che vedere con la realtà dei fatti.

Andiamo con ordine. Occorre avantutto ricordare che si vota su una base legale federale che prevede determinati strumenti fiscali, che poi i cantoni dovranno decidere se e in quale misura adottare, tenendo conto delle rispettive realtà economiche e finanziarie. L’unica eccezione ad oggi è costituita dal canton Vaud, che si è premunito di votare sugli strumenti cantonali per essere pronto ad adottarli in tempi rapidi in caso di approvazione del progetto federale. Negli altri cantoni, compreso il Ticino, l’applicazione pratica dei nuovi strumenti deve ancora essere approvata, per cui la discussione è tuttora aperta. Chiarito questo aspetto, mi preme sottolineare alcuni elementi concreti. E’ avantutto sbagliato affermare che la riforma favorisce le (tanto deprecate) multinazionali e penalizza le PMI indigene. La riforma prevede esattamente il contrario, cioè un aumento per le prime e una diminuzione per le seconde. O, detto altrimenti, più imposte per le grandi aziende che hanno potuto godere di statuti speciali, meno imposte per quelle che il lessico in vigore oggi definisce “le nostre”, cioè le aziende più legate al territorio. Inoltre, gli oppositori alla riforma asseriscono che aumenterebbero le imposte per le persone fisiche. In realtà non vi è alcuna variante del genere prevista e ricordo quanto detto sopra a proposito delle leggi di applicazione cantonali. Dubito fortemente che i vari direttori delle finanze e dell’economia cantonali che sostengono la riforma federale vogliano mandare al massacro le rispettive popolazioni, anche perché di regola i politici devono farsi rieleggere. Affrontare e motivare aumenti di imposte basate su presunti inganni e perdere qualche referendum cantonale non è certo il miglior modo di proporsi per essere rieletti…Talune preoccupazioni, soprattutto di amministratori comunali, possono anche essere comprensibili, dato che il discorso delle compensazioni, legato alle applicazioni cantonali, deve ancora essere completamente definito. Ma questo non significa che non ci saranno compensazioni e non giustifica che si parli di truffa né di altri reati penali. La certezza vera è che la Confederazione metterà a disposizione 1,1 miliardi di franchi per compensare eventuali perdite fiscali iniziali dei cantoni, aumentando la loro quota-parte dell’imposta federale versata dalle aziende dal 17 al 21,2%. Un’altra cifra incontestabile è che il gettito delle persone giuridiche in materia di imposta federale diretta è quadruplicato dal 1990, dopo, è giusto ricordarlo, la Riforma I del 1998 e la Riforma II del 2008. La riforma è complessa, questo è vero. Ma non fare nulla sarebbe molto peggio, perché un No alle urne non porterebbe semplicemente al rinvio del progetto per qualche piccolo adattamento e poi all’adozione rapida di un’alternativa. Gli oppositori non hanno presentato alcun piano B e vi sono ragionevoli motivi di credere che le aziende oggi al beneficio di statuti speciali non attenderebbero il loro affossamento definitivo fra un paio di anni prima di levare le tende dal nostro paese. Con conseguenze mica da poco su gettito fiscale e posti di lavoro e anche per i comuni questo sarebbe sicuramente peggio di quanto proposto dalla riforma. Al di là delle aliquote, si vota anche su alcuni criteri definiti “soft”, difficilmente quantificabili, che sono più legati al clima economico generale, rilevante per gli insediamenti aziendali e il fare impresa. E’ per questo che le precedenti riforme già menzionate, pur prevedendo delle agevolazioni fiscali, hanno portato a un aumento del gettito. Lo stesso principio vale anche questa volta.