Ma quanto valgono i bilaterali?

Michele Rossi, Avv., Delegato Relazioni Esterne della Cc-Ti

L’UE è il partner commerciale più importante per la Svizzera. Un abbandono della via bilaterale comporterebbe gravi ripercussioni sulla nostra economia.

Ogni tanto vale davvero la pena di fare il punto della situazione, di fermarsi un attimo, di prendere una sana distanza dal tema in discussione, soprattutto quando il tema è vissuto in modo del tutto emotivo, svincolato da una corretta visione dei fatti. Solo sulla base di dati oggettivi è poi possibile formarsi un’opinione. Altrimenti i dibattiti rischiano di trasformarsi in sterili cori di tifoserie calcistiche, la curva Nord che urla contro la curva Sud la propria fede politica, religiosa, sportiva, …

Nella questione europea siamo purtroppo arrivati a questo punto. Emozioni scagliate contro gli avversari che annebbiano la vista quando invece, soprattutto considerato il delicato momento di trasformazione economica, sarebbe necessario mantenere una certa lucidità. Torniamo quindi all’inizio, agli anni ‘90.

Cosa sono i bilaterali? Perché li abbiamo conclusi? Ebbene questi accordi sono uno strumento di politica estera il cui scopo è quello di permettere alla Svizzera di accedere, parzialmente, al grande mercato europeo. Non essendo la Svizzera un Paese membro dell’UE e avendo nel 1992 popolo e Cantoni deciso di non partecipare nemmeno allo Spazio economico europeo (SEE), i bilaterali sono la via per permettere al nostro Paese, alla nostra economia, di partecipare al mercato continentale.

È importante questa partecipazione? Certo, l’UE è di gran lunga il nostro partner commerciale più importante, con il quale è necessario avere rapporti stabili, strutturati e fluidi. Per la nostra economia sarebbe impensabile precluderci l’accesso a questo enorme territorio. Da questo accesso dipende, non dimentichiamolo, il nostro benessere, che non è scontato e che va coltivato ogni giorno, consapevoli che scelte politiche sbagliate potrebbero avere importanti conseguenze economiche negative. Proprio per mettere in evidenza questo aspetto la Seco, lo scorso anno, ha incaricato due prestigiosi istituti di ricerca al fine di quantificare l’effetto economico per il nostro Paese di un’eventuale caduta degli accordi bilaterali. I risultati di questi studi sono univoci. Senza bilaterali staremmo peggio.
Concretamente gli studi mostrano come l’abbandono dei bilaterali avrebbe significative ripercussioni negative per l’economia. L’effetto cumulato fino al 2035 consisterebbe in un’erosione del PIL svizzero di 460-630 miliardi di franchi. In neanche 20 anni, l’abbandono dei bilaterali costerebbe approssimativamente un PIL (o un «reddito annuo») svizzero attuale, con conseguente diminuzione dell’occupazione. Questi sono i dati, queste sono le conseguenze calcolate da seri istituti di ricerca, non opinioni o semplici emozioni.
Stiamo quindi attenti a non giocare con il fuoco. Nelle delicate trattative in corso tra Berna e Bruxelles volte a trovare una soluzione al voto del 9 febbraio 2014 teniamo ben presente la posta in gioco effettiva. Se in futuro saremo chiamati ad esprimerci sulla necessità o meno di mantenere i bilaterali ricordiamoci dei dati, dei fatti e di quanto il nostro benessere ne dipenda. E lasciamo i cori negli stadi…