Piano energetico e climatico cantonale

Lettera della Cc-Ti inviata al DT

Ci permettiamo inoltrare le nostre osservazioni alla consultazione sul Piano energetico e climatico cantonale (PECC) – strategia 2022.

Il termine per la presentazione di osservazioni scade il 30 aprile 2023, per cui questa presa di posizione è ampiamente tempestiva.

In ingresso rileviamo che purtroppo non siamo stati ufficialmente invitati alla consultazione, malgrado il nostro ruolo di associazione-mantello dell’economia ticinese. Speriamo che ciò sia frutto di una semplice svista, altrimenti non sarebbe giustificabile, dato che sono state esplicitamente invitate molte associazioni di varie categorie economiche.

Osservazioni introduttive

L’economia svizzera e ticinese sostiene in generale il principio di ridurre la nostra dipendenza da fonti energetiche estere e di staccarsi, laddove possibile, dalle energie fossili per andare verso un consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Restiamo però fermamente convinti che oggi nessuno possa permettersi a priori di rinunciare a una delle varie fonti energetiche a nostra disposizione, nemmeno del nucleare. È essenziale che si continui a lavorare su più fronti e ad avere un approccio multivettoriale, soprattutto in presenza di tante incognite legate allo sviluppo tecnologico, ai costi, ai tempi di realizzazione di vere (“mature”) alternative alle odierne fonti di approvvigionamento. Infatti, se da un lato è comprensibile auspicare lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, dall’altro lato sono ancora da chiarire tempi e costi per determinare quando tutto ciò (produzione, stoccaggio, trasporto, ecc.) permetterà di coprire il fabbisogno energetico del paese. Una condivisione degli obiettivi energetici e climatici odierni non significa che le novità verso le quali si vuole tendere siano applicabili senza adattamenti (anche complicati) nell’immediato.

1. Base costituzionale e tempistica del PECC

È opportuno ricordare, quando si affronta il tema dell’energia nel suo complesso, che la Costituzione federale del 18 aprile 1999, e più precisamente l’articolo 89 capoverso 1, prevede quanto segue:

“Nell’ambito delle loro competenze, la Confederazione e i Cantoni si adoperano per un approvvigionamento energetico sufficiente, diversificato, sicuro, economico ed ecologico, nonché per un consumo energetico parsimonioso e razionale”. Gli elementi citati, compreso quello economico e quello della diversificazione, sono tutti di pari livello, per cui una visione globale sul tema energetico impone di tenere conto di tutte le componenti, cercando di armonizzarle. Ignorarne anche uno solo di questi sarebbe anticostituzionale.

È evidente che l’autorità cantonale, vista la ripartizione delle competenze in tema di energia, non può prescindere da quanto deciso a livello federale. Per questo motivo, riteniamo poco opportuno procedere a una revisione del PECC mentre a livello federale si sta discutendo dell’adozione di un atto mantello (Mantelerlass) che prevede la revisione di numerose leggi e ordinanze in tema energetico. Atto federale che ha davanti a sé probabilmente un iter ancora abbastanza lungo prima di essere adottato e di cui il cantone dovrà comunque giocoforza tenere conto, per capire quali siano i margini di azione a livello cantonale.

Il rischio di elaborare un PECC che potrebbe già di fatto essere superato è molto concreto.

Quindi, da una parte condividiamo la necessità di avere un piano strategico cantonale che possa essere sempre adattato alle esigenze espresse dalla realtà economica e sociale, tenendo soprattutto conto dell’evoluzione tecnologica, che può risultare decisiva nella scelta degli strumenti idonei a soddisfare i fabbisogni energetici del cantone. Ma la tempistica non ci sembra appropriata.

