La tassa (imposta) italiana sulla salute

Scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti.

Nella legge italiana di bilancio 2024 è stato previsto un cosiddetto contributo di compartecipazione alla spesa sanitaria, comunemente chiamata tassa sanitaria, a carico dei vecchi frontalieri, ovvero di quei lavoratori il cui permesso di lavorare in Svizzera è antecedente al 17 luglio 2023.

L’applicazione effettiva dipende dall’adozione delle norme attuative da parte delle Regioni italiane, norme preannunciate entro la fine del 2025.
Stando alle informazioni ufficiose raccolte presso fonti comunque ufficiali, una variante di applicazione potrebbe essere indipendente dal fatto che i frontalieri abbiano ricevuto o meno servizi sanitari su suolo italiano. Con la citata tassa l’Italia intende incassare soldi per finanziare i salari del personale sanitario di frontiera al fine di frenare il relativo esodo verso la Svizzera. Questo è lo scopo dichiarato che può essere perseguito solo con una tassa non causale, da un’imposta dunque, in quanto permette di incassare denaro non vincolato e senza fornire controprestazioni specifiche. Se invece la tassa fosse causale servirebbe a coprire le spese di una prestazione concreta e non lascerebbe alcun margine per sovvenzionare i salari del personale sanitario. In altre parole, con una tassa causale l’Italia non potrebbe perseguire il suo obiettivo, in quanto l’incasso sarebbe esclusivamente destinato a coprire le spese effettivamente sostenute. È quindi molto verosimile che questo balzello sarà strutturato come un’imposta vera e propria, prelevata sul reddito di tutti i vecchi frontalieri, in modo generale e progressivo.

Il nuovo Accordo sulla fiscalità dei frontalieri attualmente in vigore ed applicato dal 2024 all’art.9 prevede però che i “vecchi” frontalieri restano imponibili soltanto in Svizzera. L’Italia non può pertanto prelevare alcuna imposta a loro carico, restando la competenza impositiva esclusivamente a beneficio della Svizzera.

Ne consegue che, se l’Italia adottasse misure attuative che strutturano il prelievo a carico dei frontalieri in modo non causale (come un’imposta) violerebbe, con tale misura, il citato accordo firmato con la Svizzera e appena entrato in vigore.
L’entrata in vigore di questa nuova imposta italiana rischia di interferire negativamente nei rapporti tra datori di lavoro e i dipendenti, riducendo a questi ultimi parte del salario netto guadagnato in Svizzera. Tale diminuzione potrà indurre questi dipendenti a chiedere ai datori di lavoro una compensazione finanziaria della perdita. Non è quindi escluso che, alla fine, saranno i datori di lavoro ticinesi, o almeno una parte di essi, a doversi sobbarcare questa nuova imposta italiana.

Per questa ragione è importante vigilare sulle normative di attuazione che saranno prossimamente adottate e mantenere alta la pressione politica affinché l’attuazione di questo contributo non sia in contrasto con gli impegni assunti dall’Italia nei nostri confronti.

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