Consultazione federale sul Programma di sgravio del bilancio 2027 della Confederazione
La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino (Cc-Ti), quale associazione-mantello dell’economia ticinese, ha preso atto della consultazione sopra citata e formula, con la presente, alcune osservazioni di carattere generale sul programma di sgravio e altre considerazioni puntuali su alcuni temi specifici.

Contesto
È noto che la Confederazione deve fronteggiare uno squilibrio di bilancio strutturale. Per rispettare il principio del freno all’indebitamento, deve quindi adottare una serie di misure volte non a ridurre il budget federale, ma a rallentarne la crescita, intervenendo soprattutto sulla spesa, la cui crescita preoccupa soprattutto in prospettiva futura.
In questo contesto, a seguito del rapporto presentato dal gruppo di esperti guidato da Serge Gaillard, il Consiglio federale propone il Programma di sgravio del bilancio 2027, con una sessantina di misure di vario tipo.
23 di queste misure possono essere sottoposte alla normale procedura di bilancio, altre 36 richiedono una serie di modifiche legislative, che sono al centro della presente consultazione.
A questo proposito, va notato che queste revisioni legislative sono interconnesse e costituiscono un unico atto di modifica.
Valutazione complessiva
La Cc-Ti, come tutte le altre Camere di commercio e dell’industria svizzere, sostiene da sempre una gestione rigorosa delle finanze pubbliche, nel rispetto del freno all’indebitamento. In linea di principio, condividiamo pertanto lo spirito e l’approccio del Programma di alleggerimento del bilancio, che prevede interventi prevalentemente sul fronte delle spese e che rappresenta quindi una buona opportunità per esaminare la pertinenza dell’intervento federale in una serie di settori. In effetti, secondo quanto presentato, oltre il 90% delle misure dovrebbe essere attuato sul fronte della spesa pubblica, elemento che accogliamo con favore perché è il cuore del problema.
Proprio perché sono soprattutto le spese a preoccupare, siamo chiaramente contrari a qualsiasi aumento di imposte e tasse per assorbire il deficit, perché sul fronte delle entrate non si registrano problemi particolari e l’economia e i cittadini e le cittadine non possono essere gravati di oneri supplementari in via diretta o indiretta.
Di seguito ci limitiamo a citare alcuni ambiti che riteniamo particolarmente sensibili e nei quali l’intervento è, a nostro avviso, da rivedere. Questi completano risp. vanno ad aggiungersi a quanto rilevato in particolare dalle Camere di commercio e dell’industria della Svizzera latina (di cui facciamo parte) in una presa di posizione separata.
1. Aumento dell’imposta sui prelievi di capitale previdenziale
Il programma di riduzione dei costi della Confederazione si concentra principalmente sulle spese come mezzo per ridurre il bilancio federale. Approccio che, come detto, condividiamo.
Non siamo, per contro, allineati per quanto riguarda le misure volte ad aumentare le entrate e in particolare a quella che prevede l’aumento dell’imposizione sui capitali pensionistici.
Un aumento del genere lederebbe pesantemente agli interessi di chi ha risparmiato nel corso della vita attiva confidando in regole chiare e affidabili. Rappresenterebbe una chiara violazione del principio della buona fede che minerebbe l’affidabilità del sistema legale svizzero.
Anche per prelievi di capitale contenuti dell’ordine, ad esempio, di 200.000 franchi, l’imposta federale aumenterebbe di circa il 50%.
Alcune cifre sono molto significative e dimostrano come l’aumento previsto dell’imposta federale sui prelievi di capitale sarebbe enorme:
- Per un prelievo “moderato” di 200.000 franchi: un aumento appunto di circa il 50% rispetto a oggi.
- Per 400.000 franchi: un aumento di circa il 59%.
- Per 600.000 franchi: un aumento di circa il 71%.
- Per 800.000 franchi: un aumento di circa il 77%.
- Per un prelievo di 1 milione di franchi, l’imposta federale raddoppierebbe. Per una persona sola passerebbe da 23.000 a 42.595 franchi.
- A partire da 1 milione di franchi, l’imposta federale continuerebbe ad aumentare progressivamente, superando il 100%.
Gli aumenti fiscali previsti sarebbero quindi esorbitanti e colpirebbero duramente anche la classe media.
In media, le persone che lavorano hanno circa 500.000 franchi svizzeri di risparmi nel secondo pilastro quando vanno in pensione. Affermare che solo i ricchi sarebbero colpiti da questi aumenti è, alla luce dei dati, infondato.
Sarebbero in realtà interessate ampie fasce della popolazione e anche le persone con un capitale pensionistico relativamente modesto verrebbero fortemente colpite. Compresi gli indipendenti, che non hanno accesso al secondo pilastro e che investono quindi maggiormente nel terzo pilastro, sarebbero pesantemente penalizzati da questi aumenti fiscali.
Questi massicci aumenti riguarderebbero anche, ad esempio, i pagamenti della Fondazione svizzera per paraplegici alle persone con paralisi spinale e le prestazioni della cassa pensione versate ai coniugi superstiti. Questi effetti sui casi di invalidità e di morte non sono menzionati nella relazione esplicativa della consultazione.
Pure le persone in cattive condizioni di salute, che hanno un’aspettativa di vita più breve e scelgono quindi di ritirare i loro fondi pensione sotto forma di capitale, sarebbero penalizzate. Sarebbe decisamente iniquo, perché sommerebbe le preoccupazioni per la salute alle imposte federali più alte.
Inoltre, massicci aumenti fiscali indebolirebbero inoltre la previdenza individuale e non va dimenticato che, nel sistema dei tre pilastri, l’AVS statale e la previdenza professionale sono integrate proprio dalla previdenza individuale.
Gli aumenti di imposta sui prelievi di capitale dal 2° e 3° pilastro sono ingiustificati. Penalizzano pesantemente tutta la popolazione e anche le fasce più deboli. È del resto inaccettabile cambiare in corsa le regole fiscali per la previdenza a lungo termine. È quindi indispensabile che questa proposta venga ritirata dal progetto.
La Confederazione deve affrontare le sfide del budget esaminando la pertinenza di alcune spese, ma in nessun caso aumentando la pressione fiscale.
2. Riduzione dei contributi agli aerodromi regionali
Per la Cc-Ti, la misura che prevede la riduzione dei contributi della Confederazione agli aerodromi regionali ha una valenza molto importante.
Un eventuale taglio di circa 5 milioni di franchi annui destinati all’aeroporto di Lugano-Agno avrebbe effetti importanti sulla sopravvivenza stessa dello scalo. Tali fondi, destinati in gran parte a garantire la sicurezza tramite Skyguide, sono irrinunciabili.
L’aeroporto di Lugano non è solo un’infrastruttura regionale: è un nodo strategico per l’economia, la mobilità e l’attrattività dell’intero paese.
Nel 2024 lo scalo ha registrato oltre 21.000 movimenti aerei (+12%), di cui circa 8.000 voli business, con un impatto economico stimato di oltre 100 milioni di franchi solo per l’aviazione privata.
Inoltre, l’aeroporto assicura circa 120-130 posti di lavoro diretti, supporta la formazione di piloti, ospita eventi aeronautici e accoglie voli di Stato.
L’aeroporto è economicamente sostenibile e ha chiuso in utile gli ultimi esercizi, per cui un sostegno, nell’interesse della rete dei trasporti nazionale, è sensato.
Un taglio ai fondi federali, invece, metterebbe a rischio la sua operatività, imponendo aumenti tariffali fino a 1’000 franchi per atterraggio, con conseguenze importanti per utenti, aziende e sicurezza.
Il ruolo nazionale dello scalo deve essere in questo senso riconosciuto e di conseguenza anche il finanziamento di talune parti di attività.
Lo scalo è, del resto, l’unico a Sud delle Alpi e rientra perfettamente in un concetto di complementarità dei trasporti fra strada, ferrovia e, appunto, aviazione, che è un pilastro della mobilità nazionale e non solo cantonale.
È pertanto importante escludere Lugano-Agno dai tagli e garantirne il sostegno continuativo, come avviene per altre realtà strategiche del Paese.