Sportello legalizzazioni chiuso

Tutte le pratiche possono essere normalmente richieste via posta o online

Per risoluzione governativa, lo sportello del Servizio Legalizzazioni rimarrà chiuso. Le richieste di Certificati d’origine, Carnet ATA e Cites si svolgono normalmente via posta o mediante le piattaforme elettroniche.

La Cc-Ti, tramite il suo Servizio Export, è da anni impegnata nell’implementazione di alcune procedure elettroniche. I CITES e i Carnet ATA vengono già oggi rilasciati al 100% tramite piattaforme online. Anche per i certificati d’origine è disponibile una piattaforma che agevola le imprese nella richiesta di questi importanti documenti ed è già utilizzata con successo da numerose aziende. Per chi desiderasse implementare questo servizio o semplicemente ottenere maggiori informazioni, può contattare direttamente il Servizio Export per email.

Per qualsiasi necessità urgente, siamo a disposizione anche via telefono: 091 911 51 23/29.

Sosteniamo le aziende grazie alla digitalizzazione

Il Servizio Export è a disposizione per il rilascio di certificati d’origine elettronici

La Cc-Ti, tramite il suo Servizio Export, è da anni impegnata nell’implementazione di alcune procedure elettroniche. I CITES e i Carnet ATA vengono già oggi rilasciati al 100% tramite piattaforme online. Anche per i certificati d’origine è disponibile una piattaforma che agevola le imprese nella richiesta di questi importanti documenti ed è già utilizzata con successo da numerose aziende.

Certificati d’origine elettronici

La piattaforma Certify.ch permette di riempire le domande di legalizzazione dei documenti e di ottenere online i certificati d’origine. La Camera di commercio riceve le informazioni tramite Certify.ch e verifica le informazioni come da prassi. Certify.ch informa per e-mail quando i certificati e le legalizzazioni sono pronte. Sarà sufficiente connettervi, scaricarli e stamparli. Rispetto alla procedura cartacea, invece di fornire le domande di attestazione e di ricevere i documenti via posta tradizionale, il tutto avviene semplicemente online e i certificati e i documenti legalizzati possono essere comodamente stampati direttamente in azienda. I certificati d’origine elettronici sono accettati in tutti i Paesi del mondo.

Il servizio è messo a disposizione gratuitamente dalla vostra Camera di commercio e i costi delle richieste rimangono invariati. L’unica configurazione richiesta è una connessione internet a banda larga, un computer dotato di browser e un lettore di PDF.

I vantaggi di Certify.ch

  • Domande di certificati d’origine online
  • Legalizzazione semplificata dei vostri documenti e fatture
  • Non c’è più bisogno di ordinare i formulari
  • Le domande possono essere effettuate 24h/24h, 365 giorni all’anno
  • Le informazioni della domanda sono immediatamente valide
  • Non è più necessario l’invio per posta dei documenti legalizzati
  • Il sistema è sicuro e le informazioni sono criptate
Per chi desiderasse implementare questo servizio o semplicemente ottenere maggiori informazioni, può contattare direttamente il Servizio Export per email.

Meccanismo di pagamento verso l’Iran per alcune aziende elvetiche

L’accordo su un meccanismo di pagamento per l’invio di aiuti umanitari in Iran Swiss Humanitarian Trade Arrangement (SHTA) è entrato in vigore il 27 febbraio 2020.

Lo SHTA, elaborato dalla Svizzera in stretta collaborazione con i servizi competenti negli Stati Uniti e in Iran e con alcune banche e aziende svizzere, è aperto alle aziende elvetiche dei settori alimentare, farmaceutico e medico.

Lo Swiss Humanitarian Trade Arrangement (SHTA) intende garantire agli esportatori e alle aziende commerciali dei settori alimentare, farmaceutico e medico con sede in Svizzera un canale di pagamento affidabile presso una banca elvetica per le loro esportazioni in Iran. In linea con la tradizione umanitaria svizzera, il nostro Paese fornisce così un contributo all’approvvigionamento della popolazione iraniana con materie prime agricole, generi alimentari, farmaci e apparecchi medici.

Lo SHTA è stato elaborato dalla Svizzera in stretta collaborazione con i servizi competenti negli Stati Uniti e in Iran e con alcune banche e aziende svizzere. Nell’ambito dello SHTA il Dipartimento del Tesoro americano (US Treasury Department) fornirà alle banche interessate le necessarie garanzie che le transazioni finanziarie avvengano in conformità con la legislazione statunitense.