2. Impostazione generale

Già si è detto della condivisione del principio di avere uno strumento con obiettivi definibili secondo le evoluzioni della realtà. Vi sono tuttavia alcune domande di ordine generale che è assolutamente necessario porsi, prima di sancire una direzione dalla quale poi potrebbe risultare difficile ritirarsi.

a. Obiettivi – La prima domanda concerne gli obiettivi che si perseguono: rendere il cantone energeticamente indipendente al 100% e neutrale dal punto di vista delle emissioni di CO2 è realistico, visto che nemmeno la Confederazione aspira a tanto? A nostro avviso, a causa delle molte implicazioni pratiche, si tratta di un traguardo troppo ambizioso, per motivi che verranno spiegati in seguito. In primis per la sicurezza dell’approvvigionamento, cardine essenziale della questione energetica. Forse sarebbe stato opportuno coinvolgere cerchie più ampie nell’elaborazione del progetto posto in consultazione, in particolare rappresentanti del settore privato, che avrebbero potuto completare l’importante lavoro svolto dagli esponenti del settore pubblico e para-pubblico (AET e AMB). L’impressione è che, al di là degli obiettivi assolutamente lodevoli, manchi un approccio pratico.

b. Strumenti – Nel PECC si fa ampio riferimento a incentivi sotto forma di sussidi di vario genere. Probabilmente in taluni casi può trattarsi di uno strumento idoneo, ma manca un’analisi più approfondita su altre possibilità di facilitare gli investimenti, ad esempio con deduzioni fiscali mirate. A nostro avviso è concettualmente errato concentrarsi solo sugli incentivi, che tra l’altro potrebbero anche necessitare, per attribuzione, controllo ed eventuali sanzioni, di un apparato burocratico non indifferente, facendo lievitare i costi. Rischio che potrebbe forse essere evitato con un approccio che preveda anche altre facilitazioni per gli investimenti, ad esempio intervenendo sulla leva fiscale, che dispone di un apparato già rodato e che potrebbe portare a una maggiore chiarezza su cosa, chi e come viene incentivato. Riteniamo che un’analisi di questo tipo sulle varie possibilità di strumenti da mettere in campo sia indispensabile.

c. Costi – Strettamente legato al punto precedente è quello dei costi delle molte misure previste. Nel PECC mancano totalmente calcoli concreti sui costi che andrebbero affrontati per raggiungere gli obiettivi di indipendenza e neutralità. È evidente che in una certa misura si conta sull’evoluzione tecnologica ma l’impatto sul terreno e in particolare sui costi non è certo e speculare sul fatto che vi sarà una riduzione dei prezzi e una maggiore diffusione, ad esempio, delle batterie per accumulare l’energia è esercizio a nostro avviso troppo rischioso. È evidente che questo rende difficile fare calcoli precisi, però è necessario avere almeno delle stime attendibili, ma a maggior ragione si impone una certa prudenza e comunque non si può prescindere da stime almeno credibili dell’impatto finanziario dei principi perseguiti dal PECC. Ad esempio, si menziona la necessità di sopprimere l’olio combustibile quale vettore di riscaldamento per gli immobili, che vanno tutti convertiti. Data l’ampiezza del parco immobiliare ticinese che fa ancora capo a questa forma di energia, risulta difficile credere che si tratti di un’operazione possibile nei tempi previsti e sostenibile finanziariamente. Il fatto che oltretutto non vi siano indicazioni su chi dovrà concretamente sopportare i costi induce a rifiutare quanto proposto nel PECC, nell’attesa di indirizzi più precisi. Tanto più che il summenzionato dettame costituzionale richiede anche l’economicità degli interventi, elemento allo stato attuale impossibile da determinare.

d. Procedure – La volontà di alleggerire e sveltire le procedure pianificatorie è senza dubbio un elemento da ritenere, perché facilitano gli investimenti, anche per le energie rinnovabili, e permettono una reattività migliore quando si tratta di adattarsi alle evoluzioni sempre più rapide del contesto economico e sociale e, ovviamente, energetico.

3. Obiettivi strategici e scenari 2050 in particolare

Già si è detto al punto precedente che vi sono dubbi sul raggiungimento degli obiettivi che si pone il cantone. Indipendenza al 100% e decarbonizzazione, per quanto lodevoli, non tengono conto in maniera sufficiente della sicurezza dell’approvvigionamento e a quali costi, quindi anche del criterio dell’economicità.

