Una popolazione che spopola

La Cc-Ti riflette su un’evoluzione che rischia di compromettere la crescita del Ticino

Secondo le previsioni dell’Ufficio federale di statistica, entro il 2050 si stima che il Ticino avrà 18’100 abitanti in meno. In sostanza, è come se scomparissero dalla mappa demografica gli abitanti di Mendrisio e Balerna.

Negli equilibri confederali, al di là delle ovvie differenze fra regioni, il rischio è che si creino disparità eccessive in termini di capacità di sviluppo economico e quindi di benessere generale. Per molti motivi (massa critica, infrastrutture, rete economica, ecc.) il Ticino non può imporsi sui grandi agglomerati, come ad esempio quello zurighese, ma può e deve mantenere un buon livello, simile a quello degli altri cantoni dalle dimensioni e dalle strutture comparabili.

In questi anni, in cui la competitività ticinese ha dimostrato di non avere nulla da invidiare alla media svizzera. In gioco ci sono quindi la capacità innovativa e la forza lavoro qualificata. Il nostro Cantone continua a offrire certezze ai propri cittadini, in termini di affidabilità delle istituzioni, sicurezza legislativa, possibilità di formazione e lavoro, ecc..
Nel mercato del lavoro la concorrenza è cresciuta, ma ciò non significa automaticamente che si riducano le prospettive.

Il nostro Cantone presenta una realtà economica estremamente diversificata in molteplici settori congiunturali con eccellenze differenti. Ogni agglomerato presenta punti di forza peculiari che contribuiscono alla crescita economica. Sono innumerevoli gli esempi di aziende dall’alto potenziale che ogni giorno esportano i propri prodotti sui mercati internazionali e lavorano attivamente in quello interno. La presenza di importanti istituti accademici e di ricerca con cui si collabora fattivamente incrementa in modo determinante la qualità dell’innovazione, permettendo anche al Ticino di garantire una performance di qualità.

Per dare continuità a questo sviluppo, è giusto quindi monitorare la tendenza alla diminuzione della popolazione, visto che il trend sembra costante e trova riscontri anche nel recente documento pubblicato da Coscienza Svizzera “Il malessere demografico che colpisce il Canton Ticino. Sfide politiche ed economiche per la nostra società”, curato da Ivano D’Andrea, CEO del Gruppo Multi.

Le morti superano le nascite da un decennio, la natalità cala, così come il saldo migratorio intercantonale. Inoltre, come per altri cantoni dove il mercato del lavoro presenta delle difficoltà, chi parte per svolgere studi in altri cantoni o all’estero non sempre riprende la strada di casa, o comunque non subito. Diminuiscono anche gli stranieri che si stabiliscono da noi e aumentano gli svizzeri che si trasferiscono all’estero.

Ma quali sono i motivi alla base di questa tendenza? Gli elementi sono molteplici e le dinamiche sono complesse, per cui le soluzioni non sono ottenibili con la bacchetta magica o con una legge, come spesso crede la politica.

È indubbio che altre regioni svizzere ed europee possano esercitare un’attrattiva maggiore rispetto al nostro Cantone in termini di possibilità di carriera. Anche per un aspetto finanziario. Detto in altre parole, talune attività da noi semplicemente non ci sono, per cui andarle a cercare altrove è assolutamente naturale, soprattutto pensando alle tante nuove figure professionali create con lo sviluppo delle tecnologie e l’evoluzione digitale.

La cura incessante del ‘fattore umano’ resta ancora decisiva. Il progresso tecnologico – frutto dell’esperienza e del genio umano – insieme a una costante formazione del personale (aspetto fondamentale per garantire la presenza di collaboratori qualificati sul territorio) sono sempre al centro dell’attenzione. Ciò permette, insieme a investimenti mirati e continui nella Ricerca e Sviluppo (R&S), a una grande flessibilità dei modelli di business che si adattano alle costanti variazioni economiche, a un sistema-Paese che spinge sull’acceleratore dell’apertura e dell’incremento delle competenze – con la formazione duale –, di restare competitivo.

Insomma, un Ticino che deve continuare sulla strada intrapresa qualche anno fa, in modo che se oggi magari “zoppica” un po’, non smetta di “correre”.

Come detto, non siamo soli a essere confrontati alla decrescita della popolazione. Anche altri territori come Neuchâtel (non a caso quest’ultimo promotore di idee elencate nell’altro nostro articolo) vivono una situazione molto simile.

È purtroppo innegabile che la capacità di accoglienza del Ticino sia molto diminuita da qualche anno a questa parte. Sia verso le aziende, tutte frettolosamente messe nel calderone degli evasori fiscali, sia verso i privati, mal sopportati per il fatto di essere stranieri. La caccia alle streghe scatenata nei confronti dei facoltosi contribuenti stranieri che in Svizzera risiedono ma non lavorano non giova certo alla voglia di insediarsi alle nostre latitudini.

I casi di persone costrette a ripartire dalla Svizzera per futili motivi iniziano ad aumentare in maniera insidiosa. L’immagine di un paese non solo di difficile accesso ma addirittura a volte ostile, invoglia poco a trasferirsi in Ticino.

Denatalità e invecchiamento della popolazione hanno sinora preoccupato i politici quasi esclusivamente per le pesanti ripercussioni che ci saranno sul sistema pensionistico. Ma ci sono anche altri effetti non meno gravi. Sulla sanità che con una popolazione più vecchia vedrà aumentare ancora i costi della salute. Sulla forza lavoro, venendo a mancare un adeguato apporto di energie giovani che sono anche il motore di quel dinamismo economico che produce e distribuisce ricchezza. Sui gettiti fiscali e sull’attrattività per gli investimenti.  Sui modelli di consumo, sulla mobilità, sul mercato immobiliare, innescando un effetto sostituzione per cui si lasceranno vecchi quartieri e vecchi appartamenti per quelli nuovi, declassando i primi ad aree marginali. Degrado e sovradimensionamento per infrastrutture che erano state concepite per un numero maggiore di residenti.

Anche il peso politico di un Cantone con meno abitanti diminuisce considerevolmente, vista anche la sempre crescente importanza delle città sul piano politico federale.

È possibile invertire questa tendenza? Il Canton Neuchâtel ha abbozzato alcune soluzioni, con obiettivi e misure specifiche che potrebbero offrire delle piste interessanti anche per il nostro Cantone, sempre che ci sia la consapevolezza di un’azione comune e coordinata. La strategia neocastellana sostiene che non dipenda solo dall’azione pubblica, ma da una molteplicità di fattori e dalla capacità di molti attori di lavorare assieme per innescare una dinamica demografica positiva.

Non suona così complicato, ma se non si riesce a parlare senza paraocchi ideologici di accesso alla proprietà, mobilità, fiscalità, mercato del lavoro, politica migratoria di persone e aziende, tanto per citare solo alcuni elementi, l’esercizio rischia di diventare impossibile.