In cambio, gli esportatori e le banche che sottoscriveranno lo SHTA informeranno in dettaglio la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) sulla loro attività e sui loro partner commerciali in Iran oltre che sulle transazioni effettuate. La SECO verificherà queste informazioni e si accerterà, in collaborazione con l’US Treasury Department, che le operazioni avvengano nel pieno rispetto del dovere di diligenza, trasmettendo anche ai servizi americani le informazioni ricevute dalle banche e dagli esportatori.

Dalla fine del 2018, in collaborazione con il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e la Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI), la SECO si è impegnata per realizzare questo meccanismo di pagamento a scopo umanitario. Il 20 gennaio 2020 il Consiglio federale ha dato la sua approvazione di principio all’attuazione dell’accordo.

Il 27 gennaio 2020 è già stato autorizzato a titolo di prova un primo pagamento per la fornitura di medicinali da parte di un’azienda farmaceutica svizzera all’Iran. Si tratta di farmaci per la cura del cancro e il trapianto di organi.

Da quando gli Stati Uniti, nel maggio 2018, sono usciti dall’accordo sul nucleare con l’Iran e hanno reintrodotto sanzioni unilaterali, gli esportatori svizzeri hanno avuto sempre maggiori difficoltà a fornire aiuti umanitari all’Iran, benché queste forniture non siano in linea di principio soggette alle sanzioni americane. Visti i rischi legali dovuti a tali sanzioni, praticamente nessun istituto finanziario era più disposto a effettuare pagamenti destinati all’Iran. I pochi canali ancora esistenti erano costosi, complessi e poco affidabili.

Fonte: SECO

Informazioni tecniche per le aziende, Segreteria di Stato dell‘economia SECO: Email

Brexit: e ora?

Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, gli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE restano in vigore

L’uscita del Regno Unito dall’UE alla mezzanotte del 31 gennaio 2020 non comporterà a breve termine cambiamenti nelle relazioni tra la Svizzera e questo Paese: gli accordi bilaterali in vigore tra la Svizzera e l’UE si applicheranno al Regno Unito per il periodo transitorio (prorogabile) previsto almeno fino alla fine del 2020. L’accordo commerciale tra la Svizzera e il Regno Unito entrerà in vigore al più presto il 1° gennaio 2021.

Nell’ambito della strategia «Mind the gap» la Svizzera ha concluso tempestivamente una serie di nuovi accordi con il Regno Unito in settori quali il commercio, la migrazione, i trasporti stradali e aerei e le assicurazioni. La strategia «Mind the gap» mira a salvaguardare e, laddove possibile, estendere i diritti e gli obblighi reciproci esistenti. Inoltre, in un secondo momento e nel reciproco interesse, la collaborazione con il Regno Unito sarà ampliata ulteriormente («Mind the gap Plus»).

Relazioni intense e diversificate

Le relazioni tra la Svizzera e il Regno Unito sono intense e diversificate. Nel 2018 il Regno Unito era il sesto partner commerciale della Svizzera, con un volume di scambi di oltre 36 miliardi di franchi svizzeri, e nel 2017 era il terzo mercato in ordine di importanza per le esportazioni svizzere di servizi mentre la Svizzera era la terza piazza più importante per gli investimenti diretti britannici. Ogni anno vengono effettuati circa 58 600 voli tra la Svizzera e il Regno Unito. Nel Regno Unito vivono circa 34 500 cittadini e cittadine svizzeri e in Svizzera risiedono 43 000 cittadini e cittadine britannici.

Finora, queste relazioni tra la Svizzera e il Regno Unito si sono basate in modo determinante sugli accordi bilaterali tra Svizzera e UE. Al fine di garantire, per quanto possibile, i diritti e gli obblighi reciprochi esistenti anche dopo l’uscita dall’UE per mezzo di nuovi accordi, ed eventualmente di ampliarli in determinati ambiti, il Consiglio federale ha fissato per tempo la sua strategia «Mind the gap» (ottobre 2016), precisandola poi nell’aprile del 2018. L’Esecutivo ha deciso che nel caso di un’uscita ordinata dall’UE (scenario deal) la possibilità di applicazione temporanea degli accordi UE con Paesi terzi al Regno Unito per un periodo transitorio prevista nell’accordo di recesso potrà valere anche per gli accordi bilaterali Svizzera-UE. Si tratta dell’eventualità che si è verificata.

La validità degli accordi bilaterali tra la Svizzera e l’UE durante il periodo transitorio è stata confermata formalmente tramite uno scambio di note tra l’UE e la Svizzera. Gli accordi bilaterali Svizzera-UE sono dunque validi fino alla fine del periodo transitorio, il 31 dicembre 2020 (prorogabile), anche per le relazioni Svizzera-Regno Unito.