Inevitabilmente occorre fare riferimento alla Strategia Energetica 2050 (SE 2050) prevista dalla Confederazione, che ha già dimostrato i suoi limiti (senza dimenticare le incertezze legate agli esiti della prossima votazione federale del 18 giugno 2023 sulla Legge federale sugli obiettivi in materia di protezione del clima, l’innovazione e il rafforzamento della sicurezza energetica). Malgrado la SE 2050 sia oggetto di discussioni per la sua manifesta inadeguatezza, il PECC afferma di voler essere ancora più ambizioso e incisivo. Rileviamo che basarsi di fatto solo su due unici pilastri, idroelettrico e fotovoltaico, non ossequia al dettame costituzionale di avere un approvvigionamento diversificato, per cui la produzione di elettricità proveniente da legna e gas va inclusa nelle valutazioni.

Del resto, pur condividendo il fatto che si faccia riferimento a effetto e misure globali, va tenuto conto che il Ticino può influenzare relativamente poco nel panorama mondiale. Variazioni di temperatura di uno o due gradi sono decisi risp. influenzati da colossi come Cina, India, Brasile, USA, ecc., il cui obiettivo non è la decarbonizzazione, almeno non come priorità assoluta. Il Ticino in questo contesto può ben poco. Ciò non significa che non bisogna fare nulla, anzi. Ma gli obiettivi vanno commisurati a quanto noi possiamo effettivamente fare. Combattere da soli l’aumento stimato di 1,5 gradi della temperatura è illusorio, cercare di aumentare l’indipendenza energetica è più realistico, ma va comunque sempre tenuto conto dell’impatto economico e sociale delle misure ipotizzate in termini di costi.

Che la SE 2050 abbia i suoi limiti è ormai noto. Il prezzo dell’elettricità è esploso nel 2022 e le misure urgenti previste per ovviare alle difficoltà (riserva energetica, Birr, Monthey, Cornau…) portano poca energia supplementare e sono costate 850 milioni di franchi e a tal proposito Swissgrid ha già annunciato degli aumenti tariffali per il 2024. Malgrado il fondo KEV/RIC dal 2009 a oggi abbia raccolto circa 15 miliardi di franchi (attualmente circa 1,4 miliardi all’anno), il fotovoltaico produce solo circa 2,8 TWh (anno 2021), quindi pensando ai sussidi erogati, la resa è assai limitata. Se si considera che con questi mezzi finanziari avrebbero potuto essere costruite 2 nuove centrali nucleari, producendo 10 volte di più energia, 24 ore su 24, non solo quando splende il sole e a un prezzo inferiore, si impongono riflessioni ad ampio raggio che non si concentrino solo su una gamma limitata di fonti energetiche.

L’approvvigionamento invernale, che è quello sostanzialmente problematico visto che siamo obbligati a importare energia, viene a nostro avviso frettolosamente liquidato, con un generico riferimento anche a nuove possibilità di stoccaggio. Dallo Stato le cittadine e i cittadini si aspettano condizioni-quadro affidabili come pure un piano di implementazione chiaro. Limitarsi a dire, come figura a pagina 69 del PECC posto in consultazione, “La sfida è di riuscire a ridurre la dipendenza dall’estero tramite trasferimento di parte dell’esubero di produzione estiva nei mesi invernali” corrisponde sostanzialmente a vendere un’illusione. Tanto più che si afferma pure, sempre a pagina 69, che “Malgrado l’importante aumento di potenza fotovoltaica installata, rimarrebbe un deficit invernale di circa 700 GWh, mentre nei mesi estivi vi sarebbe da gestire, con i relativi problemi sulla stabilità della rete, un esubero di 1’100 GWh”. In parole povere, significherebbe che più dei 2/3 della “nuova” produzione sarebbe gettata alle ortiche!?

