Sanzioni: pratiche di elusione e responsabilità

Diverse richieste di aziende con sede in Turchia o negli Emirati Arabi Uniti, interessate a prodotti attualmente oggetto di misure restrittive nei confronti della Russia, fanno emergere lo spettro dell’elusione delle sanzioni.

Nei mesi scorsi ci sono state segnalate richieste da parte di aziende turche ed emiratine interessate all’acquisto di merci attualmente sottoposte a sanzioni se destinate al mercato russo. L’ipotesi più accreditata è che tali aziende rivendano in seguito le merci alla propria clientela russa, forti del fatto che i loro rispettivi Paesi non hanno imposto sanzioni nei confronti di tale Stato. Per le aziende svizzere si prospetta un rischio elevato di elusione delle sanzioni attualmente in vigore nei confronti della Russia, e nello specifico dell’Ordinanza del 4 marzo 2022 che istituisce provvedimenti in relazione alla situazione in Ucraina.

Infatti, l’ordinanza del 4 marzo prende esplicitamente in considerazione l’ipotesi di bypassare i divieti per il tramite dell’export indiretto e lo vieta espressamente con formulazioni tipo “sono vietati la vendita, la fornitura, l’esportazione e il transito di… destinati a persone fisiche o giuridiche o organizzazioni / a destinazione della Federazione Russa o per un uso nella Federazione Russa”.

Nel dubbio, si consiglia di richiedere alla controparte estera una dichiarazione di utilizzo finale (end user declaration), tramite la quale questa dichiara da un lato la destinazione d’uso e dall’altro se la merce viene rispedita. Stesso dicasi nel caso in cui il partner risieda in Svizzera o in un altro Paese, ma chiede di spedire la merce direttamente al suo cliente ubicato in Turchia o negli Emirati Arabi Uniti.

Nel commercio estero, in base al principio della responsabilità individuale, è compito dell’azienda esportatrice effettuare le opportune verifiche (in gergo: controllo delle esportazioni) e ciò significa essenzialmente di essere in grado di rispondere alle domande “cosa?”, “chi?”, “dove?”, “a che scopo?”:

  • cosa si intende esportare: il prodotto figura in un elenco delle merci di cui è limitata o vietata l’esportazione?
  • chi è coinvolto: le parti coinvolte figurano in un elenco di persone fisiche e/o giuridiche sanzionate?
  • dove si vuole esportare: il Paese di destino è sottoposto a sanzioni o embarghi?
  • a che scopo: come viene impiegato il prodotto (in ambito civile vs. in ambito militare)?

Fermo restando che l’ente ultimo di riferimento è la Segreteria di Stato dell’economia SECO, il servizio Commercio internazionale della Cc-Ti è volentieri a disposizione per i primi chiarimenti.

Si attira qui l’attenzione sul fatto che il mancato rispetto degli obblighi specifici in materia di controlli all’esportazione comporta rischi reali per le aziende: oltre al fermo della merce in dogana e al relativo sequestro, parliamo anche di danni reputazionali e, non da ultimo, di sanzioni amministrative e penali. Infatti, secondo la legge sugli embarghi (LemB, RS 946.231), le violazioni delle misure coercitive emanate dal Consiglio federale (leggi: sanzioni) sono perseguibili. Le pene massime sono 1 anno di detenzione o una multa fino a 500’000 franchi; in casi gravi 5 anni di detenzione e una multa fino a 1 milione di franchi. Anche il mero tentativo e la complicità sono punibili, così come se il reato è commesso per negligenza. Il perseguimento di eventuali violazioni della LemB spetta alla SECO nel quadro del diritto penale amministrativo.

Chi è ritenuto responsabile? Secondo la LemB, alle infrazioni commesse nelle aziende è applicabile l’articolo 6 della legge federale sul diritto penale amministrativo e la responsabilità delle violazioni è sia della persona fisica che l’ha commessa, sia del management dell’azienda.