Svizzera-Italia, quali relazioni economiche?

di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

Si è tenuta a Lugano ad inizio ottobre la quarta edizione del Forum per il dialogo tra la Svizzera e l’Italia, seguito poi da vari gruppi di lavoro che si confrontano su temi scelti delle relazioni bilaterali (anche se il termine “bilaterale” oggi equivale purtroppo quasi a un’ingiuria…). Si può disquisire a lungo sull’utilità di tali incontri, perché sovente non ci sono risultati immediati e tangibili, anche perché non sono queste le sedi per farlo. È però essenziale mantenere aperto un canale di comunicazione a livello ministeriale, che apre poi la strada a negoziati più concreti sui molti temi che preoccupano i due territori. In generale, è sempre meglio confrontarsi direttamente che insultarsi per via mediatica, perché magari discutendo si può calmare qualche bollente spirito e affrontare seriamente talune questioni, soprattutto di ordine economico. E qui è giusto sottolineare come purtroppo la politica estera svizzera in passato abbia per troppo tempo sottovalutato i rapporti con l’Italia, riducendoli spesso a questione quasi solo ticinese, quando invece siamo confrontati a un Paese economicamente molto importante per tutta la Svizzera. L’Italia è il quinto partner commerciale del nostro Paese e già solo per questo i rapporti bilaterali   meriterebbero una maggiore considerazione. Che invero c’è in parte stata negli ultimi anni, anche se restano macchie non da poco, come quella di condurre trattative importanti in inglese. Una cosa che non sarebbe mai successa con Francia e Germania, mentre è quasi uso corrente nei rapporti con l’Italia. Errore strategico importante, anche perché il nostro vicino meridionale non è un partner facilissimo, non per  forza per cattiva volontà, ma per una certa complessità intrinseca del sistema italiano e per i frequenti cambi di Governi e Ministri.

L’Italia è il quinto partner commerciale del nostro Paese e già solo per questo i rapporti bilaterali meriterebbero una maggiore considerazione.

Come detto, una maggiore attenzione alle varie sfumature, non da ultimo quella culturale, che caratterizzano i rapporti economici fra Italia e Svizzera, è un elemento assolutamente fondamentale non solo per il Ticino ma per tutta la Confederazione. Non è un caso che ad esempio la famosa (o famigerata, a seconda dei punti di vista) questione delle liste nere italiane per le aziende svizzere, sia assurta a tema nazionale quando ci si è resi conto che non penalizzava solo le imprese ticinesi, ma tutte quelle elvetiche. Stesso discorso per la modifica della Legge federale sull’imposta sul valore aggiunto (IVA), che abbiamo fatto emergere come discriminatoria verso le aziende svizzere e che nel frattempo è stata corretta. Sarà stato casuale, ma l’aiuto decisivo per portare questi temi e le relative discussioni sul tavolo della politica federale a suo tempo è venuto da Ignazio Cassis, nuovo Responsabile della politica estera svizzera a partire dal prossimo 1° novembre. Senza voler caricare il nuovo Consigliere Federale di eccessive aspettative, è però innegabile che è legittimo aspettarsi un’accresciuta sensibilità per la comprensione di questioni che da qualche tempo rendono più difficili i rapporti bilaterali Svizzera-Italia dal punto di vista economico. Al di là dei giusti convenevoli fra ministri, i dossier aperti sono complessi e numerosi e quantità e qualità delle problematiche non diminuiranno certo in futuro. Nessuno deve aspettarsi miracoli negoziali e spesso è necessario anche fare la voce grossa, ma lo scontro continuo con uno dei più importanti partner commerciali della Svizzera non è probabilmente la via migliore per risolvere i problemi. Anche qui, come sempre nella vita, è questione di equilibrio.