La Corea del Sud si unisce al RCEP

Il 1° febbraio 2022, il blocco commerciale più grande al mondo è entrato in vigore anche per la Corea del Sud.

Dell’RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership) se ne è parlato molto a fine 2020-inizio 2021 dopo che è stato siglato, ma la sua entrata in vigore – il 1° gennaio 2022 – è avvenuta un po’ in sordina.

Questo accordo di partenariato economico globale regionale rappresenta circa il 30% della popolazione mondiale e il 30% del PIL globale e, oltre a mettere il Pacifico al centro del mondo, costituisce oggi il blocco commerciale più grande di sempre.

Vi hanno aderito i dieci Stati membri dell’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico ASEAB (Brunei, Cambogia, Filippine, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam), l’Australia, la Cina, la Corea del Sud, il Giappone e la Nuova Zelanda.

L’entrata in vigore sottotono è data dallo stato del processo di ratifica: dal 1° gennaio 2022 il RCEP si applica infatti unicamente a Brunei, Cambogia, Laos, Singapore, Thailandia, Vietnam, Australia, Cina, Giappone e Nuova Zelanda. La Corea del Sud si è unita al blocco il 1° febbraio 2022 e gli Stati rimanenti seguiranno 60 giorni dopo aver ratificato l’adesione.

Il RCEP è più che altro un accordo commerciale di prima generazione, in quanto si focalizza sulle concessioni tariffarie (oltre il 90% dei dazi saranno ridotti o eliminati a tappe) e l’armonizzazione delle regole d’origine. Esso copre però anche il commercio di servizi, gli investimenti, la cooperazione tecnica e commerciale, la proprietà intellettuale, la concorrenza e gli appalti pubblici.

È la prima volta che la Cina aderisce ad un patto commerciale multilaterale regionale, prediligendo finora accordi commerciali bilaterali. La particolarità del RCEP è però quella di essere il primo accordo di libero scambio che vede coinvolte Cina, Giappone e Corea del Sud, Paesi che non sempre hanno rapporti distesi. La grande assente è invece l’India, ritiratasi dai negoziati e la cui adesione non solo avrebbe reso ancora più ampia la portata dell’accordo, ma avrebbe anche attenuato il peso della Cina.

Questo accordo di partenariato cambia non solo il commercio con l’Asia, ma influisce anche direttamente sulle catene regionali del valore, con una potenziale riallocazione degli investimenti in risposta ai crescenti costi del lavoro in Cina e all’esigenza di differenziazione, contribuendo più in generale a rafforzare le catene globali del valore.

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