Mind the Gap Plus

Oltre ad assicurare la continuità, la Svizzera sta verificando la possibilità di ampliare le relazioni con il Regno Unito («Mind the Gap Plus»). Il Consiglio federale sta esaminando in quali campi la collaborazione potrebbe essere approfondita dopo la Brexit e dove sussistono eventuali interessi comuni. Nell’accordo commerciale è già stato stabilito che la Svizzera e il Regno Unito avvieranno colloqui esplorativi per sostituire, ammodernare o sviluppare ulteriormente tale accordo

Cronologia

  • 31.12.2020 Termine previsto del periodo transitorio
  • 31.01.2020 Uscita del Regno Unito dall’UE
  • 31.10.2019 Firma di un Accordo temporaneo relativo al coordinamento delle assicurazioni sociali
  • 10.07.2019 Firma di un Accordo temporaneo sull’ammissione reciproca al mercato del lavoro e di una dichiarazione d’intenti sulla cooperazione di polizia
  • 25.02.2019 Firma dell’Accordo inerente ai diritti dei cittadini
  • 11.02.2019 Firma dell’Accordo commerciale
  • 25.01.2019 Firma dell’Accordo sulle assicurazioni e dell’Accordo sul trasporto stradale
  • 17.12.2018 Firma dell’Accordo sui trasporti aerei
  • 29.03.2017 Inizio della procedura di uscita dall’UE del Regno Unito ai sensi dell’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea (TUE) (data di uscita originale: 29.03.2019)
  • 19.10.2016 Approvazione della strategia «Mind the gap» da parte del Consiglio federale
  • 23.06.2016 Referendum popolare sull’uscita del Regno Unito dall’UE («Leave» 51,9%)

Per maggiori informazioni:

Export svizzero da record anche nel 2019

Malgrado un clima internazionale caratterizzato da guerre commerciali e tensioni politiche, l’export svizzero ha nuovamente segnato numeri da record, dopo un 2018 già estremamente positivo. 

Un franco su due è guadagnato all’estero. La nostra economia è dinamica e volta all’internalizzazione poiché trova condizioni favorevoli sui mercati esteri, grazie anche ai numerosi accordi di libero scambio siglati dalla Svizzera. Prova di questo successo sono i dati presentati dall’Amministrazione federale delle dogane concernenti il commercio con l’estero per l’anno 2019. Malgrado un clima internazionale caratterizzato da guerre commerciali, tensioni politiche e una congiuntura mondiale estremamente instabile, il commercio estero elvetico ha nuovamente registrato numeri da record, seppur con un minimo rallentamento. Dopo un 2018 estremamente positivo, lo scorso anno le esportazioni sono cresciute del 3,9% e le importazioni dell’1,6% portando l’eccedenza della bilancia commerciale a oltre 37,3 miliardi di franchi.  

Chi trascina e chi frena?

La locomotiva dell’economia elvetica è il settore chimico-farmaceutico, che in un solo anno ha avuto una crescita esponenziale di quasi il 10%. Da sottolineare che i soli prodotti farmaceutici rappresentano oltre il 40% del valore di tutte le esportazioni di merci svizzere. Segnali positivi arrivano anche dal settore orologiero e dagli strumenti di precisione, che hanno ripreso una buona attività.

La Germania rimane di gran lunga il più importante mercato di esportazione della Svizzera e, malgrado i segnali di recessione, l’export elvetico verso questo Paese ha continuato a crescere. Il clima di tensione a livello internazionale non ha scalfito nemmeno gli scambi con i maggiori leader mondiali: la Cina si è infatti rivelata essere uno dei mercati più dinamici (+9.7%) come pure gli Stati Uniti (9.1%). Le esportazioni svizzere verso il Regno Unito, che avevano già accusato un’importante riduzione nel 2018 (-18%), hanno incassato un nuovo colpo a causa delle incertezze politiche legate alla Brexit (-1.8%). Emerge infine la dinamicità del mercato russo e di quello di Singapore, che negli ultimi tre anni hanno continuato a crescere a ritmo sostenuto.

Futuro roseo?

I primi indicatori mostrano che l’export svizzero continuerà all’insegna della positività anche nel 2020. A fornire segnali concreti è il sondaggio sul clima dell’export di S-GE e il barometro delle esportazioni di Credit Suisse: oltre la metà delle aziende intervistate hanno infatti indicato che nel primo semestre 2020 prevedono una crescita dell’export. Cc-Ti e S-GE continuano a seguire e a sostenere con impegno le attività delle PMI della Svizzera italiana.

Articolo a cura di

Monica Zurfluh, Responsabile S-GE per la Svizzera italiana e
Valentina Rossi, Responsabile Servizio Export Cc-Ti


Commercio estero svizzero destagionalizzato. Fonte AFD

Incoterms® 2020: anche in una pratica App

Con il rilascio della nuova versione delle clausole di resa, la Camera di commercio internazionale (ICC) promuove anche una pratica applicazione per smartphone.

L’App Incoterms 2020 è a disposizione sui principali store:  Apple App Store e Google Play

Rimanere connessi digitalmente agli strumenti di business che utilizziamo quotidianamente è più importante che mai, specialmente per chi lavora nel commercio con l’estero. Anche restare aggiornati sulle ultime novità è essenziale per poter portare avanti la propria attività con successo.  

Una delle principali novità di questo anno è sicuramente la pubblicazione delle nuove clausole Incoterms® 2020. Malgrado abbiate seguito i corsi della Cc-Ti o acquistato il libro “Incoterms 2020”, può sempre rimanere un dubbio sulle regole di resa. Ecco quindi che anche la Camera di commercio internazionale (ICC) ha voluto aiutare gli imprenditori fornendo una App da scaricare sul proprio cellulare, utile a colmare i dubbi che possono sorgere in un momento di distrazione. Anche in viaggio quindi è sempre pratico e veloce consultare le obbligazioni del compratore o del venditore in una determinata regola, oppure ripassare la nuova clausola DPU.

L’App fornisce i seguenti servizi:

  • Breve descrizione delle 11 regole Incoterms®
  • Aiuta a comprendere quale termine commerciale includere nei contratti di vendita, a seconda del modo di trasporto: aereo, ferroviario, stradale, marittimo o una loro combinazione
  • Aggiorna sulle novità della ICC  

Ricordiamo che gli Incoterms® 2020 aiutano gli importatori e gli esportatori di tutto il mondo a comprendere le proprie responsabilità ed evitare costosi equivoci. Le regole formano il linguaggio delle transazioni di vendita internazionali e contribuiscono a rafforzare la fiducia nel nostro sistema commerciale globale.

La Cc-Ti, oltre a fornire consulenze ai propri associati, promuove anche corsi di formazione sulle clausole Incoterms®. Il prossimo appuntamento è in programma il 1° aprile e le iscrizioni sono già aperte!

Cina: I Carnet ATA anche per le manifestazioni sportive

La Cina ha annunciato che dal 1 gennaio 2020 accetterà i Carnet ATA anche per le merci sportive. Si creano così le basi per facilitare le Olimpiadi invernali di Pechino nel 2022.

Il Carnet ATA, il documento internazionale per l’esportazione temporanea di merci, denominato anche “passaporto delle merci”, permette il passaggio alle frontiere senza dover pagare tasse né tributi nell’arco di un anno. Questo documento è attualmente accettato da 78 Paesi ed è rilasciato dalle Camere di commercio.  

La Cina accetta il Carnet ATA per “mostre, fiere, congressi” ufficiali, per il “materiale professionale” e per i “campioni commerciali”. Dal 1 gennaio 2020 le condizioni vengono estese anche al materiale dedicato alle manifestazioni sportive. Questo ampliamento giunge al momento opportuno e sarà molto apprezzato dagli atleti e da tutte le entità coinvolte nei Giochi Olimpici invernali che si disputeranno nel 2022 a Pechino.  

La Cina ha introdotto il sistema dei Carnet ATA nel 1998, accettando le esportazioni temporanee solo per mostre e fiere. A gennaio 2019 sono state aggiunte anche le attrezzature professionali e i campioni commerciali, permettendo a queste ultime di entrare temporaneamente nella più grande nazione asiatica.

Il Servizio Export della Cc-Ti è sempre a disposizione per informazioni relative ai Carnet ATA e al loro utilizzo. Non esitate a contattarci.

Turchia: uno sguardo da vicino

Nel corso delle ultime settimane mercati e governi centrali hanno posto molta attenzione alla situazione turca.

Occorre pertanto valutare anche l’impatto potenziale di un nuovo periodo di tensioni finanziarie in Turchia attraverso tre canali: esposizione in valuta estera, comportamento nei pagamenti e potenziali ricadute.

Dopo il recente intervento militare turco nella Siria settentrionale, l’amministrazione statunitense ha reagito con una tariffa del 50% sulle importazioni di acciaio turco, misura recentemente revocata in via provvisoria. L’impatto diretto di questa misura è stato, e sarebbe in caso di riattivazione, piuttosto contenuto dato che gli US sono un partner di esportazione minore per l’economia turca (4.9% del totale).

Tuttavia, gli impatti indiretti, come l’evoluzione della lira turca (TRY), il differimento del debito e il comportamento in materia di pagamenti, avrebbero conseguenze più ampie.

