La certezza dell’incertezza

L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

In questi giorni tutti i commentatori cantonali, nazionali e internazionali si sono espressi in modo più o meno compiuto sul Brexit, senza però poter dare risposte concrete, semplicemente perché nessuno, nemmeno i britannici, sa cosa succederà veramente, secondo quali modalità e con quali conseguenze.

Tra chi esulta perché pensa di trovare nella Gran Bretagna un alquanto improbabile alleato della Svizzera nello smantellamento dell’Unione europea e chi invece parla esageratamente di tragedia, l’unica cosa certa è l’incertezza che regna attualmente e che rischia di contraddistinguere la vita economica, politica e sociale dei prossimi mesi e anni. L’elemento concreto di questi giorni per la Svizzera e il Ticino è il prevedibile rafforzamento del franco contro il quale la Banca nazionale svizzera è già entrata in campo, anche se non è ancora determinabile se tale rafforzamento sia frutto di una reazione a caldo che si esaurirà entro qualche giorno oppure se sarà una costante di lunga durata. Con tutte le relative conseguenze non rallegranti per la nostra industria dell’esportazione. Anche qui, come dicevo, l’incertezza la fa da padrona. E sappiamo tutti che per l’economia uno dei veleni peggiori è proprio l’instabilità dovuta alle situazioni in cui non ci sono punti di riferimento affidabili, stabili e in una certa misura prevedibili.
È quindi soprattutto da questa constatazione che la Svizzera deve ripartire, perché negli ultimi anni non abbiamo certo brillato quanto a valorizzazione dei nostri vantaggi competitivi. Anzi. Si susseguono a ritmo incessante praticamente ogni tre mesi votazioni su proposte di ogni genere, a volte fantasiose e nemmeno troppo elaborate (se pensiamo a quella del reddito di base incondizionato). Proposte che, anche se non accolte in votazione popolare, hanno l’effetto potente di creare diffidenza verso il sistema e fragilizzarlo agli occhi di chi vuole investire in attività aziendali e quindi creare ricchezza. Rimettere in discussione incessantemente e senza una reale necessità i funzionanti capisaldi elvetici è un gioco assai pericoloso di cui purtroppo molti sembrano non accorgersi. Dando quindi la sensazione che anche noi, come molti altri paesi, giochiamo con le regole, cambiandole a piacimento e togliendo punti di riferimento. Occorrerebbe pertanto una maggiore moderazione.
Non si tratta di mettere la museruola ai sacrosanti diritti della democrazia diretta, ma di chiedere maggiore responsabilità alla politica per concentrarsi sull’essenziale, senza voli pindarici verso orizzonti ideali ma poco reali. Non mi sembra una richiesta eccessiva. Se la Svizzera vuole avere qualche carta da giocare per approfittare del Brexit, non potrà certo seguire i superficiali tuttologi che decantano questa occasione irripetibile, salvo poi tenere nel quotidiano un comportamento contrario fatto delle più disparate iniziative volte a imbrigliare e punire le aziende in nome di un’astratta necessità di moralizzazione. Irrigidendo al contempo inutilmente il meccanismo svizzero, per scimmiottare sciaguratamente paesi a noi vicini che con l’iper-regolamentazione si sono rovinati in modo quasi irreversibile.
Ecco, se almeno per qualche tempo ci limitassimo a correggere le sbavature senza particolari stravolgimenti, anche nell’ottica del Brexit e dei rapporti con l’UE faremmo un lavoro più efficace rispetto alla ricerca di illusorie alleanze e azzardate strategie sulla cui efficacia si possono formulare solo vaghe ipotesi. Diamo stabilità e certezze a chi crea la ricchezza e ne guadagnerà tutto il paese. In fondo, non è un compito così difficile.