La nuova frontiera della formazione

a cura di Alessio Del Grande

Il tema della digitalizzazione è molto rilevante per la Cc-Ti, tanto che nel corso del 2017 ci siamo chinati a più riprese su quest’argomento, affrontandolo da diversi punti di vista. Con questo articolo, già apparso su Ticino Business, si parla di istruzione, innovazione e digitalizzazione.

L’espressione “Industry 4.0” venne usata per la prima volta nel 2011 alla Fiera di Hannover. Sono passati solo pochi anni, ma quella che è stata definita la “quarta rivoluzione industriale” è una realtà che sta già cambiando radicalmente non solo il mondo della produzione e della distribuzione di beni e servizi, ma anche il nostro modo di vivere e di relazionarci con gli altri. “Consideriamo, ad esempio, le possibilità, praticamente illimitate, di connettere miliardi di persone attraverso i dispositivi mobili, generando una capacità di elaborazione, archiviazione e accesso alle informazioni senza precedenti. Oppure pensiamo per un attimo all’incredibile convergenza di invenzioni tecnologiche in campi quali l’intelligenza artificiale, la robotica, l’Internet delle cose, la realizzazione di veicoli autonomi, la stampa tridimensionale, la nanotecnologia, la biotecnologia, la scienza dei materiali, l’immagazzinamento di energia e il quantum computing, solo per citarne alcuni” ricorda nel suo saggio «La quarta rivoluzione industriale» Klaus Schwab, fondatore e Presidente del World Economic Forum di Davos. Molte attività lavorative, in particolare quelle ripetitive e manuali, sono state già automatizzate, altre lo saranno quanto prima. Ma dalla crescente convergenza tecnologica in un’economia digitalizzata, nasceranno altre professioni. Cambierà persino il concetto tradizionale di “manodopera qualificata”, ossia quella con conoscenze e abilità ben definite all’interno di una professione, e “si darà maggiore enfasi – scrive Schwab – alla capacità della forza lavoro di adattarsi continuamente e apprendere nuove competenze e approcci in una varietà di situazioni”. Sarà, dunque, la formazione una delle più importanti sfide della nuova rivoluzione industriale. Una sfida a cui le imprese ticinesi si stanno preparando anche con l’associazione ICT per la formazione professionale e che su scala nazionale vede già operativa l’iniziativa “Digital Switzerland”.

Istruzione e innovazione vanno rivalorizzate per il mondo del lavoro di domani.

L’apprendimento continuo come nuovo imperativo per sopravvivere nell’epoca dell’automazione, è stato il tema di una lunga inchiesta pubblicata nel gennaio scorso dall’Economist. Il settimanale sottolineava che nei Paesi ricchi il legame tra apprendimento e guadagni tende a seguire una semplice regola: più formazione durante i normali studi e nei primi anni di attività professionale, per poi raccogliere risultati corrispondenti, in termini retributivi, nel corso della propria carriera. Una regola che oggi non basta più, visto che ad ogni anno supplementare di istruzione e formazione, secondo molti studi, è associato ad un aumento dell’8-13% nei guadagni orari. Non si tratta però solo di guadagnare di più, ma di formarsi continuamente per conservare il posto di lavoro. “Le conoscenze apprese a scuola, non sono quelle che porteranno alla pensione” sottolineava un articolo del febbraio scorso di Bilan, citando l’avvertimento lanciato dal CEO della Philps durante un dibattito all’ultimo World Economic Forum. Se i lavori costituiti da attività di routine, facili da automatizzare, sono in declino, cresce invece il numero d’impieghi che richiedono una maggiore abilità cognitiva. Per rimanere competitivi, e per dare a tutti i lavoratori, poco o altamente qualificati che siano, le migliori possibilità di successo, bisogna offrire una formazione su tutto l’arco della carriera professionale, suggeriscono gli esperti sentiti dall’Economist. In questa direzione si stanno muovendo molti Paesi, testando nuove strade non solo per i contenuti e le finalità dell’apprendimento, ma anche per favorire l’accesso alla formazione permanente. Come Singapore che sta investendo ingenti risorse per fornire ai suoi cittadini dei “crediti di apprendimento”, dei voucher che permettono di accedere alla formazione, fornita da centri autorizzati, durante tutta la vita lavorativa. Ed è ancora Singapore a vantare un altro approccio innovativo con l’iniziativa “SkillsFuture”: gli imprenditori sono invitati a indicare le trasformazioni che si attendono nei prossimi anni nelle loro attività, per tracciare così una mappa delle nuove competenza di cui avranno bisogno le imprese. Grandi gruppi internazionali e molti centri specializzati stanno sperimentando progetti e percorsi formativi in cui le nuove tecnologie della comunicazione hanno un ruolo chiave per l’apprendimento, l’aggiornamento e il perfezionamento professionale online, come anche per la condivisione su scala internazionale conoscenze e competenze.
Le nuove tecnologie, sottolineava anche Bilan, dovrebbero rendere l’apprendimento più efficace e accessibile. Il patrimonio di dati e saperi disponibile in rete offre la possibilità di un’istruzione mirata, mentre con le grandi piattaforme digitali si facilita il collegamento tra persone con differenti livelli di conoscenza, consentendo l’insegnamento e il tutoraggio peer-to-peer. È stata la giusta combinazione tra istruzione e innovazione, notava l’Economist, che nei decenni passati ha generato ricchezza e prosperità nei Paesi avanzati. Una combinazione che oggi va rivalorizzata, perché se la formazione non riesce a tenere il passo con l’evoluzione tecnologica, il risultato sarà la disuguaglianza sociale, con le fasce più deboli della popolazione che saranno emarginate dal mercato del lavoro. La formazione professionale sinora è stata efficace nel garantire l’inserimento nel mondo del lavoro, ma si fa poco per aiutare le persone ad adattarsi ai cambiamenti nel mondo del lavoro.

Se le conoscenze apprese a scuola non sono quelle che porteranno alla pensione, la formazione è un atout che va perseguito durante tutta la carriera professionale, integrandosi con l’evoluzione tecnologica e la digitalizzazione.

“Oggi è necessario insegnare ai bambini come studiare e pensare, privilegiando quella metacognizione che permetterà loro di acquisire più competenze nel corso della vita”. Nel suo studio “New vision for education” la Singularity University, un laboratorio di talenti e di start-up con sede nella Silicon Valley, indica le quattro competenze fondamentali della formazione orientata al futuro:

  • la comunicazione, abilità fondamentale per il lavoro di squadra e lo sviluppo del pensiero critico;
  • la creatività, fantasia e immaginazione non solo per essere in grado d’inventare nuovi oggetti, ma anche per trovare modi alternativi nell’affrontare e risolvere i problemi;
  • la collaborazione, per lavorare assieme su obiettivi comuni, utilizzando al meglio le competenze dei colleghi;
  • il pensiero critico o costruttivo, per valutare a fondo ogni situazione tenendo presenti punti di vista diversi e facendo i giusti collegamenti tra più informazioni.

Su questo capitale di abilità cognitive sarà incardinato il lavoro che genererà più valore, coinvolgendo conoscenze trasversali e qualità caratteriali, con una contaminazione continua tra sapere teorico e pratica concreta. Poiché istruzione e formazione sono un bene i cui benefici si estendono a tutta la società, i Governi hanno un ruolo fondamentale, non semplicemente per spendere di più, ma soprattutto per spendere saggiamente. Un ruolo che sarà ancora più efficace coinvolgendo imprese e sindacati, come insegnano le esperienze maturate in Gran Bretagna e in Danimarca, Paese quest’ultimo dove ai disoccupati vengono offerti ben 258 corsi di formazione professionale per aiutarli a reinserirsi nel mondo del lavoro.

Interessati al tema della digitalizzazione? Qui potete scaricare il nostro approfondimento e rileggete anche il resoconto dell’evento “L’economia del futuro è digitale” tenutosi il 26 aprile scorso.