L’economia turca non è immune da un nuovo shock. Sebbene sia già uscita dalla profonda recessione del secondo semestre 2018, innescata da un forte shock dei tassi di cambio (fino a -50% di deprezzamento del tasso di cambio), la crescita del PIL rimane contenuta (-0,2% nel 2019 e +2,3% nel 2020). Dovrebbe tornare al livello precedente la crisi solo nel 2021.

Diventerebbe invece assai problematico per la Turchia se l’UE aderisse a nuove eventuali sanzioni statunitensi (come ha fatto con la Russia nel 2014). Ad ogni modo riteniamo che, poiché l’esposizione dell’Europa all’economia turca è significativa, ciò renda al momento improbabili sanzioni finanziarie severe. In aggiunta l’UE dipende dalla Turchia per trattenere un afflusso potenzialmente enorme di rifugiati verso l’UE.

Le riserve estere della Turchia hanno recuperato in parte grazie al riequilibrio della bilancia commerciale. Tuttavia, le riserve in valuta estera sono ancora sotto il livello adeguato: non coprono tutte le potenziali esigenze di liquidità che si presenterebbero in caso di shock.

Il deterioramento dei termini di pagamento è il risultato di un fabbisogno di liquidità maggiore da quando i giorni medi di pagamento (DSO) sono aumentati di +11 giorni dal 2008 (68 giorni) al 2018 (79 giorni). Parallelamente, prevediamo che le insolvenze aziendali cresceranno del +8% nel 2019 raggiungendo un livello pari a +20% in confronto al valore minimo del 2016.

Le economie europee non sono immuni da eventuali contagi. Il circuito bancario-sovrano è il canale d’impatto più probabile. Le banche dell’UE hanno una delle più ampie esposizioni verso la Turchia e, allo stesso tempo, alcune economie europee devono ancora affrontare un livello significativo di crediti in sofferenza nei loro sistemi bancari e livelli elevati di debito pubblico. Le banche spagnole, francesi e britanniche sono le più esposte con la Turchia e l’esposizione complessiva è ancora rilevante, nonostante un calo simmetrico nell’ultimo anno (-20% circa).

Testo a cura di Marco Arrighini, Head of Southern Region, Euler Hermes Switzerland, Lugano

Libro “Incoterms 2020” in vendita

Il primo gennaio 2020 sono entrate in vigore le nuove regole Incoterms ICC. Presso la Cc-Ti è acquistabile il libro in versione italiano/inglese.

Si è concluso il processo di revisione delle Regole Incoterms®, avviato nel 2016, e il 1° gennaio 2020 sono entrate in vigore le nuove clausole di resa. Ogni dieci anni la Camera di commercio internazionale effettua questo esercizio di rinnovamento per renderle più performanti e per adattarle alle necessità pratiche degli attori attivi nel commercio internazionale.

La nuova edizione degli Incoterms® presenta alcune novità che saranno approfondite durante il corso di aggiornamento, in agenda il 23 gennaio.

Come noto gli Incoterms® sono di supporto alle imprese nell’evitare di incorrere in costi non necessari chiarificando, all’interno del contratto, le obbligazioni delle parti, i costi e i rischi sostenuti da ciascuna di esse durante le operazioni di import ed export delle merci.

Presso la Cc-Ti sono disponibili i libri “Incoterms 2020” nella versione italiano/inglese. Per chi desiderasse acquistarne una o più copie è pregato di scrivere un email con i propri dati.

Costi: (70 CHF per i soci / 82 CHF per i non soci + spese di spedizione).


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La riforma del sistema dell’IVA nell’UE: Quick Fixes

Il presente articolo a firma di Bernardo Lamoni è il terzo aggiornamento inerente la riforma del sistema dell’IVA nell’UE. I contenuti di questo testo saranno integrati anche durante il corso di formazione “IVA: Cessioni intracomunitarie” in agenda il 19 novembre.

In data 4 dicembre 2018 il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato una serie di misure urgenti, integrate nella normativa IVA comunitaria, denominate “Quick Fixes” e che riguardano quattro specifiche tematiche. Le misure sono finalizzate a migliorare il funzionamento pratico di determinate aree storicamente problematiche e saranno applicabili a partire dal 1° gennaio 2020 a tutti i soggetti passivi registrati ai fini IVA in uno Stato Membro dell’Unione Europea, senza distinzioni in base all’ubicazione della sede dell’attività operativa all’interno o all’esterno del territorio comunitario (1).

Di seguito le caratteristiche principali ed alcune osservazioni relative alle quattro misure adottate:

1 – Obbligo dell’acquirente di disporre di un numero di identificazione per le cessioni intracomunitarie

L’acquirente di una cessione intracomunitaria dovrà registrarsi ai fini dell’IVA in uno Stato diverso da quello in cui ha inizio il trasporto dei beni. Nel caso di una cessione intracomunitaria tra due operatori, l’acquirente sarà identificato nello Stato UE di destinazione dei beni.

L’adempimento di quest’obbligo rappresenta un requisito sostanziale per consentire al fornitore di applicare, per la cessione intracomunitaria, l’esenzione ad IVA nello Stato UE di partenza della spedizione.

L’attuale regime IVA prevede per il fornitore, l’obbligo di trasmissione dei dati alle autorità fiscali dello Stato UE di arrivo dei beni, attraverso l’inoltro degli elenchi riepilogativi. Tuttavia ad oggi, il mancato inoltro degli stessi comporta solamente l’applicazione di sanzioni, senza causare il diniego dell’esenzione all’IVA nel caso di cessioni intracomunitarie debitamente comprovabili.

Le modifiche in oggetto prevedono che anche la corretta presentazione degli elenchi riepilogativi diventino un requisito sostanziale per il riconoscimento dell’esenzione all’IVA alle cessioni intracomunitarie (2).

2 – Creazione di disposizioni comuni inerenti alle prove documentali del trasferimento fisico delle merci nell’ambito delle cessioni intracomunitarie

Il fornitore di una cessione intracomunitaria per poter beneficiare dell’esenzione all’IVA nello Stato UE di partenza del bene ha da sempre l’onere della prova del trasferimento fisico della merce. A tutt’oggi le normative UE non prevedono disposizioni comuni circa i documenti utilizzabili, lasciando ai singoli Stati l’emanazione di normative locali.

A partire dal 1° gennaio 2020 saranno considerati elementi di prova:

a) i documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, quali ad esempio un documento o una lettera CMR riportante la firma, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, oppure una fattura emessa dallo spedizioniere;

b) una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni; documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermino l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione; una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato UE

Nel caso in cui il trasporto sia organizzato dal venditore si presume avvenuto il trasferimento intracomunitario dei beni in presenza di almeno due elementi di prova non contradditori rilasciati da parti indipendenti dal venditore e dall’acquirente, di cui alla lettera a).

In via alternativa quando il venditore è in possesso di uno qualsiasi degli elementi probatori di cui alla lettera a), in combinazione con uno degli elementi probatori non contradditori di cui alla lettera b), che confermino il trasporto e che siano stati rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra e rispetto al venditore ed all’acquirente.

Inoltre, qualora il trasporto sia organizzato dall’acquirente occorrerà aggiungere come ulteriore elemento di prova, in aggiunta agli elementi prodotti secondo la combinazione summenzionata, una dichiarazione scritta rilasciata dall’acquirente che certifica che i beni sono stati trasportati da quest’ultimo in un determinato altro Stato UE.

Si tratta delle uniche disposizioni che non saranno integrate nella direttiva comunitaria sull’IVA 2006/112/CE ma che andranno a modificare il regolamento UE 282/2011. In quest’ambito è rimasta tuttavia invariata la disposizione contenuta nella direttiva che delega agli Stati UE la scelta della documentazione probatoria (3). Questo principio è stato citato anche dalla Corte di Giustizia Europea (4).

Occorreranno quindi ulteriori chiarimenti in merito alla possibilità di utilizzo degli attuali set documentali previsti in determinati Stati UE, come prove alternative, qualora la presunzione dell’avvenuto trasporto intracomunitario venisse rigettata da parte delle autorità fiscali, seguendo i nuovi criteri visti sopra (5).

Favorevoli in questo senso sono anche le note esplicative ai “Quick Fixes” (non vincolanti), che sono attualmente in fase di elaborazione da parte del Group of the Future of VAT, sottostante alla Direzione generale della fiscalità e dell’Unione doganale (TAXUD).

Infine il nuovo principio che esige che i documenti di trasporto intracomunitari debbano essere emessi da “parti indipendenti” andrebbe chiarito riguardo all’eventualità nella quale il trasporto dei beni sia effettuato con mezzi propri (esempio trasporto carburanti in autocisterne o in altri mezzi di trasporto) o con mezzi di trasporto di una società appartenente al medesimo gruppo.

3 – Disposizioni comuni in regime di “Call-off stock”

Le nuove disposizioni in regime di “Call-off stock” (conosciuto anche come “Consignment stock”), mirano ad evitare che un fornitore di uno stato UE, che detiene merci proprie in un altro Stato UE e le mette a disposizione di un suo cliente stabilito nel medesimo stato, debba anche identificarsi ad IVA nello Stato UE del cliente.

In una prima fase il trasferimento dei beni a destinazione del cliente, senza che vi sia passaggio di proprietà degli stessi, non ha rilevanza ai fini impositivi. Solamente al momento del prelevamento dei beni per le proprie necessità imprenditoriali da parte del cliente, si genererà una cessione intracomunitaria tra fornitore e cliente con relativo passaggio di proprietà. Evidentemente il trasferimento fisico intracomunitario dei beni ha già avuto luogo in precedenza.

Le attuali normative comunitarie sono per contro più articolate ed obbligano il fornitore a registrarsi nello Stato UE del cliente, poiché:

  • La spedizione della merce all’acquirente genera nello Stato UE del fornitore un trasferimento intracomunitario di beni “a sé stesso” in uscita, rilevante perciò ai fini IVA, da dichiarare con gli stessi criteri delle usuali cessioni intracomunitarie.
  • Il successivo l’arrivo della merce negli stabilimenti del cliente genera sempre per il fornitore un trasferimento di beni “a sé stesso” in entrata, pure rilevante ai fini IVA, da dichiarare con gli stessi criteri degli usuali acquisti intracomunitari nello Stato UE del cliente.
  • All’atto del successivo prelevamento dei beni da parte dell’acquirente si genererà la cessione rilevante ai fini dell’IVA che si qualificherà come cessione nazionale imponibile.

Va tuttavia precisato che alcuni Stati UE hanno già sviluppato misure di semplificazione personalizzate, attuabili solamente nel caso in cui lo Stato UE di controparte disponga di norme analoghe, allo scopo di evitare lacune di imposizione o doppie tassazioni.

A fronte di queste casistiche, si è quindi reso necessario formulare una solida base giuridica comune per permettere la sincronizzazione degli scambi commerciali di questo tipo e per evitare il rischio di eventuali ricorsi alla Corte di Giustizia Europea, la quale non avrebbe avuto alcuna normativa comunitaria di appoggio se chiamata ad esprimersi sulle misure semplificative unilateralmente adottate da taluni Stati UE.

Le nuove disposizioni potrebbero quindi essere interessanti anche per soggetti passivi non UE che già dispongono di un magazzino merci in uno Stato UE e che vorrebbero evitare di doversi registrare anche in un altro Stato UE dove dispongono di merci proprie presso un loro cliente secondo il regime in oggetto.

A livello pratico le nuove norme in regime di “Call-off stock” implicano alcune misure di gestione di tipo organizzativo ed informatico che vanno affrontate per tempo. Se la società effettua già cessioni intracomunitarie propriamente dette, dove cioè la fatturazione della cessione intracomunitaria è direttamente collegata alla documentazione di trasporto, essa dovrà prevedere nuove misure per i presenti casi di cessioni intracomunitarie “differite”. In questo caso infatti la documentazione di trasporto sarà collegata ai beni inizialmente trasferiti e dovrà in un secondo momento essere abbinata ai beni successivamente fatturati, in modo frazionato, al momento del prelevamento da parte del cliente. Il tutto dovrà essere predisposto anche in senso inverso in caso di reso.

4 – Disposizioni concernenti le operazioni a catena tra tre operatori, quando il trasporto è organizzato dall’operatore intermedio

Le operazioni a catena, rientranti nel campo di applicazione della proposta in oggetto, sono caratterizzate da cessioni successive della stessa merce che viene trasferita da uno Stato UE ad un altro Stato UE mediante un unico trasporto. Le operazioni a catena si differenziano dalle triangolazioni intracomunitarie (6) in quanto in quest’ultime l’operatore intermedio è identificato ad IVA in uno Stato UE terzo, che non deve quindi essere né lo Stato UE di partenza del trasporto delle merci, né lo Stato UE di destinazione delle stesse.

Nelle operazioni a catena tra tre operatori (A, B e C) l’assenza di disposizioni comunitarie aveva costretto varie volte i soggetti interessati a ricorrere alla Corte di Giustizia Europea (CGE) per conoscere il trattamento ad IVA delle due cessioni. Nelle sue sentenze la CGE aveva stabilito che in un’operazione a catena potevano realizzarsi due scenari:

  1. qualora la prima cessione fosse stata quella collegata al trasporto delle merci (cessione intracomunitaria da A a B, esente da IVA), la seconda andava qualificata come cessione nazionale nello Stato UE di destinazione delle merci (cessione imponibile da B a C).
  2. viceversa, qualora la seconda cessione fosse stata quella collegata al trasporto delle merci (cessione intracomunitaria da B a C, esente da IVA), la prima andava qualificata come cessione nazionale nello Stato UE di partenza delle merci (cessione imponibile da A a B).

Per quanto riguarda i criteri da considerare al fine di stabilire quando si sarebbe verificato il primo o il secondo scenario, la GCE stabiliva che la risposta dipendeva da una valutazione globale di tutte le circostanze del singolo caso che doveva essere effettuata dal giudice nazionale.

In particolare occorreva determinare “il momento in cui il potere di disporre del bene come proprietario era stato trasferito al destinatario finale. Infatti, nell’ipotesi in cui il secondo trasferimento del potere di disporre del bene come proprietario (cessione da B a C) avesse avuto luogo prima che fosse stato effettuato il trasporto intracomunitario, quest’ultimo non avrebbe più potuto essere imputato alla prima cessione in favore del primo acquirente.” In tal caso si sarebbe quindi realizzato il secondo scenario. Mentre nei rimanenti casi si sarebbe realizzato il primo scenario (7).

Questi criteri, di difficile realizzazione pratica, avevano generato parecchie insicurezze nelle amministrazioni fiscali dei vari Stati UE. Si è quindi reso necessario creare a livello di direttiva UE una nuova normativa più semplice e sicura.

I nuovi criteri, applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2020 e che determinano la cessione intracomunitaria quando il trasporto è organizzato dal fornitore intermedio B in un’operazione a catena tra tre operatori (A-B-C), dipendono esclusivamente dall’utilizzo della partita IVA da parte di B e si possono così riassumere:

  • se B è identificato ad IVA nello Stato UE di arrivo dei beni, la cessione tra A e B qualificherà come intracomunitaria e la successiva cessione tra B e C sarà imponibile nello Stato UE di destinazione dei beni,
  • mentre se B comunica ad A la propria partita IVA dello Stato UE di partenza, la cessione tra B e C qualificherà come intracomunitaria e l’anteposta cessione tra A e B sarà imponibile nello Stato UE nel quale ha avuto origine la spedizione.

Pur trattandosi di un passo importante e utile per i numerosi operatori attivi in campo intracomunitario, occorre tuttavia considerare che in alcune specifiche situazioni, ad esempio nel mercato delle materie prime, le cessioni a catena avvengono spesso tra numerosi operatori in un lasso di tempo assai ridotto. Questa nuova normativa dovrebbe quindi senz’altro essere ulteriormente approfondita ed affinata al fine di considerare le reali molteplici casistiche che posso presentarsi.

Per contro non si è ritenuto necessario estendere a livello di normativa comunitaria le ipotesi nelle quali il trasporto sia organizzato dal primo fornitore A o dall’ultimo acquirente C. In questi casi, la regola generalmente adottata dagli Stati UE è la seguente:

  • se il trasporto è organizzato da A: la cessione da A a B si qualificherà come intracomunitaria, mentre la successiva cessione da B a C sarà imponibile ad IVA nello Stato UE di destinazione;
  • mentre se il trasporto è organizzato da C: la cessione da A a B sarà imponibile nello Stato UE di partenza dei beni, la successiva cessione da B a C si qualificherà come intracomunitaria.

Queste semplici regole sono state considerate talmente ovvie da parte della Commissione Europea da ritenere superflua la loro integrazione nella nuova normativa in oggetto (8). Tuttavia proprio di recente la Corte di Giustizia ha avuto modo di esprimersi su un caso di cessione a catena nella quale il trasporto dei beni era organizzato dall’ultimo acquirente, ribadendo ancora una volta il proprio orientamento, come descritto precedentemente, alla luce di una “valutazione globale di tutte le circostanze del singolo caso” (9).  Un vero peccato che anche quest’ultime regole non siano state conglobate nelle presenti “Quick Fixes”.

Testo a cura di
Bernardo Lamoni,
MA Business and Economics Università di Zurigo
Fiduciario commercialista, Rappresentante IVA
Via Bosia 13, 6900 Paradiso
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Riferimenti: 

  1. Direttiva UE 2018/1910, Regolamenti di esecuzione UE 2018/1909 e 2018/1912 pubblicati nella Gazzetta ufficiale UE in data 7 dicembre 2018
  2. Art 138 Direttiva 2006/112/CE, modificato con decorrenza 1.1.2020
  3. Art 131 e Art 138, 1 della Direttiva 2006/112/CE
  4. Cfr. Sentenza CGE, causa C-26/16 del 14.06.2017 (Santogal)
  5. Cfr. nuovo Art 45 bis, cpv 2 Reg. n. 282/2011.
  6. Art 141 Direttiva 2006/112/CE
  7. Cfr ad esempio Sentenze CGE cause C-245/04 (EMAG) del 06.04.2006, oppure C-587/10 del 27.09.2012 (VSTR)
  8. Cfr. COM (2017) 569 final del 04.10.2017, versione italiana pag.12
  9. Sentenza CGE causa C-273/18 (Kursu Zeme) del 10.07.2019