“Ti ho scritto un’e-mail”
Tutti connessi, nessuno allineato: quando la comunicazione diventa rumore.

In azienda si comunica oggi più che mai: e-mail, chat, WhatsApp, piattaforme di collaborazione, social interni, videoconferenze. Mai come ora le persone dispongono di tanti strumenti per restare in contatto. Eppure, mai come ora la comunicazione interna sembra frammentata, dispersiva e, in alcuni casi, controproducente.
La trasformazione digitale ha portato con sé un paradosso oramai conclamato da tempo: siamo iperconnessi, ma non sempre davvero allineati. La promessa di una comunicazione più rapida ed efficiente si è spesso tradotta in un eccesso di messaggi, canali sovrapposti e informazioni ridondanti, che riducono il tempo dedicato alla concentrazione e alla riflessione. Come se non bastasse, per la prima volta nella storia recente, ben cinque generazioni si ritrovano a lavorare all’interno delle stesse organizzazioni. Ciascuna, con un diverso approccio alla comunicazione – dal più formale scritto, al più informale visivo e rapido – affronta il tema con abitudini e aspettative diverse, introducendo involontariamente ulteriori sacche di inefficacia comunicativa.
Il paradosso dell’iperconnessione
La moltiplicazione dei canali comunicativi nasce con buone intenzioni: facilitare la collaborazione, ridurre i tempi decisionali e rendere le organizzazioni più agili. Ma nella pratica, molti team si trovano a gestire contemporaneamente e-mail, messaggi su Teams o Slack, notifiche su WhatsApp, aggiornamenti su piattaforme collaborative e, in alcuni casi, interazioni via social.
Il risultato? Una costante sensazione di urgenza e di rumore informativo, dove l’importanza di un messaggio non è più legata al contenuto, ma alla velocità con cui appare sullo schermo.
Le neuroscienze confermano che ogni interruzione — anche breve — richiede minuti per ritrovare il livello di concentrazione precedente. Nelle aziende moderne, questo costo cognitivo si traduce in ore di produttività perse ogni settimana, oltre che in un crescente senso di stress e frammentazione mentale.
Triage dei messaggi e inefficienza produttiva
È sempre utile classificare le informazioni che riceviamo definendo diverse modalità di elaborazione. Ma per farlo, dobbiamo leggere tutti i messaggi che riceviamo, da quelli più importanti, che prevedono un’azione conseguente, a quelli semplicemente informativi, fino allo spam pubblicitario e ai tentativi fraudolenti (phishing e altri tipi di attacchi). Non sempre abbiamo tempo e concentrazione sufficienti per questo “triage” e le conseguenze sono evidenti.
Dove nasce il problema
In ogni caso non è la tecnologia in sé a creare inefficienza, ma la mancanza di governance della comunicazione. Molte organizzazioni adottano nuovi strumenti senza definire regole chiare d’uso: cosa passa via e-mail e cosa via chat? Quali canali sono destinati agli aggiornamenti formali e quali al lavoro operativo? Chi è responsabile di mantenere la coerenza e l’ordine informativo? Che tipo di formazione viene messa in atto affinché già individualmente si possa disporre di un metodo comune di classificazione dei messaggi?
Senza una cornice condivisa, la comunicazione si trasforma in una rete disordinata di messaggi che rimbalzano tra piattaforme diverse. La conseguenza è una perdita di responsabilità individuale (“l’ho scritto da qualche parte”), un rallentamento dei processi decisionali e un aumento del rischio di errori dovuti a informazioni incomplete o disperse.
E-mail, chat e WhatsApp: quando gli strumenti si confondono
L’email, nata come strumento formale e tracciabile, è oggi usata come una chat lenta e sovraccarica di destinatari in copia.
Le chat aziendali, pensate per l’operatività, diventano spesso un flusso continuo di messaggi che distolgono l’attenzione.
WhatsApp — rapido e diretto — si insinua nel contesto professionale, mescolando la sfera privata con quella lavorativa e creando problemi di riservatezza, reperibilità e continuità informativa.
In assenza di confini chiari, la distinzione tra tempo di lavoro e tempo personale tende a svanire. Le notifiche si moltiplicano, la reperibilità diventa implicita e il lavoro si estende ben oltre gli orari previsti, con un impatto diretto sul benessere delle persone.
Verso una cultura della comunicazione consapevole
La soluzione non è limitare i canali, ma imparare a usare meglio quelli giusti.
Servono linee guida semplici ma vincolanti:
- stabilire quali strumenti utilizzare per quali scopi.
- classificare i messaggi su un piano cartesiano immaginario basato su urgenza e importanza.
- definire tempi di risposta ragionevoli.
- ridurre il numero di destinatari ai soli realmente interessati.
- promuovere un’educazione digitale che insegni a “scrivere meno, comunicare meglio”.
Fondamentale è anche il ruolo dei manager, che devono dare l’esempio: scegliere con cura il canale giusto, ridurre la pressione delle notifiche e favorire momenti di comunicazione intenzionale, non reattiva, cercando di superare le proprie abitudini “generazionali”.
Dalla connessione alla chiarezza
L’intelligenza artificiale può aiutarci nell’automatizzare la classificazione dei messaggi in entrata ma occorre sempre tenere presente che per “classificare” in senso complesso (es. assegnare tag personalizzati, etichette sensibili, movimentazione automatica) potrebbe essere necessario attivare funzionalità di governance come, ad esempio, Microsoft Purview e impostare criteri di sicurezza/compliance che vanno definiti a livello aziendale.
La vera trasformazione digitale, quindi, non consiste necessariamente nell’aggiungere nuovi strumenti, ma nel trovare equilibrio tra velocità e senso. In un contesto dove tutto comunica, il valore nasce dalla capacità di discernere ciò che è davvero importante. Governare la comunicazione significa restituire tempo, attenzione e direzione alle persone: le risorse più scarse e preziose dell’era digitale.
La misura raccomandata? Un’analisi dei flussi di comunicazione della vostra azienda, degli strumenti adottati e dell’approccio individuale, è il primo passo per investire un po’ di tempo per poi guadagnarne molto di più.
Articolo a cura di Carlo Secchi, Head of Enterprise Sales I-CH, Sunrise LLC