In conclusione, resta senza risposta il quesito di come si possa immagazzinare il surplus di energia prodotta nei mesi “favorevoli”. Considerato l’attuale stato della tecnica e dei prodotti disponibili sui mercati risp. di progetti come il Sambuco, significherebbe che occorrerebbero 14 altri progetti come il Sambuco. In sostanza, i 100 a 200 milioni di franchi necessari per aumentare la produzione di 50 GWh, diventerebbero una cifra mostruosa variante da 1,4 a 3 miliardi di franchi per coprire il deficit invernale di 700 GWh. Figuriamoci se volessimo immagazzinare la stessa quantità di energia con batterie attualmente reperibili sul mercato: in effetti 700GWh corrispondono a 700‘000‘000 kWh e per immagazzinarli in batterie TESLA (capacità 15 kWh a 10’000 franchi al pezzo) avremmo bisogno di 45 milioni di batterie per un costo totale di oltre 400 miliardi di franchi e per una durata di vita delle batterie di soli 15 a 20 anni.

Ovviamente sproporzionato e irrealizzabile. Immagazzinare l’esubero di energia estiva per poi utilizzarlo nella stagione fredda è certamente corretto dal punto di vista teorico, ma, all’atto pratico, trovare 14 progetti equivalenti a quanto previsto per il Sambuco o, peggio, illudersi di installare milioni di batterie, rappresenta un esercizio velleitario che non si sposa con la realtà dei fatti.

Tra l’altro, se veramente si vorrà procedere con lo spegnimento del nucleare senza condizioni, nel 2035 il fabbisogno invernale salirà ulteriormente.

Il problema dello stoccaggio non è quindi ancora risolto e occorrono maggiori analisi e la verifica di alternative credibili, anche per i forti dubbi sulla sostenibilità dei costi.

4. Alternative?

Abbiamo già sottolineato la necessità di non precludersi determinate fonti energetiche. Per questo vanno sostenute svariate alternative: fotovoltaico, idroelettrico (incluso la mini-hydro), eolico, biogas, geotermia, nuovo nucleare, ecc., tutto ciò al fine di garantire una sicurezza di approvvigionamento economica 24/24h e non solo quando splende il sole o soffia il vento.

Il PECC fa riferimento per il 2035 al Power to X da energie rinnovabili e quando d‘inverno saremo al massimo delle importazioni. Si tratta di una visione poco coerente. Garantire il “pieno” delle auto elettriche e far funzionare le pompe di calore grazie a energia elettrica importata ci pare molto azzardato.

Infine, se già vi sono problemi di approvvigionamento in inverno e vista la bassa resa/efficienza, la produzione di idrogeno con l’idroelettrico andrebbe evitata, visto che poi essa richiede il triplo di energia rispetto alla resa

5. Obblighi non commisurati alla realtà

Da pagina 73 del PECC vengono elencati molti degli obblighi che dovrebbero permettere una transizione energetica. Nutriamo qualche dubbio sulla fattibilità, visto che spesso si fa riferimento anche a tecnologie e prodotti non ancora „maturi “. Per quanto riguarda gli edifici, le reti di teleriscaldamento sono certamente una via corretta, ma abolendo il gasolio, come nelle intenzioni, quale sarebbe il destino delle zone periferiche senza teleriscaldamento? Non verrebbero riscaldate?

6. Conclusioni

Visto quanto precede, chiediamo che il PECC sia riesaminato completamente, rivedendone gli obiettivi sulla base delle tecnologie disponibili oggi e non basandosi su supposizioni e speranze. Aggiornamenti e correzioni degli obiettivi possono essere effettuati di pari passo con l’evoluzione tecnologica. Considerata l’importanza del tema, una valutazione dell’impatto finanziario degli obiettivi perseguiti è assolutamente necessario. Un allineamento con il Mantelerlass della Confederazione è indispensabile sia per gli obiettivi, che per le vie per raggiungerli. Nel nostro ruolo di associazione-mantello dell’economia ticinese riteniamo che sarebbe opportuno muoversi con maggiore realismo, prevedendo anche un piano alternativo, qualora le ipotesi illustrate, anche per i motivi suddetti, non potessero essere realizzate.

Ringraziandovi per l’attenzione dedicata al nostro scritto, l’occasione ci è gradita per porgervi i nostri più distinti saluti.

Andrea Gehri, Presidente Cc-Ti

Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti