Un anno intenso

L’opinione di Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti

“Dal canto nostro cerchiamo di dare vari contributi, mettendoci a disposizione per combattere i fenomeni di abusi (quelli veri, non quelli presunti) ed emarginare chi non si comporta in maniera corretta e sottolineando con forza, i tanti, tantissimi esempi di aziende più che virtuose.”

È già passato un anno da quando ho avuto l’onore di essere chiamato alla Presidenza della Cc-Ti. Dodici mesi volati via con rapidità incredibile, fra molte emozioni, battaglie vinte (una su tutte: il secondo tunnel autostrale del San Gottardo) e perse (inevitabile pensare alla tassa di collegamento), progetti da consolidare e idee nuove.
Insomma, il “solito” mix che caratterizza l’attività di un’associazione come la Cc-Ti, impegnata a difesa del mondo imprenditoriale in tutte le sue sfaccettature, fatto di molti settori diversi fra loro ma proprio per questo complementari e accomunati dalla legittima preoccupazione di poter continuare a fare impresa in maniera costruttiva su un territorio che ha parecchie carte da giocare nel panorama nazionale e internazionale.

Preoccupazione per l’ostilità verso le aziende

Più volte in questi mesi, ma direi anche negli ultimi anni, la Cc-Ti ha espresso preoccupazione per la crescente ostilità, ormai molto diffusa, verso il mondo delle aziende. Fenomeno preoccupante perché approssimativo, che non opera distinzioni e che criminalizza in modo forfettario chiunque rientri nella definizione di imprenditore, quasi fosse ormai diventato un concetto di cui vergognarsi. E la crescente distanza fra mondo politico e realtà economica è un fatto ormai innegabile che non può non portare a porsi molte domande quanto al futuro del nostro Cantone. Perché un Paese che si vuole competitivo non può prescindere da un minimo di lavoro comune fra queste due componenti. Non sto per nulla parlando di asservimento della politica all’economia, rimprovero spesso mosso alle vere o presunte grandi “lobbies” o ai cosiddetti “borsoni” che è l’ultima parola alla moda per denigrare chi cerca di creare ricchezza in questo Paese. No, non si tratta di invocare una preminenza dell’economia in virtù del ruolo che essa svolge. Si tratta invece di esigere un minimo di conoscenza della realtà imprenditoriale concreta da parte di chi decide a livello istituzionale i destini del Cantone. La scarsa conoscenza e il sempre maggiore disinteresse che regnano oggi sul fronte politico nei confronti del mondo delle imprese è pericoloso, perché oltre a minare alla base il sistema consociativo svizzero, porta a decisioni e presunte “soluzioni” avulse dalla realtà, che recano molti danni al sistema economico, senza portare vantaggi a cittadine e cittadini. Il caos di basi legali create in fretta e furia negli ultimi mesi per compiacere il popolo e per raccattare qualche soldino senza approfondimenti sulle conseguenze di tali decisioni è emblematico.

Necessità di giudizi ponderati

I problemi vanno affrontati in maniera sistemica e risolti, nel limite del possibile, tenendo conto della realtà di cui si sta parlando. Sembra una banalità, ma anche per quanto riguarda l’economia è essenziale, perché gli equilibri sono molto fragili e non è assolutamente scontato che la prosperità che abbiamo conosciuto negli ultimi anni continui imperterrita a esistere malgrado i colpi inferti a scadenze regolari al sistema, in nome di richiami autarchici, di pericolose illusioni di essere i migliori al mondo e di poter scegliere senza conseguenze chi riteniamo sia degno di operare in Ticino sulla base di più che dubbi criteri. Pensando di poter avere nel nostro Cantone solo aziende che non fanno rumore, che non inquinano, che non hanno posteggi, che non assumono stranieri e che pagano stipendi oltre qualsiasi parametro ragionevole rischiamo di farci male. Perché è utopia pure, alimentata da false credenze ad esempio sull’alto valore aggiunto. Discutendo qualche tempo fa con alcune persone, purtroppo “addetti ai lavori” della politica, mi ha impressionato il fatto di come con leggerezza affermassero che bisognerebbe avere in Ticino più aziende come Apple a causa dell’altissimo valore aggiunto. Vero, sarebbe bello in termini di ricerca e innovazione, ma gli stessi interlocutori sembrano dimenticare che Apple fabbrica in Cina e che paga per molti lavoratori salari molto bassi perché il sistema retributivo all’americana prevede altri incentivi non sempre legati alla componente fissa. Questo significherebbe che in Ticino Apple sarebbe massacrata e probabilmente fatta fuggire per cause di dumping salariale acuto. Giusto o sbagliato che sia, la superficialità delle considerazioni che ha ormai pervaso in maniera trasversale quasi tutto l’orizzonte politico va in qualche modo arginata.

Il ruolo della Cc-Ti e la positività

Dal canto nostro cerchiamo di dare vari contributi, mettendoci a disposizione per combattere i fenomeni di abusi (quelli veri, non quelli presunti) ed emarginare chi non si comporta in maniera corretta e sottolineando con forza, i tanti, tantissimi esempi di aziende più che virtuose. Purtroppo questi elementi non sembrano interessare più di tanto, vuoi perché sono considerati scontati, vuoi perché è più comodo e pagante creare paure su cui costruire fortune politiche, fregandosene altamente delle conseguenze che vi potrebbero essere per il sistema economico. Salvo poi piangere perché manca il gettito fiscale di aziende che se ne vanno, dopo essere state vituperate fino al giorno prima sulla base di considerazioni completamente sbagliate (il solito valore aggiunto ad esempio). È quindi una conseguenza purtroppo quasi logica che le discussioni su veri e presunti imprenditori cattivi ruotino soprattutto attorno alle incessanti scadenze di votazioni federali e cantonali e siano praticamente finalizzate solo a questi appuntamenti. Con il risultato che di aspetti positivi si parla troppo poco. Per rimanere nel nostro piccolo della Cc-Ti, i molti progetti formativi per migliorare le competenze dei nostri operatori, le aperture di nuovi mercati esteri, il sostegno concreto (e gratis per lo Stato…) alle attività aziendali con attività specifiche che risolvono situazioni anche molto intricate sul piano cantonale, nazionale e internazionale, le molte proposte costruttive di riforme nell’interesse del Paese e non solo per una ristretta cerchia dei già citati “borsoni”, restano praticamente inosservate perché troppo positive e non polemiche. Questo si vuole oggi e non mi scandalizzo certo, anche se una punta di tristezza vi è comunque, perché sembra che, in una spinta di inspiegabile autolesionismo, non siamo più capaci di valorizzare quanto di buono il territorio riesce ad esprimere.

Avanti nonostante tutto

È un vero peccato arrivare al punto di dire che l’economia va avanti malgrado la politica, come succede spesso nella vicina Penisola. Anche se ho l’impressione che la direzione sia ormai questa, il che vuol dire sacrificare alcune caratteristiche fondamentali della Svizzera e del Ticino. Senza una vera e propria necessità di farlo. Certo, i sempre più numerosi paladini dell’anti-impresa diranno che tutti i mali del nostro Cantone sono causati dall’economia. “Visione” troppo parziale, ingiusta e dannosa, che non esito a definire vergognosa. Un sano e nemmeno troppo complicato esame di coscienza da parte di tutti, nessuno escluso, ci permetterebbe magari di affrontare le cose in maniera costruttiva e non solo distruttiva. Ahimé, questo oggi è forse chiedere troppo.