Un sì per il clima: quali le conseguenze?

Lo scorso 18 giugno 2023 il popolo svizzero ha detto sì alla nuova legge sul clima e sull’innovazione. È stato grosso modo un quarto degli aventi diritto di voto a pronunciarsi a favore della nuova legge; infatti, come spesso succede, solo il 40% della popolazione si è recato alle urne e di questo il 60% ha detto sì.

La democrazia svizzera funziona così, quindi la maggioranza non votante della popolazione deve accettare quanto deciso da una minoranza di votanti.

Come ben sappiamo la nuova legge sul clima e l’innovazione, controprogetto moderato all’iniziativa sui ghiacciai, non pone di principio divieti o nuove tasse, ma incentiva iniziative per una transizione ecologica ad emissione zero di CO2 entro il 2050. Per cercare di raggiungere questo ambizioso traguardo è indispensabile che tutti i settori che concorrono alle emissioni di gas a effetto serra facciano la loro parte: i trasporti motorizzati in primo luogo.

Nel corso degli ultimi decenni, grazie alle varie norme di legge introdotte a livello mondiale e allo sviluppo tecnologico dei motori a combustione interna, le emissioni di gas inquinanti prodotte dal traffico stradale, aereo e marittimo (quest’ultimo in maniera meno marcata rispetto agli altri due) sono drasticamente diminuite. Purtroppo, questa diminuzione è stata in parte attenuata a causa dell’aumento del traffico.

Tornando ora agli obiettivi imposti dalla nuova legge sul clima cosa dobbiamo aspettarci per quanto riguarda la mobilità individuale e per il trasporto merci su strada? La domanda è lecita e la risposta, tenendo conto delle tecnologie attualmente disponibili è la seguente: la mobilità elettrica.

Sia chiaro, la mobilità elettrica non è l’unica tecnologia che permetterà raggiungere l’obiettivo, o almeno di avvicinarsi, di zero emissioni di CO2, ma è quella che sarà dominante nella mobilità individuale privata. Altre tecnologie sono in fase di sviluppo e comprendono l’idrogeno, i carburanti sintetici e, almeno in parte, i bio-combustibili. Produrre oggi e nei prossimi anni questi carburanti alternativi richiede investimenti importanti e strutture adeguate che al momento non sono ancora disponibili se non a livello sperimentale. Nel futuro a breve e medio termine, visto quindi la scarsa disponibilità, questi carburanti verranno utilizzati quasi esclusivamente dai trasporti aerei o dal trasporto merci su strada a lunga percorrenza.

Nei prossimi anni gli automobilisti svizzeri, ma anche quelli europei visto che l’Europa ha decretato lo stop alla commercializzazione di veicoli a benzina e diesel entro il 2035, dovranno accettare di spostarsi con automobili a propulsione elettrica e questo malgrado un’indagine appena svolta abbia evidenziato come il 70% degli intervistati non abbia intenzione di acquistare un’auto elettrica. Questo dato sembrerebbe collimare con il risultato della votazione del 18 giugno.

La tecnologia di propulsione elettrica è senza ombra di dubbio un’ottima soluzione per ridurre le emissioni di CO2 a livello locale visto che un motore elettrico non ne produce affatto e inoltre offre anche molti vantaggi a livello di consumo energetico essendo di principio più efficiente. Tuttavia, una delle principali sfide che dovrà essere affrontata sarà la disponibilità di energia elettrica per la ricarica delle batterie. Già oggi assistiamo ad una penuria di elettricità che, in alcune occasioni, ha addirittura minacciato di tradursi in blackout parziali o totali con conseguenze catastrofiche per tutti. La risposta è probabilmente nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili come fotovoltaico, eolico e idroelettrico. Questa sfida spetta al mondo politico.

Ammettendo di trovare le soluzioni adeguate all’approvvigionamento sufficiente di energia elettrica, rimane ancora da risolvere il problema della distribuzione della rete di colonnine di ricarica indispensabili per alimentare l’intero parco veicoli in circolazione. La sfida non è meno titanica della precedente. Anzitutto la rete di distribuzione dell’elettricità potrebbe non sopportare le importanti potenze di carica richieste per le ricariche rapide delle batterie e nemmeno per assorbire i picchi di consumo che si genereranno quando un numero sempre maggiore di automobilisti si collegheranno alla colonnina per fare il pieno della propria auto. Sicuramente andranno trovate delle soluzioni.

L’ultimo anello del sistema di ricarica delle batterie per automobili è la colonnina di ricarica domestica o pubblica. Ancora una volta, se vogliamo raggiungere gli obiettivi imposti dalla legge sul clima, non abbiamo tempo da perdere. Oggi il numero di stazioni di ricarica è ancora abbondantemente al disotto delle necessità e le difficoltà di installazione, in particolare nei condomini, sono ancora importanti. La Confederazione, in collaborazione con diversi enti del settore, ha redatto una roadmap che prevede l’installazione di due milioni di colonnine di ricarica private entro il 2035. Anche se questo obiettivo sarà raggiunto, rimarrà comunque oltre un milione di automobilisti che non potrà ricaricare la propria auto elettrica a domicilio. Per questi ultimi sarà indispensabile affidarsi alle stazioni di ricarica pubbliche il cui sviluppo dipenderà anche dall’imprenditoria privata: se questo diventerà un business redditizio gli investimenti necessari non mancheranno.

Le incognite della transizione ecologica sono molte e le soluzioni per nulla scontate. Ognuno di noi dovrà fare la sua parte adattando a volte anche il proprio modo di affrontare la vita quotidiana.


Testo a cura di Marco Doninelli, Responsabile mobilità Cc-